vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Ecco allora che Pantalone abbandona le sue ridicole manie e assume la professione di mercante
anziano; Brighella e Arlecchino si sciolgono dai convenzionali manichini di servi buffoneschi e
acquistano di nuovo un nome e cognome e cosi via.
Anche dopo gli anni della riforma, l'offerta della commedia nuova goldoniana convive con le forme
care al repertorio della commedia dell'arte, in un quadro di proposte spettacolari dominato dalla
tragicommedia.
Per Goldoni la scena deve contenere, per attrarre l'attenzione del pubblico, caratteri e situazioni
facilmente comprensibili e comuni e allora pur evitando le deformazioni grottesche, punta sui
caratteri più marcati, sulle deviazioni dalla misura psicologica media, sui vizi più spettacolari.
Qualunque espediente teatrale viene comunque adeguato al metro di ragionevolezza e buon senso
che è proprio del razionalismo goldoniano nella fase riformatrice. Ciò significa anche l'esclusione
degli argomenti straordinari, delle passioni violente.
Gli attori erano i portatori più fedeli della tradizione dell'arte e perciò meno inclini ad accettare il
rigido controllo operato dallo scrittore sul testo. La scrittura integrale del copione per essi significò
la regolamentazione di gran parte di quelle improvvisazioni che avevano fatto la loro fortuna in
passato.
Elaborando la lingua delle sue commedie, Goldoni trascura il fine espressivo e più propriamente
poetico, a vantaggio della comunicazione. Egli dispone di un solo linguaggio che permette di
compensare l'assenza di una lingua di conversazione italiana: un linguaggio che giunge a lui e al
suo tempo per il tramite dell'oralità più viva, seppur formalizzata, degli attori. È questo il linguaggio
“improvviso” della commedia dell'arte.
In parallelo con la riforma delle maschere Goldoni seleziona il materiale linguistico escludendo
quello più fiorito, di stampo barocco. Privilegia invece tutto quello che la lingua in uso nel teatro
all'improvviso contiene di spontaneo e di colloquiale, cercando di conservare la battuta che
identifica l'azione e il parlato, esprimendo il transitorio e il contingente della vita quotidiana, il
fluire della realtà. Goldoni sente l'esigente di una lingua che sia espressione di rapporti
interpersonali e di psicologie sociali: rifonda perciò il dialogo improvviso secondo i valori del
razionale, utilizzando il dialetto.
L'uso del veneziano nasce in contrapposizione ai dialetti stereotipati delle maschere.
Nell'arte e nella lingua di Goldoni si consuma la morte delle maschere ma è una morte che conserva
la parte vitale del messaggio effimero dell'improvviso.
Da Venezia a Parigi. Storia di un genio prudente
Dall'apprendistato al professionismo (1729-1743)
Al 1734 risalgono l'incontro con la compagnia di Giuseppe Imer, capocomico del teatro veneziano
di San Samuele, e il contratto con il nobile Grimani, proprietario della sala. A partire dal 38 l'attività
di Goldoni comincia ad orientarsi verso la commedia, lasciando in secondo piano gli altri generi,
ma solo dal 43 presenta la prima commedia scritta La donna di garbo.
Nato a Venezia il 25 Febbraio 1707, Carlo trascorse un'infanzia movimentata, diviso tra la madre e
il padre. Nel 1720 frequenta i corsi di filosofia presso i Domenicani di Rimini, dove avrebbe letto
molti classici del teatro. Ques te informazioni tratte dai memories hanno l'intento di valorizzare il
romanzo di formazione dell'artista da giovane. Studia giurisprudenza al collegio Ghislieri di Pavia.
Tra Pavia e Chioggia allargò molto le sue letture con opere francesi, inglesi, spagnole e italiane, tra
le quali G ama sottolineare la Mandragola e le commedie di Giacinto Andrea Cicognini. Comincia
a comporre alcune poesie di vario metro. Di queste opere basti dire che nate e cresciute con il
favore dell'occasione e dell'eclettismo, testimoniano una cultura poetica disordinata e superficiale.
L'anno teatrale 29 30 vede mettere in scena le prime opere comiche come Il buon padre e La
cantrice.
Per ragioni personali, un intrigo amoroso deve fuggire a Milano dove è assunto come segretario dal
Ministro Residente di Venezia, Orazio Bartolini, dal quale si licenzierà nel 1734. frequenta i salotti
e gli ambienti artistici milanesi senza dimenticare l'attività teatrale. Perduto l'impegno con il
Bartolini, Goldoni incontra, nell'estate del 34 a Verona, il capocomico Giuseppe Imer, ne diventa
amico tanto da seguirlo a Venezia, dove firma un contratto con il Grimani, impresario dell'Imer al
teatro San Samuele. Qui esordisce con quel testo che, accompagnato dall'intermezzo della Pupilla, è
portato al successo dal primo amoroso Antonio Vitalba. Il testo è il Belisario.
Al successo del Belisario Goldoni fece seguire un'altra tragedia Rosmonda e poi la Griselda.
A Venezia Goldoni rimarrà come autore comico fino al 1743 con parentesi di alcune tournée come
quella di Genova dove conosce e sposa Nicoletta Connio.
Dal 1734 al 1738 i rapporti con il pubblico e con gli attori diventano dunque continui e regolari,
anche se la produzione dei testi impegnata con grande eclettismo in tragicommedie, melodrammi
seri o giocosi, intermezzi, trascura per ora la commedia che sarà decisamente affrontata solo nel 38.
Le tragedie, le tragicommedie e i melodrammi seri dimostrano più che l'interesse dello scrittore per
i temi relativi alla moralizzazione del costume letterario e teatrale, la sua attenzione alle ragioni
commerciali a cui lo sollecitava il lavoro per i teatri di Grimani. Le tragedie (1734-1738) erano
spesso adattamenti e sistemazioni di opere già note come scenari, come romanzi o come
melodrammi. Nel 1740 compone Gustavo primo re di Svezia, il primo libretto tutto suo nel genere
alto, con musiche di Galuppi. Negli allestimenti di questi anni, Goldoni avrebbe avuto funzioni oggi
attribuibili a un regista e a un direttore di scena, impregnato a prestare meno ascolto alla musica e
più all'intreccio, alla verità.
Mentre la tragicommedia e l'intermezzo erano stati i generi d'esordio di Goldoni, intorno al 40, la
polimorfia artistica di G si stava esercitando in un sensazionale spettro di occasioni spettacolari:
dalla cantata alla serenata, dal dramma serio alla tragedia. Il ricorso a argomenti di largo consumo
già rivela la versione militante che Go volle interpretare dello scrittore di teatro, ben differenziato
dagli accademici dell'Arcadia.
Tutta la nobilitazione dei temi più popolari avveniva senza una vera e propria preoccupazione per la
lingua e per il verso; accanto a un uso malcerto dei metri, è stato rilevato un linguaggio talvolta trito
e talvolta declamato.
Nella composizione degli intermezzi giocosi per la musica, la stessa brevità delle operine e i temi
trattati lasciavano maggiore libertà all'autore rispetto alle regole della tradizione tragica e aulica.
Queste operine, originariamente inserite fra gli atti dei melodrammi seri, erano poi penetrate anche
nel teatro di prosa, nella tragedia e nella commedia. Goldoni le collocò in ambienti più concreti e
precisi, specialmente veneziani, connotati da riferimenti alla vita quotidiana e minuta, conservando
comunque la tonalità buffa e concitata. Nella Birba si passa dall'italiano trito dei melodrammi ai
dialetti canonici dell'opera buffa. L'intermezzo gli serve come esercizio sulla parola scritta destinata
al canto e come esercizio sulle regole del gioco comico al loro livello minimo.
Questo genere mantenne un ruolo secondario rispetto alla riforma goldoniana, ma fu il laboratorio
più importante in cui lo scrittore educò la sua lingua e la sua ottica teatrale, partecipando alla
polemica per la rivalutazione della parola, in sintonia con Metastasio e Zeno, contro lo strapotere
dei musicisti e contro i modelli barocchi.
I tratti comici da me di tempo in tempo impiegati negli Intermezzi erano semi che io gettavo nel mio
campo per raccogliervi un giorno frutti maturi e piacevoli.
Già nel 1737, appena tornato da Genova con la giovane moglie, una circostanza esterna induce
Goldoni a tentare la via della commedia: era quello l'anno in cui era approdato alla compagnia Imer
Francesco Golinetti, specializzato nella maschera di Pantalone. La qualità dell'interprete pare siano
state determinanti nello spingere lo scrittore alla composizione di nuovi testi. Per lui Goldoni
compose il Momolo cortesa rappresentato alla fine del 1738 e il Momolo sulla Brenta ai quali fece
proseguire Il mercante fallito. Sono ancora dei canovacci, con la sola parte del protagonista scritta
interamente; la lingua è per metà il veneziano, per metà l'italiano. A causa del malcontento degli
altri attori, come Antonio Sacco (Truffaldino), Goldoni fu costretto a scrivere scenari adatti ad essi
come Le trentadue disgrazie di Truffaldino.
Intanto lo scrittore aveva conservato il suo incarico di drammaturgo per il teatro di San Giovanni
Grisostomo. Cessato questo incarico e nominato console della Repubblica di Geneva (1741-1743) si
trovò a redigere più di cento dispacci settimanali. A causa di imprevisti economici e giudiziari lascia
Venezia e la propria moglie. Intanto aveva scritto La donna di garbo (1743), la prima interamente
distesa, prodotta quasi su misura per una nuova graziosa attrice che era entrata nella compagnia di
Imer, Anna Baccherini. Il testo denota carenze di struttura e toni monocordi rispetto ad altre opere
dello stesso periodo che nella stesura più tarda si giovarono della maggiore esperienza dell'autore e
dell'immissione nel testo di quelle invenzioni che i comici dovettero suggerirgli per le parti che
aveva riservato all'improvvisazione. In questa opera Goldoni dovette pagare l'allontanamento dalla
libertà inventiva del canovaccio con un eccesso di schematismo e rigidità.
In cerca di denaro (1743-1750)
Goldoni insieme alla moglie scende in Toscana: prima a Firenze, poi a Siena e infine a Pisa
(1744-1748). Il Granducato di Toscana non era coinvolto nelle guerre di successione e, grazie a una
rassicurante neutralità, offriva le attrattive di un buongoverno largamente decantato dai
contemporanei.
In Toscana l'avvocato vive una seconda fase di formazione, intrecciando relazioni significative che
lo avvicinano a più moderne visioni del mondo, provenienti dalla cultura inglese e francese.
In questo contesto ebbe modo di misurarsi anche con le idee di quei circoli, particolarmente diffusi
in Toscana: a Pisa venne accolto fra i poeti della Colonia Alfea mentre a Firenze prese parte a una
riunione degli accademici Apatisti. Vivendo in una società elegante e dotata di buona cultura, non
dovette mancare alle frequenti recite di commedie di Girolamo Gigli e del Nelli. Nel frattempo però
a Pisa Goldoni è chiamato a guadagnare il necessario per la