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Gli storici della scienza hanno a lungo stabilito una netta demarcazione tra conoscenza scientifica e concezioni

magiche, la prima basata su un approccio quantitativo ai fenomeni naturali, la seconda su una visione

qualitativa, vitalistica o animistica della natura e del cosmo.

La magia rinascimentale si fonda su un insieme di concezioni metafisiche e cosmologiche, soprattutto di

carattere neoplatonico. Uno dei più fortunati trattati di magia fu il “Dei modi di acquistare vita dal cielo”

(1489) di Marsilio Ficino, un’opera con finalità mediche che spiega come attrarre influssi celesti benefici.

La magia fu coltivata anche da Paracelso e da molti dei suoi seguaci, che attribuirono i poteri del mago alla

conoscenza dei processi naturali e alla capacità di catturare e utilizzare forze e poteri di origine celeste. Dopo il

Concilio di Trento, la Chiesa romana fu sempre meno disposta a tollerare la magia, in concorrenza nella

tematica dei miracoli e della comunicazione con il mondo soprannaturale.

L’opera di Porta segna il confine fra magia naturale e pratica sperimentale: se nella “Magia naturalis” (1558) vi

sono segreti per realizzare filtri d’amore, veleni, antidoti, crittografie, etc., nella seconda edizione vi è un più

marcato carattere sperimentale, con l’aggiunta di una trattazione sull’ottica.

Per Bacon la magia naturale indaga la natura in maniera puramente empirica, senza un metodo adeguato e

senza collaborazione. La scienza invece dovrà essere basata su un metodo rigoroso e fondarsi sulla

collaborazione di tutti coloro che indagano la natura.

Nell’età elisabettiana (1558-1603), l’Inghilterra raggiunse straordinari risultati in campo economico, culturale e

scientifico. La religione anglicana si affermò stabilmente. Successivamente alla pace con la Francia di

Cateau-Cambresis (1559), si ha una forte crescita economica, basata sulla navigazione e i commerci.

Lo sviluppo delle scienze e delle tecniche promosso da Bacon non aveva solo finalità politiche, ma aveva

anche carattere escatologico. Bacon era infatti convinto che la conoscenza e il dominio della natura di cui

disponeva prima della caduta, e che poi andarono perduti, potessero essere nuovamente acquisiti.

Bacon non si limitò ad indicare la strada della scienza, ma elaborò un sistema di filosofia della natura di

carattere vagamente corpuscolare, basato sulla distinzione tra materia tangibile (passiva) e spiriti (attivi).

Il “De Magnete” (ca 1650) di Gilbert è il primo trattato dedicato all’insieme dei fenomeni magnetici e contiene

una articolata filosofia della natura. Critico della filosofia aristotelica e del principio di autorità, Gilbert indicò

nelle indagini sperimentali la via maestra della scienza.

Gilbert asserì che la Terra fosse un grande magnete dotato di anima, da cui deriva il suo moto diurno. Sostenne

inoltre che fra Luna e Terra sussiste una attrazione magnetica, da cui hanno origine le maree, mentre la gravità

è causata dal magnetismo terrestre. Egli rifiutò la dottrina delle sfere celesti e asserì che l’universo è infinito e

gli spazi tra i corpi celesti sono vuoti.

La filosofia sperimentale ebbe nuovo impulso dai puritani (che tentarono di riformare la Chiesa anglicana fra

fine ‘500 e metà ‘600 dandole un orientamento più calvinistico). Essi credevano che il ritorno di Cristo in Terra

sarebbe durato 1000 anni e al termine del quale ci sarebbe stato il giudizio finale. I puritani credevano nella

rinascita del sapere, nel nuovo dominio dell’uomo sulla natura perduto con la “Caduta di Adamo”.

Contrapponendosi alla filosofia aristotelica, i puritani sostenevano la necessità di fondare la scienza della

natura su basi sperimentale e allo stesso tempo propugnavano le teorie mediche di Paracelso. Il circolo di

riformatori, scienziati e filosofi, si raccolse attorno ad Hartlib.

L’opera di Boyle “Dell’utilità della filosofia sperimentale” (1663) segnala come lo studio della natura

contribuisca alla conoscenza delle opere del Creatore e delle sua saggezza, e costituisca quindi un supporto

fondamentale alla religione cristiana (physico-theology).

Con teologia naturale si intende la concezione per la quale l’esistenza del Creatore è dimostrata attraverso

argomenti tratti dalla ragione e dai sensi, non solo dalla Rivelazione. La conoscenza della natura mostra il

progetto e le finalità presenti in essa e in ogni creatura e di conseguenza contribuisce ad accrescere la fede

nell’esistenza, sapienza e bontà del Creatore.

Le storie naturali rinascimentali, che si ispiravano all’opera di Plinio, includevano lo studio del mondo naturale

nei suoi tre regni: minerale, vegetale e animale. La storia naturale si definisce per la metodologia adottata:

collezionare dati e oggetti, descrivere, classificare.

Bacon nell’”Advancement of Learning” (1605) distingue le storie naturali, che includono anche storia civile e

sacra, che trattano informazioni relative non solo alla natura, ma anche alla natura manipolata dall’uomo; e

filosofia naturale, che indaga le cause dei fenomeni. Le storie naturali raccolgono esperimenti ed esperienze

relative al vento, alla gravità, alla vita e alla morte.

Nel corso del ‘600 le storie naturali di particolari regioni si diffondono, e trattano di flora, fauna, minerali,

clim, usi, costumi e anche descrizione di abitazioni.

Boyle scrisse la “Storia naturale del sangue umano” (1683) e la “Storia generale dell’aria” (1692).

L’idraulica, o scienza delle acque, si sviluppa anzitutto per dare risposta a problemi relativi al corso dei fiumi,

per l’approvigionamento idrico e per la costruzione di fontane nelle ville rinascimentali, ma anche per

recuperare terre al mare, come nei Paesi Bassi (con Stevin).

L’aria dominò invece il ‘600: Torricelli e i successivi esperimenti di Pascal e Boyle dimostrarono non solo che

l’aria è dotata di peso, ma anche che esercita una pressione in tutte le direzioni.

Il controllo delle acque, le opere di bonifica e di drenaggio, la costruzione di canali, interessò soprattutto le

Province Unite e l’Italia del Centro-Nord. Macchine e pompe per il sollevamento dell’acqua furono impiegate

nelle miniere e per opere di drenaggio e bonifica.

A fine ‘500, entra in gioco l’indagine teorico-matematica: Leonardo introdusse nello studio delle acque la

considerazione della velocità che a suo avviso è inversamente proporzionale alla sezione del canale.

Nel 1644, Torricelli eseguì un esperimento notissimo: immerse un tubo contenente mercurio e aperto a una

delle due estremità in una bacinella contenente mercurio. Osservò che la colonna di mercurio scendeva fino a

un dato livello, fermandosi ad una altezza di circa 76 cm. Da questo esperimento, Torricelli trasse due dati:

1. L’aria esercita una pressione sul mercurio contenuto nella bacinella.

2. Lo spazio lasciato libero dal mercurio nel tubo è vuoto.

Si confutano quindi la concezione aristotelica dell’aria come elemento leggero e l’impossibilità di produrre

artificialmente il vuoto.

Stevin è invece il primo, dall’antichità, a dimostrare il principio di Archimede: un corpo immerso in un liquido

riceve una spinta verso l’alto pari al peso del volume del fluido spostato.

Pascal pubblica i primi esperimenti barometrici in “Nuovi esperimenti sul vuoto” (1647), dove è cauto sui

risultati torricelliani, ma condivide il fatto che la parte superiore del tubo sia vuota.

Rifece quindi l’esperimento a 1465 m di altezza e a Clermont, notando che la colonnina di mercurio si ferma

più in basso in montagna, dove quindi ricava che la pressione atmosferica è minore.

Kircher, nella “Musargia universalis” (1650), cerca di confutare la teoria del vuoto nel tubo, inserendovi un

campanello e facendolo suonare da fuori con un magnete, ma si dubita che abbia realizzato davvero ciò. Boyle

nel 1658 progetta uno strumento per produrre la rarefazione dell’aria, l’air-pump, che consiste in un recipiente

di vero e in un apparato per aspirare l’aria. Nell’air-pump, Boyle risvolge l’esperimento torricelliano, notando

che man mano che l’aria è aspirata via, il livello del mercurio scende. Provò così sperimentalmente che l’aria

esercita una pressione.

Boyle osserva inoltre che l’aria rimanente è rarefatta e si dilata per la sua elasticità; espansione è maggiore se si

avvicina l’air-pump ad una fonte di calore.

Perviene dunque, ne “Una difesa della dottrina relativa all’elasticità e peso dell’aria” (1662), a formulare la

legge secondo cui a temperatura costante, la pressione e l’espansione sono in posizione reciproca. Sarà poi il

Mariotte a presentare il principio nella forma di legge fisica P•V=k.

La centralità di Boyle nella scienza sperimentale sta anche nel fatto che fornisce descrizioni minzione degli

esperimenti, che danno al lettore le condizioni per poterli ripetere e verificare. Inoltre stabilisce lo status

privilegiato degli esperimenti, che a dispetto delle teorie non sono soggetti a dispute.

VI – Teorie della materia, chimica e mineralogica: la teoria aristotelica dei quattro elementi è messa in

discussione da Paracelso, che afferma che i corpi naturali sono formati di tre sostanze: sale, zolfo e mercurio.

Nel ‘500 cominciano a diffondersi le teorie atomistiche della materia, incompatibili con la religione cristiana.

Si procedette quindi almeno ad eliminare l’idea che l’universo fosse stato prodotto da un concorso fortuito di

atomi.

Fino alla seconda metà del ‘600, la chimica era subordinata dalla medicina, ed era una disciplina pratica

(preparazione di farmaci e metallurgia). Poi acquisì un carattere autonomo, e con Boyle diviene parte della

filosofia naturale, ricevendo dalla filosofia corpuscolare una nuova fondazione teorica.

Grazie ad Agricola, lo studio dei metalli e dei minerali ottenne la sua prima sistemazione e un lessico unico.

Aristotele considerava la materia come un continuum, negando quindi l’esistenza del vuoto e di corpuscoli

indivisibili; afferma inoltre che la materia prima si determina in quattro coppie di qualità primarie (caldo,

freddo, secco e umido) dando luogo a quattro elementi. Teorie che nel ‘500 vacillano.

La fiamma, conclude Cardano, altro non è che aria accesa.

La rinascita dell’atomismo dopo il lungo oblio medievale è dovuto alla riscoperta della filosofia di Epicuro e

del poema di Lucrezio “De rerum natura”. L’atomismo poggia su due principi: atomi e vuoto. I corpi sono

formati di atomi indivisibili, che, nella concezione epicurea, sono infiniti e con i loro incontri fortuiti

formarono l’universo,

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Publisher
A.A. 2013-2014
18 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/05 Storia della scienza e delle tecniche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gerson Maceri di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della scienza e della tecnica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Arecco Davide.