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LE GEOMETRIE NON EUCLIDEE
Tutti i trattati di geometria iniziano con l’enunciare gli assiomi. Alcuni di essi sono proposizioni non di geometria, ma di analisi,
sono giudizi analitici a priori. Ma ci sono altri assiomi, che sono specifici della geometria. A lungo si è tentato di dimostrare il
terzo assioma, il postulato di Euclide, fino a che Lobacevskij e Bolyai stabilirono inconfutabilmente l’impossibilità di tale
dimostrazione. La questione compì un passo decisivo con Riemann.
LA GEOMETRIA DI LOBACEVSKIJ= Egli suppone all’inizio che per un punto si possono condurre più parallele a una retta data.
Per il resto, conserva tutti gli altri assiomi di Euclide. Da queste ipotesi deduce una serie di teoremi e costruisce una geometria
dalla logica impeccabile. Le proposizioni di Lobacevskij non hanno alcun rapporto con quelle di Euclide, ma non sono meno
logicamente connesse fra loro.
LA GEOMETRIA DI RIEMANN= La geometria di Riemann è la geometria sferica estesa a tre dimensioni. Per costruirla ha dovuto
scartare non solo il postulato di Euclide, ma anche il primo assioma: per due punti non passa che una sola retta. Nella
geometria di Riemann per due punti non passerà in genere che una sola retta, ma vi sono casi in cui per due punti potrà
passare un’infinità di rette. Vi una certa opposizione fra la geometria di Riemann e quella di Lobacevskij. Aggiungiamo che lo
spazio di Riemann è finito, benché illimitato.
LA SUPERFICIE A CURVATURA COSTANTE= Chi garantisce che se Riemann e Lobacevskij avessero spinto le loro deduzioni, non
avrebbero potuto imbattersi in contraddizioni? Questa difficoltà non sussiste per la geometria di Riemann se viene limitata alle
due dimensioni, perché essa non differisce dalla geometria sferica, branca di quella ordinaria. Eugenio Beltrami ha mostrato
che la stessa geometria di Lobacevskij a due dimensioni può essere ridotta a branca di quella ordinaria. La geometria di
Riemann è la geometria delle superficie a curvatura positiva, che possono essere deformare in modo da essere applicate su
una sfera. La geometria di Lobacevskij invece è la geometria di quelle superficie a curvatura costante. Entrambe le geometrie
sono ricollegate alla geometria euclidea.
INTERPRETAZIONE DELLE GEOMETRIE NON EUCLIDEE= Si costruisca una sorta di dizionario a due colonne, si prendano i
teoremi di Lobacevskij e li si traduca: si otterranno così i teoremi della geometria ordinaria. Non si arriva mai ad una
contraddizione: se due teoremi di Lobacevkij fossero contraddittori, lo sarebbero anche le traduzioni di quei due teoremi. Non
è tutto, perché la geometria di Lobacevskij smette di essere un vano esercizio di logica e può avere delle applicazioni.
GLI ASSIOMI IMPLICITI= Gli assiomi che i trattati enunciano esplicitamente non sono però gli unici fondamenti della geometria.
Abbandonati via via gli assiomi, rimangono proposizioni comuni alle teorie di Lobacevskij, di Riemann e di Euclide. Tali
proposizioni devono poggiare su alcune premesse che i geometri ammettono senza enunciarle. John Stuart Mill ha sostenuto
che ogni definizione contenesse un assioma, dal momento che definendo si affermerebbe implicitamente l’esistenza
dell’oggetto definito. Non bisogna dimenticare che la parola esistenza non possiede lo stesso senso quando è riferita ad un
ente matematico e quando riguarda un oggetto materiale. Un ente matematico esiste posto che la sua definizione non implichi
contraddizione, sia in sé sia con le proposizioni ammesse precedentemente. Il fatto che l’osservazione di Mill non possa
applicarsi a tutte le definizioni non significa che non sia corretta per alcune di esse, come quella di piano, o di uguaglianza di
due figure. D’altro canto se studiamo le definizioni e le dimostrazioni della geometria, siamo obbligati ad ammettere, senza
dimostrarle, non solo la possibilità del movimento di una figura invariabile, ma anche alcune sue proprietà. Lo si evince subito
dalla definizione di linea retta. Dunque, molte dimostrazioni presuppongono proposizioni che ci si esime dall’enunciare, perché
ci obbligano ad ammettere che è possibile trasportare una figura nello spazio in un certo modo.
LA QUARTA GEOMETRIA= (vedi pag. 79) Presupponendo due proposizioni, ammettendone il primo punto e rifiutandone il
secondo, si è condotti ad una serie di teoremi strani ma esenti da contraddizioni. Fra queste il seguente: una retta reale può
essere perpendicolare a se stessa.
IL TEOREMA DI LIE= Le premesse di questo teorema sono le seguenti: lo spazio è a n dimensioni, è possibile il movimento di
una figura invariabile, sono necessarie p condizioni per determinare la posizione di questa figura nello spazio. Il numero delle
geometrie compatibili con queste premesse sarà limitato. Se dunque si ammette la possibilità del movimento si potrà
inventare solo un numero ristretto di geometrie a tre dimensioni.
LE GEOMETRIE DI RIEMANN= Tale risultato sembra contraddetto da Riemann che costruì un’infinità di geometrie differenti.
Tutto per lui dipende da come si definisce la lunghezza di una curva. Però queste definizioni per la maggior parte sono
incompatibili con il movimento di una figura invariabile che è supposto possibile nel teorema di Lie. Queste geometrie di
Riemann, allora, non possono essere che analitiche e non si prestano a dimostrazioni analoghe a quelle di Euclide.
LE GEOMETRIE DI HILBERT= Si tratta del cosiddette geometrie non archimedee, le quali rigettano l’assioma di Archimede
secondo cui ogni lunghezza data, moltiplicata per un intero sufficientemente grande, finirà per superare ogni altra lunghezza
data. Su una retta non archimedea esistono, oltre a quelli ordinari, anche un’infinità di nuovi punti fra due segmenti contigui.
Lo spazio non archimedeo non è più un continuo del secondo ordine, ma un continuo del terzo.
SULLA NATURA DEGLI ASSIOMI= Se gli assiomi fossero giudizi sintetici a priori come voleva Kant, allora si imporrebbero a noi
con una forza tale che non potremmo concepire la proposizione contraria, né costruire su di essa un edificio teorico. Non vi
sarebbero geometrie non euclidee. Se invece la geometria fosse una scienza sperimentale, non sarebbe esatta, ma
continuamente revisionabile, anzi, sarebbe sin da subito convinta d’essere in errore, in quanto non esiste solido rigorosamente
invariabile. Gli assiomi geometrici non sono dunque né giudizi sintetici a priori né fatti sperimentali. Sono convenzioni: tra le
convenzioni possibili, la nostra scelta è guidata da fatti sperimentali, ma resta libera e limitata alla necessità di evitare
contraddizioni. E’ così che i postulati possono rimanere rigorosamente veri anche se le leggi sperimentali che hanno
determinato la loro adozione non sono che approssimative. Gli assiomi della geometria non sono che definizioni camuffate.
Allora non ha senso domandarsi se la geometria euclidea sia vera: una geometria non può essere più vera di un’altra, ma solo
più comoda. La geometria euclidea è e sempre resterà la più comoda: questo perché è la più semplice in sé e perché si
accorda bene con le proprietà dei solidi naturali. LO SPAZIO E LA GEOMETRIA
LO SPAZIO GEOMETRICO E LO SPAZIO RAPPRESENTATIVO= Sono spiriti semplici coloro che dicono che le immagini degli oggetti
esterni siano localizzate nello spazio e che questo spazio sia identico a quello dei geometri. Lo spazio geometrico ha 5
caratteristiche importanti: è continuo, è infinito, ha tre dimensioni, è omogeneo ed è isotropo.
LO SPAZIO VISIVO= L’immagine che si forma sul fondo della retina possiede solo due dimensioni, e già solo per questo lo
spazio visivo puro si distingue dallo spazio geometrico. In più, questo spazio visivo puro non è omogeneo: tutti i punti della
retina non svolgono il medesimo ruolo. Non solo le impressioni sono molto più vive, ma il punto che occupa il centro non
apparirà identico a un punto vicino a uno dei bordi. La percezione della terza dimensione si riduce e si deve alla sensazione
dello sforzo di accomodazione che occorre fare e a quello della convergenza necessaria ai due occhi. Si tratta qui di sensazioni
muscolari non di sensazioni visive. Lo spazio visivo completo non è uno spazio isotropo. La terza dimensione ci è data per via
dell’accomodazione e della convergenza, ma si tratta di un fatto sperimentale, nulla a priori impedisce di supporre il contrario
e, se le due sensazioni muscolari variano una indipendentemente dall’altra, dovremo tenere conto di una variabile
indipendente in più e lo spazio visivo completo ci apparirà come un continuo fisico a quattro dimensioni. Vi è qui anche un
fatto d’esperienza esterna.
LO SPAZIO TATTILE E LO SPAZIO MOTORIO= Per quel che riguarda lo spazio tattile vale la stessa discussione fatta per la vista.
Circa lo spazio motorio, invece, bisogna sottolineare che l’insieme delle nostre sensazioni muscolari dipende da tante variabili
quanti sono i muscoli che abbiamo: lo spazio motorio avrebbe tante dimensioni quanti sono i muscoli che abbiamo. A chi potrà
dire che le sensazioni muscolari contribuiscono a formare la nozione di spazio perché abbiamo la capacità di sentire la
direzione di ogni movimento, si deve rispondere che le sensazioni che corrispondono a movimenti aventi la stessa direzione
sono legate nella mia mente da una semplice associazione di idee. Come tutte le associazioni di idee, anch’essa è il risultato
di un’abitudine, la quale è frutto di numerosissime esperienze.
CARATTERI DELLO SPAZIO RAPPRESENTATIVO= Lo spazio rappresentativo, nella sua triplice forma, non è né omogeneo, né
isotropo e non si può neppure dire che abbia tre dimensioni. Si dice spesso che proiettiamo nello spazio geometrico gli oggetti
della nostra percezione esterna, ma non è così, perché le nostre rappresentazioni non sono che la riproduzione delle nostre
sensazioni e pertanto non possono che disporsi all’interno dello stesso quadro. Lo spazio rappresentativo non è che
un’immagine deformata da una sorta di prospettiva vincolante. Non ci rappresentiamo i corpi esterni nello spazio geometrico,
ma ragioniamo su di essi come se fossero situati nello spazio geometrico. Quando diciamo che localizziamo un tal oggetto in
un tale punto dello spazio intendiamo semplicemente dire che ci rappresentiamo i movimenti necessari per raggiungere
l’oggetto. Ma non si dica che per rappresentarsi questi movimenti bisogna proiettarli e quindi che dovrebbe preesistere la
nozione di spazio.
CAMBIAMENTI DI STATO E CAMBIAMENTI DI POSIZIONE= Nessuna delle nostre sensazioni da sola avrebbe potuto condurci
all’idea di spazio, noi vi giungiamo soltanto studiando le leggi secondo le quali queste sensazioni si succedono. Il fatto che un
oggetto cambi stato o posizione