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PROCESSO DI SEGMENTAZIONE IN BASE ALLA CLIENTELA
9. DELLE PMI
È possibile individuare 4 modelli sulla base di 2 variabili
-il grado di approfondimento dell’analisi del mercato delle imprese servite
- il grado di approfondimento dell’analisi del mercato dei servizi offerti. Dunque vi sono:
MODELLO DI SEGMENTAZIONE POVERO
1.
si caratterizza per un numero limitato di variabili nel processo d’identificazione delle categorie
omogenee delle imprese. Le variabili sono facilmente analizzabili per cui richiede un basso
investimento, sono poi a carattere quantitativo e mirano ad articolare il portafoglio commerciale
secondo una logica univariata riferita a metodologie di classificazione in rapporto a:
Fatturato
• Al settore merceologico di appartenenza
• All’aera geografica
• Alla tipologia di attività svolta dalle imprese
• MODELLO DI SEGMENTAZIONE DIFENSIVO
2.
Sovrappone al modello di segmentazione povero una griglia di lettura del mercato di tipo product-
oriented. È un modello che si distingue dal precedente modello povero per via dell’individuazione
di un insieme di variabili (che descrivono le ragioni di acquisto dei singoli prodotti) che consente di
organizzare la spinta commerciale su determinate categoria di prodotti. È un processo graduale per
passare a modelli più ricchi.
MODELLO DI SEGMENTAZIONE RICCO
3.
Presenta elementi di innovazione e di discontinuità rispetto ai modelli di tipo povero o
• difensivo. Viene attuato uno studio comportamentale che comporta maggiori oneri ma che
genera maggiori benefici alla clientela.
Si caratterizza per un forte utilizzo di descrizioni comportamentali che qualificano sia il
• comportamento d’acquisto dell’impresa su specifici prodotti, sia il comportamento
aggregato per categorie di bisogni.
Si tratta di variabili aziendali ricavabili dai dati dell’andamento del rapporto
•
-di natura qualitativa comportamentale rilevabili dall’esterno
-di natura soggettiva, grado di soddisfazione
-di natura motivazionale ovvero ragioni che hanno spunto al non utilizzo di categorie finanz.
MODELLO DI SEGMENTAZIONE PROATTIVO/COMPETITIVO questa segmentazione
• consente di completare la matrice prodotti-mercati, con cui la banca si confronta
focalizzando l’attenzione sull’aspetto della descrizione dei mercati serviti e quindi della
tipologia d’impresa con cui la banca sviluppa una relazione
In questo caso vengono tralasciati i criteri di segmentazione (dimensionale, settoriale e
• geografica) privilegiando criteri comportamentali che identificano variabili discriminanti di
lettura della formula imprenditoriale dell’azienda.
LEZIONE 10:
RETAIL BANKING, PRIVATE BANKING E CORPORATE BANKING
RETAIL BANKING: DEFINIZIONE DELL’ATTIVITÀ
1.
Il retail banking fa riferimento all’attività al dettaglio di offerta di prodotti finanziari rivolta ad una
clientela rappresentata da numerosi ma piccoli operatori economici (PMI) e da privati con ridotta
disponibilità finanziaria. È basata sulla raccolta ed impiego di fondi e sull’offerta di servizi di
pagamento. È un attività che svolge un ruolo determinante nel sostegno dell’economia locale per
l’assistenza di piccoli risparmiatori e per l’offerta di servizi finanziari alle famiglie.
Il retail banking si differenzia dal wholesale banking che è un attività al’ingrosso svolta con una
clientela grande (imprese), sono operazioni di taglio elevato.
FATTORI DI SUCCESSO NEL RETAIL BANKING
2.
STANDARD PROCESSI
• STANDARD SERVIZIO
• I principali fattori di successo competitivo nel retail banking sono:
STRATEGIE DI COST LEADERSHIP attraverso la standardizzazione dei processi e dei
servizi (non c’è la necessità della personalizzazione dei servizi). In questo ambito la banca
deve puntare alle economie di scala quindi aumentare i volumi. Molto importante è il costo
dei prodotti per i clienti che diminuiscono all’aumentare degli sportelli.
VICINANZA DELLA BANCA AL CLIENTE attraverso strategie di marketing e tecniche di
vendita efficaci (importante è la comodità d’accesso al servizio) rete distributiva capillare.
EFFICIENZA ED INNOVAZIONE NEI CANALI DI DISTRIBUZIONE la tradizionale rete
degli sportelli è progressivamente integrata dall’electronic banking
SVILUPPO RAPPORTI PERSONALI ED ORIENTAMENTO ALLE RELAZIONI
investimenti nella conoscenza dei clienti (relationship)
ESTERNALIZZAZIONE di molti processi produttivi e distributivi (outsourcing)
SEGMENTAZIONE DELLA CLIENTELA RETAIL
3.
Un’ulteriore segmentazione della clientela retail è tra:
MASS MARKET (famiglie, microimprese) clientela a limitata ricchezza e/o basso reddito
con esigenze finanziarie semplici
RETAIL EVOLUTO (piccoli imprenditori) clientela più abbiente, più ricchezza senza
sfociare nel …
DIVERSIFICAZIONE PRODUTTIVA
4.
Scelta strategica la cui finalità è fidelizzare clientela più interessante. L’importante è l’obiettivo di
maggiori volumi produttivi, tramite l’allargamento della gamma dei prodotti (diversificazione) e
servizi, tale obiettivo costituisce una caratteristica evolutiva. Tuttavia questa diversificazione può
avere effetti negativi quali :
Peggioramento della funzione di costo
Calo di produttività e di motivazione del personale, maggiore complessità gestionale.
Comunque questa strategia che punta al retail banking relazionale (a m/l termine), interessa
solo una fascia di clientela più sofisticata (retail evoluto). Questo processo conviene solo se
all’interno della categoria retail banking c’è una clientela con esigenze più sofisticate al fine di
svolgere un ruolo di cross selling (offerta di più servizi dello stesso cliente)
BANCA RETAIL ha come OBIETTIVO STRATEGICO il mantenimento e sviluppo della
clientela, PROBLEMA CRITICO scelta dei canali di comunicazione, informazione della
clientela. EVOLUZIONE MODELLI STRATEGICO ORGANIZZATIVI
5.
Tradizionalmente esisteva il modello FULLY INTEGRATED BANK che prevedeva:
Diversificazione dei servizi
Utilizzo di una comune rete territoriale (sportelli)
CRITICITÀ MODELLO non si sfruttano a pieno le economie di scala e ci sono limitate economie
di scopo. Per cui si sono ricercati nuovi modelli strategico organizzativi nell’area retail che
prevedessero:
SPECIALIZZAZIONE E OUTSOURCING esternalizzazione processi produttivo/operativi
(outsourcing, per la differenziazione produttiva e per il retail evoluto) e focalizzazione
esclusiva sul singolo prodotto per il mass market (specializzazione)
INNOVAZIONE DI CANALI DISTRIBUTIVI per la diffusione di nuove tecnologie
produttive e distributive meno costose e più efficienti (telefono, internet)
INNOVAZIONE DEI CANALI DISTRIBUTIVI
6.
La dinamica organizzativa del retail banking è caratterizzata da:
Evoluzione dei canali distributivi e del loro mix
Evoluzione dell’organizzazione del lavoro
EVOLUZIONE DEI CANALI DISTRIBUTIVI E DEL LORO MIX le esigenze del
A. retail banking sono:
Avere una rete distributiva capillare
Avere processi produttivi capaci di: standardizzare i servizi, contenere i costi
operativi e gestire routine
La tradizionale rete degli sportelli è progressivamente integrata, dall’electronic banking
(insieme delle operazioni bancarie automatizzate). Sono canali alternativi per abbattere il
costo. EVOLUZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
B.
Il lavoro allo sportello tradizionalmente era caratterizzato da una forte specializzazione delle
mansioni, successivamente per via della necessità di:
Contenere e ridurre i costi operativi
Migliorare la qualità del servizio
Allargare la gamma dei servizi offerti
Ha portato a una semplificazione dello sportello caratterizzato da figure quali:
Operatore unico di sportello ‘70
Consulente titoli ‘80
Consulente globale
Si è quindi avuto un passaggio dal modello di BUROCRAZIA MECCANICA a un modello di
BUROCRAZIA PROFESSIONALE maggiore competenza e professionalità nella gestione della
relazione. L’assetto direzionale per effetto di: decentramento delle attività produttive e maggiore
autonomia decisionale della rete territoriale, hanno portato a una semplificazione del livello centrale
della struttura tramite:
riduzione dei back-office centrali
introduzione di responsabili di segmenti (operatori che hanno competenze specifiche su
questo ambito di clientela)
product manager (soggetti che creano prodotti semplici per questo segmento di clientela)
LE UNITÀ DI PRODUZIONE CENTRALI
•
L’accentramento dei processi produttivi al fine di realizzare economie di scala ha comportato la
formulazione di unità produttive collocabili sotto la supervisione dei responsabili di segmento o del
product-manager
LA FUNZIONE DI MARKETING
•
Lo sportello self-service riduce i momenti di contatto con la clientela, esso viene risolto tramite lo
sviluppo di canali di comunicazione alternativi allo sportello (pubbilicità, mailing, personal selling)
ASSETTO DI GRUPPO
•
Se la diversificazione produttiva avviene per linee esterne (outsourcing) lo sviluppo del retail
banking segue la strada del modello del gruppo bancario.
LEZIONE 11: PRIVATE BANKING
Definizione dell’attività
Riguarda il segmento della clientela privata che dispone di grandi patrimoni e/o cospicui flussi di
reddito (soglia minima 250.000 – 750.000€). La clientela è attenta sia al rendimento che alla qualità
del servizio (personalizzazione del servizio), per cui la professionalità di coloro che gestiscono la
relazione con il cliente è un fattore critico di successo.
Le dimensioni medie di un Private Banking sono molto elevate, permettendogli così di raggiungere
economie di scala. L’attività è quella svolta dagli intermediari mobiliari, concernente:
Offerte di servizi d’investimento;
- Servizio di consulenza finanziaria e fiscale, da parte di banche e società finanziarie.
-
Gli aspetti fondamentali dell’attività sono quindi centralità della clientela e qualità del servizio.
Ruolo del Private Banker
Ruolo chiave è la gestione unitaria e personalizzata della relazione con la clientela. Obiettivo
fondamentale del business è la fidelizzazione reciproca di clientela e private banker, per
raggiungere l’obiettivo temporale assunto dalla banca, ossia un rapporto di lungo termine (> 20
anni).
Modelli organizzativi di base
Il private banker ha innanzitutto una funzione globale, concernente la gestione della relazione e la
gestione patrimoniale, olt