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Il settore agricolo contribuisce solo con il 2% all’economia del paese, alla produzione ed occupa soltanto il
3% della popolazione attiva. Le differenze in ambito agricolo non vanno ricercate solo nel dopoguerra, ma
già nel medioevo, nel sud-ovest vi erano piccole aziende agricole, mentre a est prevalevano i latifondi.
Le cooperative agricole della DDR sono diventate grandi imprese, attrezzati con tecnologie moderne,
mentre nei vecchi Lander le aziende agricole sono inferiori a 20 ettari e a conduzione familiare.
Più della metà delle fattorie sono fonte supplementare di guadagno e solo il 40% ne fa invece fonte
principale.
Le colture principali sono orzo, grano, avena, segale, granoturco, patate, barbabietole, luppolo, fra la frutta
poi mele e prugne, che provengono dalla valle del Reno, della Mosella, Ahr e Saar.
L’allevamento, che prevede quello di maiali è molto sviluppato e tutto ciò riesce a soddisfare quasi l’intero
fabbisogno alimentare del paese.
Nel 1998 lavoravano circa 7,5 milioni di persone nell’industria, specie in quella di esportazione.
L’aumento della produttività è stato favorevole grazie alla diminuzione della mano d’opera, all’automazione
di processi produttivi e a una politica salariale moderata.
Si sono ridotti i costi unitari del lavoro per riacquistare competitività a livello internazionale.
Il valore lordo è diminuito negli ultimi anni lasciando posto al settore dei servizi pubblici e privati, con il 36%
e delle comunicazioni e commercio con il 13% del PIL.
I settori dell’industria maggiormente in espansione sono tuttavia quello dell’informazione, della
comunicazione, dell’avanguardia( aerei spaziali) e le nuove tecnologie biomediche.
I settori tradizionali dell’industria, come quella tessile, la produzione di acciaio e l’estrazione del ferro sono
drasticamente diminuite.
Nel settore metalmeccanico e nell’impiantisca, che fanno parte delle medie imprese, lavorano circa 500
dipendenti. In Germania il numero maggiore di industrie è dato proprio dalle medie, che costituiscono il
97,9% di tutte le imprese industriali.
Fra le grandi industrie le più importanti sono quella automobilistica, poiché la Germania è il terzo
produttore di automobili, dopo Giappone e USA, producendo circa 5 milioni di veicoli, il cui 56% poi è
destinato all’esportazione. Importanti sono la Chrysler, Audi, Volkswagen e BMW. La prima ha il primato di
fatturato e capitale, seguita dalla Volkswagen. Al terzo posto poi vi sono la Siemens, la VEBA, la Deutsche
Telekom e la Rewe.
Vi sono poi 3 grandi industrie chimiche: Hoechst, Bayer e BASF, seguite da Viag, Bosch nel settore
elettrotecnico. Esse sono S.p.A., cioè realizzano progetti su vasta scala, senza la quale forma societaria non
potrebbero essere creati. Essa risale all’800. Nel 1843 la Prussia aveva introdotto leggi per regolare le
partecipazioni per azioni, regolata nel 1965 per aumentare il valore delle azioni come strumento finanziario
per tutti, mentre nel 1998 si ha avuto una riforma che prevede più controlli e trasparenza nel settore.
I maggiori azionisti sono tuttavia le aziende private.
La borsa tedesca principale è quella di Francoforte, che registra l’80% degli affari complessivi di tutte le
borse. Essa risulta essere sviluppata per il basso livello di tassi di interesse sul mercato dei titoli a reddito
fisso.
È entrato poi Xetra, un sistema di offerta e di vendita di azioni online capace di arrivare fino ad un numero
smisurato di ordini al giorno. Si aveva poi un progetto di fusione della borsa di Francoforte con quella di
Londra, bloccato nel 2000 con una migliore offerta di Stoccolma; si sarebbe andati a creare la maggiore
borsa a livello europeo.
Nell’artigianato lavorano circa 6,5 milioni di persone e i maggiori mestieri sono meccanici, parrucchieri,
idraulici, falegnami, imbianchini sempre con una maggiore presenza del terziario. I problemi di questi
mestieri sono tuttavia che è necessaria una qualifica, anche per fare il meccanico di biciclette. Oggi è molto
presente il lavoro in nero, a causa delle retribuzioni elevate e per trovare un successore nella professione.
Gli istituti di credito di diritto pubblico in Germania controllano il 50% del giro di affari, mentre le banche
popolari cooperative solo il 15% e le banche commerciali il 33%, secondo uno studio della Bundesbank, la
banca centrale tedesca.
Le principali banche commerciali sono la Deutsche Bank, Bayerische Vereins und Hypo-bank, Dresner Bank
e Commerzbank.
Si ha in atto un processo di concentrazione che vede la nascita di grandi gruppi bancari e la perdita di
numerosi posti di lavoro, così come di banche private. Esempio è la fusione fra la Bayerische Vereinsbank e
la Hypobank, seconda alla Deutsche Bank.
Le casse di risparmio nate nell’800 come reazione agli alti tassi di interesse delle banche private, sono
istituti di credito pubblico che offrono gli stessi servizi delle banche commerciali. Non hanno filiali
all’estero, sono gestite dai comuni o da associazioni di comuni, che ne sono responsabili.
Gli istituti centrali regionali poi, o banche dei Lander, sono gli istituti centrali delle casse di risparmio e
fanno opera di compensazione nelle operazioni di pagamento fra le casse di risparmio ed offrono gli stessi
servizi delle normali banche.
Le banche popolari cooperative sono 2500 e sono le banche della piccola e media industria, dell’agricoltura
e del commercio.
Le banche dirette sono invece associate delle grandi banche ed operano a bassi costi, senza filiali, via
telefono e via computer. Hanno raddoppiato il numero dei clienti negli ultimi anni. 50 sono gli istituti di
credito che offrono servizi bancari speciali, sia private che statali, come negli aiuti finanziari per lo sviluppo
o le esportazioni, anche le banche poi offrono tutti i servizi di una normale banca.
La Bundesbank è stata fondata a Francoforte nel 1957 come unica banca centrale della Germania e il suo
compito è di garantire la stabilità del marco e di regolare la circolazione monetaria e l’approvvigionamento
di credito dello stato e degli istituti di credito.
Discute inoltre sul tema della politica monetaria, con 9 diverse direzioni centrali a Stoccarda, Monaco,
Berlino, Hannover, Amburgo e Francoforte sul Meno, Lipsia, Düsseldorf, Magonza.
La Germania esporta 1/5 dei suoi prodotti e da lavoro ad ¼ della popolazione attiva. Nel 1992 si ha
registrato una graduale flessione, anche se nel 1998 il commercio con l’estero ha raggiunto un livello molto
alto rispetto alle importazioni.
La Germania è al secondo posto nel commercio mondiale, dietro USA e davanti a Giappone, Francia e GB.
I settori per l’esportazione sono per l’industria meccanica, impiantistica, elettronica ed elettrotecnica,
chimica ed automobilistica. I prodotti finiti esportati sono attrezzature per macchinari e trasporto,
medicinali, farmaci, prodotti alimentari e strumenti scientifici. Fra quelli importati invece troviamo prodotti
agricoli, alimentari, chimici, tessili, vestiario, automezzi, petrolio e macchinari.
I prodotti vengono maggiormente esportati in Francia, Italia e Paesi Bassi, quindi nell’UE e negli USA.
La Germania è un partner italiano per scambi commerciali che si basano su semilavorati chimici o metallici
da riesportare in altri paesi. Il 50% dei prodotti italiani viene esportato in Baviera e nel Baden-
Wurttemberg, mentre quelli tedeschi in Italia del nord, dove vi sono già diverse imprese, specializzate
nell’industria chimica, elettrotecnica, meccanica, ma anche nel commercio e nel settore bancario.
Dopo gli USA si trova la Germania per quanto riguarda l’importazione di prodotti alimentari, fra cerali, semi,
oli, frutta, verdure, caffè, cacao, tabacco, carne e fiori.
Essa è poi il quinto paese esportatore di prodotti finiti, di carne, zucchero, prodotti a base di caffè, cacao,
latticini, vino, sigarette ed oli e grasso lavorati.
Il sistema di libero mercato ha permesso di sviluppare il sistema fieristico, che si concentra a Düsseldorf,
Colonia, Monaco, Hannover, Berlino e Lipsia. Visitatori provengono da ogni parte del mondo e in particolare
dalla zona Euro.
Tuttavia sono modesti gli investimenti diretti stranieri in Germania, per il minor numero di ore lavorative
per unità personale rispetto ad altri paesi, per gli scarsi utili per imprese dopo il prelievo fiscale sulle società
e il pesante costo del lavoro. Con agevolazioni fiscali, sovvenzioni e crediti agevolati dalle imprese
intenzionate ad investire in Germania, nei nuovi Lander, si possono migliorare le condizioni delle attività
imprenditoriali.
Con questi incentivi, il dollaro forte, la crescita della domanda interna, l’aumento della produttività ed una
politica salariale più moderata hanno contribuito al salire degli investimenti in Germania e le mete
predilette sono Assia, Baviera, Baden-Wurttemberg, Westfalia, Renania settentrionale.
Austria
Le strutture economiche dell’Austria e il suo recente riavvicinamento ai paesi ex membri dell’US vanno
analizzate a partire dall’impero austro-ungarico, che si era votato all’autarchia economica e la sua
produzione era appena sufficiente a coprire il fabbisogno nazionale e per questo non era all’altezza del
mercato internazionale.
Questa arretratezza non terminò nemmeno dopo la prima rivoluzione industriale, nel XIX secolo, poiché lo
sviluppo economico era disomogeneo a seconda dei diversi paesi dell’Austria, i quali perseguivano ciascuno
il proprio interesse senza seguire una linea comune che permettesse al paese di avere una posizione a
livello internazionale. Vero che c’erano alcune zone come la Stiria Superiore, la Boemia e la Bassa Austria
che erano molto più sviluppate rispetto alle altre regioni, ma rimaneva sempre il fatto che fosse limitato e
che vi fossero poi problemi naturali, quali la presenza delle Alpi, dei Carpazi e del Carso, così come la
mancanza di vie marittime. A partire dagli anni ’80 poi si costruirono industrie con amministrazione
indipendente da Vienna.
Tuttavia ciascuna regione dipendeva dall’altra e nonostante che cadde la forzata coesione con la caduta
dell’impero, le conseguenze per l’Austria furono gravi, specie per la distanza dall’Ungheria e per la presenza
di un settore di servizi molto, troppo sviluppato per le ormai ridimensionate dimensioni del paese.
I rapporti fra questi paesi rimasero comunque molto stretti, continuando le esportazioni verso la
Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia e Romania e Jugoslavia.
Nonostante alcune riprese la crisi mondiale del 1929 riportò la crisi, che portò l’Austria a vivere di nuovo in
condizioni disastrose economicamente, situazione culminante poi quando essa venne annessa al terzo
Reich e dovette smettere ogni rapporto commerciale con altri paesi per concentrarsi sulla Germania.