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UNIVERSITY

Pubblicato per la prima volta nel maggio 1904 su "The north American

review" per rispondere alle critiche che gli erano state fatte verso la sua idea

di istituire una scuola di giornalismo presso la Columbia University.

Innanzitutto gli si critica che un giornalista è un giornalista nato, deve avere

una predisposizione naturale e un istinto per le notizie innato, che non può

essergli insegnato. Pulitzer, pur riconoscendo che avere un talento naturale

aiuta, sottolinea che esso però deve essere affinato e serve soprattutto

preparazione e esperienza (es. anche i più grandi generali hanno avuto dei

maestri, basti pensare ad Annibale, figlio di Amilcare che l'ha istruito dal

punto di vista militare, o a Napoleone che ha frequentato la scuola militare di

Brienne; come i generali che studiano le grandi battaglie per capire gli errori

commessi e come vincere, anche il giornalista deve studiare i giornali, il suo e

quello della concorrenza, per affinare le proprie capacità, sotto la guida di

insegnanti competenti).

Gli si critica che si diventa giornalisti solo facendo pratica, solo "andando a

bottega"; ma in redazione nessuno ha tempo o voglia di insegnare ai

novellini, bisogna avere già una buona base teorica che poi deve essere

accompagnata dalla pratica; nella sua scuola di giornalismo Pulitzer ha

intenzione di insegnare i metodi del giornalismo facendo un giornale

dell'università, facendo così sperimentare agli studenti la vita di redazione

sotto la guida di un caporedattore-professore che lì avrebbe il tempo di fare

ciò che un vero caporedattore non potrebbe: motivare i propri interventi.

Nella scuola di giornalismo ci saranno diverse materie (legge, sociologia,

storia, economica, statistica, fisica, lingue moderne ecc.) ma di esse saranno

insegnati solo gli ambiti necessari al giornalista (x es. di legge non sarà

insegnato tutto come alla facoltà di giurisprudenza, ma solo le cose

indispensabili al campo giornalistico), sarà quindi un corso di

specializzazione per formare professionisti qualificati nel campo

giornalistico.

Il giornalista dovrà imparare soprattutto l'importanza della verità, della

precisione e dell'etica (che sarà il tema che dominerà tutto il corso di studi)

perchè lo scopo principale di un giornalista è il bene pub blico (dare

un'informazione sana e corretta per lavorare per il pubblico interesse, la

moralità è il mezzo primario per conseguire il fine ultimo, che è appunto il

bene pubblico, nonché il bene della Repubblica: creare giornalisti migliori che

scriveranno giornali migliori che serviranno la Repubblica in modo migliore;

perché i giornali plasmano il pensiero dei cittadini, ossia l'opinione pubblica,

che poi andrà a ridisegnare i nuovi assetti de paese).

Il corso quindi avrà lo scopo di instillare i valori dell'etica e della moralità nei

nuovi giornalisti ed elevare il giornalismo al rango di professione qualificata.

Ciò che verrà insegnato ai futuri giornalisti è lavorare per la comunità, non per

un'azienda o per se stessi, ma per il pubblico; per questo la scuola dovrà

avere una natura anti-commerciale, dovrà esaltare i principi morali, il sapere

e la cultura e non interessarsi minimamente agli aspetti commerciali; il

giornalista è un professionista (i cui pensieri sono votati esclusivamente al

pubblico interesse) e non un uomo d'affari, ossia non deve interessarsi

minimamenti agli aspetti relativi alla sfera amministrativa e commerciale del

giornale.

SAGGIO 2: IL POTERE DELL'OPINIONE PUBBLICA

Si può vedere l'opinione pubblica come l'insieme delle opinioni private (essa

si forma attraverso il libero scambio di idee); l'opinione pubblica ha un

grandissimo potere e i giornali hanno lo scopo di nutrirla e plasmarla (per

esempio in passato si poteva dichiarare guerra per capriccio, oggi non è

possibile farlo senza l’appoggio della pubblica opinione).

L’influenza che un giornale può esercitare dipende dalla fiducia che il

pubblico ripone in esso, se essa viene a mancare il giornale perde il suo

potere; per questo i principi del giornalista devono essere sempre quelli

dell’onestà, della libertà, moralità e credere nel fine morale del giornale.

Il giornale deve avere talvolta anche il coraggio di andare contro l’opinione

pubblica, perché deve tendere sempre alla verità, anche se essa può risultare

scomoda. Importante è scoprire anche cosa pensa l’opinione pubblica

attraverso interviste, telegrammi e sondaggi.

Informare e guidare l’opinione pubblica è compito della stampa, e deve farlo

con intelligenza, coraggio, solo così contribuirà alla giustizia nel governo, alla

trasparenza in politica e a una più alta moralità negli affari e nella vita sociale

della nazione.

POSTFAZIONE di MIMMO CANDITO

Oggi in molti paesi le scuole di giornalismo sono un percorso obbligato per la

formazione dei giornalisti, ma al tempo di Pulitzer c’erano molte resistenze

verso la creazione di una scuola di giornalismo, perché si era convinti che il

giornalismo non potesse essere insegnato (e ancora oggi molti credono che il

fiuto della notizia sia innato e che ci si possa formare solo attraverso il lavoro

sul campo).

Ma le nozioni apprese servono a poco se poi non si riesce a mantenere il

principio (su cui Pulitzer insiste) della moralità; Pulitzer scrive nel 1904, ma

tale principio è ancora più importante oggi, soprattutto nel sistema mediatico

italiano, dove non ci sono editori puri (per es. La stampa è della Fiat o Il

corriere della sera appartiene a un crogiolo di azionisti diversi; c’è quindi la

tentazione di usare la stampa per fini diversi) e ci sono forti pressioni

economiche e politiche sui giornali e sul sistema dell’informazione in

generale. Anche a livello televisivo da sempre domina un duopolio (RAI e

MEDIASET); la tv inoltre in Italia è da sempre stata il mezzo principale

d’informazione, visto che il paese è sempre stato caratterizzato da uno

school divide (scarsità di alfabetizzazione, presente ancora oggi, ci sono

5milioni di analfabeti e una bassa percentuale di laureati).

Il giornale dovrebbe avere una natura anti-commerciale ma non è così

semplice (per es. al Los Angeles Times –che oggi ha chiuso-dopo una

grande caduta delle vendite si decise di mettere in redazione rappresentanti

di marketing accanto ai giornalisti, creando così un condizionamento diretto

da parte delle logiche commerciali, che dovrebbero essere assenti nel vero

lavoro giornalistico); ma ovviamente il giornale è anche un’azienda, deve

guadagnare per poter sopravvivere e per poter continuare a fare il proprio

mestiere (dal 2008 in particolare c’è una crisi dei giornali, soprattutto a causa

di Internet e google news, che pubblica contenuti giornalistici senza

remunerare gli editori, e Google in generale che ha attirato tutti gli

inserzionisti pubblicitari, tutta la pubblicità, che prima invece si rivolgeva al

giornale; da sempre i giornali solo con le vendite non riuscivano a coprire i

costi di produzione, metà di essi erano pagati dalla pubblicità che negli ultimi

anni ha subito un calo vertiginoso sulla carta stampata perché appunto si

rivolge a internet e google, che fa pubblicità mirate e quindi più efficaci).

Inoltre oggi ci sono condizionamenti più sofisticati sulla comunicazione

rispetto al passato (quando c’era la censura diretta), oggi in particolare c’è il

NEWS MANAGEMENT (offrire un flusso ininterrotto di notizie dando

l’impressione ai giornalisti di avere piena libertà, quando invece non è così; è

come se fossero in un campo recintato dove hanno l’impressione di poter

pascolare liberamente non riuscendo a scorgere i suoi confini, oltre i quali

non possono andare; i giornalisti di oggi, soprattutto per quanto riguarda le

zone di guerra, non sono più liberi come in passato, spesso non sono proprio

sul posto, ma attingono le notizie da altri, da centri d’informazione, vengono

meno i principi su cui Kapuscinski insisteva: l’esserci, il vedere, il sentire,

ossia essere proprio sul posto e vedere i fatti con i proprio occhi, con

nessuna mediazione).

Il news management nasce ufficialmente con la seconda guerra del Golfo,

quando Bush affermò che questa volta “non bisognava più combattere con un

braccio legato dietro la schiena” (si riferisce alla guerra in Vietnam, durante la

quale i media mostravano le atrocità del conflitto senza censura, e questo

influenzò l’opinione pubblica che tolse il suo appoggio alla guerra); venne

organizzato un Centro d’informazione da Schwarzkopf (che era il generale a

capo delle operazioni), il Joint Information Bureau, che offriva ai reporter

flussi ininterrotti di notizie, conferenze stampa, videoclip e altro, dando loro

l’impressione di essere sempre informati sull’andamento del conflitto, anche

se erano tenuti rigorosamente lontani dal posto dove si svolgeva.

La guerra che vene mostrata dai media non era quella vera, era una guerra

sterile, nessuna immagine di distruzione, era tutto ripulito; la guerra divenne

così un prodotto da vendere sul mercato del consenso.

Oggi poi rispetto ai tempi di Pulitzer, il giornalismo deve confrontarsi con due

nuovi strumenti: la televisione e internet, che contribuiscono a ridurre

l’attenzione critica nel processo di comprensione della realtà.

La televisione punta ala spettacolarizzazione della notizia e alla

semplificazione della realtà; inoltre tra tv e spettatore c’è un rapporto

unidirezionale, passivo, noi subiamo quello che vediamo senza possibilità di

replicare e viene meno la nostra capacità critica (ben presente invece quando

leggiamo qualcosa).

Internet se da un lato ha aperto le porte a una democratizzazione

dell’informazione (chiunque può condividere la propria opinione) e a una

grande libertà d’espressione, dall’altro lato è proprio da questi suoi vantaggi

che nascono i suoi svantaggi: in internet si trova di tutto, tutto può essere

alterato o falsificato. Bisogna stare molto attenti a quello che si legge e alle

fonti, vedere se sono affidabili o meno.

Per questo il giornalismo ancora più oggi deve puntare sulla moralità, sul fare

un’informazione sana e corretta, deve puntare sulla credibilità, e cercare di

superare la crisi reinventandosi, sfruttando i nuovi mezzi di comunicazione

(come internet) senza tradire però quello che deve sempre

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
8 pagine
6 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AkiraMoon di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cultura giornalistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Jucker Maria Cristina.