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Riassunto esame Testi e questioni di letteratura italiana, prof. Storini, libro consigliato Prima di Manzoni. Autore e lettore nel romanzo del Settecento, Daniela Mangione Pag. 1 Riassunto esame Testi e questioni di letteratura italiana, prof. Storini, libro consigliato Prima di Manzoni. Autore e lettore nel romanzo del Settecento, Daniela Mangione Pag. 2
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II – DALL’AUTORE AL LETTORE

Nel Settecento il panorama culturale italiano era popolato da traduzioni romanzesche infedeli e

imprecise, con molti tagli e accomodamenti. Le traduzioni italiane provenivano spesso da quelle

francesi, già a loro volta rimaneggiate. Se dunque dall’estero i contenuti arrivano più o meno

chiaramente al pubblico italiano, non lo stesso si può dire per le parti autoriflessive. I paratesti

introduttivi assumono diversa denominazione: “Prefazione”, “L’Autore a chi legge”, “Avvertimento”,

“Proemio o “Discorso preliminare”. Paratesti significativi sono anche i “Lo stampatore a chi legge” e

diversi tipi di “avvisi” ai leggitori. Sono parti essenziali della strategia testuale. Il termine lettore nei

romanzi italiani compare spesso in forma singolare vocativa accompagnato dagli aggettivi mio,

cortese, amico. Altrettanto spesso il singolare presenta l’occorrenza in terza persona. Verso la fine

del secolo sembra aumentare sensibilmente la parsimonia dell’uso del lemma. E’ tuttavia il termine

leggitori (meno al singolare) ad apparire più frequentemente nei romanzi. L’impiego abbondante in

Chiari e Piazza, la sua assenza in Algarotti o Pindemonte, fanno ipotizzare che la scelta del

termine possa avere a che fare con una sfumatura volutamente eccentrica. In Italia è alla fine degli

anni Quaranta che inizia la produzione romanzesca di stampo “moderno”. Due romanzi significativi

appaiono negli anni Quaranta: si tratta del Congresso di Citera di Algarotti, del 1745, e dei Viaggi

di Enrico Wanton di Seriman, del 1749. Entrambi i testi sono rappresentativi di particolare

complessità e attenzione quanto al rapporto fra l’autore e il lettore. Le categorie dei Viaggi

risentono con particolare evidenza della contiguità cronologica dei romanzi inglesi che stavano

allora diffondendosi come modelli. La prima edizione dei Viaggi fu veneziana, anonima, in due

tomi; la seconda uscì aumentata di due tomi. Entrambe le edizioni dei Viaggi si offrivano al lettore

accompagnate da due paratesti introduttivi: una nota del traduttore e un L’Autore a chi legge. Nel

nuovo Avvertimento del nuovo traduttore, rispetto alla prima versione, muta il pretesto per la

traduzione: all’iniziale finzione del manoscritto dimenticato a Venezia da un mercante inglese, si

sovrappone la finzione del ritrovamento del testo già stampato e tradotto ma giudicato di cattiva

fattura e quindi rivisto del tutto. Compaiono in questo inizio quasi tutti i “protagonisti metanarrativi”:

lettore, lettori, leggitori, autore, traduttore, stampatore sono citati nell’apparato paratestuale. La

nota del traduttore del 1764 si apre con l’immagine di un autore incompreso (luogo ricorrente nelle

prefazioni); i lettori vengono accusati di sdegnarsi a torto contro l’autore. Ai topoi della

lamentazione e dell’attacco al lettore corrisponde un contatto piuttosto attento con “Il leggitore” e

marcato è anche l’intento didascalico. Il Congresso di Citera di Francesco Algarotti contò ben 15

edizioni italiane solo nel Settecento e una dozzina di traduzioni straniere. Il lavoro compiuto

sull’opera da Algarotti era spiccatamente stilistico, teso a perfezionarla in brevità e asciuttezza. La

definitiva edizione del Congresso sarebbe poi stata accresciuta di una parte finale detta Giudicio

d’amore, scritta attorno ai “difetti” dell’opera. L’accrescimento funge da postfazione e parziale

commento di questioni legate al romanzo. Per quanto riguarda Chiari, il contatto con il proprio

lettore è stretto. Chi racconta si affida per lo più a Memorie avventurose narrate in prima persona.

A partire dalla Filosofessa gli espedienti attraverso i quali l’autore si lega a chi legge sono

classificati da Clerici come: “l’ostentata moralità del narratore”, “la salvaguardia del decoro”, la

confessione, “pegno di sincerità” e garanzia di autenticità del racconto. A garanzia di sincerità sono

poste anche inesattezze, imperfezioni poi corrette, talvolta manchevolezze e pecche dei

personaggi, a saldare l’illusione di autenticità. Chiari mette in atto diverse strategie per avvicinare a

sé il lettore: le argomentazioni dei paratesti, le osservazioni metanarrative e i commenti rivelano un

autore implicito che pare appellarsi a un lettore medio. Ma il lettore medio di Chiari è pensato e

spesso citato come “Pubblico”, a partire dalla Filosofessa. Tale spostamento verso il pubblico è un

tratto onnipresente nei romanzi chiariani. Accade spesso, però, che il discorso narrativo diventa

preda delle ragioni editoriali; che le eroine si mettano a disquisire con fin troppo agio delle opinioni

del pubblico. Talvolta il pubblico è l’istanza stessa con cui dialoga la narratrice. Un altro romanzo

particolarmente ricco di impegno metanarrativo è La bella pellegrina, le cui memorie vengono

pubblicate mentre la stesura è in corso. Questo espediente permette la creazione di una cornice

“luogo deputato per i commenti d’autore, che spezzano la lettura continuata”. Può essere che tra i

limiti dei romanzi chiariani sia una scrittura in cui il ruolo del narratore è brutalmente egemonico,

tanto da non sollecitare per nulla il lettore alla collaborazione; ma anche la frustrazione autoriale

nella narrazione, il lasciare che gli argomenti della stampa e dell’editoria vengano a disturbare la

voce della narrazione. Inoltre il primato della comparsa, nei paratesti e nelle narrazioni, di un

“pubblico”, anziché un lettore singolo, profila una sorta di patto narrativo “collettivo” anziché

individuale. “La mia istoria” del veneziano Francesco Gritti è un’opera particolare, caratterizzata

da un’ironia dissacratrice le prassi autoriali, lettoriali ed editoriali relative al romanzo, che denuncia

l’impianto sovversivo della narrazione. La Prefazione anziché rinsaldare il patto con il lettore

esaltando la veridicità del racconto procede al contrario. L’Editore evidenzia la propria estraneità

rispetto alla storia proposta. La Prefazione viene a ironizzare su sé stessa, anzitutto con la propria

forma, di lunghezza insolita, un vero e proprio primo racconto svolto dall’editore. Il Pubblico è

un’istanza che compare ironizzata, ma l’intento continuo è quello di gioco con il lettore. Il Lettore è

il vero bersaglio e complice cui l’Autore si rivolge, un lettore colto in grado di capire gli

atteggiamenti autoriali e goderne. Antonio Piazza era seguace di Pietro Chiari e svolse la propria

attività tra il 1762, anno in cui esordì con L’Omicida irreprensibile. E’ la dedica, anzitutto, che

permette di valutare la distanza dalla dedica di Gritti. Vi si fa infatti cenno, come in Gritti, alla prassi

di dediche ipocrite o assurde, vi si cita il ruolo e la responsabilità di chi scrive, ma tali osservazioni

e cautele servono a dare maggiore credibilità alla nuova dedica dell’occasione, “Alla gentilissima

Signora Catterina Manzoni”. Ancora, seguendo la traccia della parodia del Gritti, ecco pullulare la

narrazione di citazioni contemporanee. La narrazione procede spesso senza alcuna figura

mediatrice, a differenza di come avviene in Chiari. Piazza pare nei propri romanzi particolarmente

controllato quanto alla cura esplicita del rapporto con il proprio lettore. Nonostante siano

abbondanti i richiami e gli appelli a chi legge, il contatto sorge in modo piuttosto convenzionale,

breve, senza preparazione precedente; e il lettore è per lo più plurale. In questa seconda

esperienza di romanzo italiano settecentesco sembra che in genere l’autore implicito si omologhi al

narratore, non creando alcuna figura intermedia, nessuno scarto. Il plot rimane di stampo

chiariano, preferendo però l’accentuazione di drammaticità e passione ai toni chiariani

dell’avventura. Piazza rispetto a Chiari semplifica intrecci troppo aggrovigliati, elimina le

introduzioni e le pagine pseudo-filosofiche. Forse una maggiore linearità può essere un dato

positivo. L’opera di Gasparo Gozzi, Il mondo morale. Conversazioni della Congrega de’ Pellegrini,

aveva mostrato di risentire dei veti e delle aperture incerte verso una piacevolezza della lettura

minacciata costantemente dagli obblighi morali e dalle proibizioni emotive. Nello strano impianto

del testo, che si presenta come il resoconto delle conversazioni (e delle letture) della “Congrega

de’ Pellegrini”, si susseguono considerazioni dei Pellegrini stessi e apologhi, allegorie, favole. La

commistione tra apologo e azione si mostra nella realtà del testo lontanissima da qualsiasi guizzo

romanzesco. Inoltre, l’attenzione al lettore è un tratto che spicca e anzi quasi determina alcune

fondamentali tonalità del testo. La didascalicità e schematicità dell’impianto sembrano voler aiutare

la comprensione del lettore. Ma ciò che pare interessante è, piuttosto, l’insistenza e la forza

dell’istanza di apertura verso chi legge. Abaritte. Storia verissima di Ippolito Pindemonte è

pubblicato in due edizioni successive nel 1790 e 1792. Lo stesso Pindemonte riteneva che l’opera

avesse caratteri di “romanzetto”. Il testo si apre con un Avvertimento esplicativo del racconto e

delle circostanze finzionali della vicenda. Vi si spiega che il romanzo è una “relazione” tratta da

alcune memorie ritrovate, le quali erano in altra lingua. L’appello al lettore dimostra d’essere

pretestuoso: il testo è in realtà monologico e indirizzato, semmai, ai soli lettori colti. Predomina

costantemente un carattere didascalico: e il lettore è messo in gioco o in nota, per prevenire

eventuali obiezioni di chi legge. Il lettore, già astratto nella prefazione, dimostra d’esserlo in tutta la

durata della vicenda. Avventure di Saffo di Alessandro Verri appare nel 1781 e reca una

Avvertenza del traduttore in cui si ripete la finzione del manoscritto ritrovato e tradotto da altra

lingua (in questo caso lingua classica, cioè il greco). Si tratta di una esperienza di racconto

rarefatta, nella quasi assoluta estraneità della storia, degli oggetti, degli schemi del presente.

“Romanzo archeologico” e considerato bastione preromantico. E’ una narrazione concentrata

meno sulla materia e gli argomenti che non sullo stile. Qui i lettori auspicati e auspicabili sono

quelli “all’italiana”: dove tale modalità è significativamente quella che ha al proprio centro un

interesse stilistico. Gli appelli verso chi legge sono ridotti al minimo. Le avventure di Saffo sono,

dunque, un limpidissi

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
7 pagine
6 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giovyviv94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Testi e questioni di letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Storini Monica Cristina.