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L’esistenza delle bande partigiane e degli organismi politici che le rappresentano ha effetti maggiori della
loro reale consistenza militare, sul piano politico e sul piano simbolico; effetti che possiamo costatare in
molteplici direzioni, tra cui:
- X quanto riguarda la Rsi, nel limitarne la credibilità e l’autorevolezza, e quindi la capacità di
aggregare consenso.
La genesi della Rsi ha origine in una scelta precisa e non discutibile di Hitler. Da ciò ne discende
una genetica mancanza di autonomia, e x cercare di attenuarla si cercherà di creare un esercito a
base nazionale (che permetterà di continuare la guerra e riscattare l’onore nazionale).
Uno stato che subisce una disobbedienza di massa è uno stato dimezzato, ed è proprio quello che
accadrà: alla stanchezza, al rifiuto della guerra, alla diffusa convinzione che la Germania sarà
sconfitta o che la guerra terminerà presto, si aggiunge anche un ruolo attivo della resistenza nel
determinare l’insuccesso delle leve. Renitenza e resistenza sono entrambe espressioni di rifiuto di
legittimità dello stato: le bande sono deboli, solate, poco armate, uno stato che prometteva di
spazzarle via ma se ne rivela incapace, denuncia una debolezza che è ulteriore incentivo alla
disobbedienza. Le leve x l’esercito fascista significarono, indirettamente e paradossalmente, un
arruolamento nel movimento partigiano, quanto più pesante divenne la costrizione statale, tanto
maggiore divenne il numero di volontari affluiti tra i partigiani.
Gli scioperi di novembre-dicembre 43 che scuotono il triangolo industriale hanno uno scarso
rapporto von le prime manifestazioni della resistenza: sono piuttosto frutto dell’esasperazione, dei
bisogni materiali, ma esprimono anche indignazione e combattività, contribuendo ad alimentare
l’atteggiamento di sfida alla autorità.
In un paese che x 20 anni aveva taciuto, la renitenza, gli scioperi, le prime bande partigiane e i Cln
sono il senale di svolta, l’annuncio di propensioni alla disobbedienza che reciprocamente si
fecondano e amplificano.
- X quanto riguarda il governo del Sud, mettendone in discussione la pretesa di monopolio della
rappresentanza degli italiani.
Il re e il governo Badoglio, insediata la propria residenza a Brindisi, dichiarano guerra alla Germania
il 13 ottobre, ottenendo inoltre x l’Italia il riconoscimento di nazione cobelligerante, qualifica che
avrebbe garantito al popolo il diritto di scegliere alla fine della guerra la forma di governo che
preferiva.
Agli occhi degli Alleati il re e Badoglio appaiono i soli interlocutori accreditati, sia come garanti
dell’armistizio, sia come uniche autorità in grado di chiamare il paese alla lotta contro i tedeschi.
Complesso e difficile è invece il rapporto tra Resistenza e Alleati, i quali non concessero aiuti x lo
sviluppo e la sopravvivenza della Resistenza. Tra i motivi dei mancati aiuti vi fu l’inaspettata
resistenza opposta dai tedeschi sulla linea Gustav , che costrinse gli alleati a prendere atto che non
era possibile prendere Roma entro il 43, ma anche diffidenze ideologiche e scelta filo-badogliana.
L’inverno andrà affrontato contando sulle proprie scarse risorse , proprio nel momento in cui il
rallentamento delle operazioni militari concede agli occupanti di concentrare maggiori forze contro le
bande partigiane.
II fase: gennaio-giugno 44
Sono 2 gli avvenimenti che sul piano militare caratterizzano l’inverno 43-44 sul fronte italiano:
- La resistenza dei tedeschi sulla linea Gustav (si snoda lungo l’asse dei fiumi Garigliano e Sangro).
Per 5 mesi sulla linea Gustav 8in particolare Monte Cassino)si alternano combattimenti e pause,
assalti a quote conquistate e subito perdute: si ritorna paradossalmente alla guerra di posizione.
- Lo sbarco alleato a Anzio (22 gennaio 44), che pare inizialmente in grado di schiacciare in una
tenaglia le truppe tedesche, spalancando le porte a una rapida conquista di Roma, ma che, in
realtà, si concretizzerà in uno stallo.
Tra autunno 43 e primavera 44 le formazioni partigiane dell’Italia centrale, pur mettendo a segno qualche
buon colpo e mostrando una certa efficacia nelle azioni di sabotaggio, risultano incapaci di coinvolgere
porzioni significative della popolazione civile. La liberazione di Roma sarà interamente affare degli alleati, e
l’apporto della resistenza sarà pressoché nullo.
Bisogna attendere la liberazione di Firenze (agosto 44) perché la resistenza dia prova della sua capacità di
suscitare e guidare un apprezzabile protagonismo popolare. L’atteggiamento di scetticismo e le scarse
aspettative degli Alleati riguardo la partecipazione della Resistenza nella liberazione cambiano, in parte,
solo dopo Firenze.
L’arresto dell’avanzata alleata permette ai tedeschi di concentrarsi sulle bande partigiane, attuando una
serie di rastrellamenti che ne riducono di componenti, ma non riuscendo però a sradicarle completamente.
L’altro effetto dei rastrellamenti è quello di selezione dei componenti con maggiore capacità di adattamento,
di organizzazione ed esperienza nelle bande.
L’intenzione dei rastrellamenti non è soltanto quella di eliminare il maggior numero possibile di partigiani,
ma anche quella di terrorizzare la popolazione e di bruciare ogni possibile forma di solidarietà o di neutralità
verso i partigiani. Ma il terrorismo nazifascista, che pure condiziona tragicamente l’atteggiamento dei civili
verso le bande, non raggiunge che in modo parziale i propri obbiettivi: prevale un atteggiamento di tacita
complicità , spesso di aperto favore, soprattutto laddove i partigiani sono in maggioranza nativi.
La prima settimana di marzo 44 rappresenta un momento cruciale di ripresa del protagonismo popolare. La
novità delle agitazioni che si protraggono dall’1 all’8 marzo 44 è che si tratta di uno sciopero generale,
organizzato dal partito comunista, cercando di trascinare nell’organizzazione anche socialisti e i Cln.
Il successo dello sciopero è la verifica di un’avvenuta saldatura fra lotte sociali e lotta armata, e del ruolo
trainante esercitato dal Partito comunista su entrambi i fronti.
A differenza delle agitazioni di novembre-dicembre, è chiara e documentata una preparazione minuziosa
dell’organizzazione comunista. Si parte dalle rivendicazioni economiche, facendo leva sulle condizioni
materiali insostenibili, x portare i lavoratori a sfidare l’ordine e gli organismi repressivi del fascismo e dei
tedeschi, direttamente interessati allo sfruttamento dell’apparato industriale italiano e quindi particolarmente
sensibili a quanto accade nelle fabbriche.
Lo sciopero, rigorosamente vietato, rappresenta una forma di rivendicazione collettiva che viola l’ordine
imposto militarmente sulle fabbriche: il rischio di essere incarcerati, deportati o uccisi è palese.
Vi fu comunque una notevole disomogeneità per quanto riguarda la portata della mobilitazione nelle varie
città. Nonostante ciò lo sciopero allarga le basi sociali della Resistenza ed esalta la perdita di credibilità e di
prospettive della Rsi, ma le rivendicazioni economiche che erano alla base dello sciopero non furono
raggiunte.
Con lo sciopero si estingue l’illusione neofascista di acquisire il consenso operaio con progetti di
socializzazione delle industrie e ricorrendo a una fraseologia antiborghese.
Per la Repubblica lo smacco è duplice: l’impossibilità di neutralizzare lo sciopero, la cui preparazione era
ampliamente nota alle autorità, fornisce anche un’impietosa verifica dell’inefficienza e dell’inefficacia degli
apparati repressivi a contenere un’agitazione di massa. Per di più la Repubblica non è in grado di
organizzare una politica annonaria efficace; il progressivo trionfo del mercato nero è testimonianza della
crisi dello stato centrale ( con quello che le autorità possono assegnare la popolazione sarebbe costretta a
morir di fame).
Il proletariato urbano precipita in una situazione di indigenza insanabile, perché nessun aumento di paga
permetterebbe un accesso soddisfacente al mercato nero: ciò spiega in parte, perchè nello sciopero di
marzo e in quelli successivi, hanno grande spazio, accanto alle richieste salariali, quelle di copertoni x bici,
generi alimentari, di mense aziendali aperte ai familiari.
Gli scioperi e l’ingrossarsi delle bande, assieme all’inarrestabile deterioramento della situazione annonaria,
sono fenomeni connessi a un più generale fallimento. La Rsi si era infatti assegnata lo scopo di riprendere
saldamente in mano la nazione e di piegarla alla fedeltà verso Hitler e quindi alla prosecuzione della guerra
ma a primavera questo progetto mostra la sua impraticabilità: da qui l’accentuazione degli sforzi x creare un
nuovo esercito, e per imporre con la forza ciò che si è rivelato non ottenibile con la propaganda e
l’ideologia.
L’affluenza nelle file delle bande di decine di migliaia di giovani nella primavera 44 non si spiega
unicamente con la scelta di sottrarsi ai bandi di reclutamento della Rsi ma anche dai tempi e dai modi con
cui essa porta avanti il tentativo di dotarsi di un esercito: si alterna la propaganda a minacce. Un decreto
legislativo punisce con la morte renitenti e disertori, ma allo stesso tempo non vi è polizia sufficiente x
obbligare i richiamati alle armi a presentarsi. Successivamente si offrirà l’esenzione dalla pena a chi si
costituirà volontariamente entro 30 giorni da tale decreto.
Anche il regno del Sud non poteva combattere a fondo renitenza e diserzione, segno di un diffuso e visibile
rifiuto della guerra che coinvolge tanto l’Italia occupata dagli Alleati, quanto quella occupata dai tedeschi. Al
nord, però, questo rifiuto viene aggravato dall’esistenza di un’intensa conflittualità operaia e dallo sviluppo
delle bande, segnali di una mobilitazione che si va radicalizzando. I ricorrenti tentativi di ricattare i renitenti
attraverso l’arresto dei genitori finiscono x innescare risposte di tipo comunitario, a cui spesso si affiancano
strategie più classiche di tipo individuale, quali le bustarelle o l’arruolamento nella polizia ausiliaria, nella
Todt.
La Resistenza popolare alla prosecuzione della guerra, acuita dal timore che le reclute vengano spedite
prima in Germania e poi sul fronte russo, si aggiungono alla propaganda dei Cln e della bande. A un
considerevole afflusso iniziale, effetto del bando, subentrano ben presto le fughe: la situazione è
intollerabile e viene affrontata accentuando la politica del pugno di ferro (rastrellamenti si fanno più cruenti,
ma spesso hanno un effetto contrario a quello sperato).
È soprattutto a partire dalla primavera 44 che lo spettro dell