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FASE ARCAICA

Le tesi sulla fine della storia romana, sono numerose, sono inquadrabili dall'arrivo dall'islam in oriente e scesa dei longobardi con la grande battaglia dello Yanmuk (preferite da Gnoli), che comportarono il collasso dell'impero romano nella parte africana e asiatica; oppure la deposizione di Romolo Augustolo (meno significativo). Non è quindi presente accordo completo, noi tutti conosciamo gli eventi storici, ma assegniamo valori più o meno importanti a seconda della propria individualità. C'è anche incertezza perfino sulla nascita di Roma: secondo molti il 10 aprile 753 a.C., ma c'è anche una seconda data detta Varroniana, collocata più avanti. Ma grossomodo la storia romana inizia pressoché nel VIII secolo, fino al massimo alla fine del V secolo d.C.. La data è ricavata dal calcolo delle olimpiadi da parte di eruditi antichi, sincronismi vari che portano a identificare, secondo una nostra distinzione,l'era avanti cristo. Un sincronismo famoso i tempi delle guerrepuniche era proprio con Cartagine (tradizione e leggenda che anticipava la data della fondazione di Roma dicinquant'anni, in quanto vedeva la sua fondazione contemporanea a quella di Cartagine). La tradizione dellastoriografia greca e romana identifica la sua fondazione nella metà dell'VIII secolo a.C.. Per quanto riguardail dettaglio della fondazione e altri si è giunti a stabilire come veritiera la convenzione tradizionale. Non si saper certo se i dati sono stati inventati o sono frutto di un'attività intellettuale sulla costruzione di una realtàcoerente e coesa ma non necessariamente vera (non si sa se i re sono 7). È chiaro che sono dati soggetti aestrema cautela. Ma se è inventata, perché la tradizione è considerata valida in maniera unanime? La rispostaè: per via delle date in cui si è formata la tradizione e la motivazione.dell’esistenza di questa tradizione. La tradizione si è inventata perché le tradizioni si inventano: non ne esiste una che sia effettivamente vera. Il fatto che la tradizione possa essere definita tale implica che vi sia qualcosa di non perfettamente aderente alla realtà. Questo perché la tradizione è legata all’identità: quando una comunità di persone ritiene di avere un’identità comune, deve necessariamente costruire un mito di fondazione. (libro consigliato: Erice Ranger, “L’invenzione della tradizione”). Nel costruire una favola identitaria non c’è nulla di Hobsbawm strano, come ad esempio quella di Atene, in cui Deucalione e Pirra si rifugiano nell’Attica, abitata da un terribile drago. Questo verrà ucciso da Deucalione che prendendo i denti del drago e gettandoli alle proprie spalle farà nascere gli ateniesi. Per quanto concerne Roma, tra questi miti antichi viè il mito dei due gemelli allattati dalla lupa, creato per cercare di appropriarsi e di trasmettere un messaggio identitario. La storia e i suoi elementi non sono a caso, ma hanno fine di trasmissione di determinati valori che devono essere tramandati alle generazioni future (studiati dall’antropologia tramite una standardizzazione orale di determinati elementi del racconto, appositamente semplificati e schematici in modo da facilitarne la trasmissione. Ma più il racconto si semplifica, più si stacca dalla realtà, pur non contraddicendo mai i valori di partenza). Questo meccanismo vuole riferire e ricordare cose effettivamente reali, vuole tramettere conoscenze, non invenzioni. Questo processo avviene, si ricordi, nel passare dei secoli, in quanto la scrittura arriva tardi a Roma (rispetto alla Grecia, con Omero nel V e VIII secolo a.C.). Pochi sono i documenti latini, tra cui la lapis niger. La letteratura latina comincia solo nel III secolo a.C., in cui

L'età greca è nel declino del suo apogeo (rappresentato dall'età classica), nel pieno ellenismo. Sta di fatto che la letteratura latina inizia a muovere incerta i suoi passi, i primi autori importanti si aggirano tra il II e I secolo a.C. (circa 500 anni dopo la Grecia, che dalla sua aveva autori come Platone). Per cui a Roma la trasmissione di questa tradizione avviene solo per via orale per secoli, nonostante la necessità effettiva di questa trasmissione. Chi si occupava di ciò, non esistendo ancora gli storici, erano dei poeti, aedi dalla difficile identificazione, che operavano all'interno di clan familiari, in quanto uno dei momenti in cui si concretava la tradizione erano i funerali di grandi uomini politici. Polibio dice che durante questi grandi funerali pubblici, degli attori con maschere di cera esemplate sul volto dei defunti e corporatura simile allo scomparso, leggevano delle loro imprese fino alla genealogia, arrivando talvolta.

alle origini di Roma. Quelle conosciute oggi risultano quindi tradizioni gentilizie (legate alle gentes) relative all'origine di Roma, perpetrate attraverso correnti diverse. Il raccontatore della storia tendeva a costruire una storia di Roma in cui la gens interessata avrebbe contribuito in parte maggiore alla fondazione, sostanzialmente ognuno tirava acqua al proprio mulino. Essendo di fatto un evento culturale, queste storie venivano apprese e trasmesse alle generazioni future, fino a quando non si inizia a scrivere. Quando questo processo era ancora orale, a tenere il computo degli atti erano solo i patrizi, persone incaricate di produrre e tenere conto di quanto accaduto. Inizia la scrittura dei fasti nel corso del IV secolo a.C., ma sono solo abbozzi. I patrizi avevano quindi l'interesse di amplificare il proprio prestigio, compromettendo l'affidabilità di quanto accaduto. Chi trascrive queste storie (Fabio pittore, Claudio Quadrigario), non li conosciamo integralmente.ma solo tramite frammenti: dei brani trasmessi per tradizioneindiretta, quindi citazioni. Della storia antica di Roma abbiamo quindi solo due racconti storici continui(escludendo frammenti della tipologia precedentemente citata) da Romolo alla guerra punica. Si hanno comefonti Dionigi di Alicarnasso (greco) e Tito Livio (latino). Dionigi vive solo una generazione prima di Livio, eranoquasi contemporanei. Dionigi vive nell'età di Cerase, Livio a cavallo tra la fine della repubblica e l'inizio delprincipato. Scrivono quindi di fatti accaduti settecentocinquanta anni prima. È vero che avevano fonti da cuiattingevano, ovvero gli storici precedenti (Cencio alimento, Fabio Pittori etc ma erano anche i primi, chescrivevano durante la seconda guerra punica). Prima di allora non c'erano vere e proprie fonti scritte. Tuttaquesta fase arcaica è caratterizzata dalla recenziorità delle fonti storiografiche (le fonti sono postume di moltianni rispetto

alla data dei fatti accaduti), questo aspetto rende unitarie le origini fino al 300, non ci sono elementi che rendano questo periodo unico. Secondo la tradizione è la forma di governo a renderlo unitario, ma non è così, l'unico sono le forme storiografiche più recenti. Tutto ciò che riguarda questo periodo è tutto frutto di una progressiva semplificazione per favorire la trasmissione che porta necessariamente a un progressivo scollamento dalla realtà. Le rivoluzioni sono legate a cose banali e delitti singoli, come lo stupro di Lucrezia che genera la rivoluzione contro Tarquinio o Virginia per Appio Claudio. Il dato essenziale è il cambio delle forme di governo, ma la forma è memorabile e facile da ricordare. Per quanto riguarda la ricerca di fonti esterne a quelle latine, il repertorio è molto carente. Non esiste letteratura fenicia, se non Magone, citato da Catone, il cui unico scritto è un trattato sull'agricoltura.

I greci invece si sono sempre disinteressati a Roma in quanto nel periodo arcaico era solo marginale nel panorama politico: abbiamo solo fonti sparse e generiche, ad esempio da un'opera politica non pervenuta da Aristotele, in cui definisce Roma "città Greca" (inizio del IV secolo). La qualità delle fonti storiografiche determina il passaggio dalla fase della tradizione fino all'età storiografica, segnata dal 300 a.C.. La storia arcaica è raccontata tramite elementi estrinseci, in quanto nata sulla base orale della tradizione, poi scritta tramite forme frammentarie e arcaiche. Ma questi scritti erano rielaborati per mano di scrittori patrizi a seconda della propria volontà. Non appena i plebei hanno accesso alla sfera della scrittura, questa tendenza tende a scemare, portandoci a un quadro storiografico moderno. La tradizione ha sempre bisogno di un passato per sua definizione. Questo processo è standard, ma se nellamodernità le tradizioni nascono talvolta per fini di lucro, la tradizione della Roma antica è nata per necessità storica, di tramandare qualcosa di vero. Una fonte importante per quanto riguarda la trascrizione è Plutarco, che scrive nel I secolo d.C., successivo a Livio e Dionigi di Alicarnasso. Pure non essendo uno storico scrive delle vite, biografie riguardanti l'età regia, repubblicana precedente al 300 e anche di personaggi storici quali Cesare, Pompeo, Crasso, ma anche dei primi due re di Roma (Romolo, Numa... ma il materiale resta attinto alla tradizione canonica. Non scrive degli altri cinque re). Nella sua scrittura del De vita parallele, anche se è uno scritto antistorico, viene considerato attendibile. Altre fonti sono Diodoro Siculo, autore di una gigantesca opera storica (giunta molto frammentaria specialmente nella parte arcaica, ma sarebbe stato un autore di grande rilievo se fosse arrivato integro.) Riguardo le fonti dellaRoma arcaica, è fondamentale compiere una divisione:
  1. Gli storici come Dionigi e Livio, considerati "storici annalistici o annalisti"
  2. Biografi: Valerio Massimo, Plutarco considerati "biografi"
  3. Storici frammentari (i meno presi in considerazione)
La differenza sostanziale tra le prime due categorie è che i biografi non sono veri storici, in quanto le biografie vengono scritte con intenzioni moralistiche, moraleggianti. Seppur anche gli storici giungano alla medesima conclusione, fare morale non è il fine ultimo. Il fine principale dello storico annalista è quello di raccontare la storia di Roma in maniera più fedele possibile. Plutarco invece crea parallelismi tra personaggi romani e greci grandi per le stesse caratteristiche (Demostene e Cicerone nell'orazione, Alessandro magno e Cesare nelle abilità militari etc. Vale lo stesso discorso per i vari esempi negativi della storia), raccontando entrambe le vite e paragonandoli.ò essere interpretato solo in base al contesto storico in cui si è verificato. Non possiamo applicare i nostri standard moderni a eventi passati, perché le società e le mentalità erano diverse. Inoltre, il concetto di "bravura" può variare a seconda del periodo storico e delle circostanze. Quindi, è importante considerare tutti questi fattori quando si valuta la bravura di una persona nel contesto storico.
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A.A. 2020-2021
113 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/03 Storia romana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher caynee di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia romana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Gnoli Tommaso.