vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
-TENTATIVI DI DEFINIZIONE
“Inchiesta sul Neorealismo” a cura di Carlo Bo (1951)
SOLMI, FLORA, MONTALE, ANTONICELLI, VITTORINI, MORAVIA, MANZINI, CALVINO, PRATOLINI, BO
Prefazione del 1964 a “Il sentiero dei nidi di ragno” (1947) di Italo Calvino
-CRONOLOGIA
Maria Corti sostiene che, per poter dare contorni più definiti al fenomeno “Neorealismo” sia necessario
partire dai testi e, in base al loro grado di omogeneità e alle consonanze tematico-stilistiche-formali in essi
individuabili, stabilire una cronologia, ovvero dei limiti storici al movimento e alla sua designazione
terminologica.
Cronologia a maglia (troppo?) larga: da “Paesi tuoi” di Pavese (scritto nel 1939 e pubblicato nel
1941) al 1955 circa.
N.B. Secondo questa ipotesi rientrerebbero nel fenomeno sia “Paesi tuoi”, che è ritenuto dalla critica un
precedente del neorealismo e un modello tematico-formale, sia i “Gettoni” einaudiani, nei quali
rifluiscono e si decantano esperienze letterarie precedenti + “Inchiesta sul Neorealismo” a cura di Carlo Bo
(1951) si pone come un rendiconto finale, a chiusura d’esercizio.
Cronologia a maglie strette, basata sulla ricerca di costanti tematico-formali dei testi neorealistici:
dal 1943 (anno di inizio della Resistenza, intimamente legata allo strutturarsi e al definirsi della
tendenza) al 1950 (dopo la svolta involutiva della politica italiana del 1948, con le conseguenti
delusioni degli intellettuali e il declino della narrativa fiduciosamente impegnata).
N.B. La pertinenza di questa cronologia è supportata dalla memorialistica resistenziale (diari, cronache), la
cui produzione si situa tra il 1944 ed il 1947, per poi eclissarsi a partire dal 1948, a causa del clima di
smobilitazione e dispersione, di sconfitta politica, che caratterizza la sinistra italiana in quella contingenza.
Analogo discorso può essere applicato a quei racconti resistenziali che appaiono sulle pagine della “Unità”
nelle sue diverse redazioni (romana, milanese, torinese, genovese proprio tra il 1945 ed il 1948. Infine, gran
parte dei testi che la critica giudica come propriamente neorealistici possono essere ascritti a questo stesso
triennio:
1945 (“Uomini e no” di Vittorini, “Racconto d’inverno” di Del Buono”)
1946 (“Pane Duro” di Micheli)
1947 (anno della produzione più corposa: “Cronache di poveri amanti” di Pratolini, “Spaccanapoli”
di Rea, “il sentiero dei nidi di ragno” di Calvino, “Il compagno” di Pavese – unico suo romanzo
neorealista -, “Il cielo è rosso” di Berto, e così via…)
- ORIGINE DEL TERMINE
Intorno agli anni Venti in Germania si produsse un movimento di reazione al soggettivismo
dell’Espressionismo, che prese il nome di “NEUE SACHLICHKEIT” (inadeguatamente tradotto come “Nuova
oggettività” o “Nuova austerità” o, ancora, “Realismo Magico”), termine coniato da Gustav Hartlaub,
direttore della Kunsthalle di Manheim, per annunciare la mostra delle nuove opere figurative di un gruppo
di pittori tedeschi. La mostra (14 giugno – 13 settembre 1925) comprese opere di Max Beckmann, Otto Dix,
George Grosz, Carlo Mense, Georg Scholz. Il movimento si pose come una variazione della tendenza
internazionale del “rappel à l’ordre”; esso era percorso da due anime, una di tendenza neoclassica, che
ricomprende, ad esempio, l’opera di Picasso del periodo, l’altra di atteggiamento verista/realista, incarnata
dall’opera di Grosz, Dix e Beckmann.
La produzione dei membri “realisti” del movimento era governata dalla fedeltà ad una realtà
positivamente tangibile, dalla volontà di stabilire la loro verità prima di tutto con i mezzi tradizionali della
pittura.
Potremmo far assurgere a dichiarazione programmatica del movimento le parole con le quali Hartlaub
chiudeva la sua introduzione alla mostra:
“Ciò che mostriamo è che l’arte esiste ancora, che è viva nonostante la situazione culturale che sembra
ostile all’essenza dell’arte come di rado in altre epoche. Dunque, artisti disillusi, spesso rassegnati fino al
cinismo – essendosi quasi arresi dopo un periodo di smisurata, quasi apocalittica speranza -, questi artisti
hanno cominciato in piena catastrofe a riflettere su ciò che è più immediato, certo e duraturo: la verità e
il mestiere.”.
L’italiano “neorealismo” risulta quasi sicuramente come calco dell’espressione “Neue Sachlichkeit”.
Barbaro, nel saggio “Letteratura russa a volo d’uccello”, uscito sull’ “Italia letteraria” tra il 1930 ed il 1931,
discorrendo delle tendenze letterarie e tecniche della prima metà del ‘900, afferma: “ […] il neorealismo,
che pur rifacendosi alla letteratura dell’Ottocento, non può dirsi un vero e proprio ritorno, ma ha caratteri
di novità, se non di avanguardia, con qualche analogia con il realismo tedesco di Döblin in letteratura e dei
Dix in pittura”. Aggiunge, in postilla, che si debba dare un valore molto approssimativo all’etichetta, non
esistendo una vera linea di confine tra corrente neorealistica e no.
1942
Il vocabolo “neorealismo” viene nuovamente utilizzato, stavolta in campo cinematografico e, dunque, con
accezione del tutto inedita, dal montatore Mario Serandrei, per definire i primi pezzi del film di Luchino
Visconti “Ossessione”.
1943
Termine post quem dell’estendersi della etichetta dall’ambito cinematografico a quello letterario.
N.B. Montale: “l’etichetta neorealistica è, almeno in Italia, di origine cinematografica” (“Inchiesta”, 1951)
-COSTANTI DEL NEOREALISMO (Maria Corti)
Il Neorealismo non ha prodotto né una vera codificazione letteraria, né una reale sensazione di rottura, di
eversione di qualcosa rispetto al passato, né tantomeno una poetica con regole codificanti; risulta difficile,
dunque, individuare un carattere assoluto che individui in modo immediato e inequivocabile il movimento.
Nonostante ciò un’accurata lettura dei testi neorealistici e una loro visione totalitaria permette
l’individuazione di una serie di costanti che tornano in modo abbastanza insistente e rispetto alle quali,
dunque, si può tentare di delineare i tratti salienti del movimento.