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Se analizziamo in sostanza tutte le dinamiche degli incontri di Gesù, notiamo come egli cerchi
l'incontro personale, diretto, con le persone. Per alcuni Gesù provava amore, condivisione,
compassione; per altri condanna, critica, polemica. Il rapporto con i seguaci più stretti si basava su
un reciproco riconoscimento. Se il seguace riconosceva in Gesù la guida, Gesù riconosceva nel
seguace un'affinità con se stesso.
In Gesù esiste una contrapposizione tra l'essere un leader reale ed effettivo della gente che incontra
e il suo tentativo di non esserlo e di sottrarsi a ogni funzione di leadership, in attesa che Dio stesso
intervenga e assuma il potere.
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Sia in pubblico che in privato il cibo in comune apre strada a confronti, scambi o intese particolari,
e diventa il mezzo per solennizzare fatti e momenti speciali. Ogni volta che ci si riunisce per un
pasto, si trasmettono i modelli di una società e i suoi elementi fondativi. Le persone, l'ordine in cui
si collocano, il cibo assumono il valore di un gruppo sociale, delle sue gerarchie e dei suoi valori.
Ciò accade anche ai tempi di Gesù.
Gesù e i suoi discepoli si spostavano durante la predicazione. Questo richiedeva che venissero
accolti da proprietari e da gruppi familiari che gli davano aiuto per il sostentamento. Ciò però non
impediva a Gesù di mettersi in sintonia con chi lo ospitava. I discepoli dovevano innanzitutto
annunciare pace e benessere. Gesù inoltre attribuisce al cibo in comune un significato simbolico
rilevante, che riguarda il suo messaggio finale e il regno di Dio: il banchetto diviene il paradigma
del regno di Dio: "in esso anche i gentili verranno da ogni parte del mondo, per mettersi a tavola
con Abramo, Isacco e Giacobbe". Il mangiare ciò che viene offerto costituisce una scelta che lo
differenzia dal suo maestro Giovanni il Battezzatore, un uomo che praticava l'astensione dal cibo.
Nel rappresentare le modalità del mangiare di Gesù, analizzeremo con che tipo di persone egli
mangiasse, e quindi:
1)i pasti presso abitazioni di persone ricche o importanti;
2)i pasti con i suoi discepoli lungo la strada;
3)i pasti con i suoi discepoli presso le case e l'Ultima Cena;
4)i pasti con amici e gente vicina a Gesù;
5)scene in cui Gesù sfama le folle in maniera miracolosa;
6)rappresentazioni del banchetto nelle parabole.
1 = Nelle case dei ricchi, in Luca, Gesù è l'invitato. Chi lo invita è un "capo dei farisei", la casa
deve essere dunque di un certo livello e il banchetto importante. Durante il pranzo, presenta il suo
insegnamento con una parabola sui "primi posti a tavola". Gesù suggerisce al fariseo di non invitare
amici, fratelli, parenti o vicini. Gli chiede di ospitare i poveri che non gli potranno offrire nulla in
cambio e non potranno ricambiare l'ospitalità.
In un'altra scena, sempre in Luca, troviamo Zaccheo, uomo ricco in quanto capo degli esattori di
imposte, che si dà da fare perchè vuol vedere Gesù. Quando si incontrano Gesù gli dice: "Devo
fermarmi a casa tua". Tutti dicono allora: "è andato ad alloggiare da un peccatore". Gesù però
annuncia al padrone di casa: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa". La generosità verso un
viandante predicatore ha un esito che si risolve in salvezza. Come conseguenza, Zaccheo cambia
vita.
2 = Nel mangiare per strada, i vangeli sinottici raccontano come i discepoli di Gesù, sabato notte
lungo la strada, raccoglievano spighe di grano e se le mangiavano. E' un atto semplice, che ci offre
uno sguardo realistico sulle condizioni di chi vive spostandosi in continuazione. Gesù giustifica i
modi dei suoi discepoli, salvando sia il rispetto del sabato sia la libertà di comportamento durante il
riposo settimanale.
3 = La commensalità è uno dei modi preferiti di Gesù per creare un contatto profondo e intimo con
la gente, soprattutto con i discepoli. I vangeli sinottici scrivono che Gesù vuole mangiare una cena
solenne come quella di Pasqua con i suoi discepoli. Gesù compie un rito antico e assume due
elementi centrali della cena rituale, il pane e il vino, per una riflessione particolare. E' l'Ultima cena.
Qui il mangiare lo stesso cibo dallo stesso piatto appare come un momento massimo di unione nei
racconti dell'ultima cena in cui parla del tradimento di Giuda Iscariota. Uno dei commensali tradisce
proprio le persone con cui condivide il cibo, uno dei Dodici. Nel racconto Gesù sembra voler
attrarre Giuda verso sè dandogli il suo stesso cibo, ed è in questo momento che lui si distacca. Il
cibo, ormai condiviso, assume un significato diverso: metaforizza la ribellione e l'opposizione. La
cena sansisce l'alleanza, ma anche la disunione. La prima testimonianza dell'Ultima cena ci viene
dalla "Prima lettera ai Corinzi" di Paolo, databile verso il 55 d.c.
Il ricorso consueto di Gesù alla cena comunitaria viene fatto perchè rappresenta l'ambiente in cui
celebrare eventi decisivi e per trasmettere il suo insegnamento.
4 = In Luca, si narra l'evento dell'invito di un amico di Gesù, Simone, che è fariseo. Segue la scena
del pianto di una peccatrice di quella città, che rimprovera Simone colpevole di non avere accolto
degnamente Gesù visto che non ha compiuto gli atti di benvenuto (non gli ha lavato i piedi, dato il
bacio di accoglienza, offerto profumo). La scena mette in chiaro che il pranzo rappresenta
comunque un occasione per esprimere giudizi, critiche, opinioni... il momento in cui il padrone di
casa da una sua impronta all'evento in base al proprio stile di vita e alle proprie idee.
5 = In Marco, l'attenzione di Gesù per la gente riguarda anche la preoccupazione per poterla
sfamare. Gesù divide con gli altri il poco che ha, facendolo crescere miracolosamente. La
narrazione dell'evento sottolinea il bene elementare per il vivere degli uomini, il cibo. L'abbondanza
garantisce la vita, la penuria la mette a rischio. Viene espresso un ideale di estrema abbondanza per
chi si trova nel bisogno. L'azione straordinaria di Gesù potenzia il suo messaggio e il contenuto
della sua attesa
6 = Tra le parabole, bisogna ricordare una di Luca, che riguarda uno scenario in cui si confrontano
un ricco che mangia lautamente e un povero che giaceva alla sua porta, chiedendo la carità del cibo.
Per la prospettiva di Gesù la situazione si rovescia nell'altro mondo: "Un giorno il povero morì e fu
portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'Ade tra i
tormenti, levò gli occhi e vide, lontano, Abramo e Lazzaro accanto a lui". Ciò getta luce sulla
divisione sociale intollerabile per Gesù tra ricchi e poveri, perchè il ricco esclude i poveri e non
condivide. Il suo sguardo è lucido e realistico. I ricchi banchettano senza preoccupazione per i
mendicanti affamati, i padroni si fanno servire dai servi esausti dal lavoro, i capi dei nuclei
domestici banchettano con i loro pari senza invitare poveri, emarginati o malati. Su tutti loro però
incombe un giudizio di Dio imminente.
Gesù nel mangiare vedeva un'occasione per avvicinare e condividere la vita della gente. La riunione
conviviale è il luogo perfetto in cui devono essere inseriti i più poveri e i "peccatori". Gesù sembra
voler organizzare le riunioni della mensa in modo che esprimano il rovesciamento dell'ordine
stabilito, in attesa del regno di Dio. Questo viene espresso soprattutto in Luca, e in Paolo, che
considera intollerabili le disuguaglianze sociali. Sempre Paolo ci narra l'atto dell'eucharistia, uno tra
gli atti più speciali di Gesù all'interno della cena comunitaria. Egli, il giorno in cui veniva tradito, ha
preso il pane e, dopo le benedizioni, lo spezzò dicendo: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate
questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice, dicendo: "Questo
calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo ogni volta che bevete, in memoria di me".
Il mangiare insieme, quindi, crea fiducia e credibilità reciproca, mira alla sazietà in senso completo
e offre basi essenziali per ogni progetto umano. Gesù crea, mediante il mangiare insieme, delle
consuetudini per la gente che incontra, e garantisce la tenuta dei legami all'interno di uno stile di
vita caratterizzato da grande insicurezza.
Il mangiare insieme rappresenta metaforicamente "lo stesso futuro regno di Dio", come dimostra
una delle beatitudini (pervenute da Luca e Matteo): "Beati voi che avete fame ora, perchè sarete
saziati". Gesù con il mangiare trasmette più intimamente il suo messaggio e mette in atto dei
comportamenti che sconvolgono gli ordini delle cose: il rovesciamento delle gerarchie, l'inclusione
di poveri, donne, schiavi... nella sua visione un pasto abbondante e singolare sovverte l'ordine della
quotidianità, manifestando addirittura interventi divini. La mensa diventa simbolo del futuro regno
di Dio, un regno di abbondanza, in cui vi sarà un capovolgimento che permette di uscire dalle
ambivalenze, ingiustizie e sofferenze. Così insegna agli uomini cosa sarà il regno di Dio sulla terra.
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Gesù condivide la vita delle case nelle quali temporaneamente soggiorna. Mostra un atteggiamento
che si muove tra il distacco e la convivenza. Ma perchè fa così?
Bisogna intanto dire che nella Terra di Israele del I secolo non possiamo parlare di case, ma di
nuclei domestici, che includono persone che convivono e condividono stile di vita e mezzi
materiali, più grandi di una famiglia. Il termine adatto a questo tipo di realtà deriva dal greco ed è
oikos. La sopravvivenza dell'oikos si basa su un lavoro e su un consumo comune, su poteri e ruoli
che uniscono parenti, non parenti e clienti. Il capo di casa è l'autorità e il vertice di questo gruppo,
in quanto amministratore delle proprietà, gestore delle attività e garante della riproduzione sociale e
biologica. I rapporti tra oikos e polis (città) sono costruiti sulla rete dei villaggi e sulla produzione
degli oikoi.
La parabola del figliol prodigo dimostra l'idea che Gesù aveva dei rapporti tra i nuclei domestici
della campagna è la città. Emerge un conflitto tra città, considerata luogo pericoloso, e il villaggio,
visto come rifugio sicuro. La vicenda del figlio minore in città finisce in un fallimento. Ma anche
l'atteggiamento del figlio più anziano è giudicato negativamente, perchè mostra un attaccamento
difensivo ver