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Gracco lo fece quindi destituire, in quanto era palese che – imponendo il veto – Ottavio fosse venuto meno al
suo dovere di difensore del popolo. La legge agraria fu approvata, ma essendo ormai a fine mandato – e
temendo di perdere l’inviolabilità o assistere al blocco del suo progetto – Tiberio si ricandidò per l’anno
successivo. I suoi avversari insinuarono quindi che stesse aspirando a un dominio personale e, nel corso dei
comizi elettorali, alcuni senatori guidati dal pontefice massimo Publio Cornelio Scipione Nasica lo uccisero.
• La commissione triumvirale continuò comunque a rinnovarsi, riassegnando i territori di Piceno,
Campania e Lucania. Il malcontento delle aristocrazie italiche e latine era però sempre più evidente: interprete
del loro lamento fu Scipione Emiliano. Morto questi in circostanze sospette, il triumviro Fulvio Flacco, console
nel 125 a.C., propose che tutti gli alleati che ne avessero fatta richiesta ottenessero la cittadinanza romana o
quantomeno il diritto di appellarsi al popolo contro eventuali abusi della magistratura (provocatio).
L’opposizione alla proposta fu tale Flacco preferì non insistere. Sintomo dell’irritazione degli alleati furono le
rivolte di Asculum (125 a.C.) e Fregellae, fino ad allora fedele, e la repressione fu spietata: quest’ultima fu rasa al
suolo e sul territorio fu impiantata una colonia di cittadini romani (Fabrateria Nova).
• Nel 123 a.C. Caio Gracco fu eletto tribuno della plebe e – nel corso di due mandati consecutivi –
proseguì l’opera del fratello: la legge agraria fu ritoccata e i poteri dei triumviri aumentati. Poiché i terreni erano
già stati distribuiti, egli propose l’istituzione di nuove colonie di cittadini romani, in Italia (Minervia e Neptunia) e
a Cartagine (Iunonia). Una legge frumentaria evitò poi che i detentori del frumento speculassero sul prezzo: ogni
cittadino ebbe diritto a una quota a prezzo agevolato e furono costruiti dei granai pubblici per custodirlo (horrea
Sempronia). Con una legge giudiziaria Caio riservò agli equites gli appalti della riscossione e i tribunali
permanenti, che si occupavano di concussione e malversazioni, evitando così che i senatori-governatori fossero
giudicati senatori-giudici. Un provvedimento stabilì che il senato scegliesse le province consolari prima
dell’elezione dei consoli stessi, per evitare eventuali scelte personali, e si cercò anche di riproporre il pensiero di
Flacco, con l’idea di concedere ai latini la cittadinanza romana e quella di diritto latino ai latini – anche stavolta
senza successo. L’oligarchia senatoria si servì stavolta di Marco Livio Druso, anch’egli tribuno della plebe:
approfittando della partenza per l’Africa di Caio, Druso fece proposte di insolita lunghezza; al suo ritorno Gracco
notò il calo della propria popolarità e, nel 121 a.C., non venne rieletto. Per abbattere ogni residuo di prestigio, gli
avversari collegarono la costruzione della colonia cartaginese a presagi funesti. Il senato fece ricorso al senatus
consultum ultimum, sospendendo ogni garanzia istituzionale e dando ai consoli il permesso di agire come meglio
avessero ritenuto per fermare i gravi disordini: Fulvio Flacco e molti sostenitori furono uccisi, mentre Caio di fece
uccidere da un suo schiavo.
• Data la necessità delle riforme dei Gracchi gli optimates non osarono abolirle, ma si limitarono a
mitigarne gli effetti: i lotti attribuiti furono dichiarati inalienabili, sicché ripresero a migrare verso i più ricchi; si
fermarono le riassegnazioni e fu abolita la commissione agraria.
• Nel 133 a.C. Attalo III aveva lasciato ai Romani il suo regno, a eccezione delle città e dei territori. Il
pergameno Aristonico – forse figlio di Eumene II – cappeggiò una rivolta che aspirava a una città di uomini liberi,
mentre Roma premeva per annettere il territorio. Solo nel 129 a.C. il console Manio Aquilio sedò la rivolta e –
insieme al senato organizzò il territorio nella provincia d’Asia. Ci si concentrò poi sulla Gallia meridionale,
passaggio terrestre fra regioni liguri e domini spagnoli: in aiuto a Marsiglia – attaccata da tribù celto-liguri e
galliche – furono inviati Fulvio Flacco (125 a.C.) e Caio Sesto Calvino (123 a.C.), quest’ultimo poi fondatore del
centro di Aquae Sextiae. Nel 122-121 a.C. Ceno Domizio Enobarbo e Quinto Fabio Massimo sconfissero Allobrogi
e Arverni, ponendo le basi per la provincia narbonese, attraversata dalla via Domizia a congiunzione di Spagna e
Italia. Nel 123 a.C. furono prese le Baleari, base di attività piratiche dannose, e a Maiorca furono fondate le
colonie romane di Palma e Pollenzia. Le vicende militari avevano intanto permesso il contatto di armi e mercanti
con i paesi danubiani.
• Scipione Emiliano aveva regolato la situazione africana con la costruzione di una provincia piccola ma
ricca e intrattenendo buoni rapporti con i confinanti figli di Massinissa. Tra questi si era poi imposto Micipsa, che
uccise i fratelli e divenne re: la sua politica filoromana attirò quindi in Africa commercianti Italici e Romani,
allettati dalla grande produttività di olio e grano della zona. Nel 118 a.C. Micipsa morì e il regno fu conteso fra
tre eredi: fra loro lo spregiudicato Giugurta, che assassinò Iempsale e costrinse il terzo – Aderbale – a chiedere
l’aiuto del senato romano; questo – nel 116 a.C., divise quindi la Numidia fra Aderbale, che prese la ricca parte
orientale, e Giugurta, cui spettò la più vasta occidentale. Nel 112 a.C. Giugurta volle prendere anche l’altra parte
e assediò la capitale Cirta, vi penetrò e trucidò tutti i suoi abitanti – compresi Romani e Italici. Gli equites – le cui
attività erano state danneggiate – costrinsero lo Stato a scendere in guerra nel 111 a.C., nonostante la presenza
ai confini di Cimbri e Teutoni fosse un deterrente. Le operazioni furono fiacche sino al 109 a.C., quando il
comando passò al console Quinto Cecilio Metello, al cui seguito stava il legato Caio Mario, che sconfisse più volte
Giugurta. Gli ambienti commerciali iniziarono quindi a protestare e, nel 107 a.C., Caio Mario divenne console:
nonostante un plebiscito avesse concesso una proroga a Metello, prese poi anche il comando della guerra.
Mario era un homo novis, quindi privo di antenati illustri e primo della famiglia ai vertici dello Stato: incarnava
un nuovo tipo politico, uscito dal ricco ambiente degli equites e dei comandi militari, noto già ai tempi di
Numanzia e poi sostenuto dai Metelli, che lo resero tribuno della plebe nel 119 a.C.; successivamente Mario
aveva sposato Giulia, zia del futuro Giulio Cesare.
• Già durante le guerre in Spagna il reclutamento – basato sulle sole cinque classi di censo – era stato un
problema: si era quindi deciso di abbassare progressivamente il censo minimo per rientrare nella quinta classe,
cosicché tutti o quasi potessero essere coscritti ed equipaggiati poi a spese dello Stato. Mario – le cui truppe
erano state ridotte da Giugurta, Cimbri e Teutoni – aprì quindi l’arruolamento volontario ai capite censi:
inizialmente divenne una procedura eccezionale, successivamente pratica regolare. In tre anni, col nuovo
esercito, catturò Giugurta, sfruttando soprattutto la rottura dell’alleanza fra il numida e Bocco, re di Mauretania.
Grazie soprattutto a Lucio Cornelio Silla, legato di Mario, Bocco tradì Giugurta e lo consegnò ai Romani nel 105
a.C.: la Numida orientale fu data a un nipote di Massinissa e la parte rimanente a Bocco stesso, col quale Roma
stipulò un’alleanza. Giugurta fu portato a Toma e Mario, dopo due proconsolati, fu rieletto console nel 104 a.C.
• Intanto i germanici Cimbri e Teutoni iniziarono a migrare verso sud, spinti da sovrappopolazione e
maree rovinose. Al di là delle Alpi furono affrontati dal console Cneo Papirio Carbone, inviato a proteggere i
confini dell’Italia e tutelare la zona, ricca di minerali: egli fu però sconfitto nel 113 a.C. a Noreia. Gli invasori
giunsero quindi nella provincia narbonese, dove sconfissero più volte i Romani, rovinati ad Arausio nel 105 a.C.
dalla mala organizzazione del proconsole Quinto Servilio Cepione e il console Cneo Mallio Massimo. A Roma
crebbero le proteste verso comandanti nobili ma incapaci e, dal 104 al 100 a.C., si decise di rieleggere console
Mario. In attesa che il pericolo dopo Arausio si ripresentasse, Mario riorganizzò l’esercito: ogni legione si articolò
in dieci coorti di seicento uomini, ciascuna abbastanza grande da operare in autonomia ma più agevole della
struttura in manipoli, e si occupò poi di ogni aspetto dell’attività, dall’equipaggiamento, all’armamento alle
insegne stesse. Quando i Germani ricomparvero nel 103 a.C. Roma era pronta: i Teutoni avanzavano verso la
Gallia meridionale e i Cimbri verso le Alpi centrali. Mario sterminò quindi i primi ad Aquae Sextiae e i Cimbri a
Vercellae.
• Poiché impegnato al fronte, Mario si appoggiò a Lucio Appuleio Saturnino, un nobile che, nel 104 a.C.,
era stato sostituito dai membri conservatori del senato nel suo ruolo di soprintendente al frumento agli approdi
del Tevere. Mario lo aveva quindi aiutato a divenire tribuno della plebe nel 103 a.C., e in cambio Saturnino aveva
fatto approvare una distribuzione di terre in Africa a ciascuno dei veterani d’Africa; aveva poi ridotto il prezzo del
grano fissato da Caio Gracco e introdusse la lex maiestate, legge che puniva il reato di lesione dell’autorità del
popolo, perpetuata da magistrati e giudicata da cavalieri. Nel 100 a.C. Mario ottenne il sesto consolato,
Saturnino il secondo tribunato e Caio Servilio Glaucia divenne pretore. Contando su Maio, Saturnino propose la
distribuzione di terreni della Gallia meridionale e la fondazione di colonie in Sicilia, Acaia e Macedonia e, per
bloccare le opposizioni, fece firmare una clausola che obbligava i senatori a osservare la legge (Cecilio Metello
Numidico preferì l’autoesilio al giuramento); intanto Glaucia restituì le giurie permanenti ai cavalieri. Per
proseguire il progetto Saturnino ottenne il tribunato anche l’anno successivo, mentre Glaucia si candidò a
console e, durante le elezioni, un suo avversario fu assassinato. Il senato proclamò il senatus consultum ultimum
e Mario si trovò in una situazione imbarazzante: Saturnino e Glaucia furono uccisi e Mario vide ridursi il suo
prestigio, tanto da dedicarsi alla missione di0plomatica presso Mitridate VI.
• L’Oriente era intanto infestato di pirati, attivi soprattutto nei mari greci di Creta e dell’Egeo orientale,
incentivati dal porto franco di Delo. Nel 102 a.C. Roma decise di intervenire inviandovi il pretore Marco Antonio,
con il compito di distruggerne le basi e impadronirs