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Introduzione agli studi di filologia
1. Manoscritti e stampe
Il libro liber,. Libro deriva dal latino che era lo strato ligneo sottostante la Volumen, corteccia degli alberi che veniva usato come superficie per scrivere. da volvo, era il rotolo di papiro avvolto, che manteneva all'interno la parte scritta. A partire dal I secolo d.C. si comincia ad utilizzare la pergamena, più maneggevole e duttile. Si passò al libro nel vero senso della parola. La struttura riprende quella dei libretti, detti polittici, di tavole cerate usate dai romani e dai Codex greci, le quali prendono il nome di e poi libro. Codice è sinonimo di libro manoscritto in filologia.
Dopo l'invenzione della stampa (1450 d.C. con Gutenberg), si comincia a differenziare un libro manoscritto da uno stampato. Ricorrere alla stampa a caratteri mobili era più economico e produttivo. Il primo libro stampato fu una Bibbia.
Particolari discipline sono in grado di dare notizie sulla data, sulla
provenienza, sulla storia e sull'autenticità di un libro:
- paleografia: studia la scrittura
- codicologia: studia come è confezionato, strutturato, rilegato un libro
- bibliografia testuale: si occupa del libro come oggetto fisico (tipologia della carta, caratteri tipografici)
I materiali scrittori. I principali materiali scrittori sono la pergamena e la carta. La pergamena era utilizzata soprattutto nella città di Pergamo in Asia Minore a causa della mancanza di papiro; quindi, si ricorreva a pelli di animali. La pelle presenta un lato più scuro corrispondente al pelo dell'animale e uno più chiaro, il lato della carne. La pergamena sopporta abrasioni e lavaggi consentendone il riutilizzo, palinsesto ("raschiato di nuovo"), gli studiosi cercano di arrivare a leggere la scrittura originaria, grazie al Canto navale pisano Frammenti (inizio XII sec.) e i d'un libro di conti di banchieri.
fiorentini (1211). La carta era di origine mussulmana e designava in modo generico la superficie sottile sulla quale si scriveva, senza distinzione di materiale, poi il termine si è ristretto alla carte d'uso corrente. Solo nel XIII la carta comincia ad essere utilizzata come principale supporto scrittorio, precendentemente era considerata troppo fragile. Era più conveniente rispetto alla pergamena, che venne ristretta solamente i libri di particolare solennità o ricchi di miniature.
Per scrivere veniva utilizzato il una cannuccia aguzza, o penne di volatile. L'inchiostro colorato era limitato a titoli di capitoli, parti del testo o alle lettere iniziali per dar maggiore risalto.
L'allestimento del manoscritto. Il fogli sono piegati a metà e inseriti l'uno nell'altro. Un codice è formato da più fascicoli, tutti di carta (designato con "cart.") o di pergamena ("membr."). Le dimensioni di fascicoli,
E quindi del manoscritto chiuso, si misurano in millimetri o in centimetri, altezza per larghezza. Segnalando eventuali irregolarità. L'unità di misura è la carta. Nell'antichità ogni carta veniva numerata; quindi, un libro di 40 carte sarà, in termini moderni, di 80 pagine. Per quanto riguarda il lato della carta si distingue il RECTO dal VERSO, la parte sinistra è il verso di una carta, la destra è il recto. La scrittura procedeva fogli separati: a partire dal foglio esterno si riempiva solo la metà sinistra, sul recto e sul verso, fino al foglio interno centrale con il quale iniziava il completamento della metà destra. Anche i singoli fascicoli destinati a formare il libro si dovevano mantenere nell'esatta sequenza e a tal fine gli amanuensi scrivevano sul verso dell'ultima carta come richiamo, la parola iniziale del fascicolo successivo, così l'ordine poteva essere facilmente controllato ripristinato.
nel caso di spostamenti accidentali. Nel caso di perdita totale o parziale di un fascicolo il codice si dice MUTILO e, se la perdita si colloca all'inizio, si dice ACEFALO. Una volta completato di rubrica di eventuali miniature ed insieme dei fascicoli veniva spesso protetto con l'aggiunta di inizio alla fine di fogli di guardia bianchi e rilegato in modo sontuoso o modesto a seconda del contenuto o del committente. Purtroppo, la rilegatura originale dei manoscritti antichi è stata spesso sostituita con un'altra più recente. Sotto una medesima rilegatura può esserci un codice unitario oppure un codice COMPOSITO, cioè prodotto dall'aggregazione di due o più individui. Ad esempio, il cod. 972 della biblioteca riccardiana di Firenze è stato formato nel 700 riunendo con una sovracoperta di pergamena tre codici di natura d'epoca e di origine diversa: il primo contiene un'epistola autografo di Petrarca a Urbano V del 1368, glialtridue contengono test trecenteschi. Infine, si possono chiamare RACCOGLITICCI codici autografi di Leonardo da Vinci, formati da carte sciolte, spezzoni e frammenti.
La scrittura antica. Iscrive ha detto scriba o amanuense. Si parla di COPISTA nel caso che si voglia far specifico riferimento all'opera di trascrizione da un manoscritto a un altro e si distingue il copista di mestiere, che è un lavoratore motivato, dal copista per passione che è invece spinto dall'interesse personale per il testo e talvolta interviene per correggerlo e migliorarlo; di conseguenza abbiamo una copia di servizio, cioè quella approntata personalmente da una torre per proprio uso privato.
Lo sviluppo delle città, di centri universitari prestigiosi, di attività economiche e finanziarie, ha allargato la cerchia degli affetti alfabetizzati e quindi degli utenti e dei produttori dei manoscritti. A partire dal XIII e dal XIV secolo, infatti, clericus = litteratus, laicus =
Il l'equazione altomedievale non è più valida. Per dimezzare i tempi di produzione un codice poteva essere dato datrascrivi tre dividendolo tra due amanuensi: ciascuno copiava la metà affidatagli e poi le parti venivano riunite. Talvolta però la divisione del lavoro non era priva di inconvenienti: ad esempio nel codice Molfino, le due metà non collidono perché al copista della prima, che non aveva preso bene le misure, sono avanzate alcune carte bianche finali, che interrompono al centro del codice la continuità della scrittura. Utilizzato in moltissime università europee dal tredicesimo al quindicesimo secolo è il sistema della pecia: un libraio autorizzato distribuiva pezzi numerati di un'opera necessaria per un certo corso di studi e ciascun interessato copiava. Nei codici medievali l'inizio la fine di un'opera erano segnalati con parole apposite, rispettivamente INCIPIT ed EXPLICIT. Il colofone finale
resta nei libri a stampa dei primi tempi, ma poi si afferma man mano l'uso moderno di indicare in una delle pagine iniziali (frontespizio) il nome del tipografo o degli editori e il luogo e la data di stampa. Nell'antichità veniva utilizzata la scrittura usuale di quell'epoca. Lo studio scientifico con dei caratteri grafici antichi si chiama paleografia: in filologia italiana si incontrano scritture che utilizzano alfabeti di tipo latino risalenti all'età classica, in seguito alla disgregazione dell'impero si accompagnò qualche sfaldamento della scrittura. La scrittura CAROLINA viene utilizzata in seguito alla restaurazione di una certa unità con Carlo Magno verso la fine dell'VIII secolo, il quale appoggiò il restauro della lingua, dell'ortografia e delle forme scrittorie latine. La Carolina è un tipo di scrittura minuscola. La scrittura GOTICA è considerata barbara ed è utilizzata in Europa fino alla fine.
del 400, soprattutto in libri e giornali tedeschi. Rispetto alla Francia alla Germania in Italia è utilizzata con forme più rotondeggianti. La MINUSCOLA CANCELLERESCA era utilizzata soprattutto per i documenti notarili, poi l'utilizzo si allargò a molti manoscritti, come il La scrittura SEMI GOTICA è più semplice nitida rispetto a quella gotica e viene utilizzata negli autografi di Petrarca. Si cerca di restaurare la cultura classica anche nel cercare di imitare la scrittura usata nei codici di età carolingia, cioè la LITTERA ANTIQUA, una scrittura posata ma nera, usata anche una forma corsiva. La scrittura UMANISTICA è utilizzata ancora oggi quando leggiamo un libro o un quotidiano. La scrittura può variare in base alla geografia, alla classe sociale o allafunzionalità che se ne fa, tanto è che esiste una minuscola cancelleresca ma anche una mercantesca. Inoltre, può influenzare anche.l'età di chi scrive. Nelle scritture antiche viene utilizzato un sistema di abbreviazioni per risparmiare carta o per scrivere più in fretta. Due fenomeni ricorrenti sono il troncamento (possibilità di non scrivere per esteso gran parte delle desinenze nominali e verbali latine) e la contrazione (in cui il punto sostituisce le lettere centrali di una parola: adf.lli fratelli; esempio, per la seconda parte può anche essere scritta in apice, n.°, n.°, numero). Come in o più spesso per. Dal manoscritto alla stampa. Entro il 400 poco meno della media dei libri stampati in Europa erano di argomento religioso. In Italia la stampa era stata introdotta poco dopo il 1460 a Subiaco. Con 1470 la stampa inizia la conquista della letteratura volgare e del suo pubblico: un tipografo tedesco fa uscire a Venezia il canzoniere petrarchesco. Le prime stampe imitano i manoscritti nella scrittura, ciò dipende dalla necessità di non perdere un pubblico che.aveva abitudini e aspettative consolidate. Qualche novità però è richiesta dalla natura intrinseca della composizione a caratteri mobili, ad esempio nella scrittura corsiva a mano esistevano molti legamenti, nella stampa ogni carattere di solito è isolato nella sua forma e non legato. Una nuova tipologia di scrittura è il CORSIVO ALDINO, ispirato ai codici umanistici, molto affine alla scrittura corsiva manuale, ad esempio, la scrittura Satirea manuense delle di Giovenale di Bartolomeo Sanvito è molto simile ai De Rerum Natura caratteri a stampa usati da Manuzio per pubblicare il di Lucrezio. Un momento importante per l'affermarsi del libro in volgare e anche la produzione di stampe popolari, equivalenti a MANOSCRITTI DA BISACCIA del popolo incolto. Si tratta di libretti di qualità scadente: per non sprecare spazio ridurre il costo, la stampa comincia subito sul recto della p