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UN ANNO BIZZARRO.
Un GIORNO SOLARE.
Un MESE LUNARE.
Come poteva essere l’ANNO ROMANO?
L’ANNO LUNARE, 12 lunazioni, corrisponde a una durata di circa 354 giorni,
più corto di 11 giorni e un quarto rispetto all’ANNO SOLARE, che tra l’altro
non possiede neanche esso un numero esatto di giorni.
Prima della riforma di GIULIO CESARE, i Romani fanno così: l’ANNO non
comincia né a un equinozio, né a un solstizio, bensì a MARZO, e più
precisamente alle CALENDE DEL TERZO MESE DOPO IL TERZO MESE
DOPO IL SOLSTIZIO D’INVERNO.
Successivamente l’ANNO viene suddiviso in 10 MESI di 29 e 30 giorni alternati.
Si arriva a DICEMBRE, il «DECIMO MESE»; l’anno finisce e ricomincia in due
mesi, GENNAIO e FEBBRAIO.
Molto stranamente comincia prima di finire, perché GENNAIO, mese di
GIANO, viene prima di FEBBRAIO, mese delle PURIFICAZIONI, durante il
quale ci si sbarazza dell’anno vecchio.
Siccome FEBBRAIO ha 28 giorni, l’anno romano ha 353 giorni, che sono
sempre troppo pochi.
Per questo marito ogni due anni viene intercalato un MESE SUPPLEMENTARE
alla fine dell’anno, tra FEBBRAIO e MARZO.
Si accorcia febbraio di 5 giorni e si fa cominciare il 23 febbraio il mese
supplementare di 27 o 28 giorni.
Il sistema potrebbe funzionare se i mesi supplementari fossero realmente
impiegati, ma la decisione viene lasciata ai sacerdoti.
Siccome questi mesi supplementari sono liberi da ogni precetto religioso e
consentono un’ininterrotta attività politica o giudiziaria, si è spesso tentati di non
inserirli nell’anno per bloccare un’azione politica intrapresa dagli avversari.
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Il CALENDARIO GIULIANO del quale abbiamo ereditato i principi, instaurò un
ANNO PURAMENTE SOLARE e il ritmo del mese perse così il suo valore
religioso; visto che gennaio inaugurava l’anno nuovo, non aveva più senso
festeggiare l’inizio di marzo. 177
UN SECOLO ENIGMATICO.
Quando bisogna rintracciare un anno a Roma, cominciano i guai.
Per datare un avvenimento, un Romano cita i nomi dei due consoli in carica.
Per riportare un avvenimento al nostro sistema cronologico, dovremmo
possedere la lista, i FASTI, dei consoli, anno per anno.
Inoltre, ogni coppia di consoli non corrisponde sempre a un anno intero, senza
constare che l’ANNO POLITICO comincia sia a GENNAIO che ad AGOSTO o
un altro mese, e che in alcuni anni le elezioni non possono aver luogo.
Appare evidente che la datazione cronologica non interessava i Romani, i quali
non concepivano neanche la nozione di ERA, con un anno zero e un’origine dei
tempi.
A Roma, il presente è sempre l’origine, e se si vuole contare gli anni che
separano un particolare avvenimento dal momento in cui si parla, si useranno i
FASTI CONSOLARI, contando all’inverso le coppie di consoli.
Verso la fine della Repubblica i Romani fissarono un’origine storica, a
imitazione dei Greci: la fondazione di Roma, che per noi risale al 21 APRILE
753 a.C.
Questa è un’innovazione che non corrisponde a nessuna consuetudine romana, e
si conserva l’antico sistema di datazione secondo i consoli in carica.
La nostra difficoltà a trascrivere le date romane è dovuta al fatto che i Romani
non avevano una concezione cronologica del passato.
Il loro PASSATO è diviso in DUE:
da un lato c’è il PASSATO PROSSIMO, il passato della memoria che
viene costruito nelle famiglie, e che ricopre sei generazioni di parenti: è il
passato del quale esistono ancora i testimoni diretti o gli uomini che ne
hanno ascoltato la ricostruzione dai testimoni diretti. La struttura familiare
costruisce in tal modo la profondità del tempo.
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Dall’alto c’è il PASSATO REMOTO, il passato senza memoria, senza
profondità, composta da aneddoti tramandati nelle famiglie, il passato
degli antenati, i MAIORES, senza cronologia stabilità.
Certamente, le famiglie nobili conservano il ricordo degli antenati più antichi dei
PARENTES: nell’atrio, gli alberi genealogici che uniscono gli armadi delle
maschere risalgono talvolta all’epoca dei re.
Ma queste genealogie saltano una o due generazioni, perché conservano il
ricordo soltanto degli uomini che hanno ricoperta una magistratura superiore.
Non compaiono i giovani morti in guerra o quelli che non hanno avuto una
brillante carriera politica, per cui alcuni sembrano essere i figli di un certo
antenato, mentre in realtà sono i nipoti.
Queste GENEALOGIE costituiscono un tempo fittizio che l’immortalità della
famiglia, ma che varia da una famiglia all’altra e non ha niente a che vedere con
una cronologia storica.
C’è il tempo delle famiglie e il tempo dello Stato, che non sono assolutamente la
stessa cosa.
Tuttavia, comincia ad apparire un’unità di tempo più lunga, il SECOLO.
I Romani a volte celebrano la fine di un secolo con dei giochi solenni, i LUDI
SECOLARI, che ricorrono ogni 100 o 120 anni, non si sa bene.
Questo SECOLO, corrispondeva forse a 6 GENERAZIONI, celebrando in questo
modo il rinnovamento della memoria?
Si aspettava che morisse l’ultimo di quelli che avevano visto i LUDI precedenti
per cominciare quelli nuovi?
Sappiamo che nel 249 a.C. furono celebrati dei LUDI SECOLARI, dei quali si
conosce il rito.
AUGUSTO li celebrò nel 17 a.C. e continuarono a essere celebrati in epoca
imperiali.
VARRONE dice che all’epoca sua, cioè alla fine del I secolo a.C., è in corso
l’OTTAVO SAECULUM. 179
Comunque sia, il «SECOLO» ROMANO non è un’unità di tempo che interviene
nella datazione, dal momento che possiede soltanto un valore religioso.
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CAPITOLO 12: IL CALENDARIO E LE FESTE.
UN CALENDARIO POLITICO.
Si ritiene che nessuno a Roma ignori il CALENDARIO.
Nessuno può ignorarlo, visto che il calendario organizza:
il TEMPO e
l’AZIONE
dei cittadini, indicando la natura religiosa e politica di ogni giorno.
Ecco perché viene affisso sui muri dei templi ed è proclamato ogni mese alle
NONE, cioè al PRIMO QUARTO DI LUNA.
Questo CALENDARIO ANNUALE:
è prima di tutto POLITICO e GIUDIZIARIO, e permette a ciascuno di
sapere quando i tribunali sono in attività e quand’è possibile riunire le
assemblee popolari;
indica anche i GIORNI DELLE NUNDINE, cioè il MERCATO DEL
NONO GIORNO.
In calendario contiene 12 COLONNE corrispondenti ai 12 MESI, e ogni giorno è
segnato da una sigla in lettere maiuscole:
F,
C, oppure
N.
F significa FASTO.
N significa NEFASTO.
C significa COMIZIALE. 182
I GIORNI FASTI sono quelli in cui gli uomini possono svolgere delle attività
perché hanno l’appoggio degli dèi.
In quei giorni:
i tribunali sono in attività,
gli uomini d’affari concludono dei contratti,
i contadini cominciano nuovi lavori: aratura, mietitura, semina,
dissodamento.
Fra i GIORNI FASTI vi sono alcuni giorni ancora più propizi, che permettono la
riunione delle assemblee popolari, i GIORNI COMIZIALI.
Nei GIORNI NEFASTI, invece, gli uomini non hanno il sostegno degli dèi, ma
non per questo sono costretti all’inattività.
È possibile continuare i lavori cominciati, anche se, per esempio, è meglio non
piantare un albero, perché in seguito potrebbe cadere sulla testa di chi l’ha
piantato.
Alcuni GIORNI sono al tempo stesso FASTI e NEFASTI:
il 24 MARZO,
il 24 MAGGIO, e
il 15 GIUGNO (giorno di grande pulizia della casa delle Vestali),
sono:
NEFASTI la mattina
FASTI il pomeriggio.
Più complicati ancora, otto giorni sono nefasti la mattina e sera, e fasti in mezzo
alla giornata.
La proporzione fra giorni fasti e giorni nefasti è in genere di circa due terzi
contro un terzo.
Su un calendario repubblicano, il cosiddetto CALENDARIO DI ANZIO, dal
luogo del rinvenimento, si contano 183
109 giorni NEFASTI,
235 giorni FASTI,
192 giorni COMIZIALI,
11 giorni MISTI.
Alcuni GIORNI NEFASTI, i «GIORNI NERI», impediscono non solo le attività
materiali ma anche ogni pratica religiosa:
i giorni successivi alle calende,
alle none e alle idi,
le ricorrenze dei morti e delle catastrofi nazionali (come le IDI DI
LUGLIO che commemorano la sconfitta del fiume ALLIA inflitta ad
opera dei Galli dopo essere state già macchiate dalla morte di 300 FABII,
un’intera famiglia massacrata dagli Etruschi) ogni attività viene sospesa.
Questi funesti anniversari costituiscono la registrazione di una nuova conoscenza
empirica del tempo: l’avvenimento ha provato che quel giorno può essere
disastroso, perciò attenzione.
Di fatto, il calendario romano non è vincolante ma soltanto INDICATIVO:
informa gli uomini sulle opportunità che si offrono a loro e sui rischi che corrono
a seconda del giorno in cui intraprendono qualsiasi cosa.
Questo vale sia per le attività private che per quelle pubbliche; il popolo viene
informato che un certo magistrato non ha tenuto in debito conto i consigli del
calendario, in modo che se le cose andranno male, il popolo si indignerà e il
magistrato sarà portato davanti al tribunale, mentre se andranno bene, non vi
faranno attenzione.
Si può affermare che questo calendario non stabilisce l’anno politico, ma
definisce il QUADRO RELIGIOSO:
le date delle elezioni,
dell’entrata in servizio dei magistrati,
della convocazioni delle assemblee
sono completamente VARIABILI. 184
L’ANNO POLITICO può cominciare a GENNAIO come ad AGOSTO, e le
elezioni possono aver luogo a MARZO come a NOVEMBRE.
Inoltre, ogni riunione delle assemblee è subordinata a una raccolta di auspici e
non può quindi essere stabilita in anticipo dal calendario.
F = FASTO si possono svolgere attività perché si ha l’appoggio degli dèi.
N = NEFASTO non si ha il sostegno degli dèi, ma non si è costretti
all’inattività.
C = COMIZIALE sono giorni ancora più propizi, che permettono la riunione
delle assemblee popolari. 185
LE FESTE.
Sul CALENDARIO ROMANO, accanto alle lettere maiuscole, ci sono dei
NOMI DI FESTE scritti in maiuscoletto in corrispondenza di certi giorni.
Si tratta di FESTE PUBBLICHE, che celebrate da tutto il popolo.
In effetti, alla distinzione tra:
giorno FASTO, DIES FASTUS e
giorno NEFASTO, DIES NEFASTUS,
il calendario aggiunge la distinzione fra:
giorno FESTIVO, DIES