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PARTE QUARTA – GLI STRUMENTI PER LIMITARE LE GUERRE

CAPITOLO X – IL PEACEKEEPING

Il sistema delle NU è fondato sulla 'sicurezza collettiva', ovvero su quel meccanismo che dovrebbe impedire ad uno Stato di aggredire un altro membro, pena la reazione congiunta da parte della collettività degli Stati.

La consapevolezza che esiste questo meccanismo a garanzia di tutti gli Stati dovrebbe avere effetto di deterrenza su coloro che vorrebbero sovvertire l'ordine internazionale facendo ricorso alla violenza. In questo caso, la collettività degli Stati dovrebbe intervenire, su mandato ONU, per punire l'aggressore e ristabilire lo status quo. Questo meccanismo è illusorio, poiché gli Stati membri hanno posizioni così divergenti che organizzare azioni congiuntamente è piuttosto difficoltoso.

In particolare, se sono coinvolti i membri del Consiglio di Sicurezza, che con il loro veto possono bloccare qualsiasi iniziativa, la

La probabilità di organizzare azioni collettive che stabiliscano la situazione è praticamente nulla. I difetti strutturali del sistema di sicurezza collettiva dimostrano quanto sia necessario disporre di strumenti che consentano alla Comunità Internazionale, almeno di limitare gli effetti delle guerre fra Stati. Il peacekeeping è uno di questi (pochi) strumenti.

La pace che segue la fine delle ostilità o la loro sospensione può dover essere garantita da una forza militare terza, neutrale, composta da soldati di Paesi che non hanno interessi immediati in gioco nel conflitto appena concluso. Questa forza si interpone tra i belligeranti in modo che le ostilità non possano riprendere a causa di incidenti, o per provocazione, e controlla che non ci siano altre violazioni della tregua o cessate il fuoco. Essa può facilitare il ritorno dei civili alle loro abitazioni e/o fornire loro assistenza e aiuto e contribuire all'opera di bonifica.

degli ordigni inesplosi. Il peacekeeping è un fenomeno relativamente recente dell'era moderna. È dalla Società delle Nazioni in poi che il peacekeeping è divenuto la principale attività delle Organizzazioni Internazionali. La base legale per le operazioni di peacekeeping ONU è costituita da ben tre capitoli della carta: VI, VII, VIII. Il peacekeeping di prima generazione si può definire come: "un'attività intrapresa da attori militari e/o civili, che operino in modo imparziale e neutrale, con il consenso delle parti e facciano ricorso alla forza solo per autodifesa". I tre principi base del peacekeeping di prima generazione, ovvero, quello più 'tradizionale' sono: 1. Consenso delle parti; 2. Imparzialità; 3. Non-uso della forza, eccetto che per l'autodifesa o la difesa del mandato. In realtà, i compiti dei peacekeepers (= caschi blu) sono cresciuti enormemente. Allo stesso modo,

Il termine generico ‘peacekeeping’ si applica a una moltitudine di fenomeni. La NATO parla ora di ‘operazioni a supporto della pace’ (PSO = Peace Support Operations) per indicare come qualsiasi attività che possa servire a migliorare le condizioni di ‘pace’ dell’area in questione potrebbe essere inserita fra i compiti affidati ai caschi blu. L’UE preferisce invece il termine State-Building, ponendo l’enfasi sulla ricostruzione delle ‘istituzioni’. L’UE tende a schierare meno soldati e più forze dell’ordine (in rapporto alla popolazione locale) nelle sue missioni. In generale l’approccio UE è più vicino a quello dell’ONU che a quello della NATO, nonostante molti membri dell’Unione siano anche nell’Alleanza Atlantica. Attualmente, allo scopo di mantenere la pace, le NU possono impegnarsi nelle seguenti operazioni: Prevenzione dei conflitti = attività diplomatica

preventiva e misure per ristabilire la fiducia reciproca (confidence-building measures); Peacemaking = sono misure (prevalentemente diplomatiche) per la soluzione di uno conflitto in corso; Peacekeeping = con molte varianti, è la funzione di mantenimento della pace pero quanto essa possa essere fragile; prevede l'intervento di forze militari, di polizia ecivili; Peace Enforcement = implica il ricorso a misure coercitive, previa autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, per imporre la pace alle parti in conflitto; Peace Building = sono tutte le misure necessarie da prendere per evitare una ripresa del conflitto e per la stabilizzazione definitiva della zona di guerra. E' evidente come il peacekeeping appartenga a quella zona grigia fra la pace tout court e la guerra combattuta, quando le ostilità sono sospese, ma il processo di ritorno alla normalità è ancora in corso e nuove esplosioni di violenza sono sempre possibili. Il Pentagono classifica

questa ‘zona grigia’ come ‘operazioni militari diverse dalla guerra’, che oltre al peacekeeping nelle sue varie forme possono essere operazioni anti-insurrezione, anti-narcotici e contro-terrorismo. E’ recente la decisione del Dipartimento della Difesa USA di unificare tutte queste diverse operazioni, che comunque prevedono l’impiego della forza militare, nella nuova categoria delle “guerre irregolari” Il maggior numero di perdite fra i caschi blu in seguito ad azioni ostili dal ’90 a oggi sembra giustificare la posizione americana. Appare infine evidente come il processo decisionale sull’impiego della forza militare in queste operazioni (che comporta inevitabilmente la possibilità che la violenza possa effettivamente esplodere), debba in ogni caso tenere ben presente la teoria clausewitziana. Le osservazioni di Clausewitz sul corretto processo (decisionale) che dovrebbe precedere l’utilizzo della forza militare

trovano applicazione anche qui. I caschi blu vedono da tempo crescere gli incarichi da portare a termine, a fronte dell'aumento di personale e risorse finanziarie quantomeno inadeguato. Maggiori aspettative nel Consiglio di Sicurezza, fra i leader politici, nell'opinione pubblica mondiale e fra le popolazioni da assistere, fanno seguito al crescere degli incarichi. Aspettative inevitabilmente destinate ad andare deluse a causa di due importanti fenomeni contemporanei:
  1. Capability-Expectations gap;
  2. 'militarizzazione' della politica estera dei Paesi democratici;
Il primo fenomeno si manifesta nel momento in cui, mentre il Consiglio di Sicurezza adotta Risoluzioni di ampio respiro che mirano alla soluzione definitiva delle crisi, creando così molte aspettative nel raggiungimento di obiettivi immediati, gli Stati membri dell'ONU limitano risorse materiali e investimenti per i peace-keepers. Il secondo indica la tendenza dei Paesi democratici a

‘militarizzare’ la propria politica estera, a ragione del fatto che l’inviodi forze militari in funzione di peacekeeping diventa la manifestazione più visibile della loropolitica estera.Pur essendo operazioni di pace, l’impiego dello strumento militare disattende la tradizionalecautela nell’uso di quest’ultimo che Clausewitz raccomanda. Come osserva il Generalebritannico Rupert Smith: “Oggi la forza militare è considerata una soluzione, o parte di essa,per un ampio spettro di problemi per i quali non era stata pensata o strutturata in origine”.

10.1 EVOLUZIONE DEL PEACEKEEPING

Il peacekeeping è un’attività svolta da forze militari e/o civili che ha origini relativamenterecenti, nell’era moderna.Il ruolo assunto da una potenza militare può quindi essere di alleato (proprio o del nemico) oneutrale, ovvero, estraneo al conflitto.Con la nascita e la diffusione degli Stati-Nazione si allarga anche

alla minaccia della guerra e alla necessità di mantenere la pace tra gli Stati. Il principio alla base della sicurezza collettiva è che la sicurezza di uno Stato è responsabilità di tutti gli altri Stati membri dell'organizzazione internazionale. Il peacekeeping, invece, si sviluppa come una risposta pratica all'impossibilità di realizzare pienamente il concetto di sicurezza collettiva. Consiste nell'invio di truppe militari o civili neutre da parte di organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, per monitorare e mantenere la pace in zone di conflitto o post-conflitto. Con la fine della Guerra Fredda e la conseguente diminuzione delle tensioni tra le grandi potenze, il peacekeeping ha subito un'evoluzione significativa. Non si trattava più solo di monitorare e mantenere la pace tra gli Stati, ma anche di intervenire per proteggere i diritti umani e prevenire i conflitti interni. Le ragioni umanitarie sono diventate sempre più importanti nella società internazionale, spingendo le organizzazioni internazionali a intervenire in situazioni di crisi umanitarie, come genocidi, pulizie etniche o violazioni dei diritti umani. In conclusione, la zona grigia tra guerra e pace è caratterizzata dall'intervento di una terza parte neutrale e in grado di difendersi, che contribuisce al rafforzamento della pace. Le linee guida del peacekeeping includono la responsabilità delle grandi potenze nel mantenere la pace, il concetto di sicurezza collettiva e l'importanza delle ragioni umanitarie nella società internazionale. La nascita delle Nazioni Unite e la fine della Guerra Fredda sono stati momenti cruciali per l'evoluzione del peacekeeping.

Al dilemma della sicurezza nel sistema internazionale, gli Stati devono provvedere alla propria difesa individualmente, cercando di mantenere l'equilibrio di potenza con gli altri Stati. Un sistema di sicurezza collettiva prevede istituzioni comuni che mantengano il controllo della situazione di pace, e il Concerto Europeo, dopo il Congresso di Vienna, e la Società delle Nazioni sono fra i primi esempi di "co-gestione" delle crisi che hanno fatto ricorso a interventi di "quasi-peacekeeping" che possano sanzionare chi violi quest'ultima, legittimando eventualmente il ricorso alla forza con la finalità di ristabilire lo status quo.

Nonostante le premesse, la gestione della sicurezza collettiva da parte dell'ONU è deludente. Solo in due circostanze si ricorre al Capitolo VII della Carta, che prevede l'uso della forza: nel 1950-'53 per la Guerra di Corea e nel '90-'91 per...

L'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq. I casi in cui l'ONU impone sanzioni sono più numerosi, ma l'attività del Consiglio di Sicurezza, che è l'organo competente, viene più volte paralizzata dai veti incrociati dei cinque membri permanenti.

La fine della Guerra Fredda e della lotta ideologica fra Occidente e Blocco Sovietico sembra aprire una nuova era di collaborazione e quindi sembra presagire l'effettiva creazione di un regime di Sicurezza Collettiva. Ma interessi divergenti permangono e ne limitano lo spettro.

Cresce la frequenza con cui si fa ricorso alla legittimazione ONU per operazioni di pace. L'ONU oggi non è più in grado di gestire direttamente molte operazioni. L'esigenza di intervento di terze parti è già evidente durante la Guerra Fredda e porta allo sviluppo della seconda generazione di peacekeeping. Questa seconda generazione di peacekeeping comprende le operazioni di peacekeeping.

multilaterali che si svolgono al di fuori del sistema

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
109 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sprint Notes di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Studi strategici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Parsi Vittorio Emanuele.