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ORIGINALE, COPIE, TRADIZIONE

Per originale si intende un testo che esprime la volontà del suo autore. Può essere autografo o

idiografo (composto sotto la sua sorveglianza) o può essere un’edizione a stampa da lui

controllata. Dall’originale derivano copie e da copie ne derivano altre. La prima copia derivata

dall’originale è detta apografo. Un antigrafo o esemplare è invece una copia da cui ne deriva

un’altra. Quando l’originale è andato perduto le copie che rimangono sono dette testimoni e nel

loro insieme costituiscono la tradizione di un’opera. Per lezione di un testimone si intende un

passo dell’opera così come è tramandato da quel dato testimone.

Bisogna porre cautela nel pensare che determinate scelte in un testo siano state causate da una

tradizione orale. Altrettanta cautela va posta qualora si ritenga di ravvisare l’influsso del parlato o

della dettatura in quanto anche l’auto dettatura produce gli stessi effetti del parlato.

Esistono due tipi di tradizione: diretta e indiretta. Quest’ultima è costituita da traduzioni o citazioni

dell’opera, come è accaduto per il De vulgari eloquentia di Trissino, conosciuto grazie alla

traduzione di Trisisno. U altro esempio sono le numerose citazioni della Divina Commedia che

presentano delle lezioni diverse da quelle che si trovano nello stesso passo del poema, trascritto

nella stessa pagina. In questo caso un manoscritto fornisce una testimonianza sia diretta sia

indiretta. Un altro caso di trasmissione indiretta è il plagio.

Alcuni manoscritti voluminosi sono stati smembrati, come è il caso della Commedia, le cui prime

due cantiche si trovano nel Riccardiano 1005 mentre la terza nel Braidense AG XII 2.

Ci possono anche essere delle testimonianze parziali di un testo, a seguito di guasti ad esempio.

E’ questo sempre il caso della Commedia i cui più antichi frammenti provengono dai Memoriali

bolognesi.

Del Canzoniere invece abbiamo l’originale in parte autografo e in parte idiografo, essendo stato in

gran parte scritto da Giovanni Malpaghini sotto il controllo di Petrarca. Ci sono anche casi in cui

esistono degli autografi che non corrispondono all’originale, come nel caso di copie del testo

eseguite dallo stesso autore Un esempio è Manzoni con una parte della Pentecoste, riesumata e

modificata due anni dopo la pubblicazione.

GENERALMENTE UNA COPIA D’AUTORE VA GUARDATA CON MAGGIOR ATTENZIONE

RISPETTO ALLE ALTRE.

Il più antico autografo è il Ritmo Laurenziano , aggiunto nello spazio libero in calce all’ultima carta

di un codice pergamenaceo contenente il Martirologio latino di S. Adone. Una cosa simile accadde

con tre sonetti scritti dal notaio Aldobrandino sulla copertina di un registro del comune di San

Gimignano.

Le tre cantiche della Commedia furono pubblicate a mano mano da Dante, in tempi diversi :

dobbiamo quindi immaginare per l’opera completa o un originale tripartito o un testo fatto allestire

da Dante nei suoi ultimi anni.

E’ molto improbabile che siano esistiti gli originali autografi dei cantastorie famosi soprattutto tra i

Quattro Cinquecento in quanto questi testi ebbero diffusione per via orale.

C’è differenza tra una copia controllata da un autore e la sua stampa. Infatti attraverso la stampa

furono compiuti molti errori, come ad esempio nei testi di Petrarca o di Montale o di Manzoni.

Un caso particolare è quello del Cortegiano di Castiglione che fu pubblicato a Venezia nonostante

l’autore si trovasse a Madrid e a Venezia venne fatta una revisione grafica e morfologica del testo

in senso toscano-bembesco. Un caso simile in cui l’editore intervenne su un’opera riguarda Le vite

del Vasari. Infatti, essendo stato l’italiano oggetto di critiche contrastanti, era difficile per gli autori

capire che norme seguire. Da qui derivano le varie riedizioni di opere come il Furioso o il lavoro

fatto da Svevo su Senilità.

La quantità di testimoni conservati di un’opera dipende da varie circostante; ad esempio la

Monarchia dantesca non ebbe una grande diffusione a causa della censura ecclesiastica. Allo

stesso modo anche il troppo successo di un’opera non ci garantisce molte testimonianze, in

quanto molto spesso le copie che circolarono vennero mal conservate. Un esempio in questo

caso è l’Orlando innamorato di cui non si hanno copie della prima edizione.

Una regola importante da ricordare sia in filologia classica sia in quella italiana è che il testimone

più antico non è per forza il migliore. Ad esempio un testimone meno recente può contenere più

errori in quanto può rappresentare l’ultimo stadio di una fitta serie di trascrizioni.

La Commedia ebbe un successo immediato e perciò vennero create numerose copie e, a soli

quindici anni dalla morte di Dante, si possono riscontrare molti errori.

Il primo a proporre un metodo, ancora oggi utilizzato per la critica o ecdotica di un testo, fu

Lachmann. La sua regola corrisponde nell’analizzare tutti i testimoni che si hanno per valutarne

l’attendibilità e i reciproci rapporti, per arrivare a capire come doveva essere l’originale.

ERRORI E VARIANTI

E’ importante distinguere un errore da una variante adiafora: per quanto riguarda il primo è facile

da notare perché si nota subito la sua non correttezza mentre le varianti sono più subdole. Alcuni

tipi di errori sono di aplografia (mancare una sillaba) o di dittografia. Le varianti adiafore invece

hanno un’aria di autenticità e la loro erroneità può emergere solo nel confronto con altri testimoni.

Pertanto la tradizione a testimone unico comporta che alcune varianti passino inosservate.

La qualità della copia è spesso condizionata dal tipo di scrittura dell’antigrafo, dal rapporto tra la

lingua del copista e quella del testo, dalle condizioni in cui avviene la copia e dal fatto che la copia

è un esercizio psicofisico complesso che richiede un grande sforzo di concentrazione. CI sono

infatti degli errori puramente ottici che consistono nella confusione di segni come e, c, t oppure la f

con una s. Un altro tipo di fraintendimento è quello psicologico come nell’omeoarchia, in cui si

leggono solo le iniziali di una parola e il resto lo si tira a indovinare. In questo caso si tende a

sostituire il meno noto con il più noto, cadendo così in banalizzazione. E’ per questo che tra una

lectio facilior e una difficilior va sempre preferita quest’ultima. Un altro tipo di errore legato alla

lettura è il passaggio da uguale a uguale: copiando si procede per brevi pericopi ed è normale che

l’occhio rintracci, sul modello l’ultima parola, il segmento appena trascritto, ma può capitare che

due parole terminino allo stesso modo; in tal caso il copista potrà dimenticare di ricopiare una parte

intermedia. Molte volte il salto da uguale a uguale non produce nonsenso ma un editore,

trovandosi davanti a una lezione più lunga e una più corta, deve prediligere la prima basandosi

sull’ipotesi di un possibile errore di salto.

Molto spesso un copista, mentre legge nella sua testa ciò che sta copiando, introduce le proprie

abitudini fonetiche.

Altri errori frequenti sono legati al titulus che spesso o viene dimenticato o aggiunto a sproposito.

Non è sempre detto che con l’aumentare delle copie anche il numero delle alterazioni cresca.

Infatti alcuni copisti potranno rendersi conto di alcuni errori evidenti, come lapsus calami, e

correggerli.

Alcuni copisti però potrebbero essere intervenuti anche a modificare intere parole o sintagmi,

cambiando completamente l’intenzione dell’autore. I copisti in questo caso sono chiamati concieri

perché seminano errori verosimili, difficili da individuare.

E’ importante distinguere errori poligenetici e monogenetici. I primi possono essersi prodotti

indipendentemente presso copisti diversi. Un errore monogenetico invece ricorre identico in più

copisti nello stesso punto, come ad esempio una lacuna. L’errore monogenetico mette quindi in

relazione i testimoni in cui compare.

Dimostrare che gli errori monogenetici appartenessero anche all’originale è difficile. Bisogna però

considerare che gli originali sia a stampa sia manoscritti contenevano molto spesso degli errori, o

di natura grafica, come ad esempio delle ripetizioni, o dovuti alla poca conoscenza di un

determinato ambito, anche se autografi, come Boccaccio nel De montibus. In questo caso l’editore

dovrà riportare la versione arrivataci nell’originale e mettere in nota le considerazioni. Capita anche

che alcuni autori siano citati in modo diverso dalla forma che ci è oggi familiare.

VARIANTI D’AUTORE

Uno scrittore che introduce modifiche alla sua opera, di cui ci sono già state delle copie, dà luogo

ad una nuova fase della tradizione con varianti d’autore. In filologia italiana, al contrario di quella

classica, soprattutto in età moderna, si hanno attestazioni autografe delle modifiche fatte

dall’autore stesso. Per quanto riguarda invece i testi dei primi secoli, ci si deve affidare ai testimoni.

Ad esempio nel sonetto della Vita Nova, Tanto gentil e tanto onesta pare, Dante ha inserito una

modifica al verso 7. Sono riportate dai testimoni entrambe le lezioni e c’è la dimostrazione che i

testimoni della versione anteriore formano un gruppo indipendente rispetto agli altri.

Uno degli esempi più noti di codice in cui possiamo osservare delle varianti d’autore è il Vaticano

Latino 3196, il codice degli abbozzi, in cui Petrarca inserisce delle modifiche al Canzoniere che era

anche contenuto nel codice Vaticano latino 3195.

Un altro esempio di testo in cui si possono osservare le varianti d’autore è quello leopardiano : vi

sono infatti degli appunti a margine, spesso tra parentesi, che registrano varianti di stesure

anteriori a quella trascritta.

Talvolta un autore può modificare il suo testo sotto le pretese della censura, come successe a

Manzoni in un passo dell’Adelchi. In seguito a queste modificazioni il testo guadagnò scioltezza

espressiva e concentrazione semantica.

Il rifacimento di un’opera può anche riguardare la sua interezza come il Fermo e Lucia o le Vite del

Vasari. Molte volte questi rifacimenti però non furono attuati dagli autori stessi, come Berni che

tradusse in fiorentino l’Orlando innamorato. Anche alcuni testi medievali subirono la stessa sorte;

tra i più famosi rifacitori vi era Semprebene da Bologna (S’eo trovasse pietanza).

Inserzioni di parti non originali del testo sono dette interpolazioni.

AUTENTICITA’, ATTRIBUZIONE, DATAZIONE,

Quattro questioni di autenticità hanno richiamato l’attenzione degli studios

Dettagli
A.A. 2014-2015
23 pagine
12 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/09 Filologia e linguistica romanza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher letizia.belli.1 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Brambilla Simona.