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T.
La consistenza economica dell’universo radiofonico privato locale non è di facile determinazione per il carattere
parzialmente sommerso di molte piccole emittenti. Mantenere una radio poteva rappresentare una buona attività di
comunicazione, preventivando perdite d’esercizio modeste, e che queste emittenti vivono all’interno di economie di
varietà in cui la dimensione minima garantisce, per un apparente paradosso, la sopravvivenza. Il volume di affari delle
radio locali e di poco superiore a quello delle 14 nazionali: una ripartizione equilibrata, se si pensa che il sistema televisivo
nazionale privato è grande sette volte il sistema locale.
La legge Mammì introdusse anche il profilo delle radio comunitarie, senza fini di lucro, espressione delle minoranze
linguistiche ed etniche, delle organizzazioni ecclesiali e politiche, delle associazioni e dei movimenti, del terzo settore
mentre dal 2000, con “facoltà di frequenza” dell’ateneo senese, è nata la prima radio università italiana. Il modello esiste
in tutta ITALIA ed è conseguenza della duttilità e della facilità d’uso della radio comunitario. In ITALIA è stato importato
con una severità che non si è avuta per altri settori della comunicazione; una recente legge ha dovuto ridurre dal 50 al
30% la quota di autoproduzione obbligatoria per queste emittenti. Un esempio molto comune e lampante è radio Maria
Sostenuta dalle offerte dei fedeli. Le radio cattoliche sono promosse dai soggetti più diversi: vi sono radio diocesane,
emittenti parrocchiali, a radio promossa da congregazioni e ordini religiosi, emittenti di movimenti ecclesiali.
Capitolo tredicesimo: Produrre e informare
Il dinamismo del comparto radiofonico è dovuto ad un sistema dei costi molto più semplice della televisione. Non esiste il
magazzino, è solo un server pieno di musica registrata o uno scaffale pieno di dischi e civili più una segreteria telefonica.
Inoltre non c’è la fiction; non c’è confronto competitivo con il cinema nelle sale, non c’è da aggiudicarsi una library di
titoli, non ci sono battaglie per i diritti e immobilizzazioni di capitale nei programmi non ancora trasmessi. L’immaginario
gastronomico dei programmatori televisivi, chiama programmi “precotti” quelli che se ne stanno nella library nel
magazzino in attesa di essere trasmessi, magari dopo anni, e “cotti e mangiati” quelli che si fanno lì per lì, in diretta o
quasi. La radio si consuma cruda, è un mezzo “sushi”, dove produzione e trasmissione coincidono con una freschezza e
una semplificazione produttiva straordinaria. I dischi sono l’unica parte “precotta” della radio, ma quando il precotto è
gratis mangiarlo è piuttosto semplice. Anche la radio parlata, riduce sempre più il ricorso alla registrazione. La
trasmissione in diretta, punteggiata dagli interventi degli spettatori, non è soltanto una forma di trasmissione più fresca e
duttile, ma anche economica e le due cose si sostengono molto a vicenda. Nonostante una natura profondamente diversa
dalle radio commerciali e quelle comunitarie, non esistono sul piano produttivo differenze troppo marcate.
Una semplificazione produttiva è indotta dal passaggio digitale. I DAB (Digital Radio Broadcasting) è una promettente
tecnologia radiofonica che può risultare strategica per la radio nell’epoca della convergenza multimediale. Di questa
tecnologia, sviluppata nell’ambito del progetto comunitario e Eureka 147, può risolvere alcuni problemi storici della
radio. Permette inoltre di mantenere costante sul territorio la modulazione, cioè di operare in isofrequenza, sfruttando
meglio lo spettro perché fino a sei canali occupano una sola frequenza. È possibile così trasmettere, oltre alla musica e al
parlato, stringhe di dati. Per il DAB si prevede di utilizzare le reti a terra, cioè le “piattaforme nazionali DAB”. La radio
digitale richiede un apparecchio ricevente diverso dagli attuali, mentre nel breve periodo si prevede di preparare set misti,
con cui è possibile ricevere gli attuali canali analogici. La sperimentazione DAB assume anche la forma di una
penetrazione commerciale. Il primo servizio ufficiale è nato nel 1995 in Inghilterra, in Germania e in Svezia. Otto radio
nazionali hanno costituito il Club DAB ITALIA che dialoga con la RAI. Alcuni fattori ostacolano il lancio dell’età del
DAB: il finanziamento della rete a terra, l’accordo tra il broadcasting e l’affermazione internazionale piena dello standard,
che consenta la fabbricazione di massa di apparecchi di costo abbordabile e contenuti tecnologici di fatto di facile uso. La
convergenza multimediale, tuttavia, sta elidendo alcune delle difficoltà tecniche e delle diffidenze verso questa
promettente tecnologia.
La parte più pregiata complessa della produzione è l’informazione. Il vero motivo, è l’alto valore professionale e
deontologico della notizia e la responsabilità sociale di chi la diffonde. Per questo la solidità della struttura e l’esperienza
dei giornalisti sono elementi decisivi per la radio e il loro costo è alto. Si comprende così perché la radiofonia abbia atteso
tanto prima di cimentarsi con l’informazione e ancor più per farne una risposta dell’emittente e un biglietto da visita del
suo coraggio e della sua indipendenza. Occorre ricordare che la radio ha uno sviluppo lineare, inoltre non è possibile fare
articoli lunghi poiché un giornale radio che superi 10 minuti si deve rassegnare a drastici cali di attenzione, e un “breaking
news” non può superare i 3, si deve dedurre che la selezione delle notizie è spietata.
L’informazione alla radio ha costituito fin dall’inizio uno dei segmenti più esclusivi del servizio pubblico. Fino al 1975 la
RAI ha avuto un’unica testata giornalistica radiofonica, il Giornale radio, che nasce con una forte impronta ufficiale o
ufficiosa e ha dovuto compiere un lungo percorso verso la critica e l’informalità, con rapporto meno paternalistico e
discendente con il pubblico. Con la riforma i Gr diventarono 3, 1 per rete, opportunamente divisi per equilibri politici e
organizzati in modo che ogni testata avesse, oltre ad un colore politico prevalente, rappresentanze degli altri partiti. Nel
giugno 1993 è iniziata la riunificazione dei Gr, compiuta nel 1994 con l’intento di trasferire l’informazione su Radio uno,
facendone un rullo “all news”. L’approvvigionamento delle notizie non è il principale problema per il giornale radio
vicino ha i telegiornali; la mission e lo spirito di corpo sono espliciti e in genere superiori alla media RAI. Il problema è
piuttosto quello di un giornale che ha un numero elevato di edizioni quotidiane e più “marchi” sulle diverse reti cui
corrispondono differenze non irrilevanti di trattamento delle notizie e diversità di percezione, da parte dei singoli
giornalisti, sul fatto di appartenere ad una testata unificata o a prodotti editoriali diversi.
Fino al 1990 la radiofonia privata ha percorso le strade della musica e del “light entertainment” parlato, dedicando quindi
all’informazione spazi ridotti. Si è trattato di una scelta culturale ma anche di marketing, con consistenti risvolti
organizzativi perché l’informazione richiede costi di produzione, i livelli di professionismo e di organizzazione allora non
raggiungibili. Una consistente eccezione è rappresentata da Radio Popolare, che nasce la vigilia di Natale del 1975 e è una
radio di movimento particolarmente legata a Milano e alla sua sinistra politica, ma indipendente da ogni sigla. Dopo la
legge Mammì questa radio chiede la concessione come radio commerciale e si finanzia con un misto di pubblicità e di
risorse tipiche dell’emittenza comunitaria: abbonamenti di sostegno e azionariato popolare. I notiziari giornalieri, tra brevi
e lunghi sono 12.
Radio radicale è un’emittente nazionale di tipo molto particolare. Fondata nel 1976 dal partito radicale subito si
caratterizza per le trasmissioni in diretta delle sedute parlamentari e di altri eventi politici, alternate a campagne
propagandistiche dalla grande forza polemica. Nel 1986, quando la radio attraversa una delle sue periodiche crisi
economiche, come iniziativa di protesta collega i suoi microfoni, senza mediazione, con la segreteria telefonica. Emittente
di partito, usufruisce del 1987 di finanziamenti per l’editoria e di una legge ad hoc approvata il giorno dopo la legge
Mammì nell’ambito di un più complicato equilibrio consociativo di pesi e contrappesi. Nel 1999 il centro di produzione
S.r.l., intestatario della concessione, vincerà l’appalto promosso dall’autorità delle comunicazioni per il monitoraggio dei
programmi televisivi. Radio di partito è stata anche ITALIA radio, nata nel 1988 come radio di partito, poi dal 1996 edita
alla cooperativa dei suoi giornalisti. Era una radio parlata ed informazione politica, dalla vivace attività, che ha
rappresentato dopo il 1989 i turbamenti del popolo di sinistra.
Un primo esempio è stata la syndication di informazione e di spettacolo CNR, nata nel 1992 per iniziativa della
concessionaria SPER e dalla sua agenzia radiofonica AGR. Successivamente l’offerta delle radio nazionali ha cominciato a
curvare i propri formati con una maggiore attenzione alle news e più in generale al parlato; compaiono poi formati
informativi, nei quali il formato e il clock sono ormai puri riferimenti, scansioni di una programmazione con larghe
campiture in cui si inserisce ormai una informazione qualificata. Radio 24, era un’emittente dedicata all’informazione.
Una parte degli editori radiotelevisivi privati ha firmato, con la federazione nazionale della stampa il 3 ottobre 2000, il
primo contratto di lavoro giornalistico nelle imprese radiotelevisive locali, nelle syndication e nelle agenzie di
informazione radiofonica. Si delineano quattro direttrici di sviluppo dell’informazione alla radio. La prima è lo sviluppo
di formati informativi brevi che si adattino bene ad un clock in cui la musica e l’intrattenimento sono gli elementi
prevalenti. La seconda l’accentuazione di una componente di servizio, spesso a scala metropolitana, come le notizie sul
traffico, sul tempo, sulle quotazioni di borsa, sempre in formati assai rapidi. C’è stato poi un aumento di rubriche di
contenuto informativo affidate grandi firme e un forte investimento in figure di direttori che conoscessero bene la radio e
fossero nomi riconosciuti e autorevoli. Quello che ancora non vede la luce in ITALIA è informato o le news.
• Parte terza: L’orecchio di internet
Capitolo quattordicesimo: Internet oltre lo schermo visivo
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