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ALFABETICA CONOSOLIDATE:
4. sempre più fluente grazie all’ampliamento del vocabolario visivo ma soprattutto grazie
alla capacità dei bambini e degli adulti di suddividere pattern di lettere in sotto-unità
più estese del fonema.
Imparare a scrivere. L’interesse per la produzione dello scritto si diffonde in Europa e
negli Stati Uniti a partire dagli anni 70, grazie anche alla psicologia cognitivi che mise alla
luce la complessità della produzione scritta.
Imparare a scrivere significa passare da un sistema di rappresentazione di prim’ordine (il
linguaggio orale, dove i simboli sonori stanno al posto di oggetti) ad un sistema di
rappresentazione si second’ordine in cui una combinazione di segni scritti sta al posto di
simboli orali.
Firth (1985) ha individuato un processo evolutivo stadiale che illustra lo sviluppo della
scrittura tenendo conto delle differenze tra questa e la lettura; il suo modello procede da
uno
- Stadio logografico, dove la scrittura rappresenta le caratteristiche concrete
dell’oggetto a cui si riferisce;
- Stadio alfabetico, caratterizzato dalla trascrizione fonologica delle parole;
- Stadio ortografico, dove la codifica e la ricodifica non avvengono più lettera per
lettera ma attraverso configurazioni complesse il cui riconoscimento è basato sulla
conoscenza di regole ortografiche.
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Dall’altro lato la prospettiva cognitivista (che si è interessata specialmente degli
aspetti progettuali e procedurali sottostanti la composizione del testo scritto)
sottolinea che scrivere è un’attività complessa che non corrisponde alla trasposizione
della lingua orale in un codice scritto, ma richiede un maggior grado di astrazione,
elaborazione e riflessione; per questo la scrittura deve essere considerata come
un’attività di problem solving che prevede la formulazione dei piani e l’attuazione di
strategie.
(La studio in questo caso, però, si occuperà solamente degli aspetti dell’abilità di
scrittura implicati nei momenti iniziale della sua acquisizione.
Si tratta di aspetti sia a carattere endogeno che esogeno, poiché connessi alle modalità di
istruzione che il bambino riceve).
Un altro importante impulso alla ricerca sulla scrittura viene dagli studiosi di matrice socio-
costruttivista, che la includono all’interno dei comportamenti simbolico-
comunicativi. Per tali autori la dimensione socio-relazionale esercita un influenza
cruciale sull’apprendimento del processo di scrittura; l’autrice Dauite, esaminando le
interazioni con l’insegnante e con i compagni sulla scrittura concludendo che le
conoscenze socialmente costruite attivano preziosi processi affettivi e critica e concorrono
in modo rilevante allo sviluppo della scrittura vista nella sua più autentica natura di dominio
e di strumento simbolico.
Gli effetti delle diverse abilità di alfabetizzazione emergente sull’apprendimento di
lettura e scrittura. Linguaggio orale e scritto si presentano cronologicamente in
successione e per molto tempo tra di essi è stata ipotizzata un sostanziale indipendenza:
al primo viene attribuita una matrice “naturale”, mentre il secondo si riconduce ad
una genesi culturale.
La questione è stata poi riaperta, ma le ricerche fatto analizzavano singole abilità di
alfabetizzazione emergente piuttosto che studiarne sistematicamente e
unitariamente i nessi con l’alfabetizzazione formalizzata.
Studi più approfonditi sono quelli che hanno preso in esame la relazione tra le
conoscenze fonologiche e la conoscenza del codice scritto, come quelli di Calfee e
colleghi (1973) e Tunmer e Nesdale (1985) i quali hanno stabilito una correlazione fra
la capacità di contare i fonemi e i loro livelli di lettura.
Tali studi insieme hanno evidenziato la forte concomitanza tra il livello delle
prestazioni in consapevolezza fonologica e il livello di lettura, documentando che
lettori abili sono anche abili fonologicamente e viceversa, mentre lettori scadenti
mostrano anche carenze nelle abilità fonologiche.
Non permettono però di trarre conclusioni sul rapporto di causa-effetto che può
intercorrere tra le abilità esaminate. Per avere una risposta in tal senso è necessario
prendere in esame studi predittivi (che hanno misurato la consapevolezza fonologica e
l’hanno posta in relazione con le prestazioni successive in lettura e scrittura) che hanno
mostrato una marcata sensibilità in bambini ancora lontani dall’alfabetizzazione
formalizzata, alle caratteristiche fonologiche delle espressioni verbali e la capacità in
bambini di 5 anni di riconoscere e manipolare le unità sillabiche all’interno del flusso
sonoro e di avviare il riconoscimento dei fonemi:
Stanovich e colleghi (1984) sottoposero bambini di 5 anni ad un batteria
di 8 test fonologici e trovarono che i risultati di tali prove correlavano con i
livelli di lettura raggiunti un anno più tardi.
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Mann (1984) trovò un elevata correlazione tra la prova (eseguita a 5 anni)
in due compiti e la capacità di lettura rilevata dopo un anno.
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Ancora più significativi sono gli studi a lungo termine nei quali il collegamento tra abilità e
stato controllato nel corso di più anni:
Lundberg, Olofsson e Wall (1980) sottoposero bambini di 6 anni a prove
di segmentazione e fusione sillabica e fonemica e mostrarono come tutte
le prove fonologiche correlavano dopo un anno con le prove di lettura
mentre dopo due anni la correlazione si manteneva solo per la prova di
analisi della posizione del fonema e per quella di produzione di rime.
Bradley e Bryant (1983, 1985) sottoposero bambini di 3-4 anni a prove
fonologiche di riconoscimento di rima e allitterazione, di vocabolario e di
memoria, e, tre anni dopo, a testi di lettura, scrittura e aritmetica. Tra i
pre-test fonologici e le abilità di lettura e scrittura risultò esservi una forte
correlazione che si manteneva anche dopo il controllo per QI e memoria,
e specifica, in quanto non si estendeva alla matematica.
In sintesi gli studi mostrano come i livelli della consapevolezza fonologica misurati prima
dell’alfabetizzazione predicano significativamente gli esiti nell’apprendimento della lettura
e della scrittura. Tale relazione è stata documentata principalmente in riferimento a lingue
a ortografia no trasparente (inglese e francese). Inoltre l’esposizione ad ambienti
alfabetizzati e la conoscenza delle convenzioni sottostanti la stampa non apparivano di
grande importanza nel determinare le successive capacità di lettura.
Studio 8. “Quali relazioni fra le abilità di alfabetizzazione emergente e
l’alfabetizzazione formalizzata?”
Imparare a parlare significa padroneggiare la corrispondenza esistente tra il flusso sonoro
e gli elementi della realtà in cui esso si riferisce (significati).
Come mostrato in precedenza gli studi asseriscono che la consapevolezza fonologica
faciliti l’alfabetizzazione formalizzata nelle lingue di area anglosassone; però studi cross-
culturali indicano che il peso della consapevolezza fonologica cambia a seconda del
rapporto tra ortografia e fonologia peculiare delle varie lingue ed in particolare può
cambiare il peso della specifica unità fonologica.
Uno studio che ha confrontato direttamente gli effetti dell’ortografia comparando bambini
italiani e inglesi di prima elementare ha confermato che i bambini italiani leggono più
lentamente ma più correttamente dei loro coetanei inglesi, più veloci ma più scorretti. Di
fatto gli studi italiani hanno utilizzato solo la consapevolezza fonemica, e generalmente
misurata all’inizio della scuola elementare; in questo studio, perciò, si amplierà tale
prospettiva utilizzando varie conoscenze, sia fonologiche che linguistiche e pragmatiche,
del bambino prescolare, per verificare se e come entrano in gioco nella lettura e scrittura
iniziale.
Obiettivo: evidenziare l’esistenza di specifiche relazioni tra le variabili di
alfabetizzazione emergente nel corso dell’ultimo anno di scuola per l’infanzia e le
capacità di lettura e scrittura iniziali.
Metodo: (598 soggetti) al termine dell’ultimo anno della scuola per l’infanzia sono state
presentate le prove di alfabetizzazione emergente, mentre a metà del primo anno di
scuola elementare sono state presentate le prove di alfabetizzazione formalizzata.
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Le prove di lettura e scrittura iniziali sono state le seguenti:
- Autodettato
- Scrittura di numeri
- Dettatura di parole
- Lettura di parole e non parole.
Risultati: il test ha rilevato le seguenti relazioni:
a) La consapevolezza fonologica predice l’alfabetizzazione formalizzata e la difficolta
nell’acquisire rapidamente e correttamente la capacità di decifrazione e codifica
alfabetica;
b) La scrittura inventata predice l’alfabetizzazione formalizzata; i soggetti con una
buona prestazione alla prova di scrittura inventata sono risultati più abili sia nel
leggere che scrivere fluidamente rispetto a quelli con prestazione scadente.
I risultati confermano il valore predittivo della consapevolezza fonologica. In particolare,
nel nostro caso, ciò che è predittivo sono sia l’analisi fonetica che la produzione di rime e
allitterazioni; è predittiva inoltre la scrittura inventata specialmente nel livello al quale i
bambini associano ogni segno che scrivono con uno ed un solo suono. La precoce
sensibilità alle proprietà sonore delle parole favorisce l’apprendimento della lettura, il
riconoscimento dei fonemi e la loro manipolazione.
Si è ipotizzato che la lettura iniziale, anziché fare perno esclusivamente sulla
corrispondenza grafema-fonema, utilizzi anche la corrispondenza tra gruppi di lettere e
gruppi di fonemi quali le sillabe ed i gruppi intrasillabari posti all’inizio e alla fine delle
parole.
Vi è ampia evidenza sperimentale che i bambini adottano agevolmente una strategia
globale, sia in termini di riconoscimento delle parole come configurazioni che di
loro memorizzazione come sequenza di lettere e tendono a non usare i fonemi.
I soggetti della ricerca hanno inoltre confermato che anche nelle lingue ad
ortografia trasparente sono utili vari tipi di conoscenze fonologiche;
Inoltre i dati sembrano abbracciare la teoria delle differenze individuali (Bryant;
modello di Ehri) circa l’esistenza di più modi di leggere inizialmente, diversi da
individuo a individuo: il particolare modo in cui leggerebbero dipenderebbe da
differenze psicologiche tra di loro e avrebbe poco a che fare con lo stadio di lettura.
Essi però vanno contro Layton e colleghi (1998), le cui ricerche non registrarono un effetto
delle di