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Torino non poté più essere per noi la città di Gobetti e Gramsci

Le energie nuove che Gobetti aveva sollecitato e richiamato a Torino da tutta Italia si erano disperse, ma questa dispersione aveva spazzato via l'età precedente. Non c'era più posto per evasioni poetiche e critiche, non c'era più posto, insomma, per chiunque volesse perpetuare l'età indelicate e angosciose cui Torino si era aperta alla moderna letteratura italiana. Per noi, in Italia, contavano soltanto i grandi Croce e Pirandello; fuori dall'Italia, contava sempre di più la Francia, fino all'America di Soldati e di Pavese. Anche evadere, ma in Italia no. Neppure Milano era considerata degna meta dove andare. Era difficile in tali condizioni applicarsi allo studio della letteratura italiana. A me sembrava allora una via senza uscita: sul fondo c'era la Storia del De Sanctis, con tutto intorno la

Modesta letteratura della nuova Italia, ai cui fianchi spuntava qualche remota poesia. Restava l'aspettativa, a cui finì per attaccarmi, di un'Italia diversa e nuova, più libera e articolata, più fedele alle sue tradizioni medievali e rinascimentali, a quello che per essa era diventato patrimonio comune della civiltà europea. Ma questa mia speranza, che poteva giustificare una dedizione intera allo studio della letteratura italiana, non avrebbe forse retto alla solitudine di una vita, certo non l'avrebbe illuminata. C'era bisogno che la speranza fosse mediocre, e di essere accompagnata dal proposito di un gruppo di uomini piccolo ma compatto e deciso a non mollare. Così fu per me il gruppo di Torino, a cui dedico questo libro, non perché io voglia restituire ai miei amici di allora e per sempre quello che generosamente mi hanno donato, ma perché su ogni saggio, qualunque sia, rimanga scritta la testimonianza del debito che ho nei loro confronti.

confronti.Postilla a una lettera scarlattaIl 27 novembre 1945, nel pieno di una crisi ministeriale che investiva direttamente lui e il suo partito di una grande responsabilità di decisione e di lotta, Benedetto Croce interveniva con una "lettera scarlatta" sulla questione dei vecchi e dei giovani riportata a galla dalla candidatura – si riferisce a Vittorio Emanuele Orlando, che nel '46 era tra i candidati di Orlando a Presidente – della Repubblica ed era questo il suo pensiero: "Difendo i vecchi perché anche io ho ottant'anni. Ora, se a me, vecchissimo studioso della storia e della letteratura italiana, un coro di giovani mi ripetesse fino allo sfinimento: 'Giovinezza, giovinezza!' io risponderei: 'Venite qua, vi mostrerò io dove si trova quello che voi non trovate, vi mostrerò io come si svolge la ricerca che voi ancora non sapete eseguire'". Chi allorami sembra importante per comprendere meglio il contesto della lettera. Ecco come potresti formattare il testo utilizzando tag html:

Mi aiuterebbe e continuerebbe gli studi diletti? Con il mio invito e la mia offerta, ioli saluterei come un degno morituro deve salutare, facendo anche qualche lavoro utile, perché la morte (come mi disse un vecchio quando ero giovane e io ancora ricordo) è anche questa una fase: è l’ultimo atto di vita nella vita.

>>La lettera è quasi tutta racchiusa nel passo precedente. Mi sembra evidente che, anche se lospunto e l’obiettivo immediato della lettera fossero di tipo politico, e che solo su questo sisaranno concentrati gli uomini del tempo, la sostanza vera della lettera è nella testimonianza diun pensiero denso di forza nei confronti di una tradizione di cultura e critica, del rapporto fra ivecchi e i giovani, esperti o inesperti che siano, ma degli studi e non della politica. Inoltre, lapreoccupazione non è degli studi in generale, ma in particolare della storia e della letteraturaitaliana, e, questa specificazione della materia,

Non può essere di certo casuale. A questo possiamo collegare la continua insistenza degli ultimi anni del Croce su questa disciplina, con un interesse maggiore per le letture non abituali, di esplorazioni nuove e penetranti. Da qui s'intende l'appello ai giovani e all'offerta così esplicita di fare loro scuola, la quale risulta insolita visto che il Croce, nel corso della sua carriera letteraria, aveva sempre evitato responsabilità e atteggiamenti didattici. E forse non ci sarebbe mai stata questa particolarità del Croce se non si fosse presentata l'urgenza politica. La passione del Croce per lo studio, quindi, dimostra la sua forza nel modo in cui il maestro sarebbe disposto a impartire le sue lezioni, caratterizzate da estrema serietà, e ad affidare la sua eredità solenne a un gruppo di giovani piuttosto maleducati. Gente che si comporta in quel modo, francamente, non sembra in grado di succedere a Benedetto Croce negli studi diletti.

Comunque, la situazione si articola in vari modi, che esporrò qui in breve. Esiste una storia della letteratura italiana che non porta il nome del Croce, ma è frutto del lavoro dei suoi discepoli che, per studiare, hanno applicato a uno schema tradizionale estratto delle sue opere, ritagliandole e aggiustandole a loro piacimento. Non so quale sia stata la situazione editoriale del libro, ma in questa occasione l'influsso del Croce è avvenuto per altre vie. In particolare, tralasciando al momento il fatto che il Croce si sia domandato spesso e a lungo che cosa si intenda per storia della letteratura italiana, rimane che il suo lavoro per ricostruirla è stato principalmente influenzato dal recupero della storia desanctisiana. Oggi si è perduto questo recupero polemico: ormai è argomento di storia e di ricerca tecnica il tempo in cui l'opera del De Sanctis era vista come una bizzarra e sommaria improvvisazione dele all'epoca ancora non era.come poi invece sarà, la tavola romanticismo napoletano; della legge, la quale può essere soggetto di aggiornamenti e di annotazioni, ma rimane in sé e per sé All’epoca il dominio della letteratura italiana era conteso dai carducciani e dai definitiva.filologi di scuola tedesca, in un reggimento oligarchico fondato sulle cattedre universitarie e su riviste specializzate; in questo ambiente, il Croce non fu costretto a intromettersi con la forza: la pressione per ottenere una nuova cultura, più agile e varia, bastò a distruggere e riformare radicalmente quel piccolo mondo costituito dai carducciani e filologi tedeschi. Perno del mutamento radicale fu la Storia del De Sanctis, e il nuovo assetto fu raggiunto proprio sulla base di una teocrazia desanctisiana alla quale si adattarono anche i precedenti oligarchi, i quali accettarono funzioni più definite e controllate. Il Croce svolse, inoltre, delle funzioni di controllo partecipando con studi

Personali al lavoro della comunità su di un piano di uguaglianza, in modo tale che questi studi potessero diventare esempi a fare scuola, ma senza che questa funzione fosse assunta da lui di proposito e con presunzione. Nonostante in Italia non esista studio vecchio o giovane che non sia stato influenzato dal Croce, non è mai esistita nonostante l'importanza degli studi del una vera e propria scuola crociana. Voglio dire che, Croce, nessuno si è veramente messo lì a cercare di riprodurre e fare proprio la disciplina e il metodo di studio del maestro. Non ci provarono né, ovviamente, quelli che si erano formati in altre scuole, ma neanche i giovani che da lui avevano appreso a riconoscere i limiti e le della scuola: era, di certo, più facile partecipare coralmente all'opera di insufficienza restaurazione e di arredamento di un edificio già costruito, piuttosto che modificare la pianta dell'edificio o, addirittura, crearne uno nuovo.

La scuola storica aveva rivolto la sua attenzione allo studio dei primi secoli, al punto d'incontro fra la nostra letteratura e quella romanza, traendone il mito delle origini, studiando soprattutto i manoscritti rispetto alle stampe, e la bibliografia critica piuttosto che i testi. Esattamente al contrario è stata la disciplina del Croce, la cui figura di ricercatore si è profilata sui libri a stampa, direttamente reclamati. Grande frequentatore di biblioteche, il Croce non può essere immaginato fuori dalla sua biblioteca, senza il colloquio coi suoi libri, dal quale, infatti, partiva la ricerca stessa, preferendo libri di più semplice tradizione, privi di sovrastrutture critiche. Altra preferenza, inoltre, si ha nei confronti delle opere bene o male costruite, e per i risultati ultimi, piuttosto che per i frammenti dell'Italia, dove era diffusa la pigrizia del leggere, del discorrere, delle

collaborazioni letterarie, dell'improvvisazione retorica, e dove una scuola filologica veniva considerata un fenomeno di eccezione, nessuno osava violare la solitudine del Croce lettore. Volendo parlare per metafore, la capacità del Croce di saper osservare le cime significa che lui è stato in grado di attraversare le pendenze ombrose, un percorso che richiede un orientamento sicuro e una conoscenza tecnica del passato. Al giorno d'oggi è chiara la vanità del contemplare richiedendo, implicitamente, una filologia dall'alto senza il travaglio della salita, come è chiara che la necessità di un'influenza del passato nel presente possa solo dipendere da una dedizione tenace del presente nei confronti del passato. Ma, come spesso succede, queste chiare intuizioni che le opere del Croce dovevano trasmettere non sono state raggiunte senza imprevisti e divergenze. [...] Una prova di questo è d'istinto la tendenza dei giovani.

più dotati a ritornare a una filologia rigorosa.

Il discorso è, così, tornato ai giovani, dove era partito: è escluso che questi giovani vadano intorno al Croce a cantare della loro giovinezza, e se si aspettano da lui altre lezioni è perché hanno appreso bene quella impartita finora. Così, sanno anche che non esiste una filologia perenne, un manuale definitivo per la ricerca, ma non esiste neanche un gusto poetico immediato, una folgorazione della poesia che non sia intelligenza filologicamente definita nel linguaggio e nel ritmo, insomma il processo della poesia. Questi insegnamenti ha dato il Croce per la Letteratura della nuova Italia e per altro, e quello che non ha dato non lo vorrà dare. Un programma semplice di buon lavoro che può impegnare più studiosi di quanti siano in Italia, e per, forse, più generazioni: non richiede preventive discussioni metodologiche o divertimento della gioventù, ma dal lavoro.

stesso nascerà volta a volta la metodologia conveniente; un programma che richiede serietà.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
10 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher solisfilia_ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Benigni Paola.