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possessio NELL’ A PROPOSITO DEL TITOLO

CAP III _ IUSTA CAUSA E BOONA FIDES USUCAPIO ROMANA “PRO SUO”.

“Possessio ad usucapionem” e “possessio ex iusta causa”: il problema dell’usucapio pro suo.

È affermazione costante che elementi essenziali dell’usucapio in età classica siano: e

iusta causa bona fides.

Tuttavia nonostante da nessuno si ponga in discussione la necessità di questi requisiti, le difficoltà sorgono quando si

vogliono spiegare i passaggi storici attraverso cui si è arrivati a tale configurazione. Poiché inoltre si

ritiene da tutti che la coincida per l’età classica con la causa tutelata mediante

possessio ad usucapionem, possessio ex iusta

il problema si accavalla con quello dell’ambito di applicazione di questo editto.

actio Publiciana,

Altro problema – sorge da questo modo di configurare l’usucapio è il rapporto tra e

possessio bonae fidei possessio ad

per cui riesce difficile delineare i rapporti tra e buona fede , giustificare alcuni titoli

usucapionem, iusta causa dell’usucapio

che compaiono nel Digesto, come per es.: “pro suo”.

Già in occasione dell’usucapio si è posto in luce le difficoltà che si incontrano se si vogliono inquadrare tutte le

pro derelicto

ipotesi di usucapione in questo schema, prescindendo completamente dall’idea che, in alcuni casi l’usucapione potesse

procedere anche senza e che questo acquisto avvenisse indipendentemente dall’applicabilità della Publiciana.

iusta causa;

Conviene anzitutto prender le mosse dall’affermata coincidenza fra situazione della cosa in bonis e possessio ad

usucapionem, che è l’elemento cardine di tutta questa costruzione teorica

Nel si legge: “l’azione

Bonfante Publiciana era certamente costituita a difesa dell’in bonis habere come della bonae fidei

possessio, le due figure ravvicinate da Gaio precisamente sotto il profilo dell’usucapione; in breve si potrebbe dire l’azione a

tutela della possessio ex iusta causa”

Praticamente si parte dall’idea che l’in si sia sviluppato nell’ambito della “possessio già tutelato con

bonis habere, bonae fidei”

il Bonfante ritiene infatti che il possesso in buona fede non si riassume si differenzi da questo che

Publiciana: nell’in bonis,ma

è individuato dalle tutelate dal pretore: mentre cioè il proprietario bonitario avrebbe varie prerogative che gli

iustae causae

derivano dall’assolutezza del suo dominio tutelato dal pretore in base alle il possessore di buona fede avrebbe

iustae causae,

solo la publiciana.

Il Bonfante poi chiarisce meglio,quando ipotizza l’esistenza di una relativa “al possessore di buona fede”,che

due formule,

sarebbe in sostanza l’acquirente di buona fede a non domini, e l’altra relativa “all’in – che avrebbe

bonis ex iusta causa”

trovato il suo caso tipico nell’ipotesi di traditio di res mancipi.

In questo modo – l’usucapione viene ad assumere due funzioni economico sociali ben definite

Testo – Gai. 2.44. “il che sembra che sia stato ammesso,affinchè la proprietà delle cose non rimanesse a lungo incerta, essendo

sufficiente al proprietario per ricercare la cosa propria ,il termine di un anno o di due anni,che è il tempo attribuito al possessore

Si trattava cioè di tutelare il possessore o che avesse acquistato in buona fede a o che avesse

per usucapire”. non domino,

acquistato quest’ultima situazione è quella appunto dell’in

ex iusta causa: bonis.

Dunque in seguito occorre spostare l’attenzione sul problema della iusta causa, che diviene presupposto irrinunciabile

dell’usucapione come della concessione della Publiciana, e la di buona fede finisce per identificarsi con il possesso

possessio

per usucapione salva la differenza rispetto rappresentata dall’assenza di tutela nei confronti del

all’in bonis dominus ex iure

Quiritium.

Così è molto oscillante nella dottrina la definizione di “iusta e dei suoi rapporti con la e con

possessio”, possessio ex iusta causa

la le diverse ricostruzioni proposte non riescono a superare e ridurre ad unità le differenti accezioni in

possesio bonae fidei,ma

cui questa terminologia viene utilizzata nelle fonti.

La maggiore difficoltà si incontra nel momento in cui i vari autori cercano di precisar la nozione di possessio pro suo – e di

inquadrare l’usucapione pro suo nella possessio ad usucapionem ex iusta causa.

E’ generalmente accettato che “possedere pro suo” significa possedere con la credenza di essere padrone, e può assumere il

significato sia di di buona fede, sia di ad usucapione. Tuttavia anche se non si può ritenere che questo

possessio possessio

termine,nella sua accezione generale sia idoneo a indicare un titolo “iusta si parla del titolo pro

causa usucapionis”,

suo,secondo la dottrina,quando i giuristi si trovavano di fronte ad una serie marginale di che non potevano

iustae causae

essere inquadrate nelle altre tipizzate.

“Possessio ed usucapio pro suo”: Ner.D.41.10.5; Pomp. D.41.10.3.

Sembra opportuno partire dai testi in materia di “possessio” ed “usucapio – per verificare se la costruzione che

pro suo”

contrappone così nettamente l’usucapio all’usucapio non offra uno spiraglio che permetta di individuare

classica quiritaria

una “possessio in alcuni casi prescindesse dalla nozione di “iusta causa”,quale è stata, io

bonae fidei ad usucapionem”,che

credo, generalizzata dai compilatori giustinianei.

Testo significativo è – “

Nerazio D.41.10.5: l’usucapione ha luogo altresì per altre cause – e talvolta per le cose che possediamo

credendo che siano nostre – allo scopo che abbiano termine le liti. 1) Ma taluno acquisterà per usucapione ciò che egli aveva

posseduto credendo di esserne proprietario,sebbene questa convinzione fosse falsa, purchè peraltro la probabilità del suo errore

giustifichi l’usucapione; come, per es., se io possiedo qualche cosa che possa credere essere stata acquistata da un mio servo o da

un servo di colui al quale sono succeduto come erede, sebbene questo sia un errore, perché l’ignoranza di fatto altrui è scusabile”.

Il testo di Nerazio è tradizionalmente visto come l’affermazione del “titolo putativo”, in realtà è molto più generico e attiene

semmai più al problema della buona fede che a quello del titolo.

la “Ricostruzione è quella più fedele a ciò che il testo vuol significare – il Mayer Maly intende giustamente il testo

di Mayer”

quando da un lato vede nella prima parte un chiaro riferimento alla primitiva “usucapio constituita ut aliquis litium finis esset”

in favore del possessore che riteneva possedere la cosa come sua e che salvaguardava l’accipiente di buona fede a non

domino. all’interpretazione più recente di questo elemento della del possessore, in cui si

La parte successiva,attiene “existimatio”

riassume il concetto di buona fede e nella quale va ricompresa per Nerazio,l’ipotesi che taluno,errando sul fatto altrui, stimi di

possedere come proprietario.

Il testo va quindi visto in connessione con la teoria del ai fini della buona fede, e non come affermazione

tolerabilis error

generica del titolo putativo.

Possiamo poi osservare ancora che l’andamento del testo di Nerazio mostra lo sforzo di individuare sia pure dando per

presupposta la regola generale che proceda ove via sia una ,a rilevanza di una falsa del

l’usucapio iusta causa existimatio

possessore,tipizzando i casi in cui essa non si debba considerare preclusiva Ed i principi che si invocano sono

dell’usucapio.

quelli generali in materia di errore,per cui l’errore di fatto,ove non sia dovuto ad inescusabile trascuratezza non deve potare a

pregiudizio chi vi sia incorso.

Il problema è invece per i giuristi romani più articolato e sfaccettato: posta la regola generale che procede sulla

l’usucapio

base di una ciò non esclude che ammettere il procedere medesima anche

iusta causa, l’interpretatio,posa dell’usucapio

indipendentemente da essa. Si apre allora la strada per l’ulteriore tipizzazione mediante astrazione delle ipotesi in cui ciò può

avvenire, ed in questa ricerca ,condotta caso per caso, i giuristi potranno arrivare anche a differenti soluzioni.

Tornando al passo di Nerazio, si precisa che – benché il frammento sia inserito dai compilatori giustinianei nel titolo “pro

suo”, nel teso non si dice espressamente che la che proceda sulla base esclusivamente di un convincimento

usucapio

giustificabile del possessore che ritiene che la cosa gli appartenga sia da considerarsi fondata su una “possessio pro suo”.

Testo di

Tuttavia ciò si deduce dal confronto con un Pomponio D.41.10.3: “ Mi hai consegnato uno schiavo ritenendo di

essermi debitore da stipulazione: Se io avessi saputo che tu non mi eri debitore,non lo avrei usucapito,ma se non lo so , è più

esatto che io lo usucapisca,perché la consegna fatta per una causa, che i credo vera,basta a far si che ciò ,che mi è stato

consegnato,io lo possieda come mio: così scrisse Nerazio e io lo ritengo esatto.”

Qui si chiarisce meglio l’articolazione del pensiero di Nerazio,seguito da Pomponio: il “cum con cui il

suum existimaret”

giurista nel framm.n.5 faceva riferimento alla come situazione possessoria fondata unicamente sul

possessio pro suo

convincimento soggettivo del possessore,che tuttavia, in quanto giustificato,era rilevante sul piano oggettivo,quale

fondamento si tipizza nel caso esaminato nel frammento n.3 in una immissione nel possesso conseguente a

dell’usucapio, è anche in questo caso legittimata dall’errore altrui,il

traditio ex causa quam veram esse existimo”: l’existimatio dominii

tradente che si crede falsamente creditore.

La possessio pro suo: Paul. D.41.10.2. – Ulp.D.41.10.1 – i limiti dell’usucapio pro suo: Pomp. D.41.10.4.

Dunque ora l’attenzione si sposta sulla definizione di ed il caso più ovvio di possessio pro suo,in

possessio pro suo –

contrapposizione alla ,si individua nella di quelle cose che si acquistano come proprie,

possessio alieno nomine possessio

direttamente.:

Testo Paul.41.10.2: “Vi è una specie di possesso,che si chiama pro suo; in questo modo, infatti,possediamo tutte le cose, che

prendiamo in mare,in terra e in cielo o che per alluvione dei fiumi diventano nostre; co

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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dafne.91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Vacca Letizia.