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Copernico e il suo punto di vista
Copernico attribuiva il mutamento del suo punto di vista ad un ritorno umanistico alle fonti antiche. "Avendo pertanto meditato a lungo su questa incertezza della tradizione matematica nel determinare i moti del mondo delle sfere... mi sono assunto il compito di rileggere le opere di tutti i filosofi che fossi in grado di avere... Ho trovato pertanto, come primo risultato, in Cicerone che Iceta aveva intuito che la Terra si muoveva... Prendendo quindi spunto da questo, cominciai anch'io a pensare alla mobilità della Terra".
Nonostante questo, però, il suo termine di confronto fondamentale rimase l'Almagesto di Tolomeo. Né va certo trascurato il fatto che Copernico non fece in pratica nessuna osservazione astronomica e si limitò a reinterpretare gli stessi dati empirici di cui disponevano gli antichi. Benché ammirasse Tolomeo, Copernico riteneva che il suo sistema fosse "un mostro" di complicatezza. Egli mirava
invece alla semplificazione dei calcoli astronomici (ed a questo scopo serviva aver spostato le rispettive posizioni tra Sole e Terra), e soprattutto a ritornare alla purezza dell'astronomia antica. Per questo affermava contro Tolomeo l'intangibilità del dogma dei movimenti circolari uniformi dei pianeti contro l'eresia costituita dall'equante. Il Sole diventava il centro del sistema, anche se di fatto (per "salvare i fenomeni") Copernico era costretto ad assumere il centro di rivoluzione della Terra (che è abbastanza prossimo al Sole) come centro delle rivoluzioni planetarie. Inoltre il Sole non svolgeva nessuna funzione meccanica: illuminava e dava la vita all'universo, ma non era lui che faceva muovere i pianeti. Eppure, nonostante questo, il Sole assumeva nella nuova visione dell'universo le sembianze di Dio visibile (com'era nella tradizione neo-platonica ed ermetica), oggetto di un vero e proprio culto (eliolatria). "Inmezzo atutti sta il Sole. In effetti, chi, in questo tempio bellissimo, potrebbe collocarequeata lampada in un luogo diverso o migliore di quello da cui possa illuminaretutto quanto insieme? … Così certamente, il Sole, come su un trono regale, governala famiglia degli astri che gli sta intorno”.
Nella prospettiva eliocentrica gran parte dei tradizionali problemi astronomicitrovava soluzione. La rotazione diurna della Terra spiegava il sorgere e iltramontare del Sole, dei pianeti e delle stelle fisse. La rivoluzione annua della Terraintorno al Sole spiegava il carattere apparentemente erratico dei movimenti deipianeti, con le loro stazioni e retrogradazioni. Ma nonostante questi progressi,Copernico era costretto ad ammettere che non esisteva nessuna prova astronomicadecisiva a proprio favore e che dal punto di vista ottico non era possibile stabilire sea muoversi era l'osservato o l'osservatore: in pratica i movimenti planetari sispiegavano ugualmente.
ammettendo sia il movimento che la quiete della Terra (principio di relatività astronomica). Fino a Galileo e alle novità rivelate dal telescopio gli astronomi restarono in gran parte tolemaici, o al più aderirono al sistema "misto" di Brahe. La teoria eliocentrica presentava troppi difetti. Oltre a contraddire il senso comune e il testo biblico, c'erano diverse anomalie che non era possibile superare. Due in particolare: 1) se Venere ruotava intorno al Sole, doveva avere le fasi come la Luna; ma questo non risultava all'osservazione ad occhio nudo (fu Galileo con il telescopio a scoprirle); 2) se la Terra ruotava intorno al Sole, il mutamento di prospettiva dell'osservatore terrestre nel corso dell'anno avrebbe dovuto rivelare un angolo di parallasse nelle stelle fisse; cosa che anche in questo caso non risultava all'osservazione. Copernico rispose all'obiezione allontanando la sfera delle stelle fisse (dilantando cioè ledimensioni dell'universo), ma non convinse gli astronomi. Per giunta, nonostante le sue pretese di semplicità, anche lui fu costretto a fare ampio ricorso (per "salvare i fenomeni") a sfere, eccentrici, deferenti ed epicicli. Sul piano fisico, Copernico restava un aristotelico, anche se lo spostamento della Terra nella regione celeste significava, di fatto, la fine dell'universo a due sfere del "De coelo". In particolare egli ammetteva che i corpi pesanti cadevano verso il basso, anche se questo valeva per ogni pianeta e non per il mondo nel suo insieme: in teoria essi avrebbero dovuto infatti gravitare tutti verso il Sole; in realtà cadevano verso il proprio centro di gravità. Nonostante la sua fedeltà alla tradizione, tuttavia, Copernico rompeva decisamente col passato quando spiegava la causa dei movimenti celesti. Dato che la sfera delle stelle fisse, essendo un riflesso apparente della rotazione terrestre, si era fermata,
Copernico non disponeva più di nessun "motore" fisico per mettere in moto le sfere planetarie. Ricorreva allora ad un' spiegazione puramente geometrica: le sfere ruotavano perché erano rotonde; il movimento circolare uniforme era una proprietà intrinseca di ogni corpo sferico. La forma geometrica produceva effetti fisici: nessuno fino ad allora, nemmeno i pitagorici, aveva sostenuto una cosa del genere. La strada alla matematizzazione dell'universo era aperta. 5) Il metodo sperimentale Nell'investigazione della natura gli antichi non avevano certo trascurato l'osservazione e l'esperienza: Aristotele era stato anche sotto questo aspetto un maestro. Poi, soprattutto nel corso del Medioevo, aveva finito per prevalere l'idea che la conoscenza trovasse la sua naturale forma di espressione nel commento dei testi antichi (principio di autorità). Solo lentamente ed a prezzo di notevoli battaglie, tra il Cinquecento ed il Seicento i moderni.riuscirono ad imporre una nuova filosofia della storia (progresso) ed un nuovo modo di considerare la conoscenza scientifica: il metodo sperimentale. Il metodo sperimentale prevedeva in prima istanza il ricorso sistematico ed intensivo all'osservazione e all'esperienza. Non solo quella 'ingenua' affidata ai sensi, ma anche e soprattutto quella basata sull'uso degli strumenti: il telescopio, ovviamente, e subito dopo il microscopio, la pompa pneumatica, il termometro, il barometro, l'orologio di precisione. Questo consentì agli scienziati del Seicento di scoprire una enorme quantità di realtà e fenomeni mai visti prima, spesso assolutamente sorprendenti ed inaspettati: le "novità" celesti di Galileo, le cellule viventi di Hooke, le uova dei mammiferi di De Graaf, i globuli rossi di Swammerdam, i protozoi e gli spermatozoi di Leeuwenhoek. Ma il metodo sperimentale non era però solo questo. La grande novitàLa scienza era costituita dall'introduzione dell'esperimento e dal nuovo rapporto che veniva impostato tra ipotesi ed esperimento. Per cogliere la verità dei fenomeni non bastava osservare, sia pure con l'ausilio degli strumenti. L'esperienza era solo la prima fase di un percorso, che prevedeva in successione la formulazione di un'ipotesi e il suo controllo sperimentale. Solo se l'esperimento (o meglio una serie di esperimenti) riusciva si poteva considerare l'ipotesi come una teoria: una teoria ovviamente provvisoria, sempre suscettibile di venire smentita da altre e più approfondite verifiche.
Grazie all'esperimento lo scienziato riproduceva, nel proprio laboratorio e con strumenti appositamente costruiti, i fenomeni naturali. La natura veniva in questo modo messa al "cimento" dell'esperienza scientifica e costretta a rispondere a precise domande. Spesso l'esperimento istituiva condizioni ideali che non esistevano in natura: il
Vuoto ad esempio. Ma proprio per questo costituiva un metodo di investigazione dalle potenzialità infinite. Per essere significativo l'esperimento richiedeva di essere ripetibile, costante nei risultati, pubblico, confermato da altri scienziati. Un metodo che non solo differiva dall'esperienza aristotelica, ma anche dalle manipolazioni sperimentali di maghi ed alchimisti del Rinascimento, con i quali spesso gli scienziati moderni si erano sentiti in sintonia.
Per esemplificare un modello di metodo sperimentale possiamo prendere un protocollo di laboratorio stilato dall'anatomista Gaspare Aselli, nel quale egli raccontava quello che aveva fatto il 23 luglio 1622. Come aveva fatto Aselli ad arrivare alla scoperta dei vasi chiliferi? Aveva iniziato con l'osservazione: "Mi ero procurato un cane... dovevo sezionarlo vivo... apro l'addome... scorgo sparsi nel mesentere e sugli intestini ad un dipresso come infinite propaggini moltissimi cordoncini."
"sottili e bianchissimi". Lì per lì Aselli aveva pensato che fossero nervi, ma si era subito ricreduto; aveva allora formulato un'ipotesi (che fossero "venelattee") ed aveva impostato un esperimento: "Ritornato in me stesso da queste riflessioni, onde capacitarmi con un esperimento, con un coltello molto appuntito buco uno dei cordoncini...". Esce un liquido bianco, come latte. Segue uno slancio di entusiasmo: "Non potendo contenere la mia gioia, mi volsi ai presenti... ed esclamai: eureka" (De lactibus sive lacteis venis, 1627).
Questo aspetto del metodo sperimentale trovò nel corso della Rivoluzione scientifica ampia applicazione nella filosofia naturale, nella medicina, nelle scienze della vita (biologia, anatomia, zoologia, botanica), nella fisica empirica (ottica, elettricità, magnetismo). Le cosiddette "scienze baconiane". William Harvey dimostrò la circolazione sanguigna (1628); Evangelista
Torricelli scoprì la pressione atmosferica (1644); Francesco Redi verificò che ogni forma di vita può nascere solo da altri organismi viventi (1668); Newton rivelò la natura composita della luce (1672).
Accanto all'osservazione e agli esperimenti, il metodo sperimentale prevedeva però anche un'altra, fondamentale prospettiva di investigazione della natura: la dimostrazione matematica, la deduzione razionale di leggi e di processi di causa-effetto che prescindevano da ogni riscontro empirico. Galileo chiamava queste procedure "certe dimostrazioni", e significativamente le metteva accanto, ma distinte, alle "sensate esperienze". Questo tipo di procedura venne applicato soprattutto alle scienze matematizzate: astronomia e cosmologia, fisica teorica, meccanica e dinamica.
Facendo ricorso alla deduzione matematica lo scienziato poteva prescindere in un certo senso dalla verifica sperimentale. Bastavano i cosiddetti "esperimenti mentali".
ersale di Newton) è una delle scoperte più importanti nella storia della scienza. Questa legge afferma che tutti gli oggetti in caduta libera cadono con la stessa accelerazione, indipendentemente dalla loro massa. Inoltre, la legge afferma che un oggetto in movimento continuerà a muoversi con la stessa velocità, a meno che non venga influenzato da una forza esterna. La legge universale ha avuto un impatto significativo sulla nostra comprensione del mondo fisico. Ha fornito una spiegazione razionale per i fenomeni di caduta dei gravi e ha aperto la strada alla scoperta della gravitazione universale. Questa legge ha anche fornito le basi per lo sviluppo della meccanica classica e ha influenzato molte altre teorie scientifiche. La legge universale è stata dimostrata attraverso numerosi esperimenti e osservazioni nel corso dei secoli. È una delle leggi fondamentali della fisica e viene ancora utilizzata oggi per spiegare il movimento degli oggetti nell'universo. In conclusione, la legge universale è una delle scoperte più importanti nella storia della scienza. Ha fornito una spiegazione razionale per i fenomeni di caduta dei gravi e ha aperto la strada a molte altre scoperte scientifiche. La sua importanza e il suo impatto sulla nostra comprensione del mondo fisico non possono essere sottovalutati.