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Estratto del documento

SUN TZU

Vita. A cavallo del 500 a.C. / figura quasi mitologica, alcuni dicono che non sia esistito, alcuni dicono

che i suoi scritti sono attribuibili a un gruppo di persone. Tuttavia alcuni fatti ci fanno capire che si

tratti di un generale, stratega spietato, invincibile, eticamente devoto al proprio sovrano, che ha

vissuto in un importante epoca della storia cinese. Periodo delle primavere-autunni, che vede la

competizione fra 6-7 regni (722-821 a.C.), in cui questi combattono per la loro stessa sopravvivenza.

Ci sono due dinastie che diventeranno dominati (regno Gu contro regno CHu). Caratteristiche

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territoriali diverse, gli eserciti si trovano a combattere in contesti molto diversi. In questi 3000 anni

riusciranno a costruire eserciti abbastanza organizzati, costruendo mezzi e arruolando uomini, con

disciplina amministrativa. Sun Tzu è consulente, stratega militare del regno Wu. Il sovrano è colui

che dirige le operazioni, decide quando combattere e perché, ma dopo l’ordine sospende il suo

controllo e lo lascia allo stratega, longa manus del sovrano, responsabile dei successi e dei fallimenti.

Chi si comporta male in guerra merita una punizione, in tutti i casi.

Opera. Scrive un manuale di strategia e tattica. Dimensione strategica: in che modo la strategia diretta

e indiretta funzionano, in che modo evitare la guerra è la scelta migliore.

L’attività della guerra è centrale per il regno e per la sopravvivenza, non è qualcosa che si fa solo per

ricchezza. La guerra è una risorsa necessaria, deve essere però utilizzata con la massima cautela, per

una serie di motivi. Deve essere extrema ratio, deve ricorrere a tutte le altre vie disponibili.

La guerra è l’attività che potrebbe segnare la fine del sovrano, quindi è meglio essere cauti.

La miglior strategia è quella indiretta: vincere le battaglia senza combattere richiede la massima

abilità. Ma come si fa a vincere senza combattere? Dimensione psicologica della guerra, convincere

l’avversario che non potrà vincere. La prova di forza in sé è effettivo solo se fa cambiare idea

all’avversario. Nessun sovrano trae beneficio con una guerra prolungata. Ci sono risorse che vengono

sfruttate, volontà morale viene meno: le guerre devono essere corte, devono avere una sequenza

veloce, deve essere chiaro rapidamente chi vince e chi perde. La vittoria dipende da elementi non

militari, ma psicologici, riuscire a ingannare l’avversario, fargli credere che siamo superiori per

numero anche quando non è vero, togliergli lo spirito vitale. Il bersaglio ultimo deve essere la volontà

del nemico, non affrontandolo direttamente, anche senza combattere. La guerra è subordinata alla

politica perché la volontà dell’avversario lo decide la politica. Elemento non strategico, ma politico.

La guerra non ha una forma definita, perché significa il modo in cui si combatte, convenzionale e

non. Qual è quindi la tattica vincente? Qualsiasi cosa tu faccia dipende dall’obiettivo finale, difendersi

è meglio che attaccare. Attacca solo quando hai la piena certezza di vincere. Non ci sono regole chiare

che valgono sempre.

Lo stratega è tale perché è bravo a capire, è genio dell’inganno e dello stratagemma. Per vincere le

guerre bisogna sapere, e sapere è potere, con consapevolezza. Sapere com’è l’altro e fargli credere

una cosa diversa, per es. che siamo molti di più o di meno. Parlerà apertamente dell’importanza delle

spie (es. mercanti che vengono da pese straniero, diplomatici, incursori).

La guerra costa tanto, i bravi soldati devono essere premiati come quelli cattivi vanno puniti. Per

premiarli bisogna avere finanze.

Quale nesso fra guerra e politica? 33

T: la politica fornisce leadership incerta. La politica doveva mantenere una sovralinea di comando.

La politica se sbaglia fa perdere le guerre.

S: la politica dà avvio alla guerra, poi si ritrae. Quindi è momento originario, lo stratega non può fare

nulla senza consenso del sovrano. A meno che il sovrano non sia una stratega, una volta che sceglie

di fare la guerra deve lasciar posto allo stratega.

C’è una grammatica della guerra?

T: strategia diretta; unità di comando

S: strategia indiretta; inganno (manipolare la volontà dell’altro)

Quali sono le dimensioni della strategia?

T: enfasi solo sulle questioni militari (simmetria fra eserciti e flotte)

S: non solo questioni militari (uno dei tanti aspetti), ma anche psicologica, finanziaria…

19.10.2017

MACHIAVELLI

Introduzione. Il contesto in cui vive, i problemi e le risposte che mira a dare.

Vita. Contesto storico: 1488-1512, servizio diplomatico a Firenze. Segue le missioni diplomatiche

che gli permetteranno di comprendere come funzionano, quali sono gli interessi e gli errori delle altre

città italiane e stati europei che stanno minacciando l’Italia. Servizio diplomatico, ma anche

competenza militare: segretario per gli affari militari. Firenze è impegnata in guerra, soprattutto

contro Pisa, vede l’aspetto della penna e della spada: quali errori e perché i fiorentini hanno

commesso.

Ci sono alcune piccole potenze in Italia che si fronteggiano, disprezzate da Machiavelli, talvolta la

stessa Firenze. Il suo nemico ideologico sarà Venezia. Osserva bene le loro tattiche in guerra, la loro

politica estera e interna e si accorge che le città italiane sono abbastanza prospere, Venezia si sta

arricchendo in modo eccessivo tramite i commerci, sta diventando una capitale della dissolutezza.

C’è un problema che viene dal nord Europa però, infatti la Francia minaccia di invadere l’intera

penisola. Per lui bisognerebbe smettersi di combattere internamente all’Italia e di volgersi verso

nemici seri, quelli europei.

Epoca storica: fine del Medioevo, quel poco che è rimasto è scomparso, cambiano una serie di costanti

che prima erano ritenute immutabili.

Nella sua esperienza diplomatica a Firenze avrà esperienze importanti: presso Cesare Borgia, 1502 a

Senigallia. Qui deve negoziare con dei mercenari che gli sono rivali. In uno dei vari negoziati con

eserciti nemici Borgia organizza un’assemblea con i capi delle principali compagnie di ventura,

chiude le porte e li uccide tutti. Machiavelli ne rimane folgorato, apprendendo che le compagnie di

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ventura sono non una risorsa, ingenui, non si difendono: quindi mai fidarsi delle compagnie di

ventura.

Machiavelli poi è chiamato a organizzare dove si trovano i soldati (Pisa). Qui fa una cosa originale:

nel 1502 fa un’ordinanza che obbliga i contadini a diventare soldati, una leva obbligatoria. Secondo

lui è la soluzione ideale per creare un esercito. Nella sua visione la divisione della società è in 3 classi:

nobili (che detesta), ceto medio (simpatizzante, che organizza la città), contadini.

La sua città vive una tensione latente, perenne, come tutte: afferma che in questa tensione si genera

una sorta di capitale politico, bisogna evitare che una di queste classi domini sulle altre: dove

dominano i nobili c’è prevalenza e corruzione, il ceto medio anche tende ad arricchirsi, ma se

facciamo combattere i contadini ci ringrazieranno per questa scelta. In questo modo il contadino potrà

tutelare il proprio interesse. Clima di conflitto politico internazionale e interno.

Temi di fondo.

Rapporto Stato-guerra: simbiotico. Le due cose sono gemelle, non c’è stato senza guerra. Lo stato

nasce con una guerra e di guerra si alimenta. La visione hobbesiana è diversa: lo stato serve a

preservare la pace e farci uscire dallo stato di natura. Ma per Machiavelli la guerra è sempre presente,

quindi il politico deve saper fare la guerra.

Rapporto Stato-società: cittadino in armi. I soldati sono di professione o solo in alcuni momenti, in

brevi periodi? Per Machiavelli ogni cittadino è soldato e tutti quelli che combattono sono quindi

cittadini. Modello di cittadini in armi. Stato-armi-guerra sono quindi la stessa cosa.

Enfasi su fanteria: battaglia decisiva. L’esercito migliore si fonda sulla fanteria, soldati armati alla

leggera, uno a fianco all’altro. Gli eserciti devono essere fatti di uomini, le armi contano poco. La

fanteria deve cercare di combattere eroicamente e raggiungere la battaglia decisiva, il culmine della

violenza. In ogni caso la guerra si realizza in un’epica battaglia definitiva.

Opere. La sua visione preferita di politica si trova nei discorsi.

Il principe. Opera di cassetta, manualetto per rientrare al potere. Cosa fare per diventare nuovo

sovrano scalzando chi c’è già?

Su quali fondamenta si basa il potere del Principe?

Il principe deve dotarsi di buone armi e buone leggi. Il Principe per conquistare il potere deve farlo

con la forza, utilizzando le armi, che sono 3:

- Mercenari, che hanno vantaggi (li paghi solo se ti servono). Ma c’è un grosso problema: i

mercenari quando devono combattere, se trovano un altro cliente, combattono al suo fianco.

Inoltre l’utilizzo di mercenari impedisce al sovrano di rendere i propri cittadini virtuosi.

Quindi il Principe che si affida ai mercenari diventa pigro, invece deve essere un bravo

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condottiero. Quindi non vanno bene, per questioni pratiche e di principio. Ciò porta alla

decadenza e al disinteresse dei cittadini.

- Ausiliarie: truppe date in prestito da altri sovrani, in base a un’alleanza il Principe può

chiedere rinforzo o essere protette. Ma queste dal canto loro creano dipendenza. Se ci si basa

su di loro, il prezzo da pagare è la libertà. Solo se il legittimo proprietario è d’accordo allora

possono essere utili. Anche queste quindi non funzionano di base.

- Proprie: quindi i cittadini non addestrati a fare la guerra, consistono quindi nell’armare i

cittadini. Armare i cittadini significa dare loro la possibilità di essere liberi, le armi sono

strumento di libertà, perché il cittadino armato difende la libertà del proprio stato. I cittadini

in armi difendono loro stessi e la loro classe sociale. Distribuire le armi ai cittadini e dare loro

la libertà. Questa è una cosa bella, perché permette di raggiungere la gloria: così il Principe

potrà essere condottiero in guerra e compiere gesta gloriose.

Visione etica dello Stato.

Buone leggi. Sono quelle che concedono l’utilizzo delle armi, come una generosa elargizione.

Nel momento in cui il sovrano avrà dato le armi, avrà dimostrato che tiene alla libertà delle persone.

Il buon politico deve quindi essere un leader militare. Il buon cittadino sarà un buon soldato. La libertà

non viene garantita da una delega a qualcun altro, ma con le proprie forze e volontà.

Quale politica?

-

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
74 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/06 Storia delle relazioni internazionali

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giuliac91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Studi strategici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Locatelli Andrea.