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LA DEMOCRAZIA DEGLI ANTICHI E DEI MODERNI
POSTFAZIONE DI CARMINE AMPOLO
Finley ha sempre sottolineato legame tra l'economico e il politico nell'esperienza greca e
l'istituzionalizzazione dei fenomeni della vita sociale e intellettuale.
Dialogo costante fra esperienze di antichi e dei moderni riguardo l'utopia, l'educazione, la
democrazia...
Egli si interessa non alla teoria e al pensiero politico dei Greci in quanto tali, ma della prassi
concreta della politica, dell'organizzazione e funzionamento dell'attività politica, in particolare
decisionale: chi decide? In che modo?
Egli polemizza con i teorici anglosassioni dell'ÈLITES, le cui prime teorie si sono sviluppate in
Italia con Vilfredo Pareto e Gaetano Mosca (teoria della classe politica secondo cui in ogni
organismo politico è necessaria l'esistenza e il funzionamento di una classe dirigente).
Secondo lui occorre adoperare strumenti diversi a seconda delle domande che ci si pone e a seconda
del tipo di società che si prende in esame (usa sia strumenti d'analisi marxista, sia weberiani etc).
Egli infatti in questo libro ha adoperato concetti introdotti dalla tradizione della democrazia
occidentale da Stuart Mill ad oggi, perché il suo libro è proprio rivolto a chi vive nelle democrazie
parlamentari contemporanee.
PREFAZIONI
Nel mondo occidentale oggi sono tutti democratici, cambiamento notevole rispetto al secolo
precedente ma reso possibile da:
ridimensionamento dell'elemento della partecipazione popolare all'interno dell'originaria
● concezione greca della democrazia (governo del demos = del popolo)
affermazione di teoria elitista della democrazia: la democrazia può funzionare e
● sopravvivere solo nelle forme di una oligarchia di fatto di politici professionisti e burocrati;
la partecipazione popolare deve esserci solo nelle elezioni
GOVERNATI E GOVERNANTI
La più nota scoperta delle ricerche sull'opinione pubblica è l'indifferenza e l'ignoranza della
maggioranza dell'elettorato nelle democrazie occidentali, se non proprio il non esercitare il proprio
diritto di voto.
Tutti i pensatori politici antichi, compresi Platone e Aristotele, esaminarono le diverse forme di
governo dal punto di vista normativo, in base alla capacità con cui esse potevano aiutare l'uomo a
conseguire un obiettivo morale nella società, cioè la giustizia e la vita buona.
≠
Invece gli autori contemporanei (es Lipset) si astengono dal porsi obiettivi ideali, evitano concetti
come quello di vita buona e insistono sui mezzi, sull'efficienza del sistema politico... Ad es. per
Schumpter la definizione di democrazia (metodo ben studiato per dar vita ad un governo forte e
autorevole) non implica in se stessa alcun ideale di libertà e uguaglianza, né alcuna nozione di
responsabilità civica o di diffusa partecipazione politica. Gli obiettivi proprio sono visti come delle
minacce. 1
In comune con Platone però Lipset lascerebbe la politica agli ESPERTI: per il primo erano i filosofi
ben preparati, che avendo appreso Verità, sarebbero poi guidati da essa in tutte le azioni; per il
secondo sono i politici professionisti, affiancati da burocrati, periodicamente controllati con le
elezioni, dal dispositivo democratico che offre al popolo la scelta tra gruppi di esperti in
competizione (teoria dell'ELITES).
Resta il fatto che Platone era completamente contrario al governo popolare (troppa ignoranza...)
mentre Lipset lo accetta purché vi sia più un governo (in contrapposizione alla tirannide e
all'anarchia) che un popolare e la partecipazione popolare sia limitata. L'apatia politica viene
trasformata in un bene e virtù politiche.
Se nell'antichità la maggior parte degli intellettuali erano contrari al governo popolare per diversi
motivi e aveva quindi proposto diverse alternative, oggi la maggioranza pensa che la democrazia sia
la miglior forma di governo possibile convenendo però che i principi tradizionalmente invocati per
giustificarla non hanno applicazione pratica e anzi NON VANNO APPLICATI SE SI VUOLE FAR
SOPRAVVIVERE LA DEMOCRAZIA. Come si è giunti a tale situazione un po' paradossale?
Gli antichi usavano il termine democrazia con molta disapprovazione, poi essa scomparve fino al
XVIII sec quando rimase sempre un termine dispregiativo. Sono le rivoluzioni americana e francese
ad avviare il dibattito ottocentesco e a rendere tale termine così positivo che nel 1900 si è
completamente svalutato.
Le teorie elitiste appunto di fronte all'osservazione empirica che mostra la separazione tra
governanti e governati in tutte le democrazie e al consenso unanime sul fatto che la democrazia sia
la miglior forma di governo, pensano che quella separazione non sia un difetto ma una virtù della
democrazia. In pratica si limitano ad approvare per definizione le procedure correnti delle
democrazie occidentali.
In greco il termine democrazia è composto da “crazia” che significa “potere” e da demos, che
indicava sia l'insieme dei cittadini, sia il popolo comune (le classe inferiori). Fu Aristotele ad offrire
una formulazione sociologica: per lui il numero dei governanti, ristretto in oligarchia e elevato in
una democrazia, è un elemento accidentale dovuto al fatto che ovunque i ricchi sono pochi e i
poveri tanti, per cui si ha oligarchia quando uomini governano in ragione di loro ricchezza,
democrazia quando governano i poveri. Dietro a tale tassonomia c'era distinzione normativa tra
governo nell'interesse generale (miglior tipo di governo) e governo nell'interesse o a beneficio di un
particolare settore della popolazione (peggior tipo di governo) per cui pericolo insito in democrazia
è degenerazione in governo nell'interesse dei poveri.
Se ci furono altre forme democratiche prima dei Greci, esse non ebbero però nessuna incidenza
sulla storia e sulle civiltà posteriori: i Greci furono i primi a riflettere sulla politica ,come arte di
conseguire decisioni mediante la discussione pubblica e di obbedire a tali decisioni in quanto
condizione necessaria per la convivenza civile, e a osservare, descrivere, formulare dottrine
politiche. La sola democrazia greca che possiamo studiare a fondo, cioè quella di Atene nel V e IV
sec. a. C., fu anche la più intellettualmente prolifica.
Le teorie dell'élite sostengono che tale esperienza ateniese sia irrilevante perché troppo diversa
dalle democrazie elitarie contemporanee, sulla base di diversi argomenti:
la moderna attività di governo è più complessa; in realtà anche Atene aveva i suoi esperti
● tecnici e comunque è rimasto il dato fondamentale della vita politica cioè che sono i politici
a prendere le decisioni politiche.
il demos ateniese era un élite minoritaria rispetto alla vasta popolazione di schiavi; questo è
● sicuramente innegabile ma bisogna comunque indagare la composizione di tale demos
ateniese. Esso era costituito in vasta parte da CONTADINI, ARTIGIANI E BOTTEGAI che
ERANO CITTADINI AL PARI DELLE CLASSI SUPERIORI istruite, che erano membri a
pieno titolo della comunità politica, questa era la vera novità.
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Inoltre LA DEMOCRAZIA ATENIESE ERA DIRETTA, non rappresentativa, in due sensi: OGNI
CITTADINO POTEVA PARTECIPARE ALL'ASSEMBLEA SOVRANA e, escludendo schiavi di
proprietà dello stato che facevano copie dei trattati etc, NON ESISTEVA ALCUNA FORMA DI
BUROCRAZIA. L'Assemblea, che aveva la parola definitiva sulla guerra e sulla pace, sulla
finanza, sulla legislazione, sulle opere pubbliche... era una riunione di massa all'aperto di tutte
quelle migliaia di cittadini di età superiori ai 18 anni che in un certo giorno volevano parteciparvi
(di solito più o meno 40 volte l'anno). Le decisioni erano raggiunte mediante il semplice voto della
maggioranza dei presenti e vigeva l'ISEGORIA, il diritto universale di parlare nell'Assemblea. La
carica di presidente dell'Assemblea era basata su sistema di avvicendamento ed era assegnata per un
solo giorno e tramite sorteggio.
Se oggi la questione del grado di istruzione e di preparazione del cittadino medio è fondamentale
nelle democrazie, l'Assemblea ateniese è composta soprattutto da semi-illetterati, ma vi erano molti
esperti che potevano informarla prima che essa deliberasse (non vanno confuse conoscenze
tecniche e intelligenza politica). Poi chi partecipava a tale assemblea conosceva personalmente un
gran numero di votanti e anche alcuni oratori del dibattito, dato che la società ateniese era ancora
una società face-to-face, dove pochi potevano sottrarsi alla familiarità con affari pubblici.
Se è vero che di fatto il diritto di parola era esercitato da pochi, poiché era riconosciuta l'esistenza
di una competenza politica e tecnica, non erano però i “capi” a prendere le decisioni, ma fu sempre
il popolo a farlo. Solo l'Assemblea spettava la decisione e quindi IL RICONOSCIMENTO DELLA
NECESSITÀ DI UNA GUIDA POLITICA (ES PERICLE) NON PROVOCÒ UNA RINUNCIA AL
POTERE DECISIONALE NE LA FORMAZIONE DI UNA MACCHINA DI PARTITO, DI
ELITÈ POLITICA ISTITUZIONALIZZATA. Vi furono élite politiche ma incapaci di perpetuare se
stesse, perché la leadership era diretta e personale, dipendeva da meriti pubblici e quindi era
accessibile a tutti.
Sulla base di tali considerazioni appaiono meno particolari alcuni strumenti istituzionali inventati:
l'OSTRACISMO, mediante cui un cittadino, cui influenza era ritenuta pericolosamente
● eccessiva, poteva essere esiliato per un certo periodo senza però perdere ne proprietà ne
diritti civili. Le radici di tale strumento risalgono alla tirannide e al timore del suo ritorno,
ma tale prassi sopravvisse per insicurezza di capi politici, che in mancanza di elezioni
periodiche, potevano proteggersi solo allontanando avversari politici.
GRAPHÈ PARANOMON, azione pubblica con cui si poteva accusare e processare un
● cittadino per aver fatto in Assemblea una proposta contraria alle leggi. Essa disciplinava
l'uso dell'isegoria e conferiva al popolo la possibilità di ritornare su una decisione che esso
stesso aveva preso. Se l'esito di tale graphè paranomon, se il verdetto del demos era positivo
si annullava il voto favorevole dell'Assemblea. Se oggi si protegge la libertà dei
rappresentanti (e quindi anche la loro irresponsabilità) con l'immunità parlamentare, ad
Atene era protetta sia la libertà dell'Assemblea sia quella dei singoli cittadini che ne
facevano parte, negando loro l'immunità.
I greci però non formularono mai una teoria sistematica della democrazia, con l'eccezione di
Protagora, secondo cui tutti gli uomini poss