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Riassunto esame processi cognitivi della comunicazione, docente Perconti, libro consigliato, Filosofia e scienza cognitiva di Diego Marco Pag. 1
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Cap.2 Dalla filosofia alla scienza cognitiva.

I padri fondatori della scienza cognitiva sono informatici, psicologi e linguisti

tra cui Chomsky, ma alla base vi sono idee filosofiche sulla natura della

conoscenza. Nella scienza cognitiva agisce la convinzione che possiamo dire

di avere davvero compreso un fenomeno quando siamo in grado di

riprodurlo. Per dimostrare di saper fare qualcosa non è soddisfacente farlo,

perché non elimina la possibilità che abbiamo ottenuto il risultato solo grazie

ad una fortunata combinazione, ma bisogna descrivere il procedimento

seguito per farlo. Il concetto di procedimento effettivo è un concetto intuitivo

in cui molti dettagli sono lasciati nel vago. Quindi molti ricercatori si sono

impegnati per fornire una fondazione logico-matematica del procedimento

effettivo. Negli anni ’30 ’40, Goedel, Kleene ed altri hanno proposto la teoria

della ricorsività. In questa teoria vengono definiti certi oggetti matematici detti

funzioni ricorsive e si sotiene che solo queste funzioni sono calcolabili

mediante processi effettivi. Una funzione in generale è un modo di far

corrispondere un numero detto valore della funzione, ad altri numeri, detti

argomenti della funzione. Nel 1937 Alan Turing propone una macchina detta

appunto macchina di Turing. Si tratta di una macchina ideale (dunque in

realtà non esiste), fatta di un nastro diviso in caselle, la cui lunghezza si

immagina infinita, e di un cursore, in grado di spostarsi lungo il nastro e

leggere e scrivere simboli nelle caselle. Il cursore può trovarsi in un numero

finito di stati interni. Una macchina di Turing può addizionare, moltiplicare e

calcolare qualsiasi funzione ricorsiva. La teoria della macchina di Turing è

equivalente alla teoria della ricorsività: Turing infatti sosteneva che qualsiasi

procedimento effettivo poteva essere realizzato dalla sua macchina. Verso la

fine degli anni 50 due posizioni filosofiche dominano il dibattito sul rapporto

mente-corpo: il materialismo riduzionista, per il quale stati mentali non erano

altro che stati cerebrali, e il dualismo che sosteneva l’irriducibilità degli stati

mentali a stati cerebrali. Putnam scrisse che i processi mentali possono

essere descritti a livello logico come sequenza di stati mentali, governati da

leggi che ne controllano l’ ordine. Poiché la descrizione logica di un sistema è

indipendente dalla sua realizzazione tecnica, e questo vale anche per il

cervello rispetto al pensiero, Putnam aderì alla tesi astratta degli stati mentali.

Il funzionalismo si distinse dal materialismo riduzionista perché attribuisce a

stati e processi mentali un’identità indipendentemente dalla loro realizzazione

cerebrale e si distingue dal dualismo perché non considera la mente una

sostanza separata dal corpo. Almeno due obiezioni sono state mosse al

funzionalismo. La più nota di Nagel e Jackson consiste nell’osservare che

molti stati e processi mentali umani hanno quello che si potrebbe chiamare

un lato soggettivo che non trova riscontro a livello computazionale. La

seconda critica viene mossa da Bock. Le rappresentazioni sono intese come

oggetti mentali interni, manipolabili da regole, cioè che il risultato

dell’applicazione delle regole dipende dalle caratteristiche degli oggetti interni

in questione. Segue che le rappresentazioni devono avere proprietà che le

rendano elaborabili.

Cap. 3 Dalla scienza cognitiva alla filosofia.

Nella storia della filosofia, il rapporto fra idea e immagine mentale è sempre

stato problematico. Frege riteneva che esistessero essenze logiche oggettive

(per esempio il teorema di Pitagora) che il pensiero umano afferra, e che

sono universali e necessarie. Solo queste essenze logiche hanno valore

cognitivo, mentre le rappresentazioni sono soggettive, instabili e accidentali.

Secondo Wittgenstein invece, i contenuti cognitivi sono oggettivi, ma

coincidono con le espressioni linguistiche e con le regole del loro uso. Dal

punto di vista cognitivo ciò che ha valore non è l’immagine mentale che ho,

ma il concetto che esprimo con la parola mediante il quale comunico con altri

soggetti. A rivalutare le immagini mentali ci hanno pensato gli studi dello

psicologo cognitivo Stephen Kosslyn, il quale ha dimostrato che le immagini

mentali hanno un’importante funzione cognitiva e che dispongono di proprietà

funzionali che emulano proprietà spaziali, ovvero che sono figure che

funzionano come se fossero rappresentate nello spazio. Gli esperimenti di

Kosslyn hanno dimostrato che su queste immagini mentali sono possibili

molte operazioni mentali e che per compiere determinati processi cognitivi noi

ricorriamo a queste immagini e alle operazioni che possiamo compiere su di

esse. La teoria dei prototipi della Rosch risulta potenzialmente devastante per

il concetto di scienza. Non si potrebbe dare sapere scientifico se soggetti

diversi intendessero cose diverse con lo stesso concetto, ad esempio la

parola gatto, e se mutassero questo prototipo nel tempo. Per far fronte a

questo rischio, Putman e altri sono intervenuti distinguendo un ambito

metafisico da uno epistemologico. Putman afferma “ I concetti nella loro

funzione epistemologica esprimono il modo in cui noi classifichiamo gli

oggetti, nella loro funzione metafisica esprimono le articolazioni reali del

mondo, come le cose stanno indipendentemente da noi “. La distinzione tra

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Publisher
A.A. 2014-2015
5 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher venera19 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Processi cognitivi della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Perconti Pietro.