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SETTECENTO
Alberto Asor Rosa
In Europa la prima metà del Seicento è dominata dalle guerre tra Francia e Spagna, che
coinvolgono tutti gli Stati del continente sfociando nella guerra dei Trent’anni. I conflitti, che
termineranno nel 1648 con la vittoria dei francesi, hanno notevoli ripercussioni anche in Italia, che
conosce in questo periodo una fase acuta di decadenza politico-economica. Negli altri campi delle
forme espressive e di pensiero si assiste invece a una vera e propria esplosione. Fino al 1650 la
realtà culturale italiana presenta quindi un carattere estremamente frammentato e contraddittorio.
Nascono, inoltre, le Accademie. Tra le più importanti si segnalano le accademie scientifiche e,
soprattutto, la fiorentina Accademia della Crusca, nata con l’intento di difendere la purezza della
lingua italiana.
IL BAROCCO LETTERARIO E GIAMBATTISTA MARINO
Barocco è termine che definisce una vasta somma di fenomeni artistici ed espressivi.
Fondamentali sono, nella poetica barocca, l’innovazione continua, la sorpresa e il lavorio
dell’ingegno. Già lo stesso significato del termine “barocco” (dal medievale baroco; dal francese
baroque; dal portoghese barroco) allude agli esiti bizzarri che vengono prodotti. Il termine assume
col passare del tempo una connotazione negativa, man mano che la fortuna del fenomeno declina.
Nel 1929 Benedetto Croce integrava il termine fra le categorie della storiografia culturale italiana.
La tradizione rinascimentale viene travolta dalle esigenze di un nuovo pubblico volto alla ricerca di
sapori nuovi, piccanti e anche un po’ scandalosi. La rottura delle regole diviene, quindi, un
esercizio sperimentale. Da una parte, infatti, si faceva leva sull’ingegnosità, sull’arguzia e sul
concettismo; dall’altra sull’elocuzione ornata. Il centro dell’interesse del barocco è soprattutto il
concettismo. Tipico tratto del poeta barocco diventerà lo scherzo su argomenti gravi. Ma il
concettismo conosce anche un suo versante serio, talvolta lugubre: le rime in morte di personaggi
celebri contemporanei o in lode dei potenti o a devozione dei santi. Secondo la definizione di
Tasso nei suoi Discorsi dell’arte poetica, il concetto è un’ “immagine delle cose”, ossia una
rappresentazione artistica della realtà. Quando il poeta compone, infatti, non ritrae direttamente il
mondo che lo circonda, ma lo reinventa attraverso una serie di immagini che prendono corpo in
parole e stile. Quello che rende particolarmente concettosa la poesia barocca è la quantità
eccezionale di immagini, che fioriscono in similitudini e in metafore. Proprio la metafora è tra le
figure retoriche più usate dall’artista barocco. Mescolando insieme immagini fra di loro
apparentemente incomunicabili e realtà contrastanti, la metafora finisce per far coincidere i propri
effetti con quelli del concettismo e dell’ingegnosità. I poeti barocchi ebbero un successo rapido. Il
Barocco rappresenta nella storia della cultura italiana l’ultima manifestazione a livello europeo.
Non v’è dubbio, peraltro, che fuori d’Italia la poesia barocca mostrò qualità e profondità da noi non
raggiunte.
La vita di Giambattista Marino fu tutta proiettata alla conquista del successo. Nato nel
1569 da una famiglia napoletana di modeste condizioni, il giovane Giambattista si legò agli
ambienti cortigiani della nobiltà spagnolesca cittadina. Proprio nelle corti egli troverà il luogo più
propizio alla composizione poetica. Da ciò scaturiscono, nell’opera mariniana, le tracce
dell’ossequio e dell’adulazione. Trent’anni dopo le prime esperienze napoletani, Marino diviene
protetto e stipendiato da Luigi XIII di Francia. Già a Roma conobbe un ambiente assai più ricco di
esperienze artistiche e letterarie e più vasti orizzonti culturali. Nel 1602 pubblica a Venezia le prime
due parti delle Rime; nel 1614 se ne aggiungerà una terza, sempre stampata a Venezia. Nel 1615
le tre parti della raccolta verranno ripubblicate sotto il titolo de La lira. Si tratta di una raccolta assai
ampia, di carattere in gran parte erotico e descrittivo, ma con una grande varietà di temi: la prima
parte dell’opera comprende infatti rime amorose, boscherecce, eroiche, lugubri, morali, sacre e
varie; la seconda, madrigali e canzoni; la terza, amori, lodi, lagrime, devozioni e capricci. Ciò che
lo muove è l’ambizione di realizzare una poesia lirica, che abbracci tutti gli aspetti possibili della
realtà. Emerge sin da quest’opera il tema della “meraviglia”, che non è cosa naturale; anzi è natura
violentata dall’esercizio umano. Uno dei metri da Marino più amati e coltivati è il madrigale. Appena
giunto a Torino, presso la prestigiosa corte del duca Carlo Emanuele I di Savoia, compone e
pubblica l’adulatorio Ritratto del serenissimo don Carlo Emanuello duca di Savoia. Violentissimo, in
questi anni, fu il dissidio con Gaspare Murtola, segretario del duca e poeta di corte. Di Murtola,
Marino aveva messo in burla il poema sacro Della creazione del mondo, e alle repliche stizzite
aveva risposto con altri attacchi. Ne nacquero due collane parallele di sonetti, la Murtoleide,
fischiate del Marino e la Marineide, risate del Murtola. La Murtoleide, composta di ottantuno
sonetti, è esempio insigne della vis polemica del Marino, e della sua notevole propensione
all’oscenità, al cattivo gusto e alla parolaccia. Nel frattempo Marino, sempre a Torino, completava il
volume della Lira e portava avanti l’elaborazione de La galeria, La sampogna e l’Adone. Tuttavia,
guastatisi i rapporti con il duca, egli preferisce lasciare Torino e trasferirsi in Francia, dove trovò un
nuovo e più fastoso protettore, il sovrano Luigi XIII. Quel che caratterizza le opere del periodo
francese è il gonfiarsi spropositato delle ambizioni poetiche mariniane. Originariamente La galeria
non doveva esser niente più che l’atto d’omaggio di Marino a quanti fra gli artisti contemporanei e
passati avevano riscosso la sua ammirazione. Divenne poi qualcosa di spropositatamente vasto e
ambizioso perché Marino intese lui stesso con la sua poesia far concorrenza alla pittura e alla
scultura. La galeria è distinta in “pitture” e “sculture”, per un totale di 452 componimenti, in gran
parte sonetti e madrigali. Essa resta documento cospicuo delle capacità descrittive e pittoriche di
Marino. Opera assai più interessante è La sampogna, in cui il componimento pastorale si dilata a
poemetto e ha per materia la favola. La sampogna è divisa in “idilli favolosi” e “idilli pastorali”. Gli
“idilli favolosi” tentano di ricreare un’esperienza di poesia classica o classicheggiante, rifacendosi
spesso in maniera molto diretta ai poeti antichi. Più vivi e mossi sono gli “idilli pastorali”, dove
Marino cala materia autobiografica nei personaggi, mettendo loro in bocca affermazioni e opinioni
sue. All’Adone Marino lavorò a lungo, lentamente trasformando l’idea originale (che era stata
quella di creare un poemetto mitologico in tre canti) nella spropositata costruzione finale, un
poema romanzesco-mitologico, diviso in venti canti, e comprendente 5123 ottave, cioè più di 40
mila versi. La pubblicazione durò dal 1620 al 1623. La vicenda su cui si incentra la narrazione è di
per sé semplice: ne è protagonista il giovane e avvenente Adone, di cui si innamora Venere, la
quale lo fa rapire e condurre a Cipro dove la dea vive e regna. Ma la passione dei due amanti è
interrotta dalla gelosia di Marte, che costringe il giovane a fuggire. Quando finalmente, dopo una
lunga serie di peripezie, può ricongiungersi all’amata, Adone viene ferito da un cinghiale e muore.
Il racconto della vicenda è però continuamente interrotto da digressioni, da excursus e
dall’inserimento di episodi secondari che fanno lievitare enormemente la lunghezza del poema.
Ogni situazione diviene occasione di intermezzo lirico e di descrizioni idilliache. Con l’Adone il
processo di distacco dalla tradizione del poema cavalleresco italiano si è compiuto. Alla figura del
vigoroso cavaliere si sostituisce quella sensuale del giovinetto Adone; alla molteplicità dei temi e
delle peripezie, la lunga ricerca sensuale, il predominio assoluto dell’eros. Inoltre l’impressione di
fredda virtuosità che ci produce, ad esempio, l’episodio dell’usignolo domina gran parte della
costruzione, solenne ma statica, dell’Adone. La pubblicazione dell’Adone segnò,
contemporaneamente, l’apogeo della fama di Marino e l’inizio della sua crisi. Intorno al poema si
accese infatti quasi subito una polemica. Dispiaceva in genere in quell’opera la rottura di tutte le
regole stabilite dal poema epico e dal poema romanzesco. In realtà Marino non forniva con l’Adone
il modello di una nuova poesia: si limitava a riassumere e a incrociare ingegnosamente tutte le
fondamentali caratteristiche della vecchia. Marino, rientrando in Italia subito dopo la conclusione
della stampa parigina dell’Adone, vi ricevette accoglienze trionfali, prima a Torino, poi a Roma e
infine a Napoli, dove divenne principe dell’Accademia degli Oziosi. La diffusione del mutamento di
gusto in poesia rappresentato da Marino è abbastanza sorprendente e nei primi decenni del secolo
si forma un partito letterario: quello dei marinisti. Tra i seguaci di Marino si segnalano: Achillini,
Salomoni, Battista e Artale. Tra i filoni della prosa barocca quella più significativa è quella legata
al marinismo e quindi incentrata sulla rottura delle regole, l’ingegnosità e la ricca fioritura di
metafore. Esempio eccellente di questa linea stilistica è l’opera di Lancellotti. Si deve al Seicento
la riscoperta del poema storico-romanzesco in versi. Il romanzo di maggior prestigio è Il
Calloandro fedele di Giovanni Marini. Personalità molto interessante è, inoltre, Emanuele
Tesauro, autore di un trattato di meditazione retorica ed estetica, Il cannocchiale aristotelico, in cui
analizza il concetto di mirabile (o meraviglioso) che, pur rivelandosi più esteso del concetto di
metafora, tuttavia lo comprende e in un certo senso ne illustra l’interna vitalità immaginativa.
Grande fortuna conosce in questo periodo la Commedia dell’arte, dove trionfa l’arte
dell’improvvisazione, il testo è ridotto a canovaccio e l’attore sostituisce l’autore. Con le sue
maschere e i suoi caratteri essa ha una vasta fortuna anche all’estero, soprattutto in Francia. La
tragedia si accosta al gusto barocco per la propensione alla magniloquenza e alla