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Estratto del documento

PLEBEI.

 In fondo alla scala ai sono i SENZA CASA e i SENZA TERRA, esclusi

dal servizio militare.

Questo sistema è giustificato da una teoria detta dell’«UGUAGLIANZA

GEOMETRICA» che si oppone all’«UGUAGLIANZA ARITMETICA».

Così, per ogni cittadino i doveri sono proporzionati ai diritti, e il loro rapporto

resta invariato.

I diritti sono essenzialmente DIRITTI POLITICI; in questo modo soltanto i

senatori hanno l’accesso alle magistrature superiori, e nelle elezioni il voto di un

ricco ha più peso di quello di un povero. 7

LA LIBERTÀ O LA MORTE.

CAIO è cittadino, figlio libero di un uomo libero. ‘INGENUUS’

Si dice a Roma che è «INGENUUS» (l’aggettivo latino vuol dire

letteralmente «nato libero da genitori liberi, di buona famiglia», oltre che «nato

nel luogo stesso». In senso figurato significa «degno di un uomo libero, onesto,

nobile», da cui proviene l’italiano INGENUO, sia pure con mutamento

semantico).

Essere cittadino vuol dire essere libero; e la libertà è un ideale umano.

Questo ideale governa tutta la vita di Caio.

Dal momento che è romano e libero, CAIO sarà volta per volta:

 soldato,

 elettore,

 padre di famiglia,

 amministratore di un patrimonio,

 padrone di casa.

CAIO, inoltre:

 celebra i sacrifici domestici,

 segue le cause,

 assiste ai giochi.

 Va a Roma più o meno regolarmente se non vi abita, mentre è obbligatorio

abitarvi per i senatori e i cavalieri.

 Il giorno del suo primo censimento, dopo aver indossato la TOGA

VIRILE, il MANTELLO di colore chiaro per mezzo del quale gli uomini

liberi si distinguono nella strada dal popolino in abiti brunastri, ha

ricevuto ufficialmente:

1) un COGNOME,

2) un NOME,

3) una TRIBÙ e 8

4) una CENTURIA, nell’ambito della quale sarà chiamato tutta la

vita per fare la guerra o per votare.

Ora, CAIO, non ha che un dovere da compiere: vivere da cittadino rendendosi

illustre e rendendo illustre il suo nome.

Se gli antenati sono nobili e la famiglia possiede beni a sufficienza perché venga

iscritto in una CENTURIA EQUESTRE, egli cercherà di diventare

MAGISTRATO.

Il Romano non ha che uno SCOPO: rendere illustre il suo nome agli occhi del

popolo, guadagnare merito e riconoscimento; la libertà è il diritto alla gloria.

Essere un uomo e essere un cittadino sono una cosa sola.

LA LIBERTÀ O LA MORTE.

Prigioniero dei nemici o schiavo nel proprio paese, il cittadino dispera della vita.

Per lui è inconcepibile la sopravvivenza costi quel che costi; se un tiranno prende

il potere a Roma, i Romani si ritrovano allo stato servile e hanno soltanto

un’alternativa:

 uccidere il tiranno o

 suicidarsi.

Quando TARQUINIO IL SUPERBO violenta LUCREZIA, la moglie di un

patrizio, quando Appio Claudio il decemviro vuole rapire la figlia di un plebeo

per farne la sua amante, l’uno e l’altro trattano i romani come degli SCHIAVI,

che non hanno né sposa né figlia legittime.

L’orrore si impadronisce dei Romani, nobili e plebei abbandonano atterriti il

colpevole, la comunità lo respinge come un mostro.

La città chiude le porte al re Tarquinio che deve andare in esilio per sfuggire alla

morte. Appio è costretto al suicidio. 9

LA CITTÀ O LA MORTE.

Se senza libertà la vita non è concepibile per un Romano, questa libertà non lo è

a sua volta senza il solo contesto in cui possa esercitarsi: la CITTÀ.

L’uomo romano è un uomo sociale, non può essere umano senza appartenere a

una sia pur minima società, qualunque essa sia.

L’uomo romano ha bisogno di una FAMIGLIA o di un GRUPPO DI

COMPAGNI.

E fra il mondo e lui, l’uomo romano ha bisogno della mediazione di una

collettività che si chiamerà indifferentemente CITTÀ, CULTURA o CIVILTÀ.

CIVIS, CIVITAS, CIVILIS, il vocabolario latino ha lasciato in italiano le tracce

della parentela che univa a Roma CITTÀ e CIVILTÀ.

La CITTÀ ROMANA, infatti, non è soltanto un regime politico, la città è una

CULTURA; per gli Antichi, i Romani come i Greci, non ci può essere uomo

civile che nelle CITTÀ.

La città è una cultura perché l’uomo romano non è l’HOMO FABER di Daniel

Defoe, ma è completamente cittadino, nient’altro che cittadino.

La dimensione morale dell’uomo è invisibile dalla sua dimensione politica.

L’uomo romano appartiene a diverse COMUNITÀ:

 la famiglia,

 il villaggio o il quartiere,

 la sua tribù amministrativa,

 un collegio professionale,

 un’associazione religiosa oppure

 il borgo provinciale dal quale proviene, quello che CICERONE chiamava

la «PICCOLA PATRIA».

In ognuna di queste comunità egli realizza un aspetto della sua umanità.

Tuttavia, gli uomini migliori hanno altre ambizioni, quegli uomini a cui i Romani

riconoscono un «grande animo». 10

Per manifestarsi, la grandezza d’animo ha bisogno del contesto cittadino e dello

sguardo di tutto il popolo.

Soltanto la città è a dimensione dei grandi uomini, e più questi uomini saranno

grandi, più grande dovrà essere la città: per questo motivo la città degli eroi si

estenderà fino ai confini del mondo.

Ma che cos’è lo SPIRITO ROMANO?

In latino ANIMUS, esso è costituito dall’insieme degli stimoli morali di un uomo.

L’ANIMUS:

 è ciò che lo fa agire istintivamente da uomo,

 è ciò che lo spinge verso il bene,

 è ciò che gli dà la forza di sopportare il dolore e la fatica,

 è ciò che rende saldo il suo corpo per resistere al dubbio o all’avversità.

Si potrebbe dunque dire che lo SPIRITO, l’ANIMA, corrisponde ai valori

culturali interiorizzati, i quali strutturano la personalità romana psicologicamente

e moralmente.

La GERARCHIA SOCIALE è dunque una GERARCHIA DI ANIMI più o meno

grandi, più o meno forti. 11

LO SGUARDO DEGLI ALTRI.

La città è dunque il contesto necessario alla realizzazione dell’uomo romano.

L’uomo romano cerca negli altri il senso della sua esistenza e la valutazione di

sé.

Lo sguardo altrui lo spia e lo giudica in tutti i luoghi della sua esistenza.

Il Romano non è mai solo, c’è sempre un testimone delle sue buone o cattive

azioni, un vicino che passa su una terrazza, una resta che si reca a chiacchierare

alla fontana, ecc.

Così, a Roma:

 non esiste altro bene che ciò che è onorevole, cioè ONORATO;

 non esiste altro male che ciò che è vergognoso, cioè DISONORANTE.

12

I DOVERI DELLA NOBILTÀ.

L’ideale civile impone a ogni Romano una vita di restrizioni e di sforzi.

Pesa su di lui, senza tregua, una massa di DOVERI che sono il prezzo più giusto

da pagare per i suoi diritti e la sua ambizione.

La sua vita è vera da una volontà, quella di coincidere con l’immagine di se

stesso che propongono gli uomini «austeri» della famiglia, suo padre e i suoi zii

paterni.

Che sia nobile o semplice contadino del Lazio, deve provare sin dalla prima

giovinezza la VIRTUS, il suo valore di uomo.

Qualunque sia il suo rango, l’uomo romano deve svolgere il mestiere di cittadino

allo scopo d’essere un uomo, di essere riconosciuto come tale.

La definizione politica del cittadino, attraverso il censimento, non per caso è una

definizione MILITARE.

La vita politica esige dal cittadino le stesse virtù che la guerra:

 coraggio,

 intelligenza,

 costanza,

 severità.

Quando un Romano è di famiglia nobile, l’attività politica divora la sua

esistenza: tutta la sua vita pubblica è consacrata alla carriera.

La sua vita privata è il momento in cui rinsalda le forze, riposa l’anima,

ricostituisce i beni, rafforza le nuove amicizie nel corso di sfarzosi banchetti.

Più illustri sono stati i suoi antenati, più gravoso sarà il compito, perché dovrà

almeno uguagliarli; per far questo, dovrà unire le qualità:

 di un oratore,

 di un soldato,

 di un giurista e

 di un finanziere. 13

In effetti a Roma non esiste altra nobiltà che quella acquisita attraverso la

partecipazione agli affari pubblici e l’accesso a quelle magistrature superiori che

vengono chiamate HONORES.

Nascere nobile per un Romano significa essere obbligati a diventarlo.

Quelli che sono chiamati nobili appartengono a un centinaio di famiglie che

possiedono ricchezza necessaria per iscrivere i figli nella classe equestre.

Essere NOBILE, dunque, vuol dire appartenere a una famiglia senatoriale e

dover a sua volta diventare senatore.

Se, per pigrizia o per incapacità, un uomo manca il conseguimento degli onori,

non solo lui stesso viene disonorato, ma anche la sua famiglia, dal momento che

essa perde uno dei suoi membri.

In questo modo, sin dalla fanciullezza, questi figli sono principi sono preparati a

una vita di competizioni in cui dovranno continuamente mostrare che sono i

migliori, gli OPTIMATES.

Alla fine dell’adolescenza, il figlio del senatore presta servizio nello stato

maggiore di un parente o di un amico di suo padre.

Là è contemporaneamente sotto lo sguardo dei soldati e del generale.

Ognuno osserva la sua capacità a obbedire, a resistere non soltanto alla fatica, al

freddo e alla paura, alla fame, alla sete, ma anche alla seduzione del lusso e delle

donne straniere, all’ebbrezza della vittoria.

Soprattutto ognuno vedrà se questo giovane è vulnerabile alla tentazione dei

vincitori che vogliono dimenticare nelle violenze del saccheggio e delle crudeltà

inutili la loro paura della morte e del nemico; è proprio in queste occasioni che si

rivelano gli animi MEDIOCRI.

Nella vita civile il giovane nobile, fra due campagne militari, deve sostenere una

guerra diversa.

Il suo dovere gli impone, quando è diventato adulto, di riprendere le antiche

vendette familiari e di vendicare le umiliazioni di suo padre rimaste impunite.

Il campo di queste battaglie è il TRIBUNALE, e l’arma è la parola.

Accusa i nemici del padre per i crimini politici:

14

 brogli elettorali,

 corruzione,

 malversazione in provincia,

 violenza contro un cittadino.

La posta in gioco è alta, p

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
60 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/03 Storia romana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher tatiana1988 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antichità romane e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Pasqualini Anna.