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E' LA PRIMA VERA RIVOLUZIONE SUL MODO DI LEGGERE DALL'EPOCA DI GUTEMBERG.
Il giornale non serve solo a informare, ma anche a creare un collegamento tra le persone, a
sviluppare il senso identitario di una comunità. (es. in una cittadina del Colorado quando il giornale
locale è stato chiuso, chiuso il giornale, la comunità con vari finanziamenti interni ne ha aperto un
altro; il giornale era un pezzo di loro, un pezzo della loro comunità).
• Stop al “tutto free”: la controrivoluzione degli editori
Se le informazioni potranno sempre essere copiate con facilità, si arriverà (come si è arrivati oggi)
alla necessità di vendere le proprie notizie a un prezzo bassissimo o addirittura gratis → dare tutto
gratis sarebbe un suicidio per l'editoria e per sopravvivere deve quindi farsi pagare i contenuti che
diffonde online.
Con la digitalizzazione è emersa la REGOLA DELLE TRE C = condivisione, comunità,
conversazione.
I lettori/utenti vogliono condividere, conversare (basti pensare al grande successo dei social
media), vogliono avere un ruolo attivo e non più passivo come in passato (dove i giornali
selezionavano le notizie e il lettore ne fruiva in modo passivo, vi era una comunicazione
unidirezionale).
A queste 3 C devono però essere aggiunte anche altre 3 C, che fanno parte del patrimonio
tradizionale dei media= contenuti, creatività, credibilità (in questo magma indefinito e ribollente
di informazioni, i lettori online possono trovare di tutto, baggianate e notizie pressapochiste; per
questo i giornali devono offrire contenuti di qualità, originali, e soprattutto ben verificati).
Si forma così una sorta di REGOLA DELE SEI C, a cui i giornali devono rifarsi se vogliono
sopravvivere in futuro.
Importante: online, da Google ai “piccoli pesci” come i blogger si rifanno tutti alle fonti più credibili e
autorevoli, che restano i giornali; essi sono il plancton dell’ecosistema, se dovesse venire a
mancare l’ecosistema smetterebbe di funzionare.
• Il futuro del libro
Robert Darnton, storico, dice che il libro non è morto, sta solo andando verso una trasformazione;
la crisi delle case editrici non lo preoccupa, il vero problema è il diritto d'autore. (in internet è norma
comune quella del “copia incolla” e anche molti siti, in particolare gli aggregatori, sfruttano
contenuti senza retribuire gli aventi a diritto; per es. Google News).
Novità introdotta dalla digitalizzazione è il self publishing (già esistente prima di internet, basta
pensare a Moravia che si è autofinanziato il suo “Gli indifferenti”, ma in passato era un’attività ai
margini, oggi grazie internet è entrata nel mainstream), c’è chi l’ha definita una “svolta
democratica”, ma senza la mediazione di un editore si può parlare davvero di libro? La concezione
tradizionale di libro (con contenuti selezionati dall’editore) viene meno.
• Il boom inarrestabile dei social media
La radio ha impiegato 38 anni a raggiungere la soglia dei 50 milioni di ascoltatori. La tv ne ha
impiegati 13. Internet solo 4 anni: la rapidità con cui sta mutando l'ecosistema dell'informazione è
incredibile. Oggi la chiacchiera, la conversazione, tende a prevalere sulla notizia.
Nascita internet: Il Pentagono, negli anni '60, incaricò gli scienziati dell'ARPA di studiare un
network che unisse tutti i computer dei centri di ricerca della Difesa del paese e permettesse di
accedere ai dati e alle ricerche reciproche. La rete creata prese il nome di ARPANET e collegava 4
centri di ricerca. Il 29 ottobre 1969 uno studente, Ray Tomlinson, inviò il primo messaggio email.
Nel 1972 vennero presentate ad una conferenza le caratteristiche del progetto e gli scienziati
dovettero ammettere che gli utenti, invece di scambiarsi dati e ricerche, passavano la maggior
parte del tempo a scambiarsi mail → il 75% del traffico su ARPANET era, infatti, rappresentato da
email.
La rete, così, si rivelò non tanto uno straordinario strumento di connessione fra computer, ma
come un'opportunità di contatto fra le persone. Nel 1991 poi Tim Berners-Lee impreziosì il network
con il World Wide Web = la possibilità di passare via link velocemente da una pagina all'altra,
grazie al browser.
• Il manifesto degli eretici del web.
“I mercati sono conversazioni” → frase coniata da 4 amici nel 1999 dopo aver studiato per anni i
cambiamenti che la rete stava introducendo nel mondo del business negli anni '90, proposero un
manifesto: Cluetrain Manifesto (pubblicato come libro nel 2000) → il modello teorizzato in questo
manifesto era quello di un business basato sui rapporti diretti tra “umani”; la gente sta scoprendo e
inventando nuovi modi di condividere le conoscenze a una velocità accecante, grazie soprattutto ai
link.
Altre due leggi che dettarono furono 1) “l'informazione vuole essere libera” e 2) “la trasparenza
è la nuova obiettività” (online chiunque può scrivere ciò che vuole, segna una democraticità
culturale e d’espressione; i lettori inoltre valutano chi fornisce info in base alla trasparenza che
assume, meno è trasparente, meno è affidabile; ciò porta oggi moti giornalisti a diventare “iper-
trasparenti”, per es. distinguono nettamente il fatto dal commento, specificano che l’oggetto che
recensiscono non gli è stato regalato ma l’ha pagato ecc.)
Creato nel 1997 Larry Page e Sergey Brin; Google è un acerrimo avversario dei giornali che lo
accusano di rubare le informazioni, ma Google risponde che le notizie restano di proprietà dei
giornali e loro le diffondono semplicemente (come “scusa” Google dice che in qualsiasi momento i
giornali potrebbero vietargli la diffusione dei loro contenuti; ma il problema è che togliendosi i loro
contenuti non sarebbero più indicizzati e si farebbe fatica a trovarli, quindi avrebbero meno
visibilità).
Diversi tentativi di accordi tra Google e gli editori (l’ultimo, arrivato in Italia nel 2014 è Google play
edicola, sorta di edicola digitale).
Così come la pubblicità mirata i giornali hanno pensato di proporre articoli/notizie mirati
(raccogliendo in via preventiva info sull’utente e proponendogli quindi cose che gli interessano): il
grande pericolo di questo sistema è il possibile formarsi di NICCHIE MENTALI E CULTURALI.
• OBAMA: il primo techpresident
Per propria campagna elettorale (e anche dopo essere stato eletto) Obama ha sfruttato
massicciamente i social media (e sarà poi imitato anche dai suoi avversari, i repubblicani).
Prima di lui solo il presidente Roosvelt aveva capito l’importanza dei media (da ricordar le sue
“chiacchierate al caminetto”, programmi radio durante la Depressione per tenere informati e
rincuorare i cittadini; interazione diretta con loro).
Obama ha usato le nuove tecnologie per comunicare con gli elettori, per ricevere finanziamenti,
per coordinare i suoi volontari su tutto il territorio (anche se, comunque, è una forma di apparente
democrazia perché non si rivolge a tutti i cittadini, ma solo a quelli digitalizzati).
Il 26 marzo 2009, 66° giorno della presidenza di Obama, apre il canale “Open for Questions” =
format dove i cittadini possono rivolgergli delle domande → gli propongono subito 3900 idee che,
votate dai partecipanti, sono ordinate in una classifica da cui risulta che le 4 domande più
gettonate riguardano la legalizzazione della marijuana e gli UFO (delusione per Obama, che si
aspettava domande più “serie”, magari inerenti alla riforma sanitaria).
Obama, durante la sua campagna elettorale, aveva promesso ipertrasparenza da parte della Casa
Bianca: se fosse diventato presidente avrebbe fatto in modo che ogni legge approvata dal
Congresso sarebbe stata messa online dalla Casa Bianca e che vi sarebbe rimasta 5 giorni prima
di essere da lui firmata. Cosa poi non successa, nei suoi primi 10 mesi di governo decine di leggi
sono passate senza mai aspettare i 5 giorni.
Anche i repubblicani, scottati soprattutto per la riforma sanitaria, iniziano a usare le nuove
tecnologie per far concorrenza al presidente democratico: iniziano ad usare Twitter, Facebook, You
Tube → nasce il movimento “tea party” (in riferimento alla rivolta anti-tasse e antibritannica
avvenuta a Boston nel 1773, quando i cittadini si ribellarono per la tassa sul tè deliberata dal
Parlamento di Londra).
• Rivoluzione nella pubblicità
Craig Newmark, ideatore di Craig’sList ha distrutto la piccola pubblicità, sempre stata vitale per la
stampa USA. A metà degli anni '90 aveva creato una mailing list per segnalare alcuni eventi ai suoi
amici nella Bay Area californiana. Nel 2006 questa lista si trasferì online e scoppiò il finimondo: la
gente ha improvvisamente scoperto l'immediatezza e la convenienza di questo canale di inserzioni
pubblicitarie digitali gratuite dal quale Newmark non traeva nessun guadagno → ha iniziato a
guadagnare quando il traffico della pubblicità è aumentato vertiginosamente. Parallelamente, le
pagine della pubblicità locale dei quotidiani Usa si sono desertificate.
Oggi il futuro è la behavioural targenting = sistemi intelligenti che analizzano la tua presenza su
internet, i siti che visiti, cosa leggi, cosa scrivi, con chi dialoghi (dove sta la privacy? Infatti in Italia,
dove abbiamo leggi più restrittive in merito non è molto possibile, mentre in America si) per poi
mandarti un messaggio pubblicitario tarato sul tuo profilo, prodotto da un algoritmo matematico. Il
futuro della pubblicità è che non ci si rivolgerà a un pubblico indifferenziato, ma a un pubblico
mirato.
• CITIZEN JOURNALISM
Nel 2007 una mamma single inglese riesce a demistificare una notizia solo facendo una breve
ricerca online; la notizia riguarda i coniugi Darwin (il marito della donna era stato dato per morto, la
moglie aveva incassato soldi dell’assicurazione, il marito dopo anni ricompare dicendo che aveva
avuto un’amnesia; in realtà negli anni di mezzo i due se l’erano spassata a Panama con i soldi
dell’assicurazione, era stata una truffa).
Oggi grazie alle nuove tecnologie, basta avere un cellulare per poter fare i giornalisti: fare una foto
al momento giusto, un video che può essere uno scoop, il tutto senza essere professionisti.
• GLOBAL POST
Charles Sennot per 25 anni ha girato il mondo come inviato del Boston Globe, poi tra il 2005 e
il 2006, seguendo una consuetudine invalsa tra i giornalisti americani, a metà carriera si è
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