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Innanzitutto, questo carattere è conseguenza della successione di stimoli
nervosi contraddittori. Così come la smoderatezza nei piaceri rende blasé
perché sollecita costantemente i nervi a reazioni così forti che questi alla fine
smettono di reagire, allo stesso modo anche le impressioni più blande
impongono a chi è sciocco o inerte, delle risposte violente che mobilitano le
sue ultime riserve vitali, senza che egli abbia modo di raccoglierne di nuove.
Questa incapacità di reagire a nuovi stimoli con l’ energia che competerebbe
loro è proprio il tratto essenziale del blasé, un tratto che già ogni bambino
della metropoli mostra, in confronto ai bambini di un ambiente che potremmo
definire più tranquillo e sicuramente meno stimolante. L’ essenza dell’ essere
blasé consiste nell’ attutimento della sensibilità rispetto alle differenze fra le
cose, nel senso che il significato e il valore delle varie differenze fra le cose,
sono avvertiti come irrilevanti. Al blasé tutto appare di un colore uniforme,
grigio, opaco, incapace di suscitare preferenze. Ma questo stato d’ animo è
il fedele riflesso soggettivo dell’ economia monetaria, quando questa sia
riuscita a penetrare fino in fondo. Nella misura in cui il denaro
pesa tutta la varietà delle cose in modo uniforme ed esprime tutte le
differenze qualitative in termini quantitativi, esso diventa il più terribile
livellatore, svuota senza scampo il nocciolo delle cose, la loro particolarità, il
loro valore individuale, la loro imparagonabilità. Da un punto di vista
formale, si potrebbe definire l’ atteggiamento spirituale con cui gli abitanti
della metropoli si rapportano gli uni con gli altri come riservatezza. Questa
riservatezza, tuttavia, pare però una forma o meglio un rivestimento di una
più generale essenza spirituale della metropoli. Questa concede infatti all’
individuo un genere e un grado di libertà personale di cui non esiste l’
uguale in nessuna altra situazione.
Come nel feudalesimo l’ uomo libero era colui che era soggetto al diritto del
paese, vale a dire al diritto della cerchia sociale più vasta, e non libero era
chi attingeva il proprio diritto solo dalla cerchia ristretta di relazioni
feudali, così oggi l’ uomo metropolitano è ibero in confronto ai pregiudizi
che limitano l’ orizzonte di chi vive nella città di provincia. Non è
solo la grandezza immediata del territorio e della popolazione a far si che la
metropoli sia la sede ideale della libertà: al di là della loro ampiezza le
metropoli sono il luogo del cosmopolitismo. Una volta che si sia superata una
certa soglia, il raggio visuale, le relazioni economiche, personali, spirituali e
il perimetro ideale della città aumentano in progressione geometrica, un po’
come si sviluppano i patrimoni.
La sfera di vita della città di provincia si conclude sostanzialmente in essa e
con essa. Per la metropoli, invece, è decisivo il fatto che la sua vita interiore
si espande in onde concentriche su di un’ ampia area nazionale o
internazionale. Come un uomo non si esaurisce nei confini del suo corpo o
dello spazio che occupa immediatamente con le sue attività, ma solo nella
somma degli effetti che si dipartono a partire da lui nel tempo e nello spazio,
allo stesso modo una città esiste solo nell’ insieme degli effetti che vanno
oltre la sua immediatezza. Le città sono le sedi della divisione del lavoro: man
mano che si espande la città offre le condizioni fondamentali della divisione
del lavoro. La metropoli favorisce la tendenza all’ individualità dell’ esistenza
personale ( e non importa se ciò avvenga sempre in modo giustificato o
con successo ). Lo sviluppo della cultura moderna si caratterizza per la
preponderanza di ciò che si può chiamare lo spirito oggettivo sullo spirito
soggettivo: nella tecnica, nel diritto, nel linguaggio e negli oggetti di
uso domestico, è incorporata una quantità di spirito. Lo spirito oggettivo è la
cultura oggettivata nei prodotti dell’ uomo: la cultura depositata nelle
enciclopedie, ma anche quella che è incorporata nelle realizzazioni della
tecnica, nella rete elettrica, nei macchinari di una fabbrica o nel motore di
una macchina. Lo spirito soggettivo, viceversa, si manifesta nella cultura di
un uomo ( o di una donna ): ciò che esso sa perché lo ha imparato, o perché
lo ha vissuto direttamente o indirettamente o per averlo elaborato
personalmente. La cultura dei soggetti dipende da quella “ oggettiva “,
nella misura in cui ciascuno diviene colto solo facendo propri i contenuti
della cultura oggettiva. Soprattutto in periodi di complessità sociale e di
estesa divisione del lavoro, le realizzazioni della cultura oggettiva vengono a
costituire una sorta di regno autonomo. Le cose diventano perfezionate, più “
intellettuali 2, e in un certo senso più controllate da un legame logico
intrinseco con la loro strumentalità. La atrofia della cultura individuale dovuta
all’ ipertrofia di quella oggettiva è una delle ragioni dell’ odio feroce che i
predicatori dell’ individualismo estremo, a cominciare da Nietzsche, nutrono
per le metropoli, ma anche una ragione del fatto che essi siano così
profondamente amati proprio nelle metropoli, dal momento che appaiono al
loro abitante come i profeti e i redentori della sua nostalgia inappagata.
Il XVIII secolo aveva trovato l’ individuo avvolto in relazioni politiche e agrarie,
corporative e religiose, che lo violentavano pesantemente. In questa
situazione si levò l’ appello alla libertà e all’ uguaglianza. Accanto a questi
ideali nel XIX secolo se ne è affermato un altro, da un lato ad opera di
Goethe e del romanticismo, dall’ altro a causa della divisione economica del
lavoro: l’ ideale per cui gli individui, liberati dai legami storici, si devono anche
distinguere fra loro. Ciò che conta è l’ unicità e l’ insostituibilità del singolo
individuo. La metropoli è per Simmel il luogo dove tutte le tendenze della
modernità si concentrano e si potenziano reciprocamente. Nessuna
tendenza, presa a sé, è causa della altre: ciascuna interagisce con ogni altra
secondo i principi della corrispondenza e della reciprocità degli effetti. Per
quanto la sua adesione personale alla vita metropolitana ( e a Berlino in
particolare ) fosse senza riserve ( così che non poteva quasi immaginare
di vivere altrove ), il giudizio di Simmel è ambivalente. La metropoli è tanto il
regno della libertà e della massima espressione dell’ individualità, quanto
quello dell’ intellettualizzazione e dell’ incapacità di percepire le differenze.
Amplia le possibilità di movimento, ma lega anche ciascuno ad un sistema di
interdipendenze che lo trascende. È passato quasi un secolo da quando
Simmel scrisse queste pagine, e quarant’ anni da quando esse vennero