Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La rete sta mutando il modo di pensare e fare società, divenendone
l’infrastruttura tecno-cognitiva e rendendo evidente la centralità della sua
proprietà di connessione. La social network society diventa quindi il punto di vista
da cui osservare il mutamento, la diffusione e il consolidamento delle forme
simboliche.
Incrociando l’indagine relativa alla comunicazione con l’analisi mediologica,
possiamo intendere i media come territori di possibilità per i prodotti culturali,
grazie a:
la possibilità di connessione, in quanto si modifica il legame tra atto del
- comunicare e del comprendere, tra produzione e consumo ed emissione e
ricezione. I media rielaborano infatti la dimensione spazio-temporale della
comunicazione, mediando e desincronizzando tali elementi e svincolando la
comunicazione dalla presenza corporea. L’alter della comunicazione si fa
sempre più astratto e generalizzato, tanto quanto chi comunica diventa
inconoscibile.
Altro elemento è la possibilità di permutazione e ricombinazione, sia sul
- versante produttivo che su quello di consumo. La relazione tra esperienza
individuale e immaginario viene riarticolata a partire dalla stampa, che cambia i
presupposti della comunicazione in virtù di una rappresentazione che si
autonomizza rispetto alla soggettività, si frammenta nel tempo e si moltiplica
nello spazio. L’immaginario si deterritorializza e delocalizza, svincolandosi dalle
specificità e dai vissuti concreti: diventa immaginario allo stato puro, e si
volatilizza per opera della vocazione alla planetarizzazione della comunicazione
dei media. Ciò fa sì che l’individuo si viva nel sociale contemporaneo come un
evento, poiché i media ci ancorano alla contingenza del mondo e ci rendono
sensibili alla virtualità come strumento personale di osservazione del mondo.
Capitolo 2 - Identità, riflessività, esperienza
I media non vanno semplicemente intesi come strumenti di mediazione del
mondo, ma come veri e propri luoghi dell’esperienza contemporanea, un terreno
di sperimentazione per le forme dell’identità nella modernità compiuta.
Nell’apertura di possibilità esperienzali e interattive nuove, sviluppate dai
linguaggi mediali, i media incarnano uno stato di “complementarietà oppositiva”
del sociale.
Lo stato di crescente tensione apparentemente caratterizzato dalla
differenziazione è in realtà profondamente costituito da equivalenze, in quanto i
modi in cui produciamo le differenze, sempre più simili, generano concetti e
categorie universali, ovvero una global culture. Essa rappresenta quindi un meta-
territorio comunicativo che connette le molteplicità del mondo attraverso sfondi
di riferimento universalizzati, ovvero un fondo comune da cui i soggetti attingono
per strutturare i vari frame, che tuttavia indirizzano verso una tematizzazione
analoga.
La società moderna ha sostituito l’ordine “naturale” fondato sulla proprietà e sulla
strutturazione in classi sociali con nuove identità fondate non più
sull’appartenenza di rango e sulle proprie origini, ma sulla carriera, escludendo
quindi predestinazione e impossibilità. Gli individui sono “trattabili” unicamente
come persone, ovvero costrutti sociali dotati di un’identità multipla. Il
postmodernismo insiste infatti sulla frammentazione dell’Io che orienta in senso
sociale le esperienze derivanti dal partecipare ai diversi sistemi di funzione e al
processo continuo di inclusione che investe ogni aspetto della realtà individuale.
La relazione predominante non è quindi quella della gerarchia, ma quella di
inclusione ed esclusione.
La differenza va quindi intesa come singolarità di un vissuto e delimitazione di
un’esperienza discinta rispetto ad altre, che rende le singole vite dotate di senso.
La differenza è però sempre più uno spazio di contingenza, un rinvio incessante
ad altre esperienze possibili. La differenza non è quindi capace di generare
identità individuate, ma una dinamica produttrice di identità problematiche
orientate al rinvio costitutivo ad altro da sé. I media sono il contesto
esperienziale più adeguato all’osservazione ed espressione delle traiettorie
evolute della relazione tra identità e differenza nella società.
L’individuo moderno vive sé stesso nel sociale, formandosi sempre più sulle
circostanze esterne e su forme di rappresentazione astratte che si allontanano da
lui nel movimento di generalizzazione che il modo di vivere la realtà quotidiana
subisce. La riarticolazione della relazione tra immagine e immaginario ha scisso le
pratiche connesse dell’individualità e le forme di rappresentazione, al punto che il
vissuto individuale e collettivo è sempre più sconnesso dalla propria
rappresentazione, che non risiede più all’interno dell’individuo.
La frattura tra storia sociale e produzione di identità ha spinto a cercare una
nuova situazione che potesse garantire la compatibilità tra esperienza e forma
mediale, ossia la riflessività. Si fa quindi esperienza di una realtà vissuta
mediamente per riconoscersi nei contenuti informativi e di intrattenimento diffusi
dai media.
Il soggetto si fa quindi autonomo grazie all’individualizzazione riflessiva, che lo
aiuta a specificarsi.
Nelle società premoderne segmentare (come la tribù), la riflessività dipendeva
- da tradizione, credenze e realtà acquisita per nascita. Il soggetto apparteneva
infatti ad un contesto specifico, da cui dipendeva il suo orientamento all’agire.
La contingenza dell’età premoderna va quindi intesa come dipendenza dalla
casualità divina o naturale (si parla infatti di riflessività dipendente).
In quelle compiutamente stratificate (come quella europea), la differenziazione
- sulla base dei ceti crea una comunità omogenea all’interno degli strati sociali,
distinguendone uno superiore (che si riconosce attraverso criteri selettivi auto-
elaborati di stile, gusto e modo di vivere) ed uno inferiore, che vive dalla
nascita in stato di necessità ed è accomunato dai bisogni relativi alla
sussistenza.
Nelle società moderne ad alta complessità, invece, la struttura della società è
- differenziata per funzioni, la contingenza diventa uno stato di possibile
altrimenti e la riflessività individualizzata si fonda su una conversazione
interiore dell’Io che parla con sé stesso e si ascolta, in un turn talking
comunicativo interiorizzato. La riflessione individualizzata dà vita a nuove forme
sociali con configurazione relazionale, in cui l’individuo abbandona la logica del
possedere e cerca risposte forti nell’appartenenza ascrittiva ad un segmento di
popolazione, intende l’esperienza come parzialità aperta da colmare e ricercare
in quanto non definitiva.
Attraverso i media diventa familiare il fatto che non esista un unico modo di
provare emozioni e stati d’animo, in quanto lo spettatore osserva nei prodotti
mediali questo modo di essere altro da sé.
Lash attribuisce infatti al sé riflessivo della tarda modernità delle forti radici
culturali ed ermeneutiche. Le strutture fondanti come nazione e famiglia vengono
oggi sostituite da strutture di stampo informativo e modalità crescenti di
inclusione sociale dell’individuo attraverso la comunicazione: le istituzioni sono
quindi un fatto culturale. Le condizioni delle chance dipendono perciò dalle
possibilità di accesso ed esclusione dalle strutture informative e dalla posizione
che si assume al loro interno. Diventa quindi necessario ripensare il rapporto
io/noi, abbandonando il presupposto dell’esistenza di un individualismo radicale.
La relazione tra media e società porta ad una nuova compatibilità fra esperienza
e forma mediale che la rappresenta, ovvero tra realtà reale e funzionale. I media
sono infatti stati fattori abilitanti nel rendere familiari pratiche di oscillazione
riflessiva tra le due, così che oggi la finzione si autonomizza dalla realtà reale e
genera un proprio mondo fatto di regole e convenzioni. Le narrazioni premoderne
(come mito e novelle medievali), ad esempio, miscelano realtà e finzione a
disegnare un unico mondo di cui si vuole dimostrare la realtà morale.
Con la comunicazione moderna nasce la capacità del pubblico di distinguere tra
messa in scena e realtà, grazie dapprima al teatro rinascimentale di
Shakespeare, capace di generare una realtà della scena sempre meno confusa
con quella del pubblico, grazie a:
mistery plays, che narravano episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento,
- miracle plays, su eventi miracolosi,
- e morality plays, con come tema la vita umana vista in funzione del giudizio di
- Dio.
Nella seconda metà del XVI secolo nasce una forma moderna di rappresentazione
che consolida la distinzione sala/scena. Solo nel XVIII secolo, però, con la nascita
del romanzo, viene sancita la produzione di un raddoppiamento della realtà, in
cui quella fittizia si propone come mondo autonomo e coerente in cui si sottolinea
l’individualità di un soggetto come valore, e la produzione di una storia singola
come un riferimento per la costruzione della propria autonomia nella società.
Si pensi alle factual fiction (come quelle di Defoe), in cui si fingono ritrovamenti
di diari o carte, grazie a cui il lettore non confonde i piani della realtà,
partecipando al racconto ma distaccandosene allo stesso tempo, dando vita a un
rapporto nuovo tra individui e contenuti mediali. La problematizzazione della
distinzione tra realtà e finzione portò il romanzo moderno a rivolgersi non al
lettore “specialista” ma ad uno borghese in grado di compiere un distacco critico
rispetto al testo, in quanto ha appreso ad operare una osservazione di secondo
ordine che non si concentra sul mondo rappresentato ma sull’osservazione stessa
dei personaggi.
La condizione di riflessività consente di fare continuamente esperienza di modelli
comportamentali, affettivi attraverso il riconoscimento e il distanziamento
rispetto ai contenuti mediali. Essi offrono quindi una occasione continua di auto-
osservazione, un’opportunità di riflettere su sé stessi attraverso adesione o
negazione. I personaggi narrati (finzionalizzati) sono infatti entità inferenziali su
cui proiettare il proprio vissuto, dando vita a un gioco di interpretazione e a
forme di imitazione con diversi gradi di consapevolezza. Si vivono quindi i media
dall’esterno, realizzan