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3. TEORIA DELLO SVILUPPO ECONOMICO

Teoria dello sviluppo economico

Schumpeter assume l’equilibrio walrasiano come punto di partenza per la sua teoria dello sviluppo, ovvero

l’uguaglianza tra domanda e offerta in tutti i mercati.

Lo scenario statico da cui Schumpeter muove è rappresentato dal flusso circolare in cui avviene la

riproduzione invariata di un sistema economico pensato sulla base dello scambio, ossia di un sistema in cui

prevalgono la proprietà privata, la divisione del lavoro e la libera concorrenza.

A prescindere dalle possibili perturbazioni in questo flusso circolare tutti i prodotti debbono essere smerciati

in quanto sono prodotti in base ad una possibilità di smercio nota per esperienza.

In breve, nel flusso circolare (niente modifiche, tutto statico):

la popolazione è data;

• non si danno investimenti netti né risparmi;

• sono esclusi cambiamenti nelle tecniche di produzione e nei gusti dei consumatori;

• i soggetti economici reagiscono a condizioni date;

• il quadro del sistema economico rimane ogni anno simile a se stesso;

• l'attività economica è tesa alla massima soddisfazione dei bisogni sulla base delle condizioni date;

• non vi è nulla che accenni alla possibilità di uno sviluppo.

Nello stato stazionario si possono produrre solo mutamenti continui a cui segue un nuovo equilibrio senza

alcun periodo transitorio di aggiustamento.

Il punto di partenza di Schumpeter è quindi una economia da cui si suppone assente il mutamento ma non la

crescita. Per crescita si intendono le variazioni di popolazione e del volume totale del risparmio e

dell’accumulazione corretti in relazione alle variazioni del potere di acquisto della moneta.

Ciò che nel flusso circolare si trascura è l’essenza del ciclo economico capitalistico, ovvero l’insieme di

variazioni endogene che danno luogo allo sviluppo. Mancano dunque la figura dell’imprenditore e del

capitalista, e i relativi redditi: profitto e interesse.

Innovazione e sviluppo

Il passaggio dalla crescita allo sviluppo viene descritto da Schumpeter come una deviazione dalla teoria

tradizionale.

La teoria statica non è in grado di descrivere quelle che sono le conseguenze dei cambiamenti nel modo

abituale e tradizionale di compiere le cose.

Per sviluppo si devono dunque intendere i mutamenti della vita economica che scaturiscono dall’interno. E’

quindi un fenomeno completamente diverso dal flusso circolare, in quanto caratterizzato da mutamenti dei

flussi e perturbazioni dell’equilibrio che alterano e spostano lo stato di equilibrio precedente.

Cinque sono i casi indicati da Schumpeter:

produzione di un nuovo bene;

• introduzione di un nuovo metodo di produzione;

• apertura di un nuovo mercato;

• conquista di una nuova fonte di approvvigionamento di materie prime e semilavorati;

• attuazione di una riorganizzazione di una qualsiasi industria.

Lo sviluppo consiste soprattutto nel diverso impiego delle risorse esistenti, che andranno a formare nuove

combinazioni. A questo scopo risulta necessario disporre dei mezzi di produzione, o meglio, della

disponibilità finanziaria necessaria al loro acquisto.

Le banche assumono quindi un ruolo centrale nella concessione del credito. Il banchiere offre le condizioni

affinché determinati soggetti economici introducano nuovi mezzi di produzione dando luogo ad una impresa.

L’imprenditore non è quindi necessariamente né il capitalista né colui che si assume il rischio, ma colui che

dimostra autorità, iniziativa e capacità di previsione. Non esercita una professione ne forma una classe

sociale, si è imprenditore sin tanto che si è capacità di produrre innovazione. Deve quindi essere razionale

nella scelta dei propri piani, in quanto è costretto a non far conto della tradizione.

Un altro aspetto importante che la revisione del 1926 consente di cogliere è legato allo spostamento di

interesse dalla figura alla funzione di imprenditore.

Credito e capitale: una teoria creditizia della moneta

Schumpeter ribadisce che di regola l’imprenditore non dispone dei mezzi di produzione e ha quindi bisogno

di far ricorso al credito. A questo riguardo l’autore ricorre all'eresia secondo cui una funzione essenziale

viene svolta dalla moneta e dagli altri mezzi di pagamento.

Dunque la moneta, oltre che essere un mezzo che facilita la circolazione dei beni, è anche tutto ciò che ha la

funzione propria della moneta.

Schumpeter pone una fondamentale distinzione tra una teoria monetaria del credito e una teoria creditizia

della moneta.

La prima vede la moneta a credito usata solo come temporanea sostituta della moneta reale. I pagamenti

finali devono avvenire infatti con moneta reale, che è unità di conto, riserva di valore e mezzo di pagamento.

Gli scambi possono quindi essere basati sul credito, ma l’espansione del credito è limitata dalla quantità di

moneta reale.

Secondo la teoria creditizia della moneta, invece, il credito si espande per permettere all’attività economica

di crescere. Questo nuovo credito crea nuove richieste di moneta reale e porta anche a nuova produzione.

Ma, poiché c’è un sistema di compensazione che cancella richieste e debiti senza l’uso di moneta reale, il

credito non è un sostituto meramente temporaneo della moneta reale.

Schumpeter non nega quindi il ruolo giocato dalla moneta reale come ultimo mezzo di pagamento, nega

semplicemente che essa sia necessaria per la maggior parte dei pagamenti finali.

Ancora su profitto e interesse

Ciò che caratterizza il profitto è il fatto che non è un fattore della produzione. Esso è ciò che rimane

all’imprenditore innovatore una volta pagati tutti i costi, ed è perciò costituito dalla differenza tra ricavi e

spese di produzione, nelle quali devono essere inclusi un salario per l’imprenditore, una rendita per i suoi

eventuali terreni, e un premio per il rischio.

Lo scopo dell’imprenditore, ottenuto il credito necessario con il quale si dota dei mezzi di produzione, è la

realizzazione di una eccedenza sui costi. Solo in un primo momento, l’imprenditore innovatore potrà godere

dei benefici delle sue innovazioni.

Portato a buon fine l’atto imprenditoriale, l’esempio dell’imprenditore innovatore sarà seguito da altri ed

entro un tempo variabile si torna alla legge dei costi.

Un caso particolare è quello del monopolio, nel quale il maggior guadagno reso possibile dal monopolio è un

reddito derivante dalla posizione monopolistica. E questo perché il profitto non è una rendita.

Dalle considerazioni deriva quindi che senza sviluppo non c’è profitto e, senza profitto non c’è né sviluppo

né accumulazione di ricchezza, perché di regola è l’opera dell’imprenditore a creare i patrimoni.

Per Schumpeter alla teoria del profitto è connesso l’interesse.

Di ciò la statica pura non può dare spiegazione, e pertanto anche l’interesse non ha parte in essa. Questa

posizione Schumpeteriana diede luogo ad un importante discussione tra il l’autore e Baum-Bawerk. Secondo

Schumpeter, chi individua la causa dell’interesse in un sacrificio o nel valore minore che attribuiamo a

godimenti futuri non può accettare questa teoria.

L’autore non tratta l’interesse su prestiti consuntivi, il quale potrebbe esistere anche nel semplice flusso

circolare senza sviluppo. L’oggetto dello studio è l’interesse sui prestiti produttivi e Schumpeter intende

dimostrare che esso ha fonte nei profitti, dato che ne è per sua natura un derivato.

Il problema al quale va trovata la soluzione è il motivo per cui, a differenza del profitto che si annulla con

l’adeguarsi delle altre aziende, l’interesse è un reddito duraturo. Per fare ciò Schumpeter elenca una serie di

principi che descrivono l’interesse:

se l’interesse scaturisce dai surplus ne consegue che esso non può darsi in assenza di sviluppo;

• l’interesse non accompagna i valori derivanti dalle ripercussioni dello sviluppo, ma deriva solo dal

• surplus costituito dal profitto imprenditoriale, agisce dunque come una imposta sul profitto;

data la loro temporaneità, il profitto o una sua parte non può essere direttamente interesse;

• il surplus che costituisce la base dell’interesse, essendo un surplus di valore non può presentarsi

• altrimenti che in un’espressione di valore, esprimibile, in un’economia di scambio, come confronto

di due somme di moneta.

L’interesse è un elemento del prezzo del potere d’acquisto considerato come mezzo di controllo sui mezzi di

produzione. Questo ha un valore che oscilla insieme con la domanda e l’offerta di moneta.

E’ un dato di fatto che una somma presente è valutata di più di una futura, in quanto si presta potere

d’acquisto per ottenerne una quota maggiore in futuro. La maggiorazione è dovuta al premio corrisposto.

L’unica classe che ragiona diversamente è quella imprenditoriale. L’imprenditore infatti acquista potere

d’acquisto presente perché, con le sue innovazioni, questo gli frutterà un profitto. In base al fatto che l’azione

imprenditoriale riuscita suscita imitazione, Schumpeter assume che la domanda di credito generi un’altra

domanda, mentre l’offerta, pur se ampia, è limitata. Questo fa si che si determini un interesse al di sopra

dello zero, e che il prezzo del potere d’acquisto contenga anche l’interesse.

Sul mercato monetario dunque un potere d’acquisto presente gode di un premio nei confronti di quello

futuro; il fatto poi che i profitti abbiano natura temporanea, non esclude la possibilità che il creditore possa

comunque “assicurarsi una entrata permanente spostando il suo denaro da occasione a occasione di

impiego”, e ciò fa si che tutte le somme nelle mani del banchiere partecipino di questa legge.

Cenni sulla teoria del ciclo economico

Gli assunti fissati da Schumpeter nella descrizione del Ciclo economico sono:

le innovazioni non sono in nessun momento distribuite casualmente in tutto il sistema economico;

• le innovazioni non rimangono eventi isolati e non sono distribuite in modo uniforme nel tempo;

• poiché le nuove combinazioni non nascono dalle vecchie, ciò dà luogo all’effetto della comparsa a

• sciame delle nuove imprese;

anche la comparsa degli imprenditori non avviene in modo continuo;

• i turbamenti dell’equilibrio da ciò derivanti non possono essere assorbiti senza scosse;

• i mutamenti non consistono mai in un&rsquo

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A.A. 2016-2017
8 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/04 Storia del pensiero economico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher carlo_92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero economico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Politecnica delle Marche - Ancona o del prof Zanini Adelino.