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CEI
seguito del Concordato dell’84 la Chiesa cattolica agisce nell’ordinamento interno tramite la
episcopale italiana),
(Conferenza a cui compete:
Rappresentare in subordine alla S.sede gli interessi della Chiesa cattolica Italiana nei
a) confronti delle autorità dello Stato e tenere i rapporti con le PA.
Partecipare alle trattative delle intese previste dal Concordato, come quelle in materia di
b) insegnamento religioso nelle scuole pubbliche e beni culturali ecc..
Stipulare intese anche su materie non previste dal testo concordatario ma sulle quali si
c) manifesti volontà di collaborazione fra Stato e Chiesa.
Presiedere con funzioni e competenze, al nuovo sistema di sostentamento del clero, e
d) decidere sulla spartizione della quota 8 per 1000.
Quanto alle principali guarentigie di libertà riconosciute alle confessioni sono definite con
formule differenziate dai rispettivi accordi:
Mentre il Concordato riproduce il principio del 1comma del 7cost. (sovranità ciascuno nel
a) proprio ordine), le Intese contengono riconoscimenti diversi. Nell’Intesa con la Tavola
valdese lo Stato prende atto dell’autonomia e indipendenza dell’ordinamento valdese . –
Mentre nell’accordo con gli avventisti si riconosce autonomia delle Chiese cristiane
avventiste liberamente disciplinate dai propri Statuti e organizzate dai propri ordinamenti.
Altra guarentigia riconosciuto è quella della non ingerenza dello Stato nelle questioni
b) di non ingerenza
interne alla Chiesa nella loro struttura ed organizzazione – Il principio sta
a significare che lo Stato e gli enti pubblici, non potranno svolgere indagini sulle attività
religiose delle confessioni e non potranno interferire sulle attività religiose delle confessioni
e nella loro organizzazione interna.
Una terza guarentigia riconosciuta ad alcuni culti è quella della più ampia libertà in materia
c) di esercizio di culto e di svolgimento della missione pastorale ed educativa, di riunione e
manifestazione del pensiero con parola.
Riassumendo le tre guarentigie istituzionali che lo Stato assicura alle confessioni religiose –
autonomia dei rispettivi ordinamenti – non ingerenza dello Stato nelle questioni interne – conferma
di libertà di svolgere la propria missione – si intrecciano reciprocamente, non essendo pensabile che
l’autonomia di una confessione sia cosa diversa dalla sua libertà o che non riguardi anche
l’ingerenza statale.
Ministri di culto, rapporti con i fedeli, segreto ministeriale.
Ogni confessione religiosa presenta soggetti investiti delle funzioni istituzionali particolari, che
godono di una speciale condizione giuridica all’interno della confessione . La qualifica più generale
ministro di culto
è quella di con la quale ci si riferisce ai ministri di qualsivoglia confessione che
abbiano una potestà spirituale, di magistero o di giurisdizione, su una porzione di fedeli. – E’ colui
che per competenza territoriale o incarico è preposto alla comunità di fedeli, ha cura d’anime. Si
tratta di una qualifica essenzialmente civilista. E possono ricomprendersi in questa: sacerdoti
cattolici, pastori protestanti, rabbini israelitici e gli Iman musulmani.
Esaminando in primis la legislazione unilaterale Statale relativa ai ministri di culto – si premette che
l’ordinamento civile non recepisce lo status giuridico confessionale – non riconosce cioè
automaticamente quei diritti e doveri che competono loro all’interno della confessione di
appartenenza. Ad esempio l’impegno del celibato per i sacerdoti, non gli impedisce di celebrare
matrimonio civile. Un riconoscimento fondamentale però della funzione di ministri di culto, si è
avuto nell’art.200 c.p.p. per cui non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto
per ragione del proprio ministero,( salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità
giudiziaria):
I ministri di confessioni i cui statuti non contrastino con l’ordinamento italiano.
a) Gli avvocati o procuratori legali e i consulenti tecnici.
b) I medici e i chirurghi e i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente la professione
c) sanitaria.
Possiamo dire che si tratta di un rapporto di fiducia e di confidenza che trae origine dalle funzioni
svolte dal ministro do culto. Nella Chiesa cattolica trattasi di segreto confessionale. Inoltre i ministri
sono depositari di documenti che contengono notizie e informazioni relative ai fedeli o ad altri
ministri – su cui ovviamente vige il segreto – si pensi ai registri battesimali o matrimoniali.
Il Segreto ministeriale intende tutelare una duplice garanzia:
Nei confronti dell’espletamento del ministero religioso che non potrebbe dispiegarsi
a) pienamente se non garantito nella riservatezza dei propri contenuti.
Nei confronti di coloro che si rivolgono al ministro di culto in base ad un rapporto fiduciario
b) tipico delle confessioni religiose.
Diciamo però che ai fini della copertura delle informazioni da parte del segreto è necessario che
sussista un nesso di causalità tra l’informazione pervenuta e l’esercizio del ministero. Quindi non
saranno coperte da segreto le informazioni avute fortuitamente e tantomeno quelle fatte con lo
scopo di usare fraudolentemente della riservatezza garantita dalla legge.
Naturalmente non mancano situazioni complicate – come quella di un sacerdote venuto a
conoscenza di un delitto grave in confessione e che al tempo stesso sappia che di tale delitto è stato
accusato un'altra persona. Si registrano ultimamente pratiche invalse di recente in ambienti
penitenziari, con le quali, al fine di trarre utili informazioni per determinati soggetti detenuti si
intercettano le loro conversazioni coi cappellani (questo è avvenuto anche nel carcere di San Vittore
recentemente però per sospetti di pederastia del cappellano). Comunque ad ogni modo le sempre
migliori tecnologie suggeriscono maggiore riservatezza nelle proprie funzioni da parte dei ministri.
Comunque al 220 ccp. Si collega il622 c.p. “chiunque avendo notizia per ragione del proprio
ufficio o dalla propria professione di un segreto e lo rivela senza giusta causa ovvero lo impiega a
proprio o altrui profitto è punito se dal fatto può derivare nocumento.”
Segue.. Incompatibilità dei ministri di culto. Soggetti confessionali specifici.
incompatibilità
I ministri di culto hanno delle con determinati uffici e funzioni civili: valutati gli
eventuali conflitti di interessi che potrebbero verificarsi tra le funzioni ministeriali e i compiti che
derivano da determinati uffici. Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia,
consigliere comunale nel territorio nel quale gli ecclesiastici ed i ministri di culto che hanno
giurisdizione e cura d’anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci. La legge ha teso ad
impedire che l’influenza sociale dei soggetti indicati possa essere utilizzata per ottenere più
agevolmente l’elezione.Inoltre la legge esclude che i ministri di culto e i religiosi di ogni ordine e
congregazione possano essere giudici popolari della corte d’Assise.
Per evidenti motivi i ministri di culto non possono essere “notai” ed “esattori di imposte”. – Meno
comprensibile sembra l’incompatibilità “con l’avvocatura” e la “procura”, salvo che non si ritenga
che lo svolgimento di questa professione impedirebbe di fatto l’assolvimento delle funzioni religiose
e pastorali del ministro. A livello penalistico occorre tenere presente che tra le aggravanti di un reato
figura quella di aver commesso il fatto contro una persona rivestita della qualità di ministro del culto
cattolico o un altro ammesso nello Stato.
Sui vescovi e i cardinali art.21 Trattato Laterano – dispone che fruiscano in Italia degli onori dovuti
ai Principi del sangue e che quelli residenti in Roma anche fuori le mura vaticane, sono a tutti gli
effetti cittadini vaticani. Inoltre essendo i cardinale membri del collegio che elegge il pontefice,
l’Italia provvede in modo speciale a che non sia ostacolato il loro libero transito ed accesso nel
territorio Italiano.
Il Parroco ministro del culto cattolico, è rappresentante della relativa parrocchia, e porta la
responsabilità dei relativi immobili, compreso l’edificio di culto. Ed è responsabile e custode della
chiesa che gli viene affidata. I Vescovi invece in quanto ordinari del luogo, oltre ad essere
rappresentanti di una diocesi, assolvono a una pluralità di compiti e funzioni di natura gerarchica,
che hanno rilevanza civile.
Sulla condizione giuridica dei religiosi cattolici cioè di coloro che fanno vita in comune dopo aver
emesso i voti pubblici di povertà, obbedienza e castità. Si è già detto che questi voti in linea di
massima non hanno rilevanza civile.
Più complessa è la risposta alla domanda – ma il religioso può svolgere attività lavorativa? bisogna
qui distinguere 2 ipotesi:
Se il religioso presti la propria attività all’interno dell’istituto.
a) O se sia impegnato all’esterno e alle dipendenze di terzi.
b)
Questa seconda ipotesi è giuridicamente ben definita; infatti ogniqualvolta il religioso mette a
disposizione di un terzo le proprie energie lavorative ricevendone corrispettivo, si è di fronte a un
rapporto di lavoro nel quale sono sussistenti gli estremi per una tutela previdenziale – Analogamente
il rapporto di lavoro subordinato sussiste quando si basa sulla convenzione tra il terzo e l’istituto
religioso e riguarda anche le prestazioni meramente spirituali. Perché le prestazioni vengono date
per utilità del datore di lavoro che nulla hanno a che vedere con le ragioni di perfezione religiosa che
caratterizzano la forma di vita scelta dal monaco. Il religioso può in tutti questi casi corrispondere la
propra retribuzione all’istituto di appartenenza, ma non può rinunciare alla retribuzione nei
confronti del datore di lavoro.
Ben diversa è la situazione – quando l’attività del religioso viene prestata all’interno dell’Istituto di
appartenenza, per finalità istituzionali dello stesso istituto di appartenenza, per finalità istituzionali
dello stesso Istituto: insegnamento nelle scuole gestite dall’ente, o nello stesso ente, attività manuali
svolte per l’istituto. In tali casi non solo il religioso non riceve alcuna retribuzione, ma l’istituto non
considera tali rapporti come rapporti di lavoro, né sulla loro base provvede ad alcuna forma di
contribuzione previdenziale.
Tesi 1):La dottrina si sforza di far rientrare questi nei