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MACBETH
- 4 Settembre 1846, Verdi scrive al librettista Francesco Maria Piave
delle invdicazioni su come scrivere lo schizzo del Macbeth. Musica poi
questa opera nel 1847, durante la stagione di carnevale e quaresima
alla Pergola di Firenze, su richiesta dell’impresario Filippo Lanari. Prima
di scegliere, era indeciso se presentare questa opera shakespiraiana
oppure I Masnadieri di Schiller. Come protagonista Verdi chiamò Felice
Varesi, un baritono. Per la prima volta Verdi si deve confontare
confrontare con la matrice del fantastico, mai presente prima nel mondo
operistico italiano. Verdi contribuì a diffondere Shakespeare in Italia,
dopo averlo appreso dalla cultura francese, con Hugo e con le recite
dell’inglese Edmund Kean a Parigi nel 1827.
Il Macbeth, in inghilterra, è stato ribattezzato The Scottish Tragedy,
quindi è chiaro che è un capolavoro assoluto.
S- Ritiene che il lavoro verdiano sia ingenuo e la sua tesi è sostenuta
anche da un critico francese, a cui Verdi risponde che può anche essere
vero che non sia riuscito a rendere alla meglio il Macbeth, ma di non
accusarlo di non conoscere Shakespeare poichè sostiene di essere
appassionato di lui sin dalla gioventù.
Personaggio di Macbeth:
- In Shakespeare, la sua coscienza è una prigione la cui via di fuga
spalanca le porte all’euforia dello sterminio e dell’annientamento di sè e
degli altri.
- In Verdi, invece, sembra un fantoccio triste, una marionetta angosciata
nella mani di Lady Macbeth, personaggio reso protagonista in qualche
modo.
In Verdi molti dei monologhi fondamentali mancano oppure sono
riassunti in pochissimi versi, come ad esempio il monologo dove il delirio
di Macbeth trasforma la coscienza in crisi (non c’è), o il monologo del
pugnale prima dell’assassinio di Duncan (è ridotto) o ancora il monologo
dopo la morte della moglie ( anche questo è ridotto). Si può dire che
Verdi è sbrigativo nel liquidare la coscienza ammalata di Macbeth,
tuttavia si spinge ai limiti del patetismo in scene in cui al centro della
rappresentazione vi è il dolore: come quando a Macduff viene data la
notizia della morte dei figli, scena molto più toccante in Shakespeare.
Verdi sceglie di trasformare sia i due sicari che le tre streghe in cori: nel
caso di un coro di sicari si cade in un’eccessione, mentre nel caso del
coro di streghe, si perde la misteriosità del Grottesco che c’è in esse,
(sono tre come le Parche) sempre in bilico fra la loro natura umana e
non umana.
S- A suo avviso, Verdi non è stato in grado di affrontare la matrice
fantastica: mentre Shakespeare dipinge i criminali come liberi artefici di
sè stessi, Verdi compie una sorta di tentazione moralistica sfociata in un
demonismo musicale.
I- A suo avviso, invece, Verdi riesce con genialità a rendere un forte
contrasto tra fantastico e realistico, curando particolarmente la sua
orchestra e i suoi strumenti, più vivi e lucidi.
Verdi rimane l’unico italiano tra i sette che affrontarono il Macbeth tra
l’inizio del Settecento e il 1847. Verdi arriva alle opere di Shakespeare
grazie alle varie traduzioni di Carlo Rusconi, Michele Leoni, Andrea
Maffei e Francesco Maria Piave. In queste traduzioni mancano
riferimenti alla sessualità, presente in Shakespeare, come quando Lady
Macbeth invoca gli spiriti; in Verdi, tuttavia, troviamo traccia della
sessualità, indice che il musicista non sta cercando solo di recuperare lo
scrittore.
I personaggi verdiani:
1) Lady Macbeth: la presenta al pubblico in una grande scena solistica,
dove, prima di cantare un’aria, legge una lettera. Questa scelta
testimonia la rinuncia del musicista alla musica per scegliere la
drammaturgia. Per scegliere chi dovesse interpretare questo
personaggio femminile, Verdi cercava più un’attrice che una cantante:
infatti in una lettera del 1848 egli rifiutava il consiglio di ingaggiare la
grande cantante Eugenia Tadolini, perchè ritenuta troppo brava da
Verdi. Egli preferiva una Lady Macbeth brutta e cattiva, che non
cantasse, con una voce aspra, soffocata, cupa e diabolica. La Tadolini
invece aveva una figura bella e buona, cantava alla perfezione, aveva
una voce stupenda, chiara, limpida e angelica. In una lettera a Leon
Escudier, Verdi indica come modello di attrice per questa opera una
grande attrice del tempo: Adelaide Ristori. All’inizio dell’opera, Lady
Macbeth è autorevole con il marito, ma col tempo la situazione verrà
ribaltata e Lady Macbeth si ritroverà a essere un personaggio
secondario, come d’altronde è per tutta l’opera shakesperiana.
2) Duncan: in Shakespeare, all’inizio gioca un ruolo narrativo rilevante, è
un re gentile, garbato, e descritto brevemente; in Verdi non è che una
comparsa a cui viene conferita una certà dignità ironica, con una
marcetta molto orecchiabile quando arriva al castello di Macbeth.
3) Macbeth: è un baritono, anche se Sciaccaluga avrebbe scelto di
affidare questo personaggio a un tenore, ma Iovino ricorda che in
questo modo si sarebbe infranta una convenzione dell’opera
ottocentesca, quella di affidare ai tenori i ruoli degli innamorati. Macbeth
all’inizio è un eroe: ha salvato il regno di Duncan e viene ricompensato
con alcuni titoli nobiliari. Non ci sono antefatti che raccontano questa
storia, come non c’erano nemmeno in Shakespeare, ma veniamo al
corrente di ciò grazie alle parole di un moribondo.
Shakespeare riesce benissimo a rendere palpabile la presenza del male
nell’uomo senza porsi il problema di spiegarlo. Macbeth e Lady avranno
mille motivi per giustificare le loro azioni malefiche ( possano essi
essere ambizione politica e/o frustazione sessuale), ma alla fine il loro
agire è illogico: ciò è testimoniato ad esempio dall’assassinio di Duncan.
OTELLO
Il rapporto tra Verdi e Arrigo Boito non è da trascurare: dopo un inizio travagliato,
essi nel 1881 collaborarono al rifacimento di Simon Boccanegra e da lì nacque una
profonda amicizia, che li portò poi a lavorare insieme anche per Otello e poi per
Felstaff. In Italia, tuttavia, gia Rossini aveva musica nel 1816 l’Otello, e con
quest’opera si apriva Shakespeare alla cultura italiana. Quando poi Verdi scrisse
poi il suo di Otello, questo per forza fu sempre messo a confronto con quello
rossiniano.
S- Un suo parere su quest’opera verdiana, è che costituisce sicuramente un
capolavoro ma comunque ci sono alcune differenze rilevanti rispetto l’originale,
come per esempio l’assenza del tema razziale, protagonista assoluto del primo atto
shakesperiano. Anzi, Verdi e Boito eliminano proprio il primo atto e partono dal
secondo, perdendo così due scene importanti: la storia politica del Moro a Venezia
e il processo di Desdemona e Otello quando il padre di lei, Brabanzio, cerca di far
annullare le nozze.
I- Secondo lui è stato meglio che i due autori togliessere il primo atto, perchè esso
contribuisce a confondere lo spettatore, in quanto non chiarisce affatto la
metamorfosi del pensiero di Otello: infatti questo, nel primo atto, era stato descritto
come un eroe tutto d’un pezzo, però dopo crede a Jago quando gli confessa che
Desdemona lo aveva tradito; a Otello basterebbe poco per dimostrare l’innocenza
della donna, ma decide di credere a Jago. Questa sua metamorfosi è
incomprensibile.
Verdi e Boito chiamavano la loro opera “progetto cioccolatte”, per vari motivi:
innanzitutto era un gradito riferimento gastrononomico (ricordiamo che Verdi amava
i dolci), ma soprattutto perchè il nostro musicista era del tutto contrario a
pubblicizzare i suoi progetti; anche con gli amici utilizzava un linguaggio cifrato
quando parlava dei suoi bozzetti, per paura che percepissero dei segnali.
Tornando al tema razziale, Verdi prende la negritudine del protagonista come
occasione per qualche scherno razzista ma niente di più (Iovino ricorda che la
questione razziale aveva costituito un problema per Rossini). Sempre riguardo la
psicologia di Otello, in Verdi mancano tutte quelle metafore animali e bestiali che in
Shakespeare alludevano alle fantasmagorie presenti nella mente del personaggio.
Manca pure nella versione musicale dell’opera la sessualità, che evidentemente
costituisce un tabù per Verdi. Tuttavia, il duetto tra Otello e Desdemona è uno dei
duetti d’amore più belli del repertorio verdiano (opinione comune sia a Sciaccaluga
che a Iovino) che si apre con una morbida cantabilità dei violoncelli. All’altezza di
questo è anche il duetto in cui Otello accusa la moglie di tradimento.
Il personaggio di Jago: il tema del male compiuto senza motivo torna anche in
quest’opera, incarnato del personaggio di Jago, che parla spesso dei suoi
comportamenti ma non fornisce mai spiegazioni davvero credibili. Come lui, tutti i
cattivi shakesperiani sono pieni di immaginazione nel motivare il proprio agire ma
sono scarsamente convincenti. Invece in Verdi emerge un chiaro tentativo di
spiegare le azioni malvage di Jago (si ricordi la battuta << I’m not what I am>> che
suggerisce che l’uomo è enigma anche a sè stesso). Quindi Verdi scrive il famoso
Credo in una meravigliosa pagina, trasformando così Jago da un criminale senza
coscienza a un demone consapevole, in cui il personaggio afferma di credere in un
Dio crudele. Il nichilismo di Jago, in Shakespeare è del tutto taciuto, mentre in
Verdi diventa la sua filosofia. In Shakespeare non è presente il Credo, ossia la fede
del male: egli deve essere indovinato, ciò che eccita Jago è l’azione pura, egli non
soffre; mentre in Verdi, con appunto il Credo, questo personaggio ha l’orgoglio di
rivelarsi (anche se secondo Iovino non è del tutto vero: considera il Credo un
autoesaltazione piuttosto che una rivelazione). Verdi affida il personaggio di Jago a
un baritono (Rossini invece ne aveva fatto un tenore poichè nel suo casta veva tre
ottimi tenori).
Sulla figura di Jago si possono citare anche altri autori: Thomas Ostermayer,
regista tedesco, scelse un attore che interpretasse Jago la cui qualità espressiva
era una scatenata allegria; ancora, nel testo L’onesto Jago di Corrado Augias, al
centro c’era l’idea che l’agire di Jago derivasse da un preciso disegno di “realpolitik”
e, in questo casom si aveva uno Jago pieno di motivazioni. Un tale Irvine, attore
mediocre, è entrato nella storia del teatro inglese perchè, interpretando Jago, nella
scena in cui Otello ha le mani al collo di Desdemona, egli scoppia a piangere
confessando i suoi peccati