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4. CULTURA VOLGARE FRA TRE E QUATTROCENTO

4.1. La prosa.

Dopo la metà del Trecento, grazie al successo sovra regionale della Commedia di Dante e della fitta

rete di relazioni culturali intessuta da Petrarca e Boccaccio, si crea un vasto pubblico di lettori della

letteratura in lingua fiorentina la quale viene percepita come lingua media della comunicazione

letteraria anche al di fuori della Toscana.

Inoltre grazie al Decameron il genere della narrativa breve conosce un periodo di grande successo

ed imitazione con la nascita di nuovi “novellatori” anche stranieri fra cui il più illustre è Geoffrey

Chaucer che ne suoi Canterbury Tales unisce diversi racconti nella cornice di un pellegrinaggio.

In Italia invece sono diversi gli autori che si cimentano nel genere della novella. Fra questi

troviamo:

Franco Sacchetti la cui produzione letteraria può essere divisa in due periodi: periodo giovanile e

periodo di impegno politico e religioso. Al periodo giovanile appartengono le opere Battaglia delle

donne e Libro delle Rime. Il primo è un poemetto in ottave in cui le vecchie invidiano la bellezza e

freschezza delle giovani usando un linguaggio fatto di bisticci e giochi linguistici che si avvicina

molto alla lingua parlata. Il secondo invece è una raccolta di ballate derivate dal genere delle

“pastorelle” (testi poetici leggeri e cantabili, spesso accompagnati dalla musica) e si avvicina molto

alla tradizione lirica fiorentina.

Al periodo di impegno politico e religioso (intervenuto in seguito alla pestilenza del 1374 in

seguito alla quale l’autore si ritrovò ad affrontare una profonda crisi religiosa) appartengono le

opere Sposizioni dei vangeli (raccolta di poesie religiose) e Trecentonovelle una raccolta di 223

novelle sprovvista di “cornice” in cui acquista grande importanza il punto di vista sociale e morale

dell’autore che aggiunge una sua conclusione moralistica, legata allo sfondo borghese e mercantile

cui appartengono vicende e personaggi nel superamento definitivo dei miti cortesi ancora

coesistenti in Boccaccio.

Giovanni da Firenze autore del Pecorone, raccolta di cinquanta novelle e venticinque ballate

inserite in una cornice boccacciana e raccontate alternativamente da un frate Auretto e una monaca

Saturnina durante venticinque giorni nei quali i due comunicano castamente attraverso le grate di un

parlatorio di un monastero (riproduzione di un luogo chiuso che reinventa in uno spazio sacro il

giardino decameroniano).

Si tratta di novelle che derivano dalla precedente tradizione narrativa ma anche dall’attualità e dalla

cronaca dell’epoca.

Giovanni Sercambi autore dell’opera Novelle, raccolta molto simile al Decameron nella quale un

gruppo di giovani per sfuggire alla grande pestilenza del 1374 intraprende un viaggio attraverso

l’Italia durante il quale vengono raccontate 155 novelle. A differenza del Decameron qui abbiamo

una struttura itinerante molto più simile a quella dei Canterbury Tales.

Gentile Sermini anche lui autore di un opera chiamata Novelle in cui narra di essere fuggito dalla

peste per rifugiarsi “in villa” dove ha raccolto le sue quaranta novelle.

Antonio di Tuccio Manetti autore della celebre Novella del grasso legnaiuolo nella quale si narra

la beffa che fa credere a Grasso di essere un’altra persona. La novella si trasforma in una specie di

commedia della vita rappresentata sulla scena cittadina di tutti i giorni, in una situazione che ricorda

la commedia di Plauto i Menaechmi.

In altri casi la struttura del Decameron portò alla nascita di diversi sottogeneri letterari destinati ad

avere uno statuto autonomo come la tradizione dei motti e facezie, raccolte di novelle brevissime

giocate su un motto di spirito che risolve una situazione difficile o mette in burla un avversario (il

filone più famoso di questo genere è Motti e facezie del Piovano Arlotto) o ancora la nascita dei

libri di famiglia nati dall’attitudine alla scrittura privata di alcuni mercanti che essendosi ritrovati

nelle storie del Decameron, intraprendono questa forma di scrittura dell’io codificata da un preciso

rapporto di comunicazione da destinatario (il mercante) a mittente (suo figlio o nipote) e volta alla

trasmissione dei propri saperi all’interno della famiglia stessa.

Quando lo scrivente appartiene ad una famiglia dominante della città, la storia della famiglia si

confonde con quella cittadina come accade nella Cronica domestica di Donato Velluti o nell’opera

Ricordi di Bonaccorso Pitti.

Un esempio importante di libro di famiglia è rappresentato dalle lettere di Alessandra Macinghi

Strozzi scritte ai figli esiliati da Firenze. Esempio dell’alto livello culturale raggiunto dalle donne

del Quattrocento, le lettere rappresentano anche la forza di una madre che nel disastro politico della

famiglia si fa carico del valore ideologico garantendone la trasmissione.

Prima di Alessandra Macinghi Strozzi già un’altra donna aveva raggiunto un altissimo livello di

espressione. Si tratta di santa Caterina da Siena che oltre un secolo prima nel suo Epistolario

manifestava con immagini straordinarie il suo mondo interiore, fondato su una mistica dell’unione

con Cristo e di un eros spirituale che si esprime con un linguaggio molto forte di cose anche fisiche

(il fuoco, il sangue).

Dopo Caterina la comunicazione religiosa passò a san Bernardino da Siena che rinnovò il genere

della predicazione coinvolgendo l’uditorio in modo diretto con un linguaggio semplice ed efficace

senza tralasciare l’attenzione ai problemi concreti della gente quali i rapporti sociali e la possibilità

di condurre una vita retta e giusta anche operando nel mondo, nel mercato e nella politica.

4.2. La poesia.

Anche nella poesia si registra la graduale influenza di Firenze e della Toscana al resto d’Italia.

la lezione petrarchesca si accompagna ad una sperimentazione che porta i poeti

Nella poesia lirica

oltre la tematica amorosa a trattare anche temi politici, di attualità, autobiografici.

Luoghi importanti di produzione sono ora le corti signorili dell’Italia del Nord dove opera Simone

Serdini da Siena detto il Saviozzo inventore della canzone alla disperata, lamento del poeta per un

amore impossibile che si conclude di solito con un desiderio di morte.

Si tratta di una poesia che recupera un rapporto organico con la musica, in un’epoca in cui si

diffonde l’Ars Nova e che si riavvicina alle forme della poesia popolare.

Al medesimo ambiente cortigiano appartiene infine Giusto de’ Conti che nel suo canzoniere

intitolato La bella mano, opera per primo una consapevole riduzione di libertà cercando di imitare

più fedelmente il modello di Petrarca nelle tematiche e nelle forme e dando il via di fatto al

petrarchismo.

Per quanto riguarda invece la poesia popolare, la sua diffusione era affidata ai cantastorie per i

quali fu fondamentale l’invenzione dell’ottava che permetteva di memorizzare più facilmente le

strofe ed eventualmente cambiarle o aggiungere particolari e descrizioni senza modificare la storia.

Le trame sono quelle derivanti dal filone cavalleresco anche se non mancano temi legati

all’attualità, alla storia e alla Bibbia.

Fra gli esponenti più illutstri del genere si ricorda Antonio Pucci banditore del comune di Firenze

che sentendosi parte attiva della vita pubblica della sua città scrisse numerose poesie pubbliche,

sirventesi politici, testi morali e satirici.

E’ interessante in Pucci il valore dato alla figura della donna soprattutto nell’opera Madonna

Leonessa nella quale una donna riesce a salvare suo marito condannato a morte dal re di Francia,

dimostrando la propria superiorità per intelligenza e astuzia.

Altro esempio fortunato delle opere dei cantastorie è rappresentato da Geta e Birria di Domenico

del Prato. Riscrittura di una commedia elegiaca medievale (il Geta di Vitale di Blois) è una

commedia degli errori in cui Mercurio si trasforma in Geta e convince Geta di non essere nessuno.

Affine al mondo dei cantari è quello della sacra rappresentazione che si sviluppa soprattutto a

Firenze con Feo Belcari. Si tratta di una forma embrionale di teatro messa in scena nelle piazze e

sui sagrati nel corso delle festività religiose, importante per la nascita delle prime “compagnie”

specializzate nell’allestimento teatrale con attori e comparse, macchine sceniche, costumi e

strumenti musicali.

Infine, sempre dalla narrazione dei cantari derivano i romanzi di Andrea da Barberino come il

Guerrin Meschino (storia di un fanciullo venduto schiavo che, dopo molte peripezie, diviene

cavaliere, scopre una sua nobile origine ed è infine incoronato re), e la saga dei Reali di Francia,

compendio del ciclo carolingio che è rimasto nella tradizione popolare fino al nostro tempo.

5. L’UMANESIMO

5.1. Rinascimento e Umanesimo.

Col termine Rinascimento si intende comunemente il periodo storico che interesso l’Italia e

l’Europa tra il XIV e XVI secolo, caratterizzato dal passaggio dalle strutture economiche e sociali

del mondo feudale a quelle dell’età moderna.

Il termine deriva dall’idea diffusa che, dopo un lungo periodo di oscurità e barbarie qualcosa stesse

“rinascendo”. Questo qualcosa era una nuova visione del mondo e dell’uomo.

La lezione di civiltà impartita dagli Antichi veniva ora riletta in chiave del tutto nuova.

All’interpretazione allegorica finalizzata all’individuazione di un sovra senso religioso o morale, si

sostituiva una ricerca indipendente della realtà umana che comprendeva le forme della convivenza

civile e sociale, il rapporto fra Stato e cittadini, l’educazione, le relazioni politiche e l’affermazione

delle libertà di pensiero e di azione.

Alla rinascita dei classici latini si affiancò anche quella dei classici greci grazie soprattutto a

Petrarca e Boccaccio che si sforzarono di intraprendere lo studio della lingua ellenica e di

introdurne l’insegnamento a Firenze favorendo l’arrivo in Italia di intellettuali greci e soprattutto di

libri.

La vastità del panorama letterario greco, rese necessaria una riforma del sistema educativo

capovolgendo la gerarchia tradizionale di trivio e quadrivio che vedeva le materie prima considerate

inferiori (grammatica e retorica) diventare le più importanti in quanto alla base della trasmissione

del sapere.

Alcuni maestri cominciarono allora a fondare delle scuole che davano priorità assoluta alla lettura

dei classici come base di una formazione culturale appropriata.

L’insieme delle discipline trattate in queste scuole cominciò ad essere chiamato studia humanitas e

ben presto il termine humanista divenne il corrispondete di professionista di cultura greca e latina.

La lingua dell’umanesimo era il latino di Cicerone e Virg

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A.A. 2012-2013
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sidney81 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi L'Orientale di Napoli o del prof Vecce Carlo.