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VITTORINO DA FELTRE
Il rinvio dalla Ferrara di Guarino alla Mantova di Vittorino è quasi d'obbligo per i legami dei
principi e i vincoli personali dei due maestri. In Guarino le cure vanno a Plinio, a Celso, a
Strabone più che a Cicerone o Orazio. Il rigoglio culturale determinato da Guarino rinnova
e non rinnega la tradizione, si inserisce con originalità e distacco.
L'inflessione della scuola di Vittorino da Feltre è invece più nettamente morale e religiosa,
quasi con una vena d'ascetismo laico. Vittorino non scrive trattati pedagogici, non cura
edizioni di testi, non imita in opere proprie gli antichi modelli, ma fa scuola: proprio per
questo rivela come nella sostanza il nuovo indirizzo di cultura sia strumento di educazione
entro una propria concezione della vita. La pietas di Vittorino insieme alla sua austerità
mostra come tale concezione non si presenti polemicamente nei confronti della tradizione
cristiana, ma come esigenza di ritrovarne la più umana ispirazione e la più alta serietà.
Vittorino era nato a Feltre o nel 1373 o nel 1378. Anche lui ebbe come maestro a Padova il
Conversino.
La matematica gli pareva di primaria importanza tanto che nella sua scuola farà leggere
nell'originale Euclide.
Tornato il Guarino da Costantinopoli va da lui a scuola di greco nel ‘15, il greco gli viene
insegnato anche da Giorgio da Trebisonda. I suoi molti biografi lo amano ritrarre come il
maestro ideale, ascetico nel costume, paterno, severo, profondamente religioso e
umanissimo. Quando nel 1446 muore, la Giocosa è celebre in Italia per aver formato una
generazione di studiosi ed insegnanti che recano nel cuore il ricordo del maestro
incomparabile. Vittorino non lasciò opere, forse con una voluta imitazione socratica. Di lui
abbiamo poche e brevissime lettere. In compenso gli elogi di Vittorino costituiscono quasi
una sorta di genere letterario. Sono epistole e dialoghi, poemi e trattati, ricordi e rapide
biografie in latino e in volgare.
LE NUOVE ACCADEMIE
Accademia ferrarese di Guarino e Leonello d'Este, Accademia mantovana di Vittorino e
Isabella Gonzaga: il termine usato spesso dei contemporanei indica non istituti organizzati,
ma circoli in cui si viene esprimendo ed attuando la nuova cultura. Sono adunanze di dotti
presso una corte, sono qualche volta gruppi vicini a una scuola magari universitaria,
riunioni conventuali e perfino presso un libraio o editore. L'Accademia ferrarese di Guarino
è legata all'università mentre l'Accademia mantovana di Vittorino è un grande collegio
inteso a riunire ricchi e poveri in una larga preparazione umana.
Guarino fu un grande filologo, l'altro fu esempio di vita religiosa e morale. Nè uno né l’altro
teorizzano gli ideali della nuova cultura in trattati pedagogici o di metodo. Guarino si limita
a commentare il testo di Pierpaolo Vergerio, Vittorini invece propone socraticamente come
esempio la propria vita. Entrambi inseriscono gli studi classici nel mondo dei valori cristian.
L'ACCADEMIA ROMANA, POMPONIO LETO E LA CONGIURA
La storia dell'umanesimo a Roma nella prima metà del secolo si intreccia con le vicende
dei concili e dei pontefici, con le lotte e i contrasti che percorrono un momento grave della
Chiesa cattolica. Papa Martino dopo Costanza aveva favorito i letterati in curia, segretari e
oratori; uomini politici che oltre che dotti come Antonio Loschi potevano incontrarsi e
scambiare scherzi e ricordi con Poggio Bracciolini e Cencio de Rustici.
Le ricerche dei codici, le discussioni morali e politiche si univano a una critica
spregiudicata della vita del clero e della curia.
Probabilmente la dimora fiorentina di Eugenio IV contribuì non poco ad accelerare la
conquista umanistica della corte pontificia. Il successore fu Nicolò V; la sua formazione era
avvenuta a Firenze e a Roma portò le sue grandi passioni: cercare e riunire libri. Fra il
1447 e il 1455 durante il suo pontificato la nuova cultura trionfò in Roma. Collaborarono
con lui il Poggio, il Valla, il Manetti, Alberti, Decembrio. Fu grande il numero delle
traduzioni dal greco affidate a bizantini e italiani e mentre avviava il restauro dei grandi
edifici e delle chiese romane, sognava una biblioteca insigne. Nel 53 si scoprirà la
congiura di Stefano Porcari contro il potere temporale e scoppierà la tragedia della caduta
di Costantinopoli. Comunque quando nel 55 Nicolò morì si pianse in lui la scomparsa di un
grande animatore di studi e fervido difensore della cultura. Pio II non fu protettore di
letterati come Niccolò V ne ebbe entusiasmi per l'antico alla maniera di Niccolò Niccoli.
Era lui stesso studioso e scrittore singolare.
Nella seconda metà del secolo la cultura umanistica muta in realtà il tono e il significato.
Le vicende della Accademia Pomponiana, l'insegnamento del Leto prima e dopo la
congiura, la sua filologia e le inquietudini dei suoi si collocano in un orizzonte ormai
lontano dagli entusiasmi degli allievi del Salutati e costituiscono un documento di
eccezionale importanza. Giulio Pomponio Leto nato nel 1428 andò a Roma verso il ‘50 per
ascoltare Lorenzo Valla il cui insegnamento tuttavia non sfuggì col tempo alle sue critiche.
Intorno al 1490 la prosa di Valla e tutta la sua opera dovevano sembrare ormai troppo
scarne e rigide alla preoccupata ricerca di armonie formali e di raffinatezze squisite,
mentre l'antichità diventa da ispiratrice di vita, oggetto di vagheggiamenti esasperati fino
all'idolatria.
L'amore degli antichi si fa culto e quasi fanatismo, allo studio e all'utilizzazione nella vita
attuale si sostituiscono sogni di impossibili ritorni a una sorta di paradiso perduto.
Pomponio viveva così il suo amore verso il mondo classico. Intorno a lui avevano
l'abitudine di unirsi a celebrare il passato e lamentarsi del presente alcuni dotti amici nella
cosiddetta Accademia romana.
Fra di loro emergevano Filippo Bonaccorsi e Bartolomeo Sacchi ossia Callimaco
Esperiente e Platina. Veneravano gli antichi quasi idolatrandoli, assumevano nomi
classicamente atteggiati, inveivano contro i preti i loro costumi, discutevano di filosofia,
archeologia ed arte.
L'ombra di Stefano Porcari fatto impiccare il 9 gennaio del 53 da Nicolò V aleggiava certo
su ogni riunione. Il Porcari non era stato solo il capitano del popolo di Firenze, il brillante
cavaliere amico del Bruni, del Bracciolini, del Traversari ed altri ammiratori della sua
eloquenza, e li aveva cercato di tramutare in programmi politici le nostalgie repubblicane
con appoggi di potenze interessate.
Per quanto riguarda Callimaco esperiente, delle sue posizioni teoriche molto radicali
abbiamo testimonianze posteriori alla fuga in Polonia, dalle testimonianze viene fuori una
personalità decisa ed audace nell'attività pratica e un pensatore politico aperto e
spregiudicato.
Platina era nato nel ‘21 a Cremona, prima soldato poi precettore in casa Gonzaga a
Mantova. Di lì era andato a Firenze nel ‘57 per imparare il greco da Argiropulo, dopo
cinque anni invece era passato a Roma sotto la protezione del cardinale Francesco
Gonzaga.
Il Platina fu storico di rilievo non solo della Mantova dei Gonzaga, quanto soprattutto dei
pontefici. La grande e fortunatissima storia dei papi, da Cristo a Paolo II offerta a Sisto IV
attuò un disegno singolarmente ardito. Carattere pieno di ombre fu spesso scrittore
estroso e moralista spregiudicato, efficace talora nei suoi eccessi. È ancora degno di
lettura il suo manuale di cucina anche per una continua polemica ora sottile, ora aperta
contro i ricchi e i potenti.
Non perdonò mai a Paolo II la sua scarsa simpatia per i letterati e soprattutto lo
scioglimento di quel collegio di abbreviatori che Pio II aveva ordinato e di cui egli era
entrato a far parte nel ‘64 comprandosi l'ufficio. Fu proprio l'urto su questo punto che
esasperò la tensione con il pontefice. Nella vita di Paolo II con cui il Platina chiuderà in
pagine singolarmente efficaci la propria opera, il licenziamento offensivo, le proteste, le
suppliche e infine la ribellione e il conflitto drammatico sono presentati in una apologia del
proprio operato eloquente e forte. Spogliato della sua dignità e del suo stipendio e che si
appella a un giudizio pubblico.
Letta la sua lettera il pontefice lo accusò di lesa maestà e lo fece mettere in prigione,
liberato dopo 4 mesi.
Nel 68 sì ci fu l’accusa di aver progettato una congiura per uccidere il Papa, rovesciare il
dominio pontificio e restaurare la Repubblica romana, unita a quella di aver organizzato
riunioni empie, anticristiane, volte a rinnovare il paganesimo. Le accuse di empietà rivolte
all'Accademia sono notevoli: atei e blasfemi, materialistica, epicurei, libertini che
considerano ogni religione un’impostura. Liberate da un certo numero di luoghi comuni è
probabile che in tutte le imputazioni rimanga un fondamento reale. Il Leto nell'umilissima
Defensio stesa in carcere col tono pentito di chi scusandosi ritratta ed esalta i giudici,
ammette di aver avuto ma solo una o due volte parole dure contro i preti e di avere
esaltato, spinto dall'ira, i veneziani perché liberi e nemici dei preti. Quanto alla congiura
rovescia ogni colpa su Callimaco dipingendolo come carico di ogni vizio.
Pomponio insiste sulla sua parsimonia quasi misera, ma l'accusa di pederastia lo
accompagnò fino a Venezia. Dei costumi liberi di Callimaco e del suo gusto libertino non
manca testimonianza nei suoi scritti, così come nelle epistole al Ficino e al Pico posteriori
all'82. È negata la possibilità di realtà spirituali che non occupino spazio, che siano
separate dal corpo, ed è rifiutato nettamente ogni argomento non razionale o che faccia
appello ai misteri religiosi. Nelle poesie giovanili Callimaco non riconosce che la necessità
del fato, in un misto di naturalismo e di fede astrologica.
Non conviene comunque raccogliere sotto la generica espressione di neo paganesimo
erudito il complesso comportamento religioso di queste accademie, di questa sorta di
confraternite di dotti che di là dalle polemiche contro il clero corrotto e dalla considerazione
critica delle religioni storiche, aspiravano spesso a celebrare una fede comune all'umanità
intera lungo tutta la storia e non necessariamente sempre anticristiana, ma piuttosto radice
esoterica delle varie concezioni filosofiche e religiose.
In questa prospettiva ci si può spiegare come al gruppo dei Pomponiani compreso
Callimaco e Platina potessero guardare con benevolenza Argiropulo e il Bessarione, allievi
e amici del Pletone. Non era gusto di empietà ma piuttosto un sentimento religioso che
cercava di scoprire all'origine una concordia universale.
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