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IL FILELLENISMO E LA REAZIONE CATONIANA
L’assimilazione della cultura greca da parte dei romani aumentò con l’ingresso dell’Oriente
ellenistico nella sfera di Roma.
Il pensiero filosofico ellenico nel II sec. si diffuse anche grazie agli esponenti di diverse scuole,
giunti a Roma come ambasciatori della patria, e la più famosa di esse è l’ambasceria ateniese
del 155.
L’EVOLUZIONE SOCIO-ECONOMICA E LA REAZIONE CATONIANA
Un atteggiamento costante di Catone era l’antifemminismo. Con questo si opponeva alla nuova
considerazione data alle donne appartenenti alle classi elevate.
Con la guerra annibalica, i bottini e le indennità fecero guadagnare circa 250 milioni di denarii.
Con la spartizione del bottino fra i militari si misero in moto traffici economici perché spesso
accanto agli eserciti erano presenti mercanti che compravano la preda bellica. I soldati, poi,
spendevano il denaro ricavato e lo investivano.
CATONE
Catone sostenne l’impiego del denaro dello stato per opere pubbliche, ma fu contrario, invece,
all’ “aedificatio” privata, nella quale molti investivano per sfoggiare un’abitazione più ricca.
Egli si creò molti oppositori.
Catone, inoltre, trovò il modo di trarre profitto dal commercio marittimo senza rischiare il
patrimonio. Prestò denaro a molti soci, che formavano una compagnia navale, ed egli
partecipava alla società tramite un prestanome.
Catone biasimava lo spreco, il lusso e la sua ostentazione.
Quello di Catone fu, quindi, un conservatorismo.
XIII CAPITOLO
Da Cartagine a Numanzia
LA TERZA GUERRA PUNICA (149-146 a.C.)
Al territorio punico rimase una spina nel fianco: Massinissa. Il sovrano numida durante il suo
regno continuò a impadronirsi di varie zone cartaginesi. Il trattato del 201, però, vincolava
Cartagine all’assenso romano prima di ogni azione, ma gli inviati di quest’ultima tendevano a
rimandare il giudizio.
L’ultima fase di numida portò Cartagine ad una situazione molto pericolosa, poiché dette a
Roma il pretesto per iniziare una guerra, e fra i cartaginesi prevalse la linea volta a resistere
agli arbitri.
La spinta decisiva per la guerra fu causata dal volere dei romani di dominio sul Mediterraneo. I
Cartaginesi, a questo punto, cercarono di salvare il salvabile e si arresero consegnando ai
romani numerosi ostaggi e armi.
Cartagine era condannata alla distruzione, così i cartaginesi organizzarono una resistenza e
cominciarono a fabbricare armi.
La svolta si ebbe con Scipione Emiliano, che fu eletto console nel 147. Egli bloccò Cartagine e
nel 146 si impadronì della città, che fu distrutta e venne organizzata come provincia d’Africa.
GUERRE IN SPAGNA (197-179 a.C.) FINO ALLA CADUTA DI NUMANZIA (154-133 a.C.)
Dopo la guerra annibalica la Spagna fu organizzata in due province, cioè Hispana Citerior e
Hispania Ulterior.
La ristrettezza della fascia costiera non permetteva la continuità delle comunicazioni tra le due
province.
La Spagna Citeriore produceva argento, mentre quella Ulteriore era più ricca poiché non solo
rendeva metalli, ma anche grano, olio e vino. Lo stato romano la sfruttò abbondantemente, fino
a quando, a causa di tali furti, scoppiò una rivolta nell’Ulteriore.
La guerra continuò per anni e si estese a popoli al di fuori delle province, come i Lusitani.
Nel 154 quest’ultimi cominciarono una guerra che durò fino al 139. Parallelamente, nel 153,
insorsero i Celtiberi.
Le campagne contro i Celtiberi richiesero l’impegno di eserciti consolari. La guerra riprese nel
143, ed ebbe come centro Numanzia.
Un episodio notevole fu la resa che il console Mancino offrì nel 137 ai Numantini.
Nel 134 Scipione assediò Numanzia, che si arrese. Numanzia fu distrutta nel 133, e in tale
occasione finì la guerra in Spagna.
La penisola iberica fu così pacificata.
L’IMPERIALISMO ROMANO
La volontà romana di dominio fu al centro dell’interesse storiografico greco: Polibio ne è il
principale rappresentante.
L’espansionismo di Roma nella storiografia polibiana coincide con la visione che unifica le
diverse vicende sotto il disegno della Fortuna, che corrisponde a una forza provvidenziale.
L’idea del “bellum iustum” a difesa degli alleati non fu mai abbandonata, alleati verso i quali
Roma propagandava la sua fides.
Dopo il 167 la politica romana si indirizzò verso una repressione violenta. La conclusione dei
vari conflitti fu indirizzata verso una politica di eliminazione degli avversari.
LE RIVOLTE SERVILI IN SICILIA (136-132 e 104-101 a.C.)
Lo schiavo che lavorava in casa si trovava in condizioni migliori di quello sfruttato nei campi. In
Italia scoppiarono rivolte servili all’inizio del II° sec. che furono domate. Furono più gravi,
invece, quelle scoppiate in Sicilia. Qui, dopo il 140 aumentarono le manifestazioni di banditismo
e scoppiò il fenomeno del brigantaggio.
PRIMA RIVOLTA-136 ad Enna.
I romani incontrarono difficoltà nella repressione, e i rivoltosi, invece, si impadronirono di
diversi centri urbani.
Nel 132 il console Rupilio espugnò la città e l’insurrezione fu repressa.
SECONDA RIVOLTA-104.
Infine, nel 101, il console Aquilio sterminò i ribelli.
XIV° CAPITOLO
Effetti della conquista: i Gracchi
LA SITUAZIONE SOCIO-ECONOMICA IN ITALIA E IL TRIBUNATO DI TIBERIO SEMPRONIO
GRACCO (133 a.C.)
Nella prima metà del II° sec. finì la politica di colonizzazione.
Nelle assemblee elettorali e legislative confluiva il proletariato urbano. I lunghi periodi di ferma
militare per le diverse guerre allontanarono dai campi i piccoli proprietari. In più, chi vendeva il
proprio campo per andare in città, diventava nullatenente, così non era più soggetto
all’arruolamento.
Decadendo i piccoli proprietari, si arricchiva chi aveva ricavato più vantaggi dalla conquista,
appropriandosi di ampie estensioni di “ager publicus”.
La “possessio dell’ager publicus non era, però, una proprietà privata: su di essa si poteva
intervenire per porre rimedio alla crisi socio-economica. C.Lelio propose una RIFORMA AGRARIA,
che però non fu ben accetta in senato, così la ritirò.
Invece i Gracchi ebbero come caratteristica quella di perseguire i loro scopi.
Ti. Sempronio Gracco con la sua “rogatio” agraria prese spunto dalle “leges de modo agrorum”
che limitavano il possesso dell’ager publicus.
LE OPPOSIZIONI ALLA LEX SEMPRONIA E LA FINE DI TIBERIO GRACCO
Gli oppositori della “rogatio” agraria agirono per mezzo del veto interposto da Ottavio. A ciò
Gracco reagì con un ragionamento politico nuovo basato sulla sovranità popolare: un tribuno,
eletto dal popolo.
Gracco sottrasse al senato la gestione dei beni pergameni. L’opposizione antigracchiana
divenne ancora più forte quando Tiberio escogitò un altro espediente: per continuare la riforma,
si candidò al tribunato per l’anno dopo.
A sfavore di Gracco pesò l’assenza di molti contadini. A capo degli oppositori vi fu Scipione
Nasica. Gracco fu ucciso.
LA RIFORMA AGRARIA DOPO TIBERIO GRACCO E IL CONSOLATO DI FULVIO FLACCO
(125 a.C.)
Scipione Emiliano nel 129 si organizzò per esautorare i triumviri agrari.
Il coinvolgimento degli Italici nella riforma agraria creò delle complicazioni, e, inoltre, diversi
latini e Italici cercavano di farsi iscrivere nelle liste dei cittadini romani.
Fulvio Flacco, console nel 125 propose di concedere la cittadinanza agli italici che ne facevano
domanda. Flacco propose la “provocatio ad populum” come alternativa alla cittadinanza per gli
italici, ma queste iniziative caddero. LE GUERRE CIVILI
XV CAPITOLO
Dalla guerra giugurtina alla dittatura di Silla
LA POLITICA ESTERA E LA GUERRA CONTRO GIUGURTA (111-105 a.C.)
Gli eserciti romani penetrarono nella Gallia Transalpina. Fabio Massimo sconfisse gli Arverni
formando una nuova provincia, chiamate Gallia Narbonensis. Intanto Domizio Enobarbo estese
il dominio di Roma nella zona occidentale.
Egli promosse poi la costruzione della Via Domitia, che creò un collegamento con la Spagna. La
romanizzazione della Gallia meridionale fu rapida e intensa.
Le isole Baleari furono conquistate nel 123 da Cecilio Metello.
La guerra di Numidia fu impegnativa. L’erede di Massinissa, Micipsa, morì nel 118 e lasciò il
regno ai tre successori, tra cui Giugurta. Quest’ultimo si sbarazzò degli altri due, dei quali uno
si rifugiò a Roma chiedendo il suo intervento. L’arbitrio romano stabilì la divisione territoriale
tra Giugurta e il fratello: per il primo la zona occ, per il secondo quella orientale. Tale tregua,
però, durò poco, e la guerra divenne inevitabile.
La guerra si dimostrò inconcludente: Calpurnio Bestia concese un armistizio a Giugurta.
La svolta positiva nelle operazioni di Numidia fu apportata nel 109 da Metello conquistando
diverse fortezze di Giugurta. Mancava solo catturare il re nemico.
C. Mario aveva migliorato la sua condizione sociale dandosi ad attività affaristiche. Poi
intraprese la carriera senatoria appoggiandosi ai Metelli.
Mario abolì la discriminazione censitaria aprendo ai nullatenenti il servizio nelle legioni.
Furono molto importanti anche le innovazioni tattiche.
Mario continuò a conquistare numerosi piazzeforti. Alla fine fu risolutiva la diplomazia, per la
quale egli trovò aiuto in Silla, suo questore. Silla riuscì a conquistarsi la fiducia di Bocco, re di
Mauritania, che tradì Giugurta. Il sovrano numida, infatti, fu preso a tradimento e consegnato ai
romani. Una parte di Numida fu assegnata a Bocco, l’altra rimase regno autonomo.
I CINQUE CONSOLATI DI MARIO (104-100 a.C.)
Intorno al 120 l’avvicinarsi di centinaia di barbari rese urgente il pericolo.
Il disastro peggiore avvenne nel 105 a causa del disaccordo fra due comandanti: ad Arausio i
barbari batterono i romani che subì una disfatta rovinosa.
Mario, già eletto console per il 104, appariva l’unico in grado di salvare la Narbonese e l’Italia.
Egli addestrò i suoi soldati. La battaglia del 102 ad Aquae Sextiae fu condotta con grande
abilità tattica da Mario che sconfisse i Teutoni.
I Cimbri si erano diretti verso l’Italia e cominciarono a scendere verso la pianura Padana. Nel
101 arrivò Mario per risolvere la situazione congiungendo il suo esercito con quello di Catulo. I
Cimbri furono disfatti.
Il consolato romano del 100 fu caratterizzato da problemi di politica interna: i democratici si
opponevano all’aristocrazia. Il tribuno Appuleio Saturnino e i