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Queste 2 città rappresentavano scuole di pensiero diverse: aristotelica la prima, platonica la seconda

e avevano assunto posizioni contrastanti in passato (come nel caso dell'arianesimo).

Poi c'era Costantinopoli. Teodosio ne aveva fatto la capitale dell'impero, vi aveva celebrato il 2°

concilio ecumenico nel quale incluse il “canone 3” che attribuiva alla chiesa di Costantinopoli

dignità superiore “per il fatto di essere la nuova Roma” e una posizione di preminenza attribuita al

suo vescovo in interventi su altre province e in una intensa attività legislativa e dottrinale.

Queste 3 chiese furono coinvolte ripetutamente nelle controversie del V secolo. A Costantinopoli

Teodosio fu vescovo per 16 anni, seguirono Gregorio di Nazianzo e Nettario (381-397) che

amministrò la diocesi da onesto funzionario. Alla sua morte scoppiò il primo contrasto. Teofilo

(385-412), il vescovo di Alessandria, cercò di imporre un suo candidato per la successione di

Nettario, per controllare e limitare le aspirazioni della capitale dell'impero. Teofilo coniugava

l'autorità e il prestigio ecclesiastico con l'esercizio di un vero e proprio potere temporale: fu

attivissimo nella lotta contro i pagani, sollecitò la distruzione dei loro santuari. Un campione di

intolleranza cristiana.

In sostanza la situazione ecclesiastica delle province orientali si basava sui buoni rapporti tra le 3

chiese. Quando l'armonia tra esse si incrinava, bisognava ricorrere ad un concilio.

Da Costantino in poi, l'imperatore rivendicava anche la protezione della fede: garantendo e

proteggendo l'autorità episcopale, custodendo e tutelando i beni ecclesiastici, regolando le funzioni

liturgiche e i costumi del clero; inoltre poteva legiferare in materia religiosa, costituire episcopati

nuovi, punire il clero colpevole in varie maniere. Una prassi passata alla storia con il nome di

“cesaropapismo”.

Il conflitto tra Alessandria e Costantinopoli si riaccese quando divenne vescovo della capitale

Nestorio (428-431). Sin dalle origini la chiesa si interroga sulla persona e sulla natura di Cristo, in

particolare sul rapporto in Cristo di 2 nature, la divina e l'umana. Si temeva che la tesi delle 2 nature

portasse ad una vera e propria dualità, inoltre attribuire solo una delle 2 nature significa

“compromettere l'azione di Cristo” perchè, se fosse pienamente un uomo, non potrebbe redimerci

dai peccati, e se fosse pienamente divino, sarebbe senza natura o anima umana, e suonava come un

negare la fede nel Dio che si è fatto uomo.

Il dibattito su ciò divenne controversia aperta nel 428, con l'elezione di Nestorio a vescovo di

Costantinopoli. Egli cominciò a predicare contro un termine, “theotokos”, cioè “madre di Dio”,

attribuito alla vergine Maria, nel quale faceva vedere il rischio di attribuire alla natura divina nascita

e morte.

Il vescovo di Alessandria era Cirillo (412-444), che era nipote di Teofilo e prosecutore della sua

azione. A Nestorio Cirillo obiettò che se Cristo è Dio, la Vergine che l'ha partorito non può essere

che la madre di Dio. Cirillo espose queste tesi a Nestorio in varie lettere oltre che al vescovo di

Roma (il papa). Convocato un sinodo a Roma, il papa condannò le tesi di Nestorio.

La tesi di Cirillo era “monofisita” (una sola natura in Cristo), mentre quella di Nestorio “difisita”

(due nature in Cristo).

Data la situazione venne fatto un nuovo concilio, ad Efeso, il 3° concilio ecumenico dopo Nicea e

Costantinopoli. In esso vennero invitati i vescovi dell'Oriente e alcuni dell'Occidente. Ma alla data

fissata mancavano sia i delegati del papa che alcuni vescovi. Cirillo però, facendo pressioni aprì lo

stesso il concilio, anche contro la volontà del rappresentante imperiale, senza attendere che

arrivassero gli assenti. Nel concilio si sarebbero dovute discutere le tesi di Nestorio e Cirillo, ma in

realtà non vi fu alcuna discussione. Cirillo pilotò il concilio con grande abilità. Così, estromesso il

legato imperiale e dato che Nestorio si rifiutava di presentarsi, il 22 giugno del 431, Cirillo lesse le

proprie tesi e chiamò i vescovi a dichiararle consone al Credo di Nicea. Alla fine della giornata

Nestorio fu condannato e deposto.

Ma la vicenda non era ancora conclusa. Un gruppo di vescovi orientali, guidati da Giovanni di

Antiochia, riunirono un contro-sinodo e deposero Cirillo. Cirillo e i numerosi vescovi a lui

favorevoli risposero scomunicando Giovanni di Antiochia.

Senza prendere una chiara posizione, Teodosio chiuse il concilio, approvò la deposizione di

Nestorio e Cirillo e congedò i vescovi intervenuti. In realtà fu solo Nestorio a pagare e venne

relegato in un monastero ad Antiochia. Cirillo, rientrato ad Alessandria, venne accolto come un

trionfatore.

Per chiudere la vertenza, fu necessario un nuovo decreto imperiale, redatto nel 433, chiamato “La

Formula di Unione”, fatto da Teodosio, che riguardava un accordo tra Cirillo e Giovanni di

Antiochia. Giovanni accettò la deposizione di Nestorio e l'attribuzione alla Vergine del titolo di

theotokos (madre di Dio), Cirillo fece qualche altra concessione e rinunciò agli anatemi lanciati

contro Nestorio.

La Formula di Unione pose fine al contrasto tra le chiese, ma solo fino alla morte di Giovanni e

Nestorio (442-444). La controversia ridiventò acuta quando Eutiche, abate di un monastero

constantinopolitano, accentuò la natura monofisita (1 natura in Cristo). Il vescovo di Costantinopoli,

che allora era Flaviano (446-449) prima non prestò attenzione ad Eutiche, ma quando contro di lui

si levò Eusebio, vescovo di Dorileo (Frigia) fu costretto a convocare un sinodo locale e a chiamare

in giudizio Eutiche. Il vecchio abate non accettò la Formula di Unione e perciò venne deposto dalla

carica. La sua reazione fu però violenta ed abile. Eutiche seppe mobilitare molti vescovi a suo

favore e a guadagnarsi pure l'appoggio dell'imperatore, che fu convito a convocare un nuovo

concilio, sempre ad Efeso, nel 449.

A questo punto nella questione si intromise apertamente Alessandria, il cui nuovo vescovo,

Dioscoro, non solo si schierò a favore di Eutiche ma gestì la vicenda con violenza e frode per

contrastare sia Costantinopoli che Antiochia, con i loro vescovi. Il concilio si aprì l'8 Agosto 449.

La presidenza fu data a Dioscoro. Il papa Leone fu invitato ma non si mosse da Roma e inviò 3

delegati, ai quali affidò dei documenti dottrinali che esponevano la sua posizione: varie lettere,

all'imperatore, al vescovo di Costantinopoli Flaviano e a tutto il concilio. Il documento più

importante di tutti questi era la lettera al Flaviano,la “Tomus ad Flavianum”, nella quale Leone, che

aveva già visto le tesi di Eutiche ed espresso la loro condanna, espose la sua dottrina di piena

adesione alla Formula di Unione del 433. Dioscoro pilotò però subito il concilio con intrighi e

manovre: impedì che fossero lette le lettere di Leone, che si ascoltasse Eusebio, il più tenace

oppositore di Eutiche. Diede spazio solo ad Eutiche e condusse rapidamente alla votazione i 130

delegati, peraltro scelti tutti tra i sostenitori di Eutiche. Il voto fu favorevole ad Eutiche. Poi

Dioscoro propose di deporre e condannare sia Flaviano che Eusebio. Il primo fu messo in prigione e

morì poco dopo, il secondo riuscì a fuggire. Questo concilio è passato alla storia con il nome di

“brigantaggio di Efeso”.

Nel 450 muore Teodosio II. Assunse il potere Pulcheria, che prese come consorte e affidò il trono a

Marciano, un abile soldato. Nel 451 Marciano e Pulcheria, animati dal desiderio di risolvere i

contrasti e ricomporre la concordia religiosa, decidono di convocare un nuovo concilio.

Esso si tenne a Calcedonia nell'ottobre dello stesso anno. Vi parteciparono circa 500 vescovi da

tutto l'Oriente e solo 5 dell'Occidente, due vescovi africani e tre legati del papa Leone. Esso venne

presieduto dal vescovo di Lilibeo, Pascanino. Il concilio deliberò su un gran numero di questioni.

Dioscoro venne subito messo sotto accusa, condannato e deposto. Fu riaperto il dibattito sulle

questioni dottrinali: venne approvata e letta da Marciano una “formula compromissoria”, che

riconosceva in Cristo 2 nature, l'umana e la divina, integre e complete, indivisibili, immutabili,

consustanziale (che ha una sola natura,sostanza) al Padre secondo la divinità e all'uomo secondo

l'umanità. Fu riconfermato alla vergine l'attributo di theotokos. Il territorio cristiano venne diviso in

5 grandi patriarcati: Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e Roma. Da Roma

dipendeva tutto l'Occidente. A Costantinopoli venne riconfermato il ruolo riconosciutole.

Il concilio di Calcedonia segna la fine di un'era. Veniva confermato il grande ruolo della chiesa

nella società, i vescovi avevano accresciuto enormemente il loro potere e la loro ricchezza.

Ma allo stesso tempo venivano definite ragioni nette di separazione e di scisma. La distanza tra

Roma e Costantinopoli, in particolare, venne crescendo. Il papa Leone sembrò disinteressarsi delle

conseguenze del concilio nella cristianità orientale e allentava anche i rapporti. Dal canto suo il

vescovo di Costantinopoli si diede a praticare una politica ecclesiastica di assoluta indipendenza e

anche di opposizione rispetto a Roma.

Nel campo religioso la frattura tra Oriente e Occidente comincia a diventare profonda, soprattutto

quando i cristiani dell'Occidente accolsero i barbari “infedeli” del Settentrione che si andavano

convertendo alla fede di Cristo e sentirono lontane le chiese dell'est o del sud.

Nato in una provincia orientale e predicato soprattutto da missionari di lingua greca, il cristianesimo

si era maggiormente diffuso nell'impero d'Oriente e meno in quello d'Occidente. Le strutture e le

capacità organizzative della chiesa appaiono rafforzate soprattutto in Africa, dopo le persecuzioni di

Decio e Valeriano.

In Occidente, le regioni più fortemente cristianizzate sono l'Africa Settentrionale (Tunisia, Algeria

di oggi), la Gallia mediterranea, il sud della penisola iberica e l'Italia.

In Italia comunità cristiane sono documentabili a Roma, nelle città centro-meridionali e padane

(Verona, Bologna, Brescia, Veneto, Istria), a Milano e nella Sicilia orientale. Riluttava sulle

comunità cristiane l'aristocrazia senatoria a Roma, che si sentiva depositaria e guardiana degli

antichi culti del paganesimo. Il senato era ancora pagano nel 384, quando ebbe inizio la questione

dell'Ara della Vittoria, il tempio pagano, che venne asportata nel 382 da Graziano. Questa misura

imperiale suscit&ogra

Dettagli
Publisher
A.A. 2010-2011
13 pagine
3 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/07 Storia del cristianesimo e delle chiese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ahmed89 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cristianesimo antico e medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Sardella Teresa.