vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
LETTERATURA, CRITICA, STORIOGRAFIA. QUESTIONI DI GENERE
Marina Zancan
Nella lingua italiana, il sostantivo “genere” indica un “raggruppamento concettuale di cose o
individui che hanno caratteristiche fondamentali comuni”; per quanto attiene agli individui,
storicamente esso classifica, sulla base di connotati sessuali, due tipologie: maschi e femmine,
uomini e donne costituiscono il genere, termine che si configura come binario, non univoco. La
locuzione “genere umano”, tuttavia, secondo il suo uso comune, significa “l’insieme degli uomini,
l’umanità”. La nostra tradizione letteraria è stata una tradizione rigorosamente maschile. È in
questo quado che si dispone, e va analizzata, l’adozione del termine “genere” per connotare una
indagine conoscitiva o interpretativa. La definizione, coniata negli anni Settanta dalla cultura
femminista anglosassone (Gayle Rybin), ha una storia che la precede e una che la accompagna e
che la segue. La precede, nella cultura del Novecento, quel contesto storico generato dai
movimenti politici delle donne – dall’emancipazionismo al neofemminismo – che, sui temi relativi a
identità, differenze e disuguaglianze tra i sessi, ha innervato il proprio agire politico. In questa
prospettiva il femminile si dispone nella categoria di genere in relazione al maschile, mentre il
concetto di genere si configura come principio di contrasto alla linearità univoca della tradizione.
L’ottica di genere reinterpreta quell’insieme che, comprensivo di rapporti di potere e di istanze
soggettive, raffigura la storia, e la memoria, del genere umano, degli uomini e delle donne. Questo
concetto di genere prende forma a ridosso del neofemminismo quando la frattura agita dal nuovo
soggetto politico ha “spostato in avanti” la stessa riflessione femminista, evidenziando la necessità
di dotarsi di ipotesi e di categorie nuove. L’atto fondativo del pensiero femminista è stato ciò che il
movimento ha definito come presa di parola: dire sé e, di sé, le proprie specificità, a partire da
quella differenza di sesso su cui si fonda la disuguaglianza storica tra uomini e donne. In questa
prima fase, la riflessione teorica ha focalizzato la propria attenzione sul soggetto donna
circoscrivendo la propria indagine alla identificazione di un sé femminile differente, in sé definito e
da sé avvalorato. Sono gli anni in cui, nella cultura anglosassone e in particolare nord-americana,
gli Women’s studies hanno riconosciuto, e codificato, gli studi delle donne sulle donne. La
sostituzione, nella definizione degli studi, del termine “Women” con quello di “Gender” evidenzia,
innanzitutto, l’ampliamento della prospettiva. La categoria del genere articola infatti e
problematizza l’identificazione del soggetto donna perché dispone il femminile in relazione al
maschile e ne considera le variabili e i mutamenti come parte integrante della storia del genere
umano. L’italianistica, scrive Asor Rosa, è l’insieme di lingua e tradizione che va dalle origini
volgari al presente, la cui unità è linguistica, letteraria, culturale. Alle origini della nuova tradizione,
Dante dispone, a fondamento del laico, il nuovo eros, la poesia e la nuova lingua, il volgare che
egli identifica con la lingua materna. Genera dunque la nuova poesia, che fonda le proprie radici
sull’esperienza d’amore e ne celebra le nuove potenzialità conoscitive. Il mondo sotterraneo di
immagini e desideri che raffigura la relazione tra i sessi nella memoria delle origini riaffiora dunque
nell’immaginario poetico. La genesi della tradizione è già detta fin dalla Vita nuova, il primo
esempio, nella storia letteraria europea, di riflessione organica sulla produzione poetica e il suo
valore ideologico. Alle origini, dunque, il femminile è la figura che genera, e avvalora, la parola
poetica e il suo autore; i principi della nuova poetica e le nuove funzioni dell’intellettuale laico.
Dopo la Commedia dantesca, le grandi invenzioni letterarie di Petrarca e di Boccaccio,
confermano la centralità della figura femminile. Alle origini, dunque, il carattere unitario della nuova
tradizione si fonda sulla centralità della figura femminile, a cui Dante, Petrarca e Boccaccio
riconducono la rielaborazione del tema d’amore e l’adozione della lingua volgare. Le modalità
secondo cui prende forma il femminile, interessano sia la costruzione ideologica dell’appartenenza
di sesso, sia la storia dell’intellettualità femminile. Sull’appartenenza di sesso si è fondata, nella
storia, l’asimmetria tra femminile e maschile. Ogni forma di raffigurazione, quindi, ha a che fare con
la costruzione sociale della relazione tra i sessi. Nell’interpretare la raffigurazione del femminile,
bisogna considerare che il ceto intellettuale laico che attua il mutamento è rigorosamente
maschile. Un dato non scontato se si considera che alle origini della letteratura europea, tra i
trovatori, i nomi di donna sono frequenti e, in alcuni casi, non secondari (Compiuta Donzella,
Caterina da Siena, etc.). In questo quadro, la raffigurazione del femminile che connota la
tradizione alle sue origini è figura di un immaginario poetico maschile. È un femminile che astratto
dal proprio pensiero, genera le parole dell’altro di cui attesta il valore assoluto. Le donne,
socialmente escluse dalla fondazione del nuovo pensiero, dominanti in esso sul piano simbolico,
sono dunque esterne alle origini della tradizione; escluse, ma anche estranee da un immaginario
maschile. In questi anni, in terra toscana, va disposta la scrittura di Caterina da Siena, voce
femminile totalmente estranea alla progettualità del gruppo intellettuale dominante che tuttavia
documenta la permeabilità sia tra le due tradizioni (laica ed ecclesiastica) sia tra i due immaginari
(maschile e femminile). Caterina nel suo forte progetto di rinnovamento è protesa a legittimare la
propria scrittura. Nella storia italiana, alla eterogeneità politica e culturale si è contrapposta
l’unitarietà della tradizione letteraria. Nel XVI secolo, la rinascita della letteratura volgare si
coniuga, mediata dal mezzo a stampa, con la costruzione del sistema letterario: tra il 1501 e il
1502 Aldo Manuzio promuove le edizioni di Petrarca e Dante. Negli stessi anni, Bembo lavora
alle Prose della volgar lingua che, edite nel 1525, fissano, sulla ripresa di Dante, Petrarca e
Boccaccio, i canoni linguistici, letterari e stilistici che, adottati sia dal ceto dei nuovi letterati sia
dall’industria editoriale, modellizzano la tradizione. Nel nuovo quadro nella tradizione volgare si
registrano le prime voci letterarie di donna. Introdotte da Maria Savorgnan, le donne si
configurano come parte del nuovo ceto intellettuale alla fine degli anni Trenta. In questo senso, la
soggettività femminile raffigura, incarnandolo, il mutamento, in sé tutto interno al nuovo sistema. In
presenza di donne che scrivono letteratura, il femminile, da grande metafora della creazione
poetica, si traduce dunque in figura del testo, e del contesto di cui è parte. Questa compresenza
pone alcune questioni. La prima riguarda la consonanza, e la dissonanza, delle voci femminili
rispetto al modello. Le donne accedono alla tradizione laica arginate da due modelli (uno poetico,
l’altro ideologico) che, intrecciati, coniugano allora, a fronte del mutamento, una doppia istanza di
continuità e di conservazione: del modello letterario, interno alla tradizione; del modello femminile,
interno alla relazione tra i sessi. Nelle Rime de la Divina Vittoria Colonna Marchesa di Pescara i
due modelli si fondono l’uno nell’altro: l’imitatio vitae e l’imitatio stili. La figura dell’amato e quella
dell’amante si fondono, l’una specchio del valore dell’altra, a simboleggiare il coniugium, lo stato
amoroso perfetto. Le Rime di Madama Gaspara Stampa si sottraggono invece alla serialità della
copia, corrodendo sensibilmente il paradigma del modello. In esse, l’infrazione del canone
tematico ridefinisce l’intera griglia concettuale. L’oggetto d’amore, eroe bello in quanto amato, ma
“crudo ed empio” in quanto amante, perde in virtù, cedendo il passo, nella raffigurazione poetica,
all’amante infedele, colei che, scrivendo, dà corpo alla propria figura. Nello stesso tempo, la
sostituzione degli amores all’unicità dell’oggetto d’amore porta alla rappresentazione dell’amore
semplice, non corrisposto, la cui topica in sé non consente l’identificazione dell’amante con
l’amato, ma mette in scena, in uno stile abbassato che a tratti si fa discorsivo, colloquiale, la
binarietà dell’una e dell’altro: alla elusione dell’imitatio vitae corrisponde la trasgressione
dell’imitatio stili. Le due opere si dispongono a tramandare due memorie diverse del femminile: il
primo riflette infatti l’asimmetria tra i sessi nella stessa sfera poetica e simbolica; il secondo dà
invece forma ad un pensiero di sé che per prendere forma deve narrarsi. Memoria del modello, il
primo; memoria di sé, il secondo. Una seconda questione interroga l’unitarietà della tradizione e le
modalità secondo cui essa ha riformulato la sua univocità originaria. Nel quadro di primo
Rinascimento, l’andamento della tradizione è trasparente: riconosce, avvalora e assimila la voce
consonante che conferma in proprio l’univocità del discorso letterario; cancella, lasciandola cadere,
la voce dissonante (le Rime di Stampa hanno, nel corso del secolo, una sola edizione postuma).
Nel tempo lungo invece, le due voci poetiche, depotenziate, si sono disposte entrambe ai margini
del letterario. Lo conferma, nella storia dei testi, il recupero di secondo Ottocento dei due
canzonieri. La riproposta editoriale delle rimatrici di primo Cinquecento si accosta a quella coeva di
Caterina da Siena, promossa con ampia risonanza da Tommaseo nel 1860.
Nel sistema letterario dell’Italia unita – di cui le donne, presenti sul piano politico in quanto nuovo
soggetto, sono ampia parte – l’unitarietà della tradizione si conferma sul piano storiografico. Nella
Storia della letteratura italiana di De Sanctis, l’intellettualità femminile è resa emblema di un
femminile lontano nel tempo. La scelta di operare, nei confronti delle donne, per sottrazione e per
astrazione, registra allora l’ambiguità del nuovo stato nella ridefinizione del modello femminile:
ancorata alla dicotomia tra pubblico e privato, la donna italiana si conferma infatti nella continuità di
un unico modello (la donna-madre) solo marginalmente intaccato dai nuovi mandati sociali delle
donne. Lo scarto tra