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Certo che non bastano alcuni saggi e le tesi più o meno illuminate di qualche interprete della

modernità per sciogliere in una vasca d’acido diritti riconosciuti da secoli, che sono uno degli

elementi fondanti delle costruzioni culturali dei popoli dell’Occidente. Ma non si può nemmeno

ignorare che l’intera esperienza della lettura sta andando incontro a una trasformazione radicale.

In un mondo che usa un numero crescente di piattaforme per consumare contenuti culturali, di

informazione e di intrattenimento, il libro non è certo destinato a sparire. L’unica differenza è che i

libri evocano ben altre sensibilità: sono oggetti che siamo abituati a considerare sacri, simboli

universali della conoscenza. Per molti l’idea che vengano sostituiti dal’ennesimo gadget elettronico

è semplicemente ripugnante.

In ogni caso, già da qualche anno molte scuole e università Usa hanno reso obbligatoria l’adozione

di un supporto di lettura digitale.

Dalla fruizione alla produzione il passo è breve e oggi è possibile a chiunque pubblicare un libro

anche in versione digitale. I fan della Rete la considerano una svolta democratica: autori che sono

stati rifiutati dalle grandi cattedrali dell’editoria possono comunque avere accesso allo sterminato

pubblico di Internet. Un esempio: quattro dei cinque romanzi di maggior successo pubblicati in

Giappone nel 2007 sono racconti scritti e letti utilizzando esclusivamente i telefoni cellulari. Mentre

sui blog e nei siti impazzano generi letterari derivativi come le fan fictions.

Insomma, quella del self publishing si sta configurando come una rivoluzione culturale più ancora

che tecnologica. Destinata a rendere più facile la pubblicazione per gli autori, ma assai più difficile

la selezione per i lettori. Parte seconda

La vittoria di David, la minaccia delle nicchie

Ti sposo su Facebook

Il boom inarrestabile delle chiacchiere online

La radio ha impegnato trentotto anni a raggiungere la soglia dei 50 milioni di ascoltatori. Alla tv ne

sono stati necessari tredici. Internet ha toccato quota 50 milioni di utenti in soli quattro anni.

Queste cifre aiutano a illustrare la rapidità con cui sta mutando l’ecosistema dell’informazione.

I social media stanno espandendosi a ritmi mai visti prima, diventando parte integrante delle nostre

vite. Per quanto riguarda il capitolo blog, le cifre diventano addirittura esplosive.

Guardando a questa mole di dati sparsi, eterogenei e capaci anche di disorientare, emerge una realtà

di fondo comune: Internet non è tanto una gigantesca “biblioteca universale” o un’“autostrada

informatica”. Il web è soprattutto uno smisurato luogo di chiacchiere, dove a prevalere e ad avere

successo sono gli strumenti che favoriscono lo scambio sociale. Ed è questa sua natura che spiazza i

media tradizionali nell’era di vetro e del dominio del web. Il problema degli organi d’informazione

è che sfornano prodotti finiti destinati a un consumo passivo.

Su questa dualità di funzioni si è giocata l’avventura di Internet fin dalle origini.

Quando Internet conquistò il Pentagono

Il gossip sulla Rete? Ha cominciato l’esercito

Fu il Pentagono ad affidare negli anni Sessanta alla propria agenzia per le ricerche avanzate il

compito di studiare un network che unisse i computer dei centri di ricerca della Difesa di tutto il

Paese (1972-73). La rete si rivelò eccezionale non tanto come strumento di connessione tra

computer, ma come opportunità di contatto fra le persone.

Come già era avvenuto con il telefono, anche Internet sfuggì subito di mano ai propri inventori,

evolvendosi in qualcosa di ben diverso da quanto inizialmente ipotizzato. Fu il boom dell’e-mail la

vera chiave del successo della Rete.

Il manifesto degli eretici del web

Le parole-chiave della nostra epoca, fiorite in un insolito sottobosco

Quattro amici americani, dopo aver studiato per alcuni anni i cambiamenti che la Rete stava

introducendo nel mondo del business degli anni Novanta, decisero di mettere nero su bianco le loro

“95 Tesi” per descrivere il nuovo ordine di cose introdotto dall’avvento del web. Nacque il

Cluterian Manifesto, che fotografò in anticipo ciò che sarebbe successo nel primo decennio del

ventunesimo secolo.

Quello teorizzato dal quartetto di amici era l’avvento, grazie ad Internet, di un modello di business

basato sui rapporti diretti tra umani, destinato a prendere il posto del marketing e della

comunicazione di massa. La fine quindi dei mass media, e l’avvento di un mondo in cui dominano

le nicchie e il consumatore/utente/lettore ha un potere mai sperimentato prima.

Eccessi a parte, le idee dei mercati come conversazione e del link come risorse di base su cui

costruire sono punti di partenza inevitabili per viaggiare alla scoperta di quello che sta avvenendo

oggi.

Google, il logo della nuova era

L’ascesa di un colosso scomodo

I “mercati delle conversazioni”, l’economia del link e le “leggi” che ne derivano resterebbero

semplici considerazioni accademiche, sicuramente affascinanti, se non fossero stati tradotti in questi

anni in esempi pratici che dimostrano come non si tratti solo di teoria. Wikipedia ne è un esempio,

così come i social network, da Facebook a Twitter, passando per Youtube e Myspace.

Ma c’è un marchio sopra tutti gli altri che caratterizza l’era di vetro: Google.

Al di là dei singoli componenti del mondo Google, a offrire spunti di riflessione sono la filosofia e

lo stile di fare business imposti dalla società californiana: si tratta di un vero e proprio network, ci

sono pezzettini di Google sparsi in tutto il web. Google ha messo a disposizione piattaforme gratuite

sulle quali costruire liberamente, e soprattutto ha favorito l’abbattimento di qualsiasi barriera online,

imponendo il criterio del traffico come principale misura del successo di un sito.

Con Google News, Google è passata dall’esaltazione del tutto free a quella dei sistemi aperti.

Google segna l’epilogo della società di massa, sostituita dalla “massa di nicchie” di interessi

personali: è il trionfo del modello “You”.

Twitter, un cinguettio che cambia il web

Il fenomeno dei messaggini e il suo impatto sui media

Un esempio di quanto siano bruschi i mutamenti di scenario sul web è l’esplosione, avvenuta tra il

2008 e il 2009, del fenomeno Twitter. Se il sistema di base è semplice, ad aver fatto la sua fortuna è

la flessibilità. Grazie alla rapidità d’azione e alla molteplicità di aggiunte apportate dai suoi

utilizzatori, Twitter si è rivelato un potentissimo strumento di comunicazione, una nuova fonte per i

media, e in realtà, un nuovo medium in se stesso.

Il boom di Twitter potrebbe rivelarsi una bolla di sapone, o aprire le porte a realtà innovative ancora

tutte da disegnare. In ogni caso, è servito a dimostrare una volta di più quanto sia fragile e instabile

l’ecosistema teorizzato dagli stessi entusiasti del mondo social che lodano il servizio di

microblogging.

Via dal pazzo mondo, chiudiamoci nella nicchia

Le notizie «dietro l’angolo» e la perdita di prospettiva globale

La gente pare sempre più interessata alle notizie dietro l’angolo. Outside.in è un aggregatore di ogni

brandello di informazione che riguarda una città, un quartiere, persino un singolo isolato.

Incrociando i dati di Google Maps, blogger locali, banche dati pubbliche, persino messaggini di

Twitter, outside.in permette di creare il proprio giornale online su misura. Il tutto ovviamente

alimentando dagli immancabili mini-annunci pubblicitari di Google, che grazie

all’iperlocalizzazione di outside.in sono mirati sull’utente in maniera calibratissima.

La possibilità di condividere immagini, video, suoni e tutti i contenuti multimediali che gli

strumenti del web 2.0 rendono facili da scambiare, fa poi di servizi come outside.in delle potenti

piattaforme per il tanto decantato citizen journalism.

Tutto questo apre la porta a scenari promettenti, ma anche al rischio che si produca un sovraccarico

di informazioni circoscritte ai vari microcosmi a scapito dell’offerta di informazioni su quanto

accade nel resto del mondo.

Il vero rischio è il fiorire non tanto di piccoli recinti geografici, quanto di nicchie mentali e culturali.

Parte terza

Gigabyte, rivoluzione per la politica e anche per l’economia

L’elezione di Obama, un trionfo digitale

Dialogo con gli elettori, un milione di volontari, finanziamento della campagna: tutto via web

Negli anni Trenta del Novecento, Franklin Delano Roosevelt fu il primo presidente americano a

stabilire una comunicazione via etere con i cittadini con i suoi messaggi radiofonici settimanali.

Negli anni Sessanta John Kennedy fu l’interprete più abile della rivoluzione della tv. Il 2008 è stato

l’anno di una terza rivoluzione da parte di Barack Obama, che ha soprattutto maneggiato con

disinvoltura la multimedialità, a partire dall’uso di strumenti come YouTube.

In questi casi all’inizio lo sforzo è soprattutto quello di ridurre la distanza tra i cittadini e il leader.

Ben presto la rete raggiunge oltre un milione di utenti e diventa un canale prezioso per diffondere

anche richieste di aiuto in denaro o in volontariato.

Un ruolo propulsore poco visibile nella campagna di Obama lo ha avuto anche una società del

Vermont e cresciuta fino a diventare oggi una nuova protagonista della vita politica americana in

fatto di comunicazione via web. Si tratta di Blue State Digital (BSD).

Non tutto fila sempre liscio nel rapporto tra i nuovi media e il candidato digitale, ad esempio

attraverso l’influenza che nel web possono avere fonti non ufficiali come i citizen journalist.

Sono due le regole della nuova politica, illuminata dai riflettori ubiqui del cittadino giornalista:

basta una sbavatura raccolta da uno dei mille reporter amatoriali e rilanciata dalle grandi corazzate

dell’informazione, per demolire una campagna ben costruita, un messaggio politico penetrante.

Per quanto ha riguardato la campagna di Obama, i suoi analisti hanno scandagliato l’America borgo

per borgo, analizzato con sofisticati algoritmi matematici la composizione sociale di ogni isolato,

studiato le abitudini di consumo, i titoli di studio, le letture, ecc. E, una volta costruita la mappa

delle prevedibili simpatie politiche, dosato gli sforzi dei volontari del porta-a-porta.

La democrazia ateniese del terzo millennio

Nel dialogo con gli elettori digitali, gli UFO contano più di guerra e crisi economica

Il 26 marzo 2009, al sessantaseiesimo giorno di presidenza, Obama ha istituito una sorta di town

hall meeting online, una specie di versione di

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
14 pagine
4 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher viola_fr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cultura giornalistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Jucker Maria Cristina.