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FRAMMENTO D’UNA BIOGRAFIA DI PRIMATTRICE

Tra il 1880 e il 1885 la Duse esce dalla routine teatrale dei guitti e costruisce, con la collaborazione del marito una

moderna immagine di primattrice. Al termine dei 5 anni la distrugge senza ripensamenti.

IL MATRIMONIO: dopo l’infanzia misera di figlia d’arte, la Duse aveva continuato a vagare di compagnia in compagnia

insieme al padre (Alessandro Vincenzo).

Seguendo quella corrente che sembrava innalzare naturalmente le giovanissime figlie d’arte, la Duse salì la scala dei

grandi ruoli e approdò infine al Teatro dei Fiorentini di Napoli nel ’79, nella compagnia di Giovanni Emanuel, dove

primadonna era Giacinta Pezzana. Il 1879 portò alla Duse un buon successo con la Pezzana nella “Teresa Rasquin” di Zola.

L’anno successivo, la Duse entrò nella compagnia di Cesare Rossi, nella quale rimase fino al 1887, anno in cui fonda una

compagnia indipendente. Il 7 settembre del 1881, in avanzato stato di gravidanza, sposa a Firenze Tebaldo Marchetti, in

arte Checchi. Marchetti protegge economicamente e amministrativamente la Duse fin da quando inizia a lavorare nella

compagnia di Rossi

IL CAPOCOMICO E LA COMPAGNIA: Alle spalle della Duse in ascesa c’è, dunque, il binomio Rossi-Marchetti: il capocomico

e il marito-manager. Gerardo Guerrieri scisse che “la lotta tra Rossi e la Duse è fra le più drammatiche da vedere: è la lotta

tra conservazione e rivolta, tra commedie italiane pacate e drammi francesi furibondi. È una lotta impari, perché la forza

irrazionale della Duse e la presa e il fascino che esercita sul pubblico privano di autorità Rossi, tutto quel che fa appare

vecchio, e nei lunghi periodi in cui lei s’ammala e non recita il teatro si svuota.” L’arrivo della Duse nella compagnia Rossi

porta a uno svecchiamento del repertorio e porta a un repertorio che privilegia l primadonna.

Quando la Duse annuncia pubblicamente la propria scrittura con Rossi, il 3 gennaio 1880, l’Arte Drammatica, giudica

l’avvenimento conveniente tanto per la compagnia quanto per la Duse, che veniva a trovarsi in una delle maggiori

formazioni italiane.

Quando la Pezzana abbandona la compagnia, Rossi decide di affiancare alla Duse altre due giovani attrici: Teresina

Leigheb (presto sostituita da Celeste Paladini) e Claudia Lichi. La compagnia, con tre giovani attrici col diritto alle prime

parti, senza nessuna vera e propria primadonna, diventa un organismo molto particolare, con una situazione interna ricca

di prospettive. Può stimolare la crescita tramite la competizione, ma anche trasformarsi in un focolaio di liti e

risentimenti. È seguita con interessi dagli altri attori e capocomici. L’Arte Drammatica nutre viva curiosità per questo

esperimento, ma non manca di ricordare severamente la necessità di rispettare i diritti e i doveri del ruolo.

Rossi vide con stupore la Duse rivelarsi un investimento più redditizio del previsto. L’8 aprile interpreta “La principessa di

Bagdad” a Venezia. È il successo di una serata. Nel dicembre del 1881 Rasi, a Torino, la vede ne “Le nostre bimbe” (di

Byron). Il 22 febbraio 1882, giunge a Torino la Bernhardt. A marzo iniziano i grandi successi della Duse.

IL MARITO: Per molti versi fu proprio ciò di cui l’esistenza disordinata della Duse sembrava aver bisogno: un manager. Del

resto pare che fu Cesare Rossi a consigliare all’attrice di sposarlo. In realtà Checchi non fu solo un grande gestore della

carriera della moglie: fu attore di stile moderno, giornalista, scrittore, faceva traduzioni dal francese e scriveva qualche

pièce. Si assunse subito il ruolo di agente per la moglie: si muoveva a suo agio tra i giornalisti e aveva idee precise su come

bisognasse preparare il pubblico e la stampa di una città. Sollecitava la moglie a rimanere in disparte, a coltivare

l’immagine di una donna dedita solo all’arte. Seppe creare un’industria domestica e teatrale di grande efficacia.

Gran parte dell’importanza e dell’influenza che la Duse eserciterà in Italia nel corso della sua intera esistenza deriva dal

periodo che va fra il 1882 e il 1890 circa, dagli anni della sua rivelazione fino all’inizio delle grandi tournèe.

GIACINTA PEZZANA: Nel 1879 la Duse era venuta in contatto con una delle più grandi attrici del momento, Giacinta

Pezzana. Quando, in questo anno, la Duse (ventenne) fu scrittura come primattrice giovane nella compagnia stabile “dei

Fiorentini”, diretta da Giovanni Emanuel a Napoli, la Pezzana era la primadonna. Nel 1879 “Teresa Rasquin” fu l’unico

successo della compagnia, e la Pezzana ottenne grande successo soprattutto per la scelta coraggiosa di interpretare, non

ancora quarantenne, un personaggio di vecchia. Questa attrice aiutò materialmente e psicologicamente la Duse.

Sappiamo da Tebaldo Checchi che la Duse, nel 1885, parecchi anni dopo la fine della collaborazione con la Pezzana aveva

ancora per la più anziana compagna una vera venerazione, e risentiva della sua influenza.

SCENE D’ANNUNZIO-DUSE

ELEONORA DUSE NELLA PUPILLA DI D’ANNUNZIO: Nel 1901 apparve la monografia di Luigi Rasi “La Duse”, un libro serio

composto da uno studioso di teatro. Eppure la sua fisionomia fu condizionata dal romanzo “Il Fuoco”, pubblicato da

Treves nel marzo del 1900, dove la Duse è clamorosamente protagonista, sotto il nome di Foscarina. D’Annunzio

raccontava di una storia privata, del peso del mestiere d’attore visto fuori scena. Rasi, invece fissava la Duse a teatro e la

esamina come poteva farlo un migliorista, sottolineandone i meriti e sfiorandone le colpe.

Con la lunga rievocazione di Foscarina si fa strada quasi a forza nel romanzo un altro teatro che è miseria e squallore. Ma

è anche un mondo inarrestabile e possessivo. “Il fuoco” e l’erotismo di d’Annunzio hanno rafforzato l’idea di una Duse

abbandonata, lacerata da un rapporto amoroso disperato. Ma le lettere che ella scrisse, e che sono conservate al

Vittoriale, ci parlano in modo diverso. All’apparire del romanzo ella sembra essersi sentita tradita: s’aspettava un’opera

incentrata sull’amore del poeta per Donatella Arvale (nella realtà Giulietta Gordigiani). Adesso si ritrovava a essere

personaggio centrale, all’interno di una storia diversa: quella di una tensione tra una relazione con una donna “vecchia” e

il desiderio di una giovane. Tuttavia, ella continuava a esercitare nei confronti di D’Annunzio un ruolo di guida: lo

ammonisce, lo esorta al lavoro, lo richiama. Malgrado il dolore, di cui ci resta traccia in alcune lettere sconnesse, l’attrice

superò il tornante d’Annunzio. Il poeta, invece, continuò tutta la vita a venerare, a temere l’amore, lo sguardo, la parola

della Duse. Allo stesso modo, le tracce che ella lasciò sull’opera di d’Annunzio sembrano ben maggiori di quelle ch’egli

lasciò sull’arte dell’attrice.

IL PROGETTO TEATRALE DANNUNZIANO: Alla base della loro collaborazione vi fu il desiderio di voltar le spalle a ogni idea

di riforma per una distruzione e una ricostruzione complete. A cominciare dall’edificio teatrale: che doveva essere

costruito all’aperto, sulle rive del lago di Albiano. La produzione teatrale di d’Annunzio iniziò nel 1896, dopo l’incontro con

la Duse: nei 7 anni passati con lei, produsse 8 drammi. Egli comprende subito di non aver bisogno di buone compagnie

capaci di mettere in scena i suoi testi, ma di nuovi spettatori e di nuovi attori: di un nuovo modo di far teatro. D’Annunzio

ne è cosciente: scrive per un teatro ancora da edificare, per attori e per un pubblico che devono essere inventati.

La scrittura teatrale di d’Annunzio è dunque la base di un progetto di rinnovamento totale. Questo discorso è valido solo

per la prima parte della sua opera teatrale: per gli anni della collaborazione con Eleonora Duse, dal 1896 al 1904. Dopo la

loro separazione, d’Annunzio continuò spesso a occuparsi attivamente delle proprie messinscene: ma la differenza tra

questo secondo periodo e quello dusiano è quella che intercorre tra la creazione di singoli spettacoli eccezionali e

l’originario tentativo di immaginare un intero contesto teatrale d’eccezione. In realtà si tratta solo di un abbozzo di

progetto, perché non troverà mai realizzazione.

D’Annunzio sembra trovare nella Duse qualcosa di più dell’interprete ideale, sembra vedere nella sua recitazione la realtà

naturale di certi nodi emotivi che egli poi cerca di ricreare col teatro di poesia, con personaggi complicati, con la nuova

tragedia, con messinscene innovative. La Duse, da parte sua, sembra vedere nelle teorie, negli interessi e nella

drammaturgia di d’Annunzio l’esplicitazione delle tendenze e dei bisogni del suo cammino nel teatro.

LA TOURNÈE DI FINE SECOLO: Nel 189 la Duse si unì a Ermete Zacconi per una tournèe di qualche mese. Il fine era quello

di imporre un repertorio nuovo, italiano e in particolare due nuovi drammi di d’Annunzio ( La Gloria e La Gioconda). Ma

con “La Gloria” conobbero l’esperienza di essere fischiati. Inoltre ci furono delle proteste per l’eccessiva dedizione

all’opera di d’Annunzio. La loro breve alleanza (L’Unione) era un fatto così importante dal punto di vista dell’arte e così

clamoroso dal punto di vista commerciale, che non si poteva non discuterne a fondo il fine dichiarato.

Zacconi ha descritto le condizioni del patto: tutti gli attori erano della sua compagnia e gli utili, detratte le paghe e le

spese, dovevano essere divisi al 50% tra sé stesso e la Duse. Ma i drammi di d’Annunzio al pubblico non piacciono.

Il 29 aprile 1899 la prima pagine de “L’Arte Drammatica” è riempita da una lettera di d’Annunzio. “La Tribuna” aveva

riportato qualche giorno prima con commenti molto negativi un’affermazione della Duse dalla quale appariva l’intenzione

sua e di Zacconi di recitare, a Napoli, esclusivamente le nuove opere del poeta. La notizia aveva suscitato unanime

scontento. Ma d’Annunzio puntualizza: la Duse e Zacconi si sono mossi per sperimentare un repertorio italiano, non il suo

solo teatro. Inoltre ricorda di passaggio come per lui si fosse mossa anche Sarah Bernhardt. Nello stesso numero appare

anche la risposta del direttore che ripiega su posizioni conciliative e su dichiarazioni di immutata stima.

Dei testi dannunziani, solo “La Gloria” sparirà del tutto. Gli altri avranno accoglienze sempre tormentate, ma spesso,

drammi caduti anche clamorosamente alla prima, vengono poi ben accolti in altre città, come “La Francesca da Rimini”.

La brevissima vicenda dell’Unione si concluse alla fine di maggio con un articolo trionfale de “L’Arte

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
9 pagine
5 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Enze di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del teatro e dello spettacolo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Pietrini Sandra.