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Tra i due assoluti (piano di assoluta soggettività, naturmensch, e oggettività, kulturmensch) si trova
un optimum; poiché l’oggettività di un valore continua la sua crescita anche man mano che lo
spirito la proietta lontano da sé, e allo stesso tempo la sua soggettività si affievolisce
progressivamente, giunge un momento in cui le due esigenze contrarie si trovano pressappoco
egualmente soddisfatte. Piano di proiezione intermedio a partire dal quale il valore che diventa
sempre più oggettivo si anemizza, mentre fino a questo punto, gli elementi soggettivi instauravano
un nesso troppo forte tra l’io contingente e il valore, impedendogli di dispiegarsi come indipendente
oggettività. Ecco la teoria della “distanza” (Filosofia del denaro – I problemi della filosofia della
storia).
Un equilibrio provvidenziale fa sì che contenuti e forme, fino ad allora inadeguati, coincidano
repentinamente e ci facciano intravvedere come un lampo l’Assoluto.
Esiste una vita assoluta che è l’unità irriducibile della forma, in quanto correlato del flusso trans
discorsivo della vita, e del flusso relativo della vita inseparabile da una forma determinata. E la
corrente lirica della vita non è mai nemmeno la forma definitiva della nostra coscienza spirituale,
perché una diga sbarrata dall’intelligenza finisce sempre per sbarrarle la strada, e il solo assoluto è
l’”auto trascendenza”, che intuitivamente sintetizza in un atto per noi semplice i due momenti
logicamente contraddittori del dramma della vita. Per essere afferrato nella sua unità, tale assoluto
esige dunque un modo di pensare radicalmente diverso dal pensiero discorsivo per concetti.
L’intelligenza isola e solidifica elementi che nella vita vissuta sono dati come inseparabili. Per Kant
non è possibile vivere un contenuto se non sotto la sua forma, che è per la sua filosofia
l’immutabile universalità. Due fatti che si escludono reciprocamente potrebbero essere vissuti
contemporaneamente solo in un atto d’intuizione semplice e immediato; è impossibile per il
pensiero discorsivo concepirli nello stesso tempo.
Contro i soggettivisti dice che i limiti dell’Io implicano un non Io del quale l’io sarebbe correlativo.
Simmel insisterà analogamente sul fatto che l’oggettività nella sua teoria è effettivamente
trascendente rispetto al soggetto, e non è affatto un semplice rivestimento del soggetto
medesimo. La vita è un assoluto superiore al dualismo concettuale di un soggetto e oggetto.
3. applicazioni
Soprattutto nell’arte e nella religione la concezione simmeliana di vita reca conseguenze profonde;
infatti, gli ultimi saggi di Simmel hanno in generale come oggetto i problemi della filosofia estetica o
religiosa, quando non si occupano del problema sessuale o del problema della morte; a partire da
queste molteplici applicazioni, si sviluppa una concezione radicalmente nuova della filosofia, di cui
ci sforzeremo, infine, di caratterizzare l’ispirazione e di definire la portata.
3.1 l’estetica vitalista
In questo campo, come nell’ambito morale o teoretico, Simmel parte dalla fondamentale
distinzione relativista tra forma e contenuto. Il “valore” estetico è una forma a priori allo stesso
titolo, per esempio del valore economico, ma porta alla luce peculiari contenuti, egualmente distinti
da quelli intellettuali, etici o religiosi. La teoria della “distanza” trova qui una nuova applicazione.
Come la filosofia è punto intermedio tra sapere assoluto e ignoranza e l’amore tra l’avere e il non
avere (Simposio), egualmente l’opera d’arte, combinazione dinamica tra forma e materia, è un
termine medio tra la soggettività pura e la pura oggettività. Poiché è stato proiettato lontano dall’Io,
il valore estetico raggiunge più facilmente degli altri valori il “piano ottimale” al cui livello
l’oggettività raggiunge la massima autonomia compatibile con la sopravvivenza degli elementi
soggettivi.
A. L’opera d’arte si caratterizza per il suo isolamento e per la sua unità oggettiva in qualche modo
chiusa; per l’”autosufficienza” (Selbstgenugsamkeit) e l’essere-per-sé (Fürsichein). In presenza di
un’opera perfetta il volere si acquieta (Schopenhauer), perché tutte le esigenze di ordine artistico
che esso potrebbe sollevare si trovano già preformate e soddisfatte nell’opera d’arte stessa. E’ allo
stesso tempo sintesi e antitesi, un capolavoro è un “isola” nel mondo della realtà, un’ “entità
insulare” (inselhaft) in attesa che si vada a lei, e che non si confonde con la nostra vita quotidiana
alla stregua di un oggetto utile . Ecco perché la cornice è per l’opera d’arte quello che il corpo è per
l’anima, ossia rende concreta e simbolica ad un tempo l’individualità spirituale dell’opera pittorica,
rende visibile ai nostri occhi la sua irriducibile e gelosa unità. Al contrario della forma di un oggetto
qualsiasi, i cui contorni sono osmotici, la forma di un’opera d’arte ha un senso profondo, in quanto
rinforza il suo isolamento, il suo “essere per sé” (Fürsichein).
b. la “lontananza dell’opera d’arte, nella sua autonomia oggettiva in rapporto alla coscienza, si
accompagna tuttavia a un proporzionale avvicinamento, equivalente e simultaneo. Simmel rinuncia
al suo principio relativista quando dice che l’arte è unità oggettiva assoluta e immutabile.
L’”autosufficienza” dell’opera d’arte è seguendo l’espressione di Simmel, l’arretramento
(Anlaufrückschritt), grazie al quale l’opera prende in qualche modo lo slancio per penetrare più
profondamente nella nostra coscienza. Il romanticismo frenetico o l’impressionismo febbrile sono
forme d’arte superficiali perché non si rivolgono che alla periferia dell’io. Ciò che di più profondo il
filosofo cerca nel godimento estetico è, come nella vita morale o intellettuale, una Wechselwirkung,
un’azione reciproca. La sola realtà è, al di là dei due assoluti sostanziali e della soggettività, un
terzo assoluto del tutto originale, intraducibile per il logico che giustappone concetti, ma
intimamente vissuto dall’io intuitivamente in alcuni piaceri estetici o nell’ammirazione. Tale assoluto
è la relazione reciproca della coscienza soggettiva con l’opera d’arte, dove il valore proiettato
dall’artista interferisce con la vita interiore dello spettatore, Ma il mistero del bello deve disvelarsi
attraverso una distanza ottimale, una proiezione insufficiente o eccessiva fa nascere un
sentimento quasi doloroso. Il genio vive e respira in seno a questa atmosfera metafisica, dove si
stabilisce da sé un equilibrio tra l’io e l’opera. Goethe: diffida dai razionalisti che non hanno più
contatto con l’io profondo sia da romantici estremisti che a furia di inseguire i movimenti dell’animo
dimenticano che compito dell’arte è esprimere prima di tutto le realtà oggettive. La coscienza di un
artista geniale non ha una forma che non sia immanente alla materia della sua soggettività, e trova
dunque il generale e l’oggettivo in se stessa, nell’immediatezza della sua vita profonda. Romeo,
Re Lear o Otello non sono personaggi “oggettivi”, se con ciò si vuole intendere che sono estranei e
trascendenti il soggetto; essi sono immediatamente oggettivi, grazie alla vita intensa e
sovraindividuale che il genio, nella sua vitalità, dona loro. Il lirismo autentico trascende dunque
l’antitesi analitica tra forma e contenuto, stimolando in noi uno slancio di vita spirituale che
armonizza le azioni dell’opera con le reazioni del soggetto, e realizza con l’”elemento drammatico”
l’equilibrio di influenze, di cui il godimento estetico è l’espressione soggettiva, e la bellezza artistica
la traduzione esteriore. Schumann: secondo J. È la realizzazione vivente dell’ideale simmeliano,
nelle sue opere l’Io trascende nell’istante stesso in cui si fissa in una “forma coniata”, e il flusso
lirico dei contenuti affettivi, dei sentimenti e delle passione, abbatte vittoriosamente le barriere che
l’intelligenza gli oppone nello stesso tempo in cui una forma oggettiva lo contiene dentro limiti
determinate.
Teoria del comico: Georg Simmel ha dedotto dai suoi principi una teoria del comico che ricorda
quella di Bergson e che si riallaccia alla sua metafisica della vita. Se la vita nella sua forma ideale
è l’equilibrio armonioso di forme oggettive e soggettive che si abbracciano e si compensano,
quando l’artista spezza l’equilibrio organico delle parti volontariamente, si dice che fa una
caricatura, quindi come per Bergson, il principio del comico è la distruzione dell’equilibrio
costitutivo e dinamico della vita. E’ vero che la nostra coscienza tende per natura a superare i limiti
in un senso o nell’altro ma per la caricatura c’è bisogno che l’artisti ipertrofizzi nella personalità una
disarmonia particolare.
Differenza tra Simmel e Bergson: mentre Bergson per attingere all’assoluto della vita immediata
propone un’intuizione che eliminerebbe le forme intellettuali, Simmel propone, attraverso la teoria
della Distanzierung, a realizzare la sua intuizione della vita attraverso sintesi di forme e contenuti e
non epurando i contenuti di ogni determinazione oggettiva. Analogamento a Bergson non
saprebbe ammettere un formalismo astratto che, svuotando le forme di ogni contenuto soggettivo,
erigesse schemi scheletrici a ideale supremo. (Attacco ai teorici dell’art pour l’art). Cala l’arte nella
storia e nella società, non la priva della dimensione religiosa-affettiva, correlato ai nostri a priori, lo
scopo dell’arte deve essere di rappresentare il ritmo della nostra intera personalità. No al rigorismo
etico, come anche no al rigorismo artistico. I teorici razionalisti dell’art pour l’art hanno avuto il
merito di mettere in luce la necessità di un principio formale, ma hanno dimenticato che l’arte è più
di arte come Kant ha dimenticato che la morale è più di morale. Goethe è l’esempio del grande
artista perché la sua tecnica è vivificata da una personalità complessa. La realtà vivente denuncia i
limiti angusti della morale, religione e arte e l’intuizione artistica ci fa capire intuitivamente ciò che
l’intelletto denuncia come una contraddizione ci porta all&rsquo