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LA TEORIA DEL VALORE IN RICARDO BASATA SUL COSTO DEL LAVORO
La controversia sorta intorno alle leggi sul grano offrì a Ricardo lo spunto per elaborare la sua teoria del
valore. Egli era a favore di un liberalismo economico, mentre i protezionisti affermavano che se si fossero
tolte o abbassate le tariffe, il prezzo del grano e i salari sarebbero caduti, provocando una caduta generale
dei prezzi e una depressione economica. Di fronte a tale posizione l’obiettivo di dimostrare i vantaggi
dell’abolizione delle tariffe implicava il rifiuto della teoria del valore basata sul costo di produzione, allora
predominante. La maggior parte delle teorie del valore cercava di spiegare la determinazione dei prezzi
relativi a un dato istante del tempo, mentre dal suo punto di visto il problema principale che occorreva
risolvere era quello delle forze che provocavano variazioni nei prezzi relativi nel corso del tempo, come
accadeva nel caso delle leggi sul grano. Gli interessava spiegare, determinare cosa provocasse variazioni
in questo rapporto di scambio nel corso del tempo. Cosa ad esempio aveva provocato la variazione dello
scambio tra castoro e cervo da 1-2 a 1-3. Per Ricardo “il valore di una merce, cioè la quantità di qualsiasi
altra merce con cui si può scambiare , dipende dalla quantità relativa di lavoro necessaria a produrla e non
dal maggiore o minore compenso corrisposto per questo lavoro”. Dunque Ricardo si accorge del circolo
vizioso in cui era entrato Smith ed afferma sin da subito che il valore dipende dalla quantità di lavoro
necessario alla produzione e non dai salari pagati ai lavoratori (il famoso “circolo vizioso di Smith”). Chiarito
questo si rivolge alla confusione tra valore d’uso e valore di scambio. Mentre Smith, che aveva illustrato tale
questione per mezzo del paradosso dell’acqua e dei diamanti, non vedeva uno stretto collegamento tra i 2
concetti, Ricardo sostenne che il valore d’uso era essenziale per l’esistenza del valore di scambio. Ricardo
esclude dalla sua teoria del valore quei particolari beni che non sono riproducibili liberamente e dunque sono
preziosi: l’offerta di questi beni non può essere aumentata liberamente e il loro valore non può dipendere
dalla quantità di lavoro necessaria per produrle, ma dai gusti e dal denaro disponibile. Egli si concentra sui
beni riproducibili senza problemi e prodotti in mercati caratterizzati da concorrenza perfetta. Per il settore
manifatturiero si assume una curva di offerta perfettamente elastica, ovvero con costi costanti; mentre per il
settore agricolo i costi sono crescenti.
Per Ricardo può essere utilizzata una teoria del valore smithiana “primitiva”.
Per quanto riguarda il capitale abbiamo già detto che Ricardo lo definirà come “lavoro passato o
accumulato”, cioè lavoro che è stato utilizzato in un periodo precedente. In questo modo la quantità di lavoro
contenuta in un bene che viene prodotto utilizzando lavoro e capitale è misurabile sia dalla quantità di lavoro
applicata direttamente durante la produzione che dalla quantità di lavoro accumulata nel bene capitale che si
sta adoperando. Per esempio se per produrre un bene capitale occorrono 100 ore di lavoro, ed esso si
logora al tasso di 1 centesimo del suo costo per ogni unità di bene finale prodotta con esso, allora il lavoro
totale necessario alla produzione del bene finito è il numero di ore di lavoro impiegate direttamente più 1 ora
di consumo del bene capitale. Secondo una terminologia più moderna possiamo dire che quando un bene è
prodotto utilizzando lavoro e capitale, il capitale si deprezza nel corso del processo produttivo. L’idea di
Ricardo è comunque quella di trattare il problema del capitale sommando, al lavoro che viene impiegato in
modo diretto e immediato, il tempo equivalente al deprezzamento dei beni capitali all’interno del processo
produttivo.
È importante dire che se in passato ci si è serviti del lavoro per produrre un ben capitale, il prezzo del
prodotto finale ottenuto grazie ad esso deve includere sia la remunerazione del lavoro applicato
direttamente, sia la remunerazione del lavoro indiretto utilizzato nella produzione del bene capitale, sia infine
l’interesse sulla somma pagata al lavoro indiretto, calcolato a partire dal momento del pagamento fino al
momento della vendita del prodotto finale. Detto più semplicemente, un’ora di lavoro che 2 anni fa è servita a
produrre beni capitali dovrebbe influire, sul prezzo di un bene prodotto oggi, diversamente da un’ora di
lavoro utilizzata un anno fa. Una soluzione più accurata dovrebbe quindi sommare sia i costi del lavoro che
quelli dell’interesse: ma questo risulterebbe essere incoerente con una teoria del valore basata
esclusivamente sul lavoro.
La sua conclusione di fondo è che le variazioni delle quantità di lavoro rappresentano l’elemento cruciale per
spiegare come variano i prezzi relativi (elemento cruciale, ma non unico come lo stesso Ricardo disse).
RIASSUNTO DELLA TEORIA RICARDIANA DEL VALORE: per lui è veritiera la teoria del valore “primitiva”
smithiana; L’unico elemento che dà vita al valore è il lavoro; risolve i problemi legati al capitale e alla rendita
con il concetto di “lavoro passato accumulato” per il primo e di rendita intesa come determinata dal valore o
dal prezzo, dunque effetto e non causa per il secondo, attraverso l’aiuto del modello – grano; per Ricardo il
valore d’uso costituisce un requisito necessario all’esistenza del valore di scambio; nella sua teoria tiene
conto solo di quei beni riproducibili senza problemi e l’esistenza di condizioni di concorrenza perfetta sui
mercati; la preoccupazione principale sottostante l’elaborazione teorica era costituita dalla spiegazione delle
forze che fanno variare nel tempo i prezzi relativi; i prezzi di mercato o di breve periodo possono cambiare
per effetto di una serie di fattori sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta, mentre le variazioni dei
prezzi naturali, o dell’equilibrio di lungo periodo sono provocate dalle variazioni delle quantità di lavoro
impiegate nella produzione delle merci; la conclusione fondamentale è che la variazione dei prezzi relativi
deve per lo più essere attribuita alla quantità di lavoro occorsa nella produzione di beni.
LA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO NEL CORSO DEL TEMPO: una problematica a cui era molto legato
Smith era la questione di come variano nel tempo le quote di reddito nazionale ricevute da capitalisti,
proprietari terrieri e lavoratori. Egli cercò di elaborare una propria teoria, secondo la quale la conclusione era
la medesima raggiunta da Smith, cioè che il saggio di profitto sarebbe caduto con il trascorrere del tempo,
ma le ragioni addotte da questi, la concorrenza sul mercato del lavoro, degli investimenti, e dei beni,
andavano respinte. L’analisi di Ricardo parte dall’analisi di un “giovane” sistema economico, dove
inizialmente c’è un elevato saggio di profitto e poiché questo ne è la fonte, un elevato saggio di
accumulazione del capitale. L’accumulazione a sua volta mantiene alti i saggi di salario reale così che, in
base all’ipotesi malthusiana, la popolazione aumenta: via via che questo processo si svolge vengono
richieste quantità sempre maggiori di prodotti alimentari dal settore agricolo, dove i margini intensivo ed
estensivo si abbassano con lo sfruttamento superiore delle terre già coltivate e la messa a coltura di terre
sempre meno fertili. In seguito all’abbassarsi dei margini, ed è questo il punto cruciale dell’analisi, le rendite
aumentano mentre i profitti diminuiscono. Ne consegue che l’accumulazione decelera progressivamente fino
a cessare del tutto quando il profitto diventa nullo e l’intera dinamica del capitalismo viene a essere bloccata:
il famoso “stato stazionario”. Non ci sono profitti, non c’è accumulazione del capitale e quindi crescita
economica, la popolazione ha cessato di crescere, i salari sono al livello di sussistenza e le rendite hanno
raggiunto il livello massimo.
LA TEORIA DEI COSTI COMPARATI (IL VANT. COMPARATO E IL VANT. ASSOLUTO)
Attraverso questa teoria Ricardo dimostrò l’efficienza del FREE TRADE, partendo dalle dimostrazioni di
A.Smith. per Ricardo non è necessario che in uno scambio tra 2 Stati uno dei due produca un bene a un
prezzo inferiore, ma l’importante è che deve esserci disparità tra costi comparati. Fa l’esempio del vino del
Portogallo:
1 ora 1 litro vino 1 metro stoffa
lavorativa
Portogallo 4 2
Gran 8 1
Bretagna
Un Paese avrà un vantaggio assoluto quando riuscirà a produrre un bene a dei costi inferiori rispetto ad un
altro Paese. In questo esempio entrambi i Paesi hanno un vantaggio assoluto nella produzione di un bene, e
dunque per Ricardo lo scambio è conveniente per entrambi i Paesi. Tutti e due, specializzandosi nella
produzione del bene dove hanno il vantaggio assoluto, riusciranno ad aumentare la produzione totale e a
venderli/ comprarli anche ad un prezzo minore. Se infatti l’Inghilterra trasferisce un’ora lavorativa
dall’industria del vino a quelle della stoffa, e il Portogallo ne trasferisce una dall’industria della stoffa a quella
del vino, la quantità di lavoro impiegata nelle due economie non cambierà, ma la produzione complessiva
aumenta sia per il vino che per la stoffa (da 12 lt di vino a 16; da 3 mt di stoffa a 4).
Ricardo riesce inoltre a dimostrare il fatto che lo scambio e dunque il commercio internazionale, il FREE
TRADE è conveniente non solo quando c’è un vantaggio assoluto, ma anche quando c’ è un vantaggio
comparato, ovvero quando uno dei 2 Stati è più efficiente dell’altro nella produzione di tutte le merci. Es.:
1 unità di Litri di vino Metri di stoffa
lavoro
Gran Bretagna 12 6
Portogallo 8 1
In questo caso Smith avrebbe pensato che la G.B. era avanti e che doveva produrre questi beni finché
poteva. Per Ricardo ciò non è così. Importa solo la disparità tra costi comparati. Per costo comparato si
intende il rapporto tra i costi-lavoro per produrre un bene. Ci sarà scambio se c’è una differenza tra i costi.
Per Ricardo anche in questo caso è conveniente che ogni Paese si specializzi in una cosa. Ognuno si
specializzerà dove ha un vantaggio comparato o dove ha uno svantaggio minimo comparato. Infatti sebbene
l’Inghilterra abbia un vantaggio assoluto nella produzione dei 2 beni, non è il vantaggio assoluto il criterio
cruciale che determina la convenienza del commercio internazionale, ma il vantaggio comparato. In questo
esempio mostra che l’Inghilterra ha un va