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PAN E LA MASTURBAZIONE

L’articolo di Roscher su Pan nel Lexikon dice che Pan inventò la masturbazione. Roscher si richiama agli Amores di Ovidio e a

Catullo. L’insieme delle informazioni che abbiamo sulla masturbazione ce la presentano come una pratica assai diffusa sia

storicamente sia antropologicamente. Nella biografia di i una persona si estende dalla prima infanzia fino alla senilità, precede cioè,

l’inizio delle altre attività genitali e spesso dura per molto tempo dopo che queste sono cessate. Negli adulti la masturbazione si

svolge parallelamente al cosiddetto comportamento sessuale, senza mai esserne un mero sostituto. L’assegnazione della

masturbazione a Pan è psicologicamente appropriata, persino necessaria, poiché la masturbazione fornisce un paradigma per quelle

esperienze che chiamiamo istintuali in cui coazione e inibizione si congiungono. La masturbazione congiunge due aspetti dello

spettro istintuale: da una parte l’impulso; o; dall’altra la coscienza morale e la fantasia che accompagnano e deviano l’impulso.

Abbiamo a lungo confuso la vergogna che accompagna la masturbazione con una proibizione sociale, cioè con una autorità

interiorizzata. L’inquietudine introspettiva, i sentimenti di colpa, il conflitto psicologico, in breve i fenomeni inibenti della coscienza

morale sono considerati come nient’altro che la voce di un’autorità che proibisce, un super-io. Il contrario di questo punto di vista

tenta di affrancare la masturbazione dalla proibizione che reprime, rendendola libera di seguire il Pan dei romantici nel piacere

sfrenato, ma trascura il fattore della coscienza morale e dell’inibizione che, in questo caso, è sui generis, parte della coazione stessa,

l’altra sua faccia. L’approccio liberato alla masturbazione per lo meno non la condanna come psicologicamente regressiva

(appropriata per il giovane, ma non per gli adulti). Ma questo approccio rende l’attività psicologicamente insignificante. Privata della

sua fantasia, vergogna e conflitto, la masturbazione diviene nient’altro che fisiologia, un meccanismo innato di sollievo senza

importanza per l’anima. La masturbazione allevia l’angoscia — ma la causa anche, ad un altro livello. La sessualità che scaccia la

paura non è il coito, cioè la connessione con un altro, o anche con un animale, ma la masturbazione. L’autoinibizione umana è meno

evidente che negli animali, la cui periodicità sessuale è chiaramente marcata. La nostra è più sottile, più psichica, e probabilmente è

riflessa innanzitutto nella fantasia e nella base archetipica della coscienza morale. Se gli eventi psicologici hanno la loro base in

dominanti archetipiche, allora il comportamento è sempre dotato di significato, e quanto più il comportamento è archetipico

(istintuale), tanto più deve essere significativo in senso primordiale. La psicologia dell’inconscio ha stabilito almeno un assioma: il

senso è nel comportamento stesso; non dato dalla coscienza al comportamento. Atti da noi compiuti che sono regressivamente molto

lontani dalla coscienza, come la masturbazione, possono essere al servizio di scopi diversi da quelli dell’orientamento conscio.

Possono essere privi di senso per il nostro intelletto umano e nello stesso tempo essere archetipicamente significativi. In questo caso,

la masturbazione è governata dal Dio-capro della natura, che ‘la inventò’, ed è una sua espressione. In quanto appartiene a un Dio,

l’attività è una mimesi del La masturbazione e un mezzo per attivare Pan. La masturbazione è un mezzo per attivare Pan. La

repressione della masturbazione però non uccide soltanto Pan come coazione, ma anche la fantasia di Pan e la vergogna di Pan, le

complicazioni inibitorie che accompagnano la masturbazione e sono parte integrante di essa.

LO STUPRO

Come la masturbazione, lo stupro è un comportamento psicologico e merita perciò attenzione psicologica. Come la masturbazione e

ili panico, anch’esso esemplifica il’ rapporto tra mitologia e patologia, il tema che è il centro di questo saggio. Parte del complesso

dello stupro è una avversione emotiva ad esso; è una violazione, una trasgressione, un orrore. Ai tema Stesso agisce su di noi come

uno stupro bloccando la nostra soggettività in rapporto a esso. Lo stupro diventa un argomento chiuso, non c’è nulla da discutere; è

ciò che è. La psicologia preferisce tenerlo a distanza, anche come soggetto di dissertazione; quando non può proprio evitarlo, lo

affronta servendosi di elaborate scappatoie concettuali, come ‘sadismo’ o ‘aggressione’. Lo stupro è appartenuto all’esistenza umana

e divina da molto prima che la psicologia entrasse sulla scena per spiegarlo. Perciò non dobbiamo aspettarci troppo dalla psicologia.

La visione classica della psicoanalisi collega lo stupro alle fantasie libidiche infantili di un genitore stuprante o ad una fantasia di

onnipotenza che ha come oggetto lo stupro del genitore. Gli junghiani hanno ampliato questo punto di vista con l’idea della madre

fallica in cui la a sessualità è unita all’aggressione secondo l’immagine del verro uroborico. Lo stupro non è specifico di Pan, però è

caratteristico di Pan e, come vedremo nel la sezione che segue, è il suo primo modo di manifestarsi con le figure femminili, che

provoca la loro fuga e la sua frustrazione. Lo stupro rivela la necessita coatta che sta dietro e dentro ogni forma di generazione.

Quanto più si è vicini al mondo della natura materiale, tanto più il potere divino si manifesterà in forma sessuale e coatta. Lo stuprò è

il paradigma della penetrazione e fecondazione divina del resistente mondo della materia. Gli stupri della mitologia, perciò,

dovrebbero venir considerati a un livello non letterale, ed essere percepiti come un’allegoria teo-filosofica, ili apologeti della

religione classica dovettero difendersi dall’accusa di corruzione morale gettata su di loro soprattutto dai cristiani (che, almeno a

partire da Eusebio, videro il diavolo in Pan). La difesa neoplatonica del mito fu la più elaborata, coerente e intellettuale; raggiunse

l’acme della sua perspicacia psicologica filosofia orfica dell’Italia rinascimentale. Nondimeno, il neoplatonismo è una difesa. Giusti

fica. Spiega. La masturbazione non sarebbe veramente masturbazione, ma un’espressione simbolica di qualcosa d’altro affine

all’auto-generazione. Il neoplatonismo si serve di un metodo ermeneutico che ci è stato reso familiare da Freud: il manifesto è

soltanto la copertura di un significato latente che è più vero, più reale e più liberante delle apparenze psicopatologiche. Lo stesso vale

per lo stupro; questo modo di esegesi non accetta la psicopatologia come un modo essenziale della vita psicologica. Possiamo

cogliere un aspetto essenziale del rapporto tra mitologia e patologia se ci rendiamo conto che il comportamento patologico è una

rappresentazione mitica, la mimesis di un modello archetipico. Dopo tutto, questo è ciò che ci disse Freud ‘scoprendo’ il complesso

di Edipo: scoprì che la psicopatologia è la messa in atto di un mito. Nel caso dello stupro, il modello archetipico rappresentato è

precisamente uno di quelli che sono stati condannati dagli altri archetipi dominanti la nostra coscienza, che hanno bandito come

rinnegati sia Pan sia lo stupro. La mitologia è necessariamente patologica (descrittiva di psicopatologia) perché altrimenti non

potrebbe parlare dell’anima quale essa è. Diversamente la mitologia sarebbe ‘soltanto mito’, una sorta di religione idealizzata. La

mitologia privata delle sue ‘depravazioni morali’ diverrebbe una religione libresca, una interpretazione o una rivelazione ispirata di

dogmi etici e non la continua espressione dell’esperienza umana in cui sono inevitabilmente incorporati dei modelli patologici. Dove

sta allora la differenza tra il vostro o il mio Stupro e uno stupro da parte delle figure del mito? La differenza sta tutta nel contesto in

cui vengono compiuti? Accettando questo punto di vista. Produciamo una separazione tra sacro e secolare, e ritorniamo con i

neoplatonici. Ma questo non fa altro che accentuare la psicopatologia dello stupratore nel vicolo. E sono state ideate nuove forme di

psicoterapia, e vi sono culti e sette di streghe, come quella guidata da Aleister Crowley, che era dedicata a Pan e, secondo la versione

dello stesso Crowley, comprendeva lo stupro. Ma esse rimangono secolari; da soli, infatti, non siamo in grado di far rivivere gli Dei.

Pan deve essere presente prima del culto in suo nome. Queste non sono perciò rappresentazioni mitiche, ma costruzioni mitiche. Se

non questi tentativi esterni, allora forse il sogno e la fantasia e l’immaginazione delle arti possono trasporci nel mondo mitico dove

valgono altre leggi e dove lo stupro è appropriato. Questa soluzione dice che possiamo fare qualsiasi cosa ‘dentro di noi’, ma non

metterla in atto ‘là fuori’. Il sacro e mitico diventa ora intrapsichico e mentale, mentre il secolare diviene comportamento. Una quarta

soluzione direbbe che ciò che è patologia nelle strade è tale anche nella mente. Ciò che facciamo nell’immaginazione ha per l’anima

le stesse conseguenze del mettere in atto. È chiaro che la questione rimane insolubile finché insistiamo che comportamento e fantasia

sono due regni differenti. Questo scisma produce tutti gli altri: tra secolare e sacro, tra ‘dentro di noi’ e ‘là fuori’, tra mitologia e

patologia. Questo errore può essere corretto ricordando che il comportamento è anche fantasia e la fantasia anche comportamento,

questo sempre. Queste osservazioni possono liberare il termine ‘psicopatologia’ dal dover servire due padroni, quello legittimo della

psicologia e quello parassitario della morale. I criteri morali di comportamento fanno parte dell’etica, della legge e della religione, ma

questi sono campi che non dovrebbero influenzare le prospettive della psicopatologia, i cui giudizi sul comportamento sono

determinati non tanto da dove, con chi e quali azioni avvengono quanto piuttosto dal come esse avvengono. Diveniamo più

psicopatologici quando non cogliamo, in questo o quel segmento della nostra vita, il fantasma presente in quello che stiamo facendo

o il fatto che ciò che stiamo fantasticando avvenendo fisicamente, anche se in modo sottile e indiretto. Invece prendiamo le cose alla

lettera, e la metafora, l’elemento che mantiene la vita psicologicamente intatta, si spezza. Come esempi estremi abbiamo, da una

parte, la fantasia al suo livello letterale nelle allucinazioni e nei deliri; dall’altra, il comportamento letteral

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A.A. 2014-2015
7 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/02 Lingua e letteratura greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher monica.des di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Catenacci Carmine.