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LE SINGOLE “CAUSE USUCAPIONIS”
PRO EMPTORE: l’introduzione della Publiciana a tutela della traditio ex iusta causa crea
1 fattispecie complessa in cui i 2 momenti, contratto di compravendita e traditio
diretta a trasferire il bene, sono scissi sul piano degli effetti rispettivamente obbligatori
e reali, ma sono funzionalmente collegati: il contratto costituisce la “causa” del
trasferimento reale, che a sua volta è attuazione della causa, esecuzione del contratto
sinallagmatico di buona fede. La traditio ex causa emptionis, se non idonea a produrre
il trasferimento della proprietà (x inidoneità dell’atto trattandosi di res mancipi o x
difetto della facoltà di alienare del tradente), trasferisce il solo possesso, creando però
i presupposti sia di 1 iusta possessio ad usucapionem, sia della tutela mediante
Publiciana, che richiede non solo il sussistere dei requisiti della possessio ad
usucapionem ma anche l’acquisto del possesso ex iusta causa. Mentre l’usucapione
tende a risolvere definitivamente il potenziale conflitto fra il possessore e il dominus
ex iure Quiritium, l’actio Publiciana ha la funzione di rendere opponibile ai terzi e al
dominus gli effetti della iusta causa da cui dipende funzionalmente l’acquisto del
possesso, finché non sia avvenuto l’acquisto del dominio mediante usucapione. Quindi
se il dominus non era parte del negozio di trasferimento, trascorso il tempo richiesto
dall’ordinamento, il possessore di buona fede, se il bene non è di provenienza furtiva,
potrà opporre il suo acquisto al proprietario terzo che non abbia compiuto la rivendica
in tempo utile.
Il problema che si pone nei testi della giurisprudenza classica è il determinare se ai fini
della possibilità di usucapire è sufficiente che il compratore sia in buona fede al
momento della compravendita o è necessario che lo sia anche al momento della
traditio, cioè nel momento in cui acquista il possesso. La soluzione che prevale è nel
senso che è necessario che il possessore sia compratore di buona fede e che acquisti il
possesso di buona fede al momento della traditio*. I giuristi escludono quindi
l’usucapio pro emptore e la Publiciana in 2 ipotesi: 1) quella in cui il possessore non
solo sapeva al momento della compravendita che il venditore non era dominus, ma
sapeva anche che quegli non avrebbe mai potuto trasmettergli validamente il bene; 2)
quella in cui il possessore, pur essendo compratore di buona fede, al momento della
traditio era a conoscenza dell’alienità del bene.
Inoltre bisogna ritenere che ai fini della buona fede non fosse necessario il
convincimento che l’alienante fosse il dominus ex iure Quiritium ma fosse sufficiente il
convincimento che tale alienazione avvenisse volente et concedente domino.
Nell’usucapione pro emptore si ha 1 diversa rilevanza della buona fede (in rapporto
all’esistenza di 1 iusta causa traditionis) rispetto agli altri casi in cui la traditio avviene
in esecuzione di 1 obbligazione di dare (vedi Paolo 41.3.48 e D. 41.4.2). Tuttavia anche
nel caso della compravendita, in qualche caso il possessore, giustificatamente in
buona fede sia circa l’esistenza della vendita, sia sulla qualità di dominus del tradente,
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anche se non potrà utilizzare la Publiciana, potrà usucapire, non pro emptore ma pro
suo. A questa conclusione giungono alcuni testi che ammettono il procedere
dell’usucapio anche in caso di compravendita nulla (x es il caso di colui che compra in
buona fede dal furiosus) o inesistente. L’usucapione è quindi tassativamente esclusa
solo nell’ipotesi in cui il possessore acquisti il possesso essendo consapevole o
dell’alienità del bene o cmq di non avere 1 titolo valido, in cui cioè manchi la buona
fede. Quindi ai fini dell’usucapione, a differenza che x la concessione della Publiciana,
l’elemento essenziale non è sempre la validità della causa traslativa ma può essere
anche la buona fede circa il sussistere di essa. Ciò è perfettamente coerente con la
diversa funzione giuridica dei 2 istituti: l’actio Publiciana anticipa, ai fini della tutela
processuale, l’effetto traslativo della traditio ex causa emptionis, rendendo il titolo
opponibile ai terzi e al dominus, se egli era parte di tale atto: deve quindi sussistere
quindi effettivamente 1 causa traslativa potenzialmente valida, cui manca solo il
decorso del tempo; l’usucapione, come modo di acquisto della proprietà, si fonda
invece su 1 iusta possessio, esente dai vizi della violenza, della clandestinità e
precario, e sulla buona fede di colui che acquista il possesso, buona fede che è
compatibile con 1 giustificato errore sulla legittimazione dell’alienante o sull’esistenza
del negozio da cui derivava il trasferimento del possesso, ma non è ovviamente
compatibile con la consapevolezza (o la mancata consapevolezza dovuta a errore
inescusabile) dell’inesistenza di tale negozio.
PRO HEREDE: Gaio rappresenta questa ipotesi come improba e lucrativa, in quanto
l’acquisto delle res hereditariae avveniva, ancora all’inizio dell’età classica,
indipendentemente dalla buona fede e anzi nonostante la consapevolezza di
possedere 1 res aliena e di trarre da questo possesso 1 arricchimento non giustificato
da alcun titolo. I presupposti sui quali si fondava l’usucapio pro herede infatti erano
esclusivamente che l’erede volontario non avesse ancora, al momento
dell’apprensione del terzo, acquistato il possesso delle res hereditariae e che queste
fossero oggettivamente usucapibili. Non assumeva invece alcuna rilevanza la
circostanza che colui che s’impossessava dei beni ereditari ritenesse di essere erede.
Come ricorda Gaio, questo carattere ingiustamente lucrativo fu abolito con 1
senatoconsulto di Adriano che stabilì che gli effetti dell’usucapione non potessero
essere opposti all’erede che ne facesse richiesta con l’hereditas petitio e che in
presenza di 1 erede necessario l’usucapio pro herede era esclusa ipso iure. Altra
limitazione all’usucapio pro herede si ebbe quando, forse con 1 rescritto di Marco
Aurelio, fu istituito il crimen expilatae hereditatis: l’impossessamento doloso di beni
ereditari costituì 1 specifico illecito e l’usucapio pro herede divenne possibile
esclusivamente a vantaggio del possessore di buona fede. Altre costituzioni di
Diocleziano esclusero che potesse procedere l’usucapio pro herede non praecedente
vero titulo e cm1 in presenza di heredes sui.
PRO DONATO: nel periodo classico la donazione non costituisce negozio autonomo, ma
può costituire “causa” di diversi negozi giuridici, sia ad effetto obbligatorio sia ad
effetto reale. Tuttavia se l’animus donandi si traduce in 1 stipulatio di dare, la traditio
che ne segue risulta giustificata dalla causa solutionis e i suoi effetti, anche ai fini
dell’usucapione, sono indipendenti dalla validità della donazione. 45
I giuristi classici trattano dell’usucapio pro donato solo con rif ai casi in cui la
donazione si attui direttamente mediante traditio di res mancipi o mancipatio o
traditio di res aliena, ipotesi x le quali si ammette anche la concessione della
Publiciana in favore dell’accipiente di buona fede. E la struttura della fattispecie di
acquisto del dominio è in questa ipotesi rigidamente causale: nel senso quando la
donazione costituisce la causa della traditio, l’animus donandi del tradente e la valida
donazione devono effettivamente sussistere e non è sufficiente x il trasferimento del
dominio, trattandosi di res nec mancipi, il convincimento dell’accipiente di ricevere
donationis causa; e nel senso che la buona fede dell’accipiente non è sufficiente a
giustificare, nel caso di res mancipi o res aliena) l’acquisto x usucapione. Dunque nel
caso della donazione non è possibile scindere l’acquisto del possesso dalla causa
negoziale della traditio, x cui se il tradente non aveva l’animus donandi o se la
donazione era nulla, l’acquisto del possesso è di regola oggettivamente viziato.
PRO DERELICTO: le fonti presentano al riguardo 1 apparente discordanza, in quanto
alcuni passi affermano esplicitamente che la res pro derelicto habita dal dominus
diviene nullius e può essere acquistata mediante semplice occupatio, altri passi
trattano invece dell’usucapione di res abbandonate e si pongono il problema dei limiti
in cui tale usucapione può procedere. Questa antinomia è risolta dalla dottrina
seguendo 2 strade differenti: Bonfante assimila la fattispecie di acquisto di cosa
abbandonata alla traditio in incertam personam e ipotizza che mentre x le res nec
mancipi l’acquisto avviene immediatamente, x le res mancipi sia cmq necessaria
l’usucapio; secondo 1 altra ricostruzione (Berger e Santi Romano) invece l’usucapio
sarebbe necessaria solo nell’ipotesi in cui la derelictio avvenga a non domino. Ma
queste ipotesi non appaiono del tutto soddisfacenti. In realtà la derelictio non è
concepita dai giuristi romani come assimilabile ad 1 iusta causa traditionis né come 1
iusta causa usucapionis, che possa giustificare l’acquisto a non domino. Infatti se
l’abbandono del possesso non coincide con l’abbandono definitivo della cosa da parte
del proprietario non si ha derelictio, la res non diviene nullius, manca quindi il
presupposto oggettivo dell’occupazione come iusta causa adquirendi dominii e
mancando questo presupposto, la buona fede nell’acquisto del possesso non è
sufficiente al riconoscimento di 1 usucapio pro derelicto. Chi apprende il possesso di 1
cosa che ritiene derelitta ma non lo è, non può vantare alcuna iusta causa idonea a
giustificare secondo l’ordinamento l’attribuzione del dominio, in quanto l’occupazione
non è giuridicamente configurabile se non in relazione ad una res nullius: ne discende
che se non vi è stata derelictio non si può acquistare la res né x occupazione né x
usucapione. Quindi può acquistarsi solo 1 cosa effettivamente pro derelicto habita e la
derelictio è tale solo se compiuta da dominus. Ciò sembrerebbe portare alla
conseguenza che l’acquisto avviene sempre x occupazione. Ma vi sono fonti che
parlano di usucapione di res derelicta. In realtà in questo caso riemerge la funzione
tipica originaria dell’usucapione, quella di accertare, in ipotesi in cui non vi sia la
certezza oggettiva dell’abbandono definitivo da parte del dominus, la non lesione del
suo diritto attraverso il decorso del tempo necessario all’usucapio. Trascorso tale
tempo, l’abbandono è in certo senso presunto. Dunque l’usucapione è