Storia moderna e contemporanea - narrativa tra le due guerre - Appunti
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CIRCOLO DI VIENNA:
Costituito nel 1924 per opera di HYPERLINK "http://www.ildiogene.it/
EncyPages/Ency=Schlick.html" Moritz Schlick, diviene uno stabile
gruppo di discussione che si riunisce di sera, una volta alla settimana,
in un caffè della vecchia Vienna, per discutere di questioni generali di
filosofia della scienza.
Più che filosofi nel senso tradizionale del termine, il Circolo raccoglie
studiosi di varie discipline, che hanno in comune l'insoddisfazione per i
risultati raggiunti fino ad allora dalla filosofia, l'ammirazione per il
metodo scientifico grazie al quale i problemi vengono via via affrontati
e risolti, il rifiuto per le diverse forme di metafisica, l'interesse per la
matematica, la logica e la fisica teorica.
Oltre a HYPERLINK " http://www.ildio gene.it/EncyPages/
Ency=Sclick.html" Schlick, il fondatore, a HYPERLINK "http://
www.ild io g en e.it /E n cyP ag es/E n cy=Carn ap .h t m l" Carn ap e
HYPERLINK "http://www.ildiogene.it/EncyPages/Ency=Neurath.html"
Neurath, che sono gli esponenti più importanti, vanno ricordati i
matematici Hans Hahn e Friedrich Waismann, lo storico Victor Kraft, il
fisico Philipp Frank, i filosofi Herbert Feigl e Gustav Bergmann, il logico
HYPERLINK "http://www.ildiogene.it/EncyPages/Ency=Godel.html"
Kurt Gödel e il giurista HYPERLINK "http://www.ildiogene.it/
EncyPages/Ency=Kelsen.html" Hans Kelsen.
E’ da questo gruppo originario che si sviluppa una corrente di pensiero
che è nota come HYPERLINK "http://www.ildiogene.it/EncyPages/
Ency=neopositivismo.html" neopositivismo, perché riprende alcuni
punti fondamentali del positivismo, utilizzando gli strumenti e i risultati
della logica simbolica. La progressiva affermazione del nazismo in
Germania e in Austria segna la dispersione del Circolo di Vienna. Nel
1936 HYP E R L INK " h t t p : //www.ild io g en e.it /E n cy P ag es/
Ency=Schlick.html" Schlick viene assassinato da un ex studente sulle
scale dell'Università di Vienna.
I due principali autori che hanno contribuito al rinnovamento delle
tecniche narrative del romanzo novecentesco appartengono all’area
franco-inglese: Marcel Proust e James Joyce.
Nonostante le diverse personalità, entrambi sentono l’esigenza di
cambiare il tradizionale modello narrativo con un metodo che si possa
basare sull’intuizione irrazionale come momento rivelatore.
Marcel Proust:
Vita:
Nasce ad Auteuil, nei pressi di Parigi, nel 1871, da padre professore e
madre d’origine ebraica.
Proust entra ben presto in contatto con l’alta società parigina e con i
circoli letterari dell’avanguardia simbolista. Il suo primo volume “I
piaceri e i giorni”, è una raccolta di prose d’occasione ispirate alle
esperienze di vita mondana. Il 1905 è un anno segnato dalla morte
della madre, che apre un periodo di crisi per lo scrittore francese che,
ritiratosi nel suo appartamento, comincia a dedicarsi all’attività
letteraria. La sua morte, causata da un peggioramento della malattia
polmonare, lo coglie nel 1922 mentre sta ancora lavorando agli ultimi
volumi della “Ricerca.”
Opera:
Quello che è considerato il suo capolavoro è il romanzo “Alla ricerca del
tempo perduto”, composto dal 1908 fino alla sua morte, che
comprende sette volumi.
I primi sono:”Dalla parte di Swann”(1913), “All’ombra delle fanciulle in
fiore”(1919), “I Guermantes I e II”(1920) e “Sodomia e
Gomorra”(1921).
Gli ultimi tre sono dati alle stampe postumi, tra il 1923 e il 1927 :”La
prigioniera”(1923); “Albertina scomparsa” (1925); “Il tempo
ritrovato” (1927). Pur riflettendo una visione relativistica della realtà,
la Ricerca è un grandioso affresco della società francese: dall’ ambiente
borghese del protagonista a quello aristocratico. Il primo volume è
quello in cui il protagonista, che s’identifica con l’autore, parlando in
prima persona rievoca la sua infanzia.
Il romanzo può essere considerato la ricostruzione di una vita intesa
come scoperta del significato della realtà attraverso la memoria, la
memoria che occupa un posto di rilievo nel romanzo, poiché è il tema
principale, è considerata l’unico mezzo per il recupero del passato e
per sottrarre l’esistenza umana alla caducità. Secondo Proust, solo
nella memoria l’uomo può cogliere le incessanti trasformazioni alle
quali il tempo sottopone fatti, persone e sentimenti. Egli distingue due
tecniche di recupero:memoria volontaria e memoria spontanea.
La memoria volontaria (o intellettuale) richiama tutti i dati possibili del
passato in termini logici, senza restituire l’insieme di sensazioni e
sentimenti che hanno contrassegnato quel momento come irripetibile;
la memoria spontanea (o sensoriale) è quella sollecitata da una casuale
sensazione che rituffa nel passato con un procedimento alogico che
permette di “sentire” con contemporaneità quel passato.
Questa è la famosa intermittenza del cuore che è la tecnica da seguire
per il recupero memoriale basato sull’analogia e sull’ identità tra la
casuale sollecitazione presente e ciò che è sepolto nel tempo perduto.
Tutta la ricerca può essere considerata un’intermittenza del cuore.
Proprio il meccanismo della memoria involontaria scaturita da un
dettaglio, da un profumo, da un particolare del quotidiano, suscita il
ricordo mettendo in moto il flusso della narrazione. A testimoniare ciò,
nelle prime pagine del romanzo è presente l’episodio del biscotto (la
madeleine) che il protagonista riassapora per la prima volta dopo gli
anni dell’infanzia e che gli riporta alla mente le emozioni e le sensazioni
provate in quel periodo della sua vita. Così il protagonista ritrova il
tempo perduto: le persone care e tutto il “mondo” interiore, fatto di
impressioni, sensazioni.
Un tema dominante del romanzo, collegato logicamente col
precedente, è il tempo. Il tempo è presentato come un elemento
negativo nel quale le sensazioni e le cose sono immerse nel flusso della
transitorietà e dell’effimero e sono sottoposte ad un processo di
disintegrazione che tutto travolge.
TECNICA : Per assecondare il recupero memoriale, cioè il diagramma
della memoria involontaria, Proust organizza il suo monumentale ciclo
di romanzi in modo soggettivo e dinamico, differenziandosi da realisti
e naturalisti che si basano su una narrazione ordinata e obiettiva.
L’aderenza al Simbolismo ha inciso molto sulla poetica di quest’autore,
che crede che tutti gli elementi della realtà materiale siano simboli,
emblemi di una verità superiore che sfugge e che solo attraverso le
intermittenze del cuore è possibile afferrare. Proust procede nella
narrazione senza un ordine cronologico, favorendo una struttura
flessibile, grazie alla quale la ricerca è guidata dal flusso di pensieri e
idee.
Lo stile adottato è ricco di periodi lunghi, lenti, in cui prevalgono
l’ipotassi e gli incisi che stanno a testimoniare l’andamento del
pensiero, il flusso articolato e complesso della memoria.
Un altro aspetto fondamentale della narrativa di questo autore è la
scomparsa del narratore e il prevalere del famoso “flusso di coscienza”:
in Proust l’interesse si sposta dalla caratterizzazione del personaggio
alla rappresentazione dinamica del meccanismo della coscienza. Su
questa strada si pone anche Joyce con la sua opera “Ulisse”.
James Joyce:
Vita:
Nasce nel 1882 a Dublino, viene educato in una scuola di gesuiti
(esperienza biografica che viene trascritta dall’autore nel Dedalus).
Dopo un viaggio a Parigi nel 1902, aumenta nell’autore irlandese
l’insofferenza per l’angustia culturale della sua città, che lo porta ad
abbandonarla definitivamente nel 1904. Nel 1903 comincia a dedicarsi
assiduamente all’attivirà letteraria: stende
”Il ritratto dell’artista” che, insieme all’incompiuto “Stefano Eroe”,
costituisce il nucleo centrale del “Ritrattto dell’artista da
giovane” (1916), poi tradotto in italiano da Cesare Pavese col titolo
“Dedalus”. Dal 1904 al 1915 vive a Trieste insegnando inglese alla
Berlitz School dove conosce Italo Svevo. Si trasferisce in seguito a
Zurigo dove trascorre qualche anno, poi a Parigi. Nel 1914 vengono
stampati i quindici racconti intitolati “Gente di Dublino” composti tra il
1904 e il 1907. Nello stesso anno esce in rivista a puntate “Dedalus” e
inizia la laboriosa stesura del romanzo “Ulisse”, che si protrae dal 1914
al 1921. Due anni più tardi “Ulisse” viene pubblicato in Francia,
suscitando reazioni nel mondo letterario; la prima edizione in italiano
risale al 1960. Dal 1923 al 1933 Joyce è impegnato nelll’opera “La
veglia di Finnegan”. Nel 1941 Joyce si spegne a Zurigo, afflitto da una
malattia agli occhi e da una crisi depressiva.
Opere:
Le prime due opere narrative “Dubliners” (1914) e “Dedalus”(1916)
rientrano nei canoni tradizionali della narrativa. Nei Dubliners Joyce
presenta un’accurata descrizione della città di Dublino, dei suoi
personaggi, delle loro abitudini. Suo scopo è di lasciare un ritratto
realistico della vita della gente comune che svolge azioni comuni e
abitudinarie. Con questo ritratto riesce nella rappresentazione della
realtà mentale, emozionale e biologica dell’uomo.
Joyce adotta differenti punti di vista e tecniche narrative appropriate ai
diversi personaggi descritti. L’attenzione è rivolta principalmente alla
psicologia dei personaggi e la realtà esterna è presente in quanto
fornisce agganci per capire il meccanismo che scatta nell’animo del
personaggio.
L’introspezione psicologica si accentua nel “Dedalus”, le cui
caratteristiche fondamentali sono l’analisi delle reazioni del
protagonista di fronte all’opprimente conformismo del collegio
gesuitico, in cui vive. Questa crisi di un adolescente è narrata in una
prosa elaborata, fitta di suggestioni ritmiche, mediante la quale Joyce
trascrive larga parte della propria esperienza autobiografica.
Le novità del capolavoro “Ulisse”:
La stesura di quest’opera risale al 1914, l’anno in cui viene concluso il
“Dedalus”. La pubblicazione suscita reazioni nel mondo letterario, sia
per i temi trattati (Joyce abolisce qualsiasi censura nel descrivere le
abitudini quotidiane dei protagonisti), sia per la tecnica.
Infatti Joyce adotta infatti un nuovo metodo narrativo, rifiutando
l’intreccio del romanzo tradizionale: scompaiono il narratore e l’ordine
cronologico della vicenda, che viene raccontata attraverso l’ottica dei
personaggi e seguendo la libera associazione di idee (tecnica
conosciuta come”stream of consciousness”).
Il tentativo di descrivere il flusso di coscienza, quell’ininterrotta
sequenza di sensazioni, sentimenti e ricordi che costituisce la realtà
interiore di ognuno si concretizza nell ’uso del monologo interiore,
ovvero nell’esposizione diretta in prima persona dei pensieri di un
personaggio come se questi parlasse fra sé e sé. Questa stessa strada
è imboccata negli stessi anni da Proust e non si può trascurare la
suggestione che gli studi di Freud già esercitano nel mondo
intellettuale.
Il nome “Ulisse” rievoca le affinità con il poema di Omero, ma il
romanzo di Joyce rappresenta la negazione dell’ avventura dell’eroe:
domina l’immobilità e il viaggio avviene nella coscienza dei personaggi.
Un'altra caratteristica dell’ “Ulisse” è lo sperimentalismo linguistico:
Joyce adotta ora uno stile aulico, ora uno stile gergale, viene così a
cadere l’unità linguistica della tradizionale narrativa.
Joyce, inoltre, sfrutta la componente fonica della parola, la sua
dimensione allusiva, nel creare un gioco di corrispondenze con le
parole note e di lingue diverse. Proprio da questo sperimentalismo
nasce la difficoltà di lettura dell’”Ulisse”, causata dagli eccessivi
virtuosismi e dall’uso di complesse figure retoriche e da una sintassi
priva di nessi logici.
Una componente fondamentale del romanzo è l’ironia, un’ironia
lucida, sottile, a volte spietata o grottesca, che tende a sottolineare i
tic, le abitudini e i comportamenti dei personaggi.
Questo elemento accentua la tendenza a descrivere il quotidiano, che il
romanzo tradizionale aveva sempre taciuto o messo in luce negativa,
occupandosi prevalentemente dell’aspetto romanzesco. L’attenzione
ai minimi particolari della realtà quotidiana è collegata al concetto di
“epifania”, intesa come la rivelazione improvvisa di un significato
nascosto delle cose.
Anche nella scrittura al femminile del periodo tra le due guerre c’è una
figura di spicco che aderisce a questo nuovo metodo narrativo:
Virginia Woolf:
Vita:
Nasce nel 1882 a Londra da un illustre intellettuale dell’età vittoriana
facente parte di una famiglia dell’alta società londinese; cresce in un
ambiente letterario e intellettuale e la sua educazione consiste in
lezioni private di greco e nell’accesso alla libreria del padre. Il 1904 è
segnato dalla morte del padre (con cui la Woolf ha avuto un rapporto
conflittuale a causa del carattere aggressivo e da despota di lui), ma
anche dalla nascita del sodalizio intellettuale”Bloomsbury group”che si
riunisce nella casa di Virginia e della sorella Vanessa e in cui si discute
d’arte e cultura. Nel 1912 Virginia sposa Leonard Woolf e questo
matrimonio crea un equilibrio che l’aiuta a superare le sue
drammatiche e ricorrenti crisi nervose e mentali. Il biennio 1913-1915
segna la data d’inizio del “Diario”che non abbandonerà più e in cui
lascerà pagine che testimoniano la lotta col nulla, che sarà la sua
avventura narrativa e l’inizio della sua composizione letteraria. Nel
1917 si colloca la fondazione della stamperia “The Hogarth Press”, su
iniziativa dei coniugi Woolf, che diventerà un punto di riferimento di
rilievo nel panorama culturale inglese nel periodo tra le due guerre. Nel
1940 la guerra raggiunge Londra e porterà nell’animo della scrittrice
una crisi e un senso di sfiducia nel proprio mondo di fronte ai quali
non basteranno né l’impegno coraggioso e infaticabile né il lavoro
assiduo a salvarla. Il 28 marzo del 1941 Virginia si suicida annegandosi
nel fiume Ouse, lontana da Londra, nella sua casa di campagna.
Opere:
Nel 1915 la Woolf inizia la sua professione di letterata e nello stesso
anno pubblica the “The Voyage Out”(la Crociera) e “Night and
Day” (Notte e giorno): questi due primi romanzi seguono il modello
della tradizione letteraria inglese nell’uso delle forme, delle strutture,
dei contenuti. Ma quello a cui si assiste è un lento processo dello
svuotarsi dal di dentro che porterà alla divaricazione finale fra le
inquietudini di un mondo interiore, già attraversato da una tensione
esistenziale, e la forma che le contiene e le soffoca. Intorno ai primi
anni venti si collocano i romanzi della maturità:”Mrs Dalloway” (1925);
“To the lighthouse”(Gita al faro) del 1927 che è considerato il suo
capolavoro. Il primo impulso al romanzo nasce da un bisogno di
liberazione e da un rapporto più sereno e distaccato col proprio
passato. Esso segna una svolta nella carriera artistica della Woolf che
porta al massimo della perfezione estetica e della chiarezza conoscitiva
la sua esperienza narrativa e umana. “To the lighthouse” resta la
realizzazione magistrale e mai più suparata per qualità artistica,
profondità d’immagine, per limpidezza stilistica, per l’uso della tecnica
del flusso di coscienza. Trama: in una giornata estiva nella casa di
villeggiatura della signora Ramsay alle isole Ebridi, si progetta una gita
in barca al faro, che poi sarà rimandata a causa del mal tempo. La
stessa gita sarà fatta dieci anni più tardi ma in condizioni
completamente diverse: la Signora Ramsay è deceduta così come due
sue figlie, e la prima guerra mondiale ha lasciato segni incancellabili
nell’animo delle persone. Arrivati al molo, la pittrice Lily termina il
ritratto della S.ra Ramsay, come a sottolineare che il tempo
interiore,scandito dall’attesa e dal ricordo, non ha nulla a che fare con
il tempo reale di tutti i giorni. Dieci anni sono come un giorno, c’è una
straordinaria dilatazione del tempo, vero protagonista del romanzo. La
scrittrice londinese esplora anche il campo della critica letteraria come
dimostra nei suoi saggi ”The Common Reader”. Nel 1929 pubblica ”A
Room Of One’s Own” che diviene un’opera di grande influsso sul
movimento femminista del 1960-1970. Nello stesso anno inizia a
lavorare al suo romanzo “The Waves” terminato nel 1931, nel quale la
Woolf sembra riconoscere l’esistenza di un legame tra il suo processo
creativo e la sua malattia, aggravata dalla Seconda Guerra Mondiale
che aumenta la sue ansie e paure.
Poetica:
Intorno alla metà del 1920 con il saggio “Times Literary Supplement”
la Woolf inaugura la sua nuova poetica che si allontana dal tradizionale
romanzo ottocentesco, in crisi insieme con la tradizione letteraria. Nei
suoi romanzi viene mantenuta la posizione esterna e oggettiva del
narratore e sottolineato il ruolo che l’amore ha assunto nella crisi della
modernità e le difficoltà che i sentimenti hanno ad aderire alla realtà e
alla vita. Anche la scrittrice britannica sperimenta la tecnica dello
“stream of consciousness” (v. panorama generale). Di questa la Woolf
adotta la forma libera e mobile. Inoltre con un stile definito
“puntinismo lirico”(il richiamo è alla tecnica puntinista in pittura), la
prosa riesce a rendere, in immagini vivide e straordinariamente
fantasiose, l’essenza del pensiero, la percezione del mondo, l’intensità
sfuggente dell’attimo che si trasforma in momento di visione nello
scorrere del tempo. La sua tecnica si basa sulla fusione di flussi di
pensieri in terza persona. La scrittrice evidenzia la connessione tra il
mondo esteriore e interiore, tra passato e presente, discorsi e silenzi.
Mentre Joyce si interessa della sperimentazione del linguaggio e
punta all’accumulo dei dettagli, l’uso delle parole dell’autrice è più
poetico, allusivo e emozionale. La fluidità è la qualità del linguaggio
che scorre seguendo i pensieri più intricati per esprimere i sentimenti
più intimi.
AREA TEDESCA
L’area tedesca è interessata da fermenti e correnti che fanno di questa
regione una tra le più vive e interessanti d’Europa, specialmente nel
periodo tra le due guerre.
Infatti, negli anni che vanno dal 1920 allo scoppio della seconda
guerra mondiale e oltre, l’avvento della filosofia nazionalsocialista di
Hitler e il crescente movimento di propaganda politica assoggettano la
maggior parte degli intellettuali che vedono soppressa la propria
libertà di espressione e di stampa.
Tuttavia la reazione degli intellettuali al totalitarismo hitleriano non è
univoca:alcuni proclamano la propria astensione, in vista di un ritiro
dalla vita pubblica, altri contribuiscono con la loro arte a promuovere
le idee rivoluzionarie di nazionalismo, di sangue e razza,altri ancora si
battono apertamente contro l’ideologia nazista e molti sono uccisi o
incarcerati, o emarginati, come nel caso Bertold Brecht, i fratelli Mann.
Nell’area tedesca nazista Praga è uno dei centri culturali più vivaci
seguita da Vienna.
Proprio la prima è caratterizzata da un forte clima mitteleuropeo,dove
cultura ebraica, slava, tedesca convergono.
In questo clima di incertezza si trovano a vivere e ad operare autori
come Thomas Mann, Franz Kafka, Robert Musil.
FRANZ KAFKA
Nasce a Praga da famiglia ebraica nel 1883, figlio di un commerciante
ebreo con cui ha un rapporto tormentato che caratterizza tutta la sua
produzione artistica.
Studia giurisprudenza e si laurea nel 1906, nel 1908 trova impiego in
una compagnia di assicurazioni.
Si dedica all’attività artistica contemporaneamente al lavoro e tra il
1912 e il 1920 abbozza e completa tutte le opere più importanti,
come “America “, “La condanna”, “Il fuochista”, “Le metamorfosi”, “Il
processo”.
Nonostante tutto Kafka decide di non pubblicare le sue opere eccetto
“Le metamorfosi”, dato alle stampe nel 1915.
Si ammala di tubercolosi attorno al 1917 e nel 1922 inizia la stesura
del romanzo “Il castello”.
Muore nel 1924 a Vienna.
Temi e narrativa:
I motivi fondamentali nell’ opera artistica di Kafka sono la colpa,la
condanna e il conflitto con la figura paterna.
I suoi personaggi sono schiacciati dal peso di una società governata da
incomprensibili leggi che regolano il vivere sociale, sono vittime di
forze oscure.
La società che si delinea è dominata dall’irrazionale e dall’assurdo e
l’atmosfera è surreale, allucinata e talvolta onirica.
Kafka svolge la narrazione con estrema precisione e realismo e accosta
questi elementi di oggettiva lucidità a elementi fantastici, irrazionali per
testimoniare l’impossibilità conoscitiva dell’uomo di fronte alla realtà.
Attraverso romanzi come “Il processo” e “Il castello” , l’autore vuole
rappresentare la distanza invalicabile tra la verità e un uomo alienato,
estraniato da una società che svilisce la sua dignità attraverso una
quotidianità frustrante e incomprensibile.
Tuttavia i personaggi non hanno un atteggiamento passivo nei
confronti della società, tutt’altro, lottano e, come è possibile vedere
nel “Processo “ e nel “Castello”,non smettono mai di chiedersi le cause
della propria condanna, pur non giungendo mai ad una risposta.
Dal punto di vista stilistico Kafka riprende i grandi modelli del
romanticismo (Goethe), del decadentismo e spunti dal teatro jiddish.
Adotta inoltre le forme del racconto aperto e frammentato,dove
abolisce la figura del narratore onnisciente per dar voce ad una visione
cupa e pessimistica della vita umana.
Kafka differisce da scrittori del suo tempo come Joyce e Proust ,
poiché l’estraniamento dalla società non si riconosce nel romanzo di
tipo psicologico, infatti tenta solo una disincantata descrizione degli
assurdi meccanismi sociali, senza indagare a fondo l’Io dei personaggi
in una direzione più realistica.
THOMAS MANN
Nasce nel 1875 in Germani a Lubecca, in una ricca famiglia borghese.
Importante nella sua formazione artistica è il viaggio intrapreso in
Italia nei primi anni del 1900.
E’ sempre in questo periodo che vedono la luce i “Buddenbrooks",
“Tonio Kroger”, “Altezza reale”, “La morte a Venezia”.
Nel 1933, con l’avvento del nazismo, essendo in aperta opposizione a
questo, si rifugia negli Stati Uniti dove continua l’azione di propaganda
anti-nazista.
Negli anni che precedono lo scoppio della seconda guerra mondiale
pubblica “Giuseppe e i suoi fratelli” e “Doctor Faustus”.
Muore in Svizzera nel 1955.
Temi e narrativa
La produzione artistica di Mann è sospesa tra romanticismo e
classicismo e gli autori a cui Mann si rifà sono soprattutto
Schopenhauer e Nietzsche e Goethe da cui eredita le grandi antinomie
che sono il carattere essenziale della sua produzione e l’esasperato
pessimismo.
I conflitti esaminati da Mann sono la volontà di cercare un ordine e la
tendenza al caos, il contrasto tra amore, morte e bellezza,
irrazionalismo e precisione lucida e oggettiva.
Lo scrittore svolge anche il tema della malattia, del declino familiare e
dello straniamento dalla società (Tonio Kroger), specialmente
dell’artista.
La caratteristica essenziale della narrativa di Mann è l’uso dell’ironia
come mezzo per distaccarsi dalla realtà.Lo scopo di questa distanza
presa dalla realtà non è quello di giudicare, piuttosto è il risultato della
maturata consapevolezza della distanza che c’è tra arte e vita.
L’obiettivo principale di Mann è quello di narrare il dramma del declino
della società borghese, denunciandone apertamente gli aspetti
negativi e rievocando con nostalgia gli alti ideali del passato che non
sono più ravvisabili nel presente.
La sua opera più importante è “La montagna incantata” che tocca i
t emi principali dell’o pera di Mann: mo rt e, malat t ia, vit a
dell’intellettuale.
La malattia è vista qui come ansia di conoscenza e ricerca di umanità e
presenta un doppio volto: quello negativo che degrada la dignità
umana poiché deturpa il corpo, e il volto positivo che distacca l’uomo
dalla realtà. Ne “La montagna incantata” tema centrale è il tempo
inteso nell’ottica tutta novecentesca, ossia scisso in due componenti
differenti:il conflitto risiede nella distanza che intercorre tra tempo
“puro”, ossia il tempo interiore quello che dipende dal soggettivismo
dei personaggi, e tempo “reale”, oggettivo, misurabile.
ROBERT MUSIL
Nasce a Klagenfurt nel 1880,è figlio di un ingegnere che lo introduce al
mondo della matematica.
Studia in collegio ed entra nell’accademia militare, laureandosi
successivamente in ingegneria al Politecnico di Brno nel 1902.
Nel 1904 si trasferisce a Berlino dove consegue una laurea in filosofia e
psicologia sperimentale.
Nel 1906 pubblica il primo romanzo “I turbamenti del giovane
Torless”,nel 1911 “Gli incontri” e nel 1921 “I fanatici”.
Musil partecipa alla prima guerra come ufficiale dell’esercito austriaco e
dopo questa si dedica alla stesura de “L’uomo senza qualità” e lavora
anche come bibliotecario.
Dopo l’avvento di Hitler va a Vienna, in seguito in Svizzera, a Ginevra,
dove muore nel 1942.
TEMI E NARRATIVA
I temi presenti nell’opera di Musil, in linea con gli altri autori del suo
tempo e dello stesso contesto storico politico, sono l’indagine della
coscienza e la crisi dell’Io dell’individuo.
Altri motivi importanti sono l’estraniamento dell’intellettuale, la crisi
familiare e la crisi della società borghese.
La sua opera più importante è “L’uomo senza qualità” a cui si dedica
per dieci anni, dove narra la vicenda di Ulrich, “uomo senza qualità”
proprio perché proteso a esplorare tutte le possibilità intellettuali, nel
vano intento di trovare il senso della propria esistenza.
Il protagonista, dotato di grandi qualità, non sa indirizzarle verso
qualcosa di concreto, per questo motivo Musil vuole rappresentare
l’immobilismo della società contemporanea nell’area mitteleuropea
prima della guerra.
La rappresentazione della società contemporanea si esprime anche
attraverso i discorsi dei personaggi che toccano quasi tutte le ideologie
e le correnti culturali del tempo.Alcuni personaggi sono, spesso,
ritratto caricaturale di persone reali.
L’autore non identifica tanto la propria opera con il romanzo storico
(anche se l’impostazione è romanzesca) quanto col romanzo-saggio;
infatti la narrazione fluida si contrappone a frequenti parti di
divagazione di impianto filosofico e riflessivo, attraverso cui Musil può
effettuare le sue considerazioni di carattere generale.Scrive,infatti, lo
stesso autore :“Non mi interessa la spiegazione reale di un reale
avvenimento.La mia memoria è cattiva.Oltre a ciò i fatti sono sempre
interscambiabili. A me interessa lo spiritualmente tipico, vorrei
addirittura dire: lo spettrale dell’accadere”.
Dal punto di vista stilistico,egli abolisce la narrazione continua e
sequenziale a favore di una maggior analisi psicologica. Egli ,infatti,
cerca di arginare lo sfaldamento psichico con una struttura narrativa di
rigore, tipica del saggio scientifico.
Come è già stato visto in Mann, anche Musil adotta l’ironia, ma non
tanto come consapevolezza dell’incolmabile distanza situata tra arte e
vita, quanto per descrivere quello che potrebbe essere, quindi
utilizzandola con implicazione utopistica.
AREA AMERICANA
In Italia nella letteratura d’opposizione al clima autarchico del regime si
diffonde un grande interesse per la letteratura americana grazie alla
traduzione di testi di Hemingway, Faulkner, Steinbeck,…da parte di
Pavese e Vittorini.
Dai testi di questi scrittori americani deriva il mito dell’America come
terra di sogno e vitalità, libera da una tradizione letteraria e dal
conformismo del regime fascista. Nonostante ciò, l’esperienza della
prima guerra, i suoi orrori e la brutale realtà del conflitto hanno un
impatto duraturo sull’immaginazione e sulla letteratura americana:
testimonianza ne sono i romanzi: “Addio alle armi”(1929) di Ernest
Henmingway e “La paga del soldato”(1926) di William Faulkner.
L’orrore della guerra ha lasciato segni profondi nell’animo di questi
scrittori e i motivi letterari che ritornano spesso sono di ordine sociale,
quali l’emancipazione, le condizioni dell’esilio, l’eccesso, depressione e
difficoltà economiche. Autori importanti del panorama statunitense
sono Fitzeral, con l’opera “Il grande Gatsby”, Faulkner e Steinbeck che
approfondiscono le tematiche sociali e i conflitti razziali accentuando gli
aspetti cruciali della crisi del secolo. Questo periodo vede anche la
nascita di una tecnica giornalistica nuova ad opera di John Reed,
definita a “collages” ,che influenzerà profondamente la letteratura di
questi anni.
I circoli culturali sono ancora di stampo elitario, aperti solo agli
esponenti dell’alta borghesia anche se emerge sempre di più la
corrente realistica interessata alla descrizione delle città, delle fasce più
basse della popolazione.
Il giornalismo a cui si è appena accennato ha contribuito allo sviluppo
del realismo e alla formazione di intellettuali appartenenti a ceti bassi,
come nel caso di Sherwood,Dreiser. Alcuni scrittori che espatriano
dopo la fine della prima guerra mondiale in Europa fanno parte del
gruppo conosciuto con il nome Lost Generation, di cui fa parte
Hemingway, Faulkner e Steinbeck.
.
HARLEM RENAISSANCE:
Tra il 1920 e l 1930 nasce un movimento sociale e culturale ad
Harlem, la più numerosa comunità nera del mondo.
Questo gruppo di persone, di cui fanno parte autori come Toomer,
Hurston,Cullen, è estremamente elitario e il loro scopo è quello di
ridefinire i valori “neri” in contrapposizione a quelli “bianchi”.Questo
comportava riscoprire la storia nera, africana e il problema secolare
della schiavitù.Quello di Harlem è un circolo che influenza molto la
letteratura americana e europea.
Ernest Hemingway:
Vita e Opere:
Nasce ad Oak Park, nei pressi di Chicago, il 23 Luglio del 1899 da un
padre medico e da una cantante lirica di scarso successo. Trascorre
un’infanzia agiata e serena nella sua villa , tipica dell’età Vittoriana
barocca e al raggiungimento della maggiore età si arruola come
volontario per la Prima Guerra Mondiale dove riveste il ruolo di
tenente della Croce Rossa Americana sul fronte italiano. Giunge in
Italia nel giugno del 1918 e un mese dopo viene ferito presso
Fossalta.
La sua vita non è sedentaria, anzi trascorre la maggior parte degli
anni fuori dell’America, in Italia, Francia, Spagna, Cuba. Lo scrittore
statunitense ha un temperamento latino e un amore per il
divertimento e la trasgressione che lo fanno sentire oppresso
dall’ambiente conservatore e bigotto della ricca borghesia americana.
In Italia con la partecipazione alla Grande Guerra, in cui Hemingway
ha avuto modo di vivere tutti gli aspetti peggiori della guerra, lo
scrittore inizia a nutrire un acceso antimilitarismo che traspare
chiaramente dalla sua creazione letteraria.
Dopo il conflitto bellico, torna a Chicago nel 1920 dove inizia a
collaborare con il “Toronto Star”. Nel 1921 si trasferisce a Parigi come
corrispondente del giornale e dove conosce e inizia a frequentare
Anderson Sherwood e Gertrude Stein che considera come maestri.
Questi lo introducono nell’élite culturale parigina dove conosce James
Joyce e in questo periodo scrive il suo primo romanzo “In our time
(Nel nostro tempo)” (1924).
Nel 1926 viene pubblicato“Fiesta” in cui lo scrittore descrive la sua
passione per la corrida, nata durante la festa di San Firmino a
Pamplona, e la “generazione perduta”, che cercava di celare la propria
incertezza e disperazione e di sfuggire al Nulla di Parigi con l’alcool, la
dissolutezza nei costumi sessuali e la ricerca di emozioni in ambienti
esotici.
Da questo momento in avanti la sua fama cresce sempre più
mediante i racconti “Uomini senza donne”(1927); “Il vincitore non
p r en d e n u l l a” (1 9 2 7 ) e l a r acco l t a d ei “ Q u ar an t an o v e
racconti”(1938),nonché “Addio alle armi”(1929) considerato da lui
stesso il suo miglior romanzo. Segue una serie di racconti “Verdi
colline d’Africa”(1937); “Avere e non avere”(1937).
Nel 1940 viene pubblicato “Per chi suona la campana” in cui l’autore
fa trasparire la sua libertà di pensiero e il suo disprezzo per le atrocità
della guerra.
Gli ultimi quindici anni della vita di Hemingway sono segnati dalla
degenerazione delle sue condizioni fisiche e mentali, compromesse da
un eccessivo abuso di alcolici. Questo stato depressivo influenza la sua
attività di scrittore: una delle opere considerata fra le migliori è il
romanzo “Il vecchio e il mare”(1952) che gli frutta il Premio Nobel per
la Letteratura nel 1954. Nel 1960 le condizioni di salute peggiorano
fino a portarlo al suicidio la mattina del 2 Luglio 1961, nella sua casa di
Ketchum.
Il capolavoro.
Le storie vere sono l’oggetto della narrativa di Ernest Hemingway,
basata su uno stile raffinato e chiaro che fa della semplicità lo
strumento cardine del suo successo narrativo. Nei suoi romanzi lo
scrittore americano presenta elementi di finzione e realtà e come
protagonisti pone persone realmente esistite e conosciute da lui
stesso.
I suoi personaggi hanno sempre dato voce ai suoi reali pensieri, senza
giri di parole e senza il timore di crearsi ostilità.
Il titolo dell’opera “Addio alle Armi” trae origine dall’omonima poesia
“Farewell To Arms” di George Peele.
Il romanzo viene pubblicato a New York nel 1929, ma solo dopo la
seconda Guerra mondiale esce in Italia, in quanto bandita dal regime
fascista a causa dei suoi contenuti anti-militaristici.
Mantenendosi fedele alla propria tecnica narrativa, basata sulla
descrizione oggettiva e non su quella dei sentimenti e dell’ interiorità
dei personaggi, Hemingway narra la vicenda della battaglia di
Caporetto attraverso le testimonianze dei feriti soccorsi dallo scrittore,
avvalendosi della figura del tenente della Croce Rossa che ricalca
chiaramanete l’esperienza dell’autore sul fronte italiano.
Lo scrittore americano intreccia un storia d’amore con una di guerra e
proprio questi due elementi rivestono il ruolo dei temi principali sui
quali il protagonista vive un percorso di formazione.
La guerra è vista inizialmente come ricerca di esperienze nuove e
intense, ma ben presto si rivela piena di sofferenze, atrocità e
ingiustizie. Da questa consapevolezza acquisita con l’esperienza,
Hemingway nutre quel sentimento di antimilitarismo che domina in
tutti i suoi romanzi.
Anche nella sfera sentimentale il protagonista Frederick Henry subisce
un processo di formazione: inizialmente intende l’amore come ricerca
d’avventura e passatempo, per poi considerarlo come una crescita
affettiva che, con la protagonista Catherine, si concretizza in un
rapporto sincero e intenso.
Il romanzo, come il precedente Fiesta, esprime lo stato d’animo della
“Lost Generation” che ha perso la fiducia nei valori tradizionali (il
patriottismo, il lavoro, il moralismo vittoriano), ma non riesce a
trovarne di nuovi. Così anche la figura di Catherine, che alla fine del
romanzo muore per emorragia da parto cesareo, testimonia
l’incapacità di trovare nuove certezze in un mondo inaridito come
quello dopo la Grande Guerra.
William Faulkner
Lo scrittore statunitense William Faulkner è considerato uno dei più
importanti romanzieri americani insieme al già citato Hemingway .
Le sue opere sono caratterizzate da una scrittura densa di HYPERLINK
"http://it.wikipedia.org/wiki/Pathos" \o "Pathos" pathos, da grande
spessore psicologico, da periodi lunghi e da una profonda cura nella
scelta dello stile e del linguaggio. E’ considerato il rivale di HYPERLINK
" http://it.wikipedia.o rg/wiki/Ernest_Hemingway" \o " Ernest
Hemingway" Ernest Hemingway, che gli si oppone con il suo stile
conciso e asciutto. È ritenuto forse l'unico vero scrittore modernista
statunitense degli HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/
Anni_1930" \o "Anni 1930" anni '30: Faulkner si uniforma alla
tradizione sperimentale di scrittori europei quali HYPERLINK "http://
it.wikipedia.org/wiki/James_Joyce" \o "James Joyce" James Joyce,
HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Virginia_Woolf" \o "Virginia
Woolf" Virginia Woolf e HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/
Marcel_Proust" \o "Marcel Proust" Marcel Proust adottando la tecnica
del flusso di coscienza.
Nasce nel 1897 a New Albany, nel Mississippi da una famiglia
aristocratica, decaduta in seguito alla Guerra di secessione. Cresce
nell’atmosfera leggendaria del vecchio Sud feudale e agrario che il
Nord borghese e mercantile ha distrutto. Interrompe gli studi nel
1918 per arruolarsi volontario nell’aeronautica canadese senza poter
mai raggiungere il fronte europeo.
In seguito alla pubblicazione del primo volume di poesie “Il fauno di
marmo”(1924), si trasferisce a New Orleans dove conosce Sherwood
Anderson, maestro anche di Hemingway, che insieme a J. Joyce
diviene il suo mentore nel suo apprendistato di scrittore.
Compone due romanzi: “La paga del soldato(Soldier’s Pay)” (1926) un
romanzo di guerra che esprime il disicanto di una generazione in un
linguaggio ricco di echi letterari; “Sartoris”(1929) che gli procurano
l’attenzione del pubblico:viene così identificato quale esponente della
“Lost Generation”.
Tutta la sua produzione s’incentra sullo scontro tra la cultura e i
problemi razziali tra “bianchi” e “neri”, i problemi socio-politici del Sud,
il conflitto tra valori della vecchia tradizione e gli apporti etico-culturali
della nuova, oggettivizzati nelle famiglie dei Composon e Sartoris e
degli Snopes. Nel romanzo “L’urlo e il furore(The Sound and the
Fury)”(1929) Faulkner rappresenta queste problematiche ricorrendo
alla tecnica del “flusso di coscienza” di derivazione joyciana,
evidenziandone la funzione drammatica.
Tra i romanzi più conosciuti di questo autore è d’obbligo citare:
“Absalon Absalon”(1936); ”Gli Invitti”(1938). Al 1942 risale la raccolta
di racconti “Scendi Mosè (Go Down Moses)” in cui Faulkner evidenzia
gli aspetti religiosi della sua problematica: la visione puritana del male
e il senso del peccato. Seguono il romanzo-dramma “Requiem per una
monaca(Requiem for a Nun)”(1951); “La città”(1961); “Il
palazzo”(1963); “I Saccheggiatori”(1962) in cui lo scrittore
statunitense recupera e dilata il suo senso del favoloso e del comico,
riallacciandosi alla tradizione umoristica della ‘frontiera’ e di Mark
Twain.
Faulkner è ignorato per anni negli Stati Uniti e apprezzato solamente
in Europa
L'ultima parte della sua vita è purtroppo segnata da un grave
problema di HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Alcolismo" \o
"Alcolismo" alcolismo, propensione caratteristica di molti esponenti del
gruppo della “Lost Generation”. Questo non gli impedisce di ricevere,
n el 1 9 4 9 , il HYP E R L INK " h t t p : //it .wik ip ed ia.o rg /wik i/
Premio_Nobel_per_la_letteratura" \o "Premio Nobel per la letteratura"
Premio Nobel per la Letteratura. Faulkner decide di devolvere il proprio
premio per la costituzione di un fondo che abbia come scopo quello di
aiutare ed incoraggiare nuovi talenti letterari. Questa donazione viene
d en o m in at a “ HY P E R L INK " h t t p : //it .wik ip ed ia.o r g /wik i/
Premio_Faulkner" \o "Premio Faulkner" Premio Faulkner”. Lo scrittore
americano muore all’età di sessantaquattro anni, il 16 Luglio 1962, ad
Oxford nel Mississippi.
JOHN STEINBECK
Nasce a Salinas [California] nel 1902. Interrompe nel 1926 gli studi alla
Stanford University per unirsi nell'Oklahoma a un gruppo di lavoratori
agricoli che emigravano verso occidente, spinto da un profondo
interesse per i problemi sociali. Durante la seconda guerra mondiale
impegna tutto il suo prestigio di scrittore nell'attività di corrispondente
di guerra e autore di libri di propaganda bellica. Nel 1962 gli viene
assegnato il Nobel ("for his realistic and imaginative writings,
combining as they do sympathetic humour and keen social
perception"). Muore a New York nel 1968.
Opera:
Steinbeck è interessato prevalentemente all’aspetto sociale che è
molto presente nei suoi romanzi.
Per esempio in “Incerta battaglia” (1936), dove narra le drammatiche
vicende di una famiglia di contadini in viaggio per la California alla
ricerca di un lavoro, vuole portare alla ribalta la condizione dei
braccianti e rappresentare la “grande depressione” degli anni ‘20,
frutto dell’esperienza maturata a contatto con i contadini.
IL suo romanzo più famoso è “Furore” ( “Grapes of wrath”) dove
emergono altri temi legati alla sfera sociale con particolare attenzione
agli umili.
Negli anni della guerra Steinbeck si specializza maggiormente nel
giornalismo, mentre gli anni successivi alla guerra sono caratterizzati
da una minor carica di denuncia sociale e sono indirizzati verso un
maggior sentimentalismo.
La California è un ambiente che ha segnato profondamente l’animo
dello scrittore e lo ha portato ad interessarsi alla società,alla condizione
dei lavoratori, alla psicologia dell’uomo assorbito dal lavoro disumano
e insoddisfacente.
Quadro generale della narrativa italiana del I
dopoguerra
Gli anni del I dopoguerra italiano sono fortemente segnati dalla rigida
oppressione (anche culturale) operata dal Fascismo che condiziona
non solo il campo della saggistica e del giornalismo, tradizionalmente
molto legati all’immediata attualità, ma anche quello della narrativa. Il
terzo decennio del Novecento non è, infatti, uno dei momenti più
fecondi per il romanzo, che rimane un po’ ai margini rispetto alla
poesia, nonostante l’invito di Borgese e la simpatia del regime per una
narrativa che sappia mettere in luce positiva le conquiste del governo
di Mussolini. Conseguenza diretta è la grandissima difficoltà incontrata
dagli intellettuali dell’epoca di esprimere liberamente le proprie idee: si
giunge, così, a una stagione di grande sperimentalismo formale e
contenutistico, atto a denunciare i sintomi di una società malata e di
una realtà che risulta sempre più difficile da accettare. Si avverte,
quindi, la volontà di ricercare modalità espressive nuove in grado di
descrivere in modo anche molto mediato le problematiche
contemporanee. In particolare abbiamo chi, come Tozzi, rifacendosi
alla lezione verghiana, fa emergere dal mondo provinciale e
contadinesco italiano una classe media incapace di saper fare i conti
con una realtà estremamente opportunista, chi poi, come accade nel
“Rubè” di Borgese, fa avvertire, in modo spietato, la disillusione tra
l’entusiasmo prebellico e l’esperienza vera e propria della guerra, e,
infine, chi (si consideri “Il diavolo a Pontelungo” di Bacchelli), cela la
figura stessa del Duce dietro un anarchico insurrezionalista presentato
come estremamente incoerente con punte anche grottesche. Comune
a tutti questi autori è, comunque, la volontà di far trarre al lettore dai
protagonisti delle loro opere (che spesso risentono di spunti
autobiografici) gli stereotipi di stampo tipicamente fascista, colti nella
loro preistoria. Accanto a questi tentativi, vi è anche quello di
sprovincializzare la letteratura italiana dall’autarchia imposta: rilevante,
in questo senso, l’apertura verso il romanzo europeo promossa da
Borgese.
Federigo Tozzi
Tormentato e condizionato da una figura paterna estremamente
austera e pragmatica, Tozzi (Siena 1883- Roma 1920), contrariamente
alle sue inclinazioni e aspirazioni letterarie, trascorre la giovinezza tra la
gestione della trattoria e quella del podere (entrambe proprietà di
famiglia): ne deriva un carattere difficile e rissoso, che si traduce in una
vita disordinata seguita alla cattiva gestione dell’eredità.
Dalle sue opere più importanti (“Il podere” e “Tre Croci” pubblicati
entrambi nel 1920) emerge, dietro gli spunti autobiografici,
l’inettitudine del ceto medio borghese a gestire le proprie risorse, da
cui deriva una paura di vivere e di un’esistenza che a volte assume i
connotati di un incubo vero è proprio: quella presentata da Tozzi è
l’incapacità di vivere in un mondo in cui non si perde occasione di
sfruttare, per scopi egoistici, l’inesperienza e l’ingenuità altrui (si
prenda ad esempio la vicenda de “Il podere”).
In particolare si consideri la storia de “Il podere” o di “Tre Croci”: la
prima è la vicenda di Remigio Selmi, giovane quanto inesperto erede
di un podere nella campagna senese: osteggiato per la sua
inettitudine dai suoi stessi dipendenti, costretto (sommerso dai debiti)
a mettere un’ipoteca sulla proprietà, egli viene infine condannato a
dare alla giovane amante del padre quanto questo le aveva promesso.
In un’esplosione di odio, Remigio viene infine assassinato da un suo
mezzadro. “Tre Croci” vuole essere, invece, la storia di tre inetti ed
abulici fratelli senesi, proprietari di una libreria: non essendo essi in
grado di dare impulso al commercio, la loro vita diventa un torpido
lasciarsi andare, fino a quando, tra un debito e l’altro, incominciano ad
arrivare i primi segni di una rovina imminente: si giunge così al suicidio
di uno dei fratelli, mentre gli altri due non hanno il tempo di rifarsi una
nuova vita, colti da una morte improvvisa.
Di fronte alla cruda presa di coscienza della propria inettitudine, non si
può far altro, quindi, che abbandonarsi passivamente al corso degli
eventi, finché si giunge sull’orlo del baratro: da qui si consumano
omicidi e finali tragici, che fanno emergere tutta la violenza di una
società impregnata di estremo materialismo e pragmatismo.
Rifacendosi alla lezione verghiana e al realismo russo di Dostoevskij,
non senza alcune introspezioni psicologiche tratte dalla moderna
psicologia, il registro di Tozzi si caratterizza di una lingua viva, nitida e
violenta, che non disdegna forme anche vernacolari per conferire
ulteriore forza e immediatezza alle crude immagini presentate in una
prosa frammentata e non lineare.
Giuseppe Antonio Borgese
Personaggio autonomo in campo politico e culturale, Borgese
(Palermo 1882 – Fiesole 1952) è un acceso interventista prima dello
scoppio della Prima Guerra Mondiale, per poi rimanere deluso
dall’esito. Il rifiuto di prestare il giuramento al regime fascista (imposto
ai professori universitari), gli costerà l’esilio in America dal 1931 al
1949. Ottimo critico d’arte e letterario (è tra i pochi ad apprezzare
subito la narrativa di Tozzi e di Moravia), Borgese mantiene sempre
una posizione libera e distaccata anche rispetto alle correnti letterarie
dominanti: egli si allontana, infatti, dal frammentismo vociano e
dall’estetismo dannunziano, discostandosi quindi da un’arte fine a sé
stessa per dare vita ad una letteratura integrale e drammatica.
Recuperando un romanzo con strutture compatte e ampie, egli dà
spazio non solo alla storia, ma anche ai nuovi territori della psicologia
moderna esplorati con una lingua e uno stile secchi e immediati.
La sua opera più nota, “Rubè” (pubblicata nel 1921), si configura,
infatti, come un romanzo di grande introspezione psicologica, colorato
con forti tinte autobiografiche. E’ la storia di un intellettuale piccolo-
borghese meridionale, Filippo Rubè, che, come l’autore, guarda con
giovanilistica speranza alla guerra e al futuro da essa annunciato. Il
tema fondamentale, però, della vicenda sarà il duro contrasto tra
questo entusiasmo prebellico e la disillusione dell’esperienza vera e
propria, in cui l’uomo è divorato da un ingranaggio mostruoso nella
sua indifferenza, che non gli concede di reagire, né tanto meno di
esprimere la propria individualità: illusorio è il tentativo di modificare il
corso degli eventi. La connessione con la stretta attualità è evidente
nel tragico quanto grottesco finale: Rubè, capitato per caso in una
manifestazione socialista a Bologna, rimane ucciso, travolto da una
carica di cavalleggeri, «senza che nessuno riesca a capire se era dalla
parte dei fascisti o dei socialisti rivoluzionari: che è un’intuizione niente
affat t o sp reg evo le d ella p icco la b o rg h esia d ell’et à
giolittiana» (Luperini). C’è quindi anche (non del tutto celata) una
critica all’ipocrita classe imprenditoriale che ha favorito l’ascesa di
Mussolini. Tuttavia il merito di Borgese è stato quello di aver saputo
cogliere in nuce i tratti salienti dello stereotipo fascista (e per questo il
romanzo fu inviso al regime).
Riccardo Bacchelli
L’attività di Bacchelli come poeta, drammaturgo, critico musicale e
inviato televisivo si estende per quasi tutto il XX secolo (Bologna
1891- Monza 1988).
Di famiglia ricca e colta, collaboratore della “Voce” e fondatore (tra gli
altri) della “Ronda” nel 1919, in Bacchelli si uniscono l’ideale di un
impegno integralmente letterario, la goethiana ricerca di un ordine
intellettuale che domini la realtà, dopo il rovello vociano, alla capacità
di osservare la realtà con la matura comprensione sempre presente
nella sua produzione.
La sua opera è caratterizzata da un grande sperimentalismo formale
(dove si svaria dal saggio alle strutture classiche del romanzo storico
ottocentesco sul modello di Manzoni e Tolstoj) oltre che
contenutistico: si passa, infatti, dalle tinte erotiche, allo scabro
psicologismo, dalla solennità religiosa fino a giungere alle
preoccupazioni storiche e politiche (filtrate da un conservatorismo di
antico stampo) de “Il diavolo al Pontelungo” (1927) e de “Il mulino
del Po” (1938-1940). In particolare la prima opera vuole essere la
ricostruzione storica del fallito tentativo anarchico del 1874 a Bologna,
per opera dell’italiano Cafiero e del russo Bakunin (dietro la cui figura
grottesca e spesso contraddittoria non si cela altri che Mussolini
stesso); “Il mulino del Po” vuole essere storia ciclica di una famiglia (e
dell’Italia) fra le guerre napoleoniche e la Prima Guerra Mondiale.
Strettamente legato ai temi d’attualità è poi anche “Oggi, domani e
mai”, da cui emergono tutta la delusione e la vena critica di Bacchelli
nei confronti di una borghesia guidata esclusivamente da interessi
economici e materialistici.
Oltre a questa grande varietà di temi affrontati, è costante in questo
autore (ed è anche il suo principale merito) uno stile elegante e da
romanzo classicheggiante, che è controcorrente rispetto al
contemporaneo romanzo della crisi: la modernità dell’autore (ed è
questo che tradisce l’impianto classico) sta tutta nelle componenti
fantastiche, burlesche e caricaturali, l’umorismo e la polemica,
l’accumulo delle divagazioni descrittive, l’urgenza dell’intervento
ragionativo.
Il Romanzo borghese di Moravia
Come abbiamo già detto, il clima di oppressione (anche culturale)
instaurato dal regime di Mussolini condizionò anche la narrativa. Ciò
nonostante, si avverte comunque il bisogno di delineare il clima di
apatia e l’impossibilità di azione che investe la società italiana.
In questo contesto s’inseriscono la figura e l’opera di Moravia che,
cogliendo la borghesia nella loro stanca quanto squallida quotidianità,
ci offre il ritratto di una società malata e insofferente, incapace di
opporsi a quella che si andava affermando sempre più come una vera
e propria dittatura.
Nato a Roma nel 1907 da una famiglia ebraica (il suo vero nome era
Alberto Pincherle), Moravia esordisce con “Gli indifferenti”, pubblicato
a proprie spese nel 1929. Inviso alla cultura fascista che ne proibisce la
diffusione, il romanzo è salutato con entusiasmo soltanto da pochi
critici, tra cui Borgese. Il suo capolavoro è un penetrante e spietato
ritratto della borghesia romana (e italiana) agli inizi del fascismo,
attraverso una prosa secca e analitica che si riallaccia al realismo dei
francesi dell’Ottocento, alla problematicità dei romanzieri russi (come
Dostoevskij), all’oggettività di Defoe.
Tutti i personaggi sono immersi nello stesso orizzonte plumbeo e
senza speranza di una vita priva di qualsiasi prospettiva.
La relazione tra Leo Merumeci e la vedeva Mariagrazia è ormai stanca.
I due giovanissimi figli di lei, Carla e Michele, assistono con disagio ma
senza rivolte alle manifestazioni di insofferenza di Leo e alle scenate
della madre, gelosa di una vecchia fiamma dell’amante, Lisa. Leo
rivolge le sue attenzioni a Carla e riesce a farla sua. Michele sente
confusamente di dover intervenire, ma dentro di sé, nel profondo della
sua indifferenza, non coglie motivi di autentica indignazione. Si
ingegna, a freddo, di provocare Leo: arriva a tentare di ucciderlo, ma il
tentativo naufraga abbastanza ridicolmente. Michele si rassegna, cede
a Lisa che, invaghitasi di lui, lo assilla. Anche Mariagrazia si rassegna
all’inevitabile e Carla sposerà Leo. Dopo, quando nel dopoguerra
arriverà l’esistenzialismo di Sartre, si parlerà de “Gli indifferenti”, come
di un romanzo della crisi esistenziale. In realtà, siamo di fronte al
prodotto del realismo borghese, nella descrizione di un ambiente
connotato dall’incapacità a reagire alla malattia fascista.
Collaboratore di numerose riviste e quotidiani, colpito dalle leggi
razziali, Moravia è costretto a firmare i suoi articoli con uno
pseudonimo, ma continua a pubblicare altri romanzi
Altri suoi romanzi come “I sogni del pigro” (1940, satira grottesca di
un dittatore americano allusiva alla situazione politica dell’Italia
fascista) e “La mascherata” (1941) furono censurati. Una più prolifica
produzione caratterizzerà la sua opera nel nuovo clima post-bellico
(dal racconto “Agostino” del 1944 fino ai romanzi “La romana” e “La
ciociara”, rispettivamente del 1947 e del 1957), a cui si affiancherà, nel
contempo, attraverso la rivista “Nuovi Argomenti”, un’importante
funzione di diffusione culturale.
Ciò che è da sottolineare è che l’importanza dei ritratti sociali fornitici
da Moravia va però al di là della circostanza storica nella quale essi
sono nati, infatti gli stanchi personaggi delle sue opere non rivelano
soltanto l’impossibilità dell’azione in un particolare momento storico,
ma anche la pigrizia morale e mentale come dato esistenziale ,
connaturato all’essere umano di ogni tempo.
IL REALISMO MAGICO
Il Realismo magico è un filone artistico-letterario sviluppatosi a livello
mondiale nel XX secolo, caratterizzato dall’apparizione di elementi
magici in un contesto realistico.
Il termine è usato per la prima volta dal critico tedesco Franz Roh
(1890-1965) per definire il realismo insolito di pittori americani come
Paul Cadmus o Ivan Albright e altri artisti della prima metà del
Novecento.
Per quanto riguarda la letteratura, il termine viene spesso associato al
boom letterario dell’America Latina, segnato dalla pubblicazione di
“Cent’anni di solitudine” (1967) di Gabriel Garcia Marquez,
considerato, insieme ai racconti di Jorge L. Borges (“Ficciones” 1944),
uno dei componimenti più importanti a livello mondiale per quel che
riguarda questa corrente. Tuttavia non è Marquez l’ inventor generis:
infatti già decenni prima, in Italia e in Europa, letterati come
Bontempelli o Buzzati hanno scritto opere perfettamente coerenti con i
canoni del Realismo magico.
In questo filone sono state coinvolte, più o meno recentemente,
anche altre arti: vengono infatti considerati appartenenti al Realismo
magico anche film come “Le streghe di Eastwick” (1987) G. K. Miller e
“L’uomo dei sogni” (1989) di Phil A. Robinson.
In pittura il termine viene spesso utilizzato come sinonimo di Post-
espressionismo.
Come stile letterario, il Realismo magico ha subito forti influenze da
altri generi, rischiando talvolta di essere confuso con essi.
Una prima relazione da analizzare è quella con il Post-modernismo: il
Realismo magico è considerato un ramo di questa corrente con cui
condivide diverse tecniche tra cui la distorsione temporale.
Il secondo genere a cui lo si mette a confronto è il Surrealismo: esso
cerca di descrivere ciò che va oltre o è superiore al reale, attraverso
tecniche quali l’ipnosi o il sogno; il Realismo magico delinea un mondo
che nella sua realtà è dotato di aspetti anormali, ma che nel contesto
dell’opera appaiono come normali.
Infine citiamo i romanzi fantasy, che si differenziano per la
rappresentazione di un mondo alternativo, carattere mai presente nel
Realismo magico, che si limita a descrivere una realtà alla quale
comunque qualcuno crede, ha creduto o potrebbe credere.
I romanzi di questo filone magico sono accomunati da alcune
caratteristiche fisse, rintracciabili nella quasi totalità delle opere. Esse
sono:
presenza di un elemento magico o sovrannaturale;
l’elemento magico intuito ma mai spiegato;
ricchezza di dettagli sensoriali;
presenza di distorsioni temporali, inversioni, ciclicità o assenza di
temporalità;
creazione di un’ambientazione in cui il presente ripete
pedissequamente avvenimenti già descritti in un passato anche
lontano.
Talvolta queste opere possono rappresentare un’evidente ribellione
contro un governo totalitario.
IL REALISMO MAGICO ITALIANO NEL VENTENNIO
Nel periodo storico che va dalla fine della prima guerra mondiale
all’inizio della seconda si ha il massimo sviluppo del Realismo magico
italiano.
In un periodo in cui la censura impedisce di esprimere i propri pensieri,
questo genere, circondato da un alone di mistero e costellato di vaghe
allusioni al reale, diviene così una scappatoia per scrittori temerari, ma
anche semplicemente uno stile capace di rispecchiare uno spaccato
della società fascista del tempo, senza eccessivi giudizi ma con
realismo. Sono questi gli intenti che inducono autori come
Bontempelli, Savinio, Landolfi e Buzzati ad esplorare questo genere,
che sancirà l’inizio del loro successo letterario e non solo.
MASSIMO BONTEMPELLI
Probabilmente il massimo esponente italiano del movimento, Massimo
Bontempelli, insieme agli amici Alberto Savinio e Giorgio De Chirico,
rappresenta il tentativo di adozione del Surrealismo nell’arte italiana,
che, rielaborato alla luce della sua concezione teorica, chiama
“Realismo magico”.
Nato a Como nel 1878, a 25 anni si laurea in Lettere e Filosofia
all’Università di Torino. Lavora come giornalista e insegnante prima di
essere arruolato durante la Grande Guerra come ufficiale, svolgendo
anche il compito di corrispondente de “Il Messaggero”.
E’ durante i suoi soggiorni parigini da giornalista che il suo concetto di
arte subisce un radicale cambiamento: dal futurismo, adottato in età
giovanile, passa ad uno stile ispirato all’ irrazionalità e alla casualità dei
sogni, riconoscibile già nei brevi romanzi “La scacchiera davanti allo
specchio”(1922) e “Eva ultima”(1923).
Nel 1926 fonda con Curzio Malaparte la rivista internazionale “Cahiers
d’Italie et d’Europe”, sulle cui pagine espone la sua poetica innovatrice
del Realismo magico che, secondo il modello francese, invita l’artista
moderno a scoprire l’incanto dell’inconscio e delle avventure
imprevedibili, senza però rinunciare alla ragione. L’artista deve
rivelare il “senso magico scoperto nella vita quotidiana degli
uomini e delle cose”.
L’edizione integrale di questo suo programma del movimento
compare nel 1938 sotto il titolo di “L’avventura novecentista”.
Bontempelli è un convinto sostenitore del Fascismo, ma la sua
avversione al provincialismo lo porta spesso su posizioni antitetiche a
del Regime, fino all’espulsione dal PNF, nel 1939. Confinato a Venezia,
revisiona la sua ideologia politica, tanto da essere eletto senatore del
Fronte Popolare, nomina poi revocata per i suoi trascorsi fascisti.
Nel 1953 vince il Premio Strega con “L’amante fedele”.
Muore a Roma il 21 Luglio 1960, dopo anni di isolamento a causa di
una malattia.
ALBERTO SAVINIO
Pseudonimo di Andrea Francesco Alberto De Chirico (fratello del
pittore, amico di Bontempelli), Alberto Savinio è l’artista forse più
completo del periodo in questione: infatti, oltre che giornalista e
scrittore, egli è anche pittore, compositore, drammaturgo e regista di
opere.
Nasce ad Atene, nel 1891.
Le opere letterarie più importanti vengono pubblicate in francese, per
essere tradotte in italiano solo alcuni anni dopo: nel 1914 pubblica
“Les chants de la mi-mort”, nel numero 3 della rivista “Les Soirées de
Paris”.
Nel 1933 scrive, nel numero 5 della rivista “Le Surréalisme au service
de la révolution”, l’”Achille innamorato”, testo tradotto in italiano solo
nel 1938.
Muore a Roma, il 5 Maggio 1952.
TOMMASO LANDOLFI
Benché scarsamente noto al grande pubblico, complice una lingua
molto ricercata e barocca ma anche una certa distanza dalle tendenze
letterarie italiane del dopoguerra, Landolfi è considerato una delle
figure di rilievo del Novecento.
Egli nasce a Pico Farnese, nel 1908, da famiglia nobile.
Nel 1932 si laurea in Lingua e Letteratura russa all’università di
Firenze, discutendo una tesi sulla poetessa Anna Achmatova.
Nel 1937 esce la prima raccolta di racconti, precedentemente apparsi
su riviste, “Dialogo sui massimi sistemi”. L’opera più importante da
ricordare è sicuramente “La pietra lunare”.
A questi segue una serie di altri racconti, tra il fantastico e il grottesco,
che caratterizzano la produzione del primo Landolfi, tra i quali spicca la
novella gotica “Racconto d’autunno”,del 1947. Evidente già dalle
prime opere è il tema della vanità dell’agire umano, trattato con un’
apparente e spesso divertita leggerezza. E’ proprio in queste prime
opere che possiamo collocare il Landolfi appartenente al Realismo
magico.
Nonostante un’esistenza appartata, lontana dai salotti intellettuali, il
suo lavoro è riconosciuto da Montale e Calvino che ne curerà
un’antologia nel 1982.
Nel 1975 vince il Premio Strega con “A caso”.
Si spegne a Roma nel 1979.
DINO BUZZATI
Se Bontempelli può essere considerato il rappresentante più
importante del Realismo magico italiano, Buzzati, con il suo
capolavoro “Il deserto dei Tartari”, è di certo il più noto.
Dino Buzzati nasce a Belluno nel 1906, figlio di Giulio Cesare Buzzati e
Alba Mantovani (sorella dello scrittore Dino Mantovani).
Nel 1928 si laurea in Giurisprudenza con una laurea dal titolo “La
natura giuridica del Concordato”.
Sin dalle prime opere si nota come i temi e il modo di affrontarli di
Buzzati aderiscano perfettamente ai canoni del Realismo magico.
Egli tratta i temi della solitudine e dell’angoscia, mantenendo sempre
una linea realistica.
Nel 1933 esce il suo primo romanzo, ”Barnabo delle montagne”, al
quale segue dopo due anni “Il segreto del Bosco Vecchio”.
Bisogna però aspettare il giugno 1940 per quello che è il suo miglior
romanzo, il già citato “Il Deserto dei Tartari”. Mentre Mussolini dichiara
guerra al mondo, esce il romanzo del giovane Buzzati, giornalista, in
cui la guerra è attesa, invano, nella speranza che dia un senso al
destino di soldati e ufficiali mandati a presiedere una fortezza al
confine di uno stato non ben precisato.
“Il Deserto dei Tartari” rischia così di essere interpretato come un libro
guerrafondaio, quando l’intenzione di Buzzati è invece solo quella di
descrivere l’effimera ricerca umana della gloria. Tuttavia il messaggio è
troppo netto per dar luogo a equivoci: questa attesa che finirà per
dilaniare l’animo del protagonista, ci pone sotto gli occhi la morte vista
come liberatoria e consolante per una vita che non ha saputo essere
vita.
Buzzati muore nel 1972, per un cancro al pancreas, a Milano.
LA NARRATIVA MERIDIONALISTICA
Altro genere innovativo del periodo fascista è quello meridionalistico,
che comprende per la prima volta opere di denuncia, mirate a far
sentire il parere dei più deboli, che al tempo erano soprattutto i
“cafoni” del Sud Italia.
E’ proprio questa la figura emergente di maggior spicco: il “cafone” è il
contadinotto ignorante, incapace di stare al mondo senza l’aiuto altrui.
I maggiori autori di questo genere sono Corrado Alvaro (“Gente in
Aspromonte”), Ignazio Silone (“Fontamara”) e Carlo Bernari (“Tre
operai”).
Questi testi fanno emergere le relazioni che al tempo aveva il Sud con
il Nord, il cafone con il ricco possidente, ma la novità sta nel fatto che il
punto di vista è proprio quello dei più poveri. In questi romanzi non vi
è analisi psicologica: quel che conta sono i gesti e i comportamenti
concreti dei personaggi.
CORRADO ALVARO
Ch iaro p u n t o d i riferim en t o è il ro m an zo “ Gen t e in
Aspromonte” (1930) di Corrado Alvaro (1895-1956), che racconta la
lotta di un ragazzo calabrese, figlio di poveri pastori, contro i ricchi
possidenti.
“Gente in Aspromonte” ha come scenario la Calabria, cioè il Meridione
d'Italia, e infatti il romanzo occupa un posto di discreto rilievo nella
narrativa meridionalistica, la quale a sua volta ha notevole rilievo nel
realismo degli anni Trenta.
Corrado Alvaro sceglie di parlare del presente secondo un’ottica molto
particolare: i toni da fiaba consentono al narratore di raccontare a ogni
lettore un mondo complesso, diviso tra miseria e progresso.
La sua narrativa ha come temi sia la natia Calabria, sia la metropoli con
la sua vita frenetica e caotica; la Calabria rappresenta soprattutto la
salvezza di fronte alla disumana vita metropolitana. Anche la città,
però, non è raccontata con intenti realistici: Alvaro preferisce assumere
un linguaggio carico di simboli e di allegorie.
La scelta di Alvaro, quella di proporre un mondo filtrato dai ricordi
d’infanzia o dall’allegoria, è lo strumento che gli consente anche di
affrontare, seppur marginalmente, il problema delle condizioni di vita
disumanizzate nella città e degradate nelle campagne; questo gli
consente, inoltre, di scrivere senza scontrarsi eccessivamente con la
censura.
IGNAZIO SILONE
Se autori come Alvaro sono osteggiati, ma in qualche modo tollerati
dal regime, Silone, per la sua dichiarata fede comunista (dal Partito
comunista egli però si allontanò in seguito alle persecuzioni staliniane),
è costretto all'esilio. La sua opera “Fontamara” si apre in un paese dell’
Abruzzo dove i contadini, i cafoni, prendono progressivamente
coscienza (e l’autore lo farà capire anche grazie all’uso di un’acuta
ironia) di quanto essi vengano sfruttati ed offesi dai ricchi proprietari,
sostenuti dai fascisti. La vera vicenda del romanzo è dunque, più che la
trama, pur interessante, la graduale persuasione, che si fa strada
nell’animo dei contadini, che il male non deriva dalla fatalità, ma
dall’opera malvagia e interessata dell’uomo,e dunque che ad esso ci si
deve opporre.
Il romanzo è importante per diverse ragioni: in primo luogo è scritto
nel 1930 in esilio (a Davos, Svizzera), al fine di testimoniare al mondo
la reale condizione del popolo italiano dietro la cortina che il Fascismo
gli ha calato sugli occhi. Inoltre in “Fontamara” il fermento contadino,
più che essere legato alla presenza dell' 'eroe positivo', che pure può
essere individuato in Berardo Viola, discende soprattutto dalla coralità
del racconto e trova la sua massima concretizzazione nella declinazione
finale del "che fare?" ("Hanno ammazzato Berardo Viola, che fare?",
"Ci han tolta l'acqua, che fare?", "In nome della legge violano le nostre
donne, che fare?"). Così la lezione di Verga si salda con il bisogno di
ribellione, di denuncia, di impegno.
Il manoscritto viene letto e apprezzato da Jakob Wassermann, è
tradotto in tedesco, ma non può essere pubblicato dalla casa editrice
Fischer, a causa della presa del potere da parte nazista; viene allora
pubblicato, nel 1933, a Zurigo, quindi tradotto in diverse lingue,
pubblicato in italiano nel 1934, a spese dell'autore e presso una
piccola tipografia di emigrati italiani a Parigi. Circola clandestinamente
in Italia ed infine è pubblicato da Mondadori nel 1949 e, in edizione
definitiva, nel 1958.
CARLO BERNARI
Originale, per altri motivi, è il romanzo “Tre operai” che Carlo Bernari
(nato a Napoli nel 1909), riesce, tra varie difficoltà, a pubblicare nel
1934. Le difficoltà sono dovute al fatto che il romanzo è guardato con
sospetto dai censori del regime, e infatti il “Corriere della Sera” rifiuta
una recensione favorevole per paura che l’opera sia pericolosa.
Evidentemente già il titolo, che pone al centro il proletariato, desta il
sospetto che sia presente un impegno sociale troppo spinto, poco
rispettoso dell’ortodossia fascista. In effetti, i “Tre operai” sono l’unica
opera del periodo che punti l’attenzione sul mondo operaio
meridionale, sulle città di Napoli e di Taranto, nelle quali si sta
sviluppando l’industrializzazione, anche se non con la stessa intensità
con cui si è sviluppata nelle città del Nord.
La storia di tre operai, Teodoro, Marco, Anna, delle loro esperienze
d'amore e di lavoro, dei loro problemi esistenziali, della loro
maturazione ideologica, in una Italia meridionale (soprattutto Napoli)
lontanissima dall’ immagine 'turistica', ma analizzata storicamente, con
particolare attenzione alle differenze nei confronti del Nord, alle
difficoltà dovute all’ arretratezza, alle lotte operaie, tutto ciò costituisce
il primo motivo di originalità del romanzo.
Il secondo motivo è l'interesse per la prospettiva storica e per il
mondo operaio. L’autore, poi, ha viaggiato, è stato a Parigi, è stato
influenzato dal surrealismo, ha cercato di fondare a Napoli un circolo
letterario d'avanguardia. Questo si nota nello stile dell'opera. L’uso del
verbo al presente, contro la classica narrazione al passato remoto, e
l’improvviso emergere del discorso indiretto libero testimoniano una
precisa volontà di sperimentazione.
LETTERATURA DI CONSUMO TRA LE DUE
GUERRE
ROMANZO DI CONSUMO: CONTESTO STORICO
Il costante controllo esercitato sulla cultura nel periodo compreso tra
le due guerre mondiali, ovvero gli anni in cui nasce e si sviluppa il
fascismo e il ricorso alla censura sono la causa della nascita del genere
di “consumo”.
Infatti al libro spettano compiti di organizzazione del consenso e
funzioni educative, finalizzate alla formazione di quell’ ”italiano nuovo”
voluto da Mussolini, che avrebbe legittimato il fascismo negli anni a
venire.
Come afferma nel 1927 Arnoldo Mondadori, il libro deve essere
‘ovunque’, nella casa del ricco e del povero, in ogni città e in ogni
villaggio, nella scuola e nell’officina, negli alberghi, nei treni e nei
piroscafi.
Di conseguenza sono gli stessi editori a dover impostare in modo
nuovo la loro attività, impegnandosi ad avvicinare il pubblico e a dare
vita a un prodotto che risponda alle sue esigenze.
I dati della produzione libraria confermano la fase di espansione tra le
due guerre.
Parallelamente, anche la stampa periodica aumenta
considerevolmente.
Alla produzione di consumo infatti appartengono, sul confine tra la
produzione saggistica e quella narrativa-realistica, le produzioni
giornalistiche.
Nel periodo tra le due guerre il giornalismo svolge una funzione
importante; al giornalista il compito di "narrare la realtà": è la funzione
dei "grandi inviati" del tempo. Tra questi occorre ricordare
HYPERLINK "http://win.girodivite.it/antenati/xx2sec/_londres.htm"
Albert Londres (1884-1932) che, dopo l’esordio come cronista dal
fronte, comincia a scrivere diari di viaggi esotici che occupano, su “Le
Petit Parisien”, un ruolo importante. I suoi 27 articoli verranno poi
raccolti in volume e pubblicati con il titolo L’ebreo errante è arrivato
(1930).
Uno tra i maggiori giornalisti tedeschi nel periodo tra le due guerre è
HYPERLINK "http://win.girodivite.it/antenati/xx2sec/_kisch.htm" Egon
E. Kisch(1885-1948,Praga): al suo nome venne intitolato, nel
dopoguerra, il maggior premio giornalistico della Germania. Kish è
noto come “il giornalista furioso” dal titolo di un suo celebre volume
del 1925 Il reporter furioso (Der rasende reporter).
Oltre a ciò, particolare fortuna hanno i romanzi e le traduzioni di opere
straniere subiscono un grande incremento.
Queste cifre sono sintomatiche dell’affermarsi di un nuovo genere,
quello della letteratura di “consumo”, che fa presa su un pubblico non
uniforme di impiegati, insegnanti, commercianti, professionisti,
secondo la tipologia di un lettore medio, che legge per diletto e
passatempo e che si appassiona a storie del comune vivere quotidiano
o ad avventure romantiche.
In generale, però, possiamo dire che questo genere comprende la
narrativa d’appendice, sviluppatasi nell’Ottocento, ancora presente nei
primi del ‘900, sebbene in misura minore.
ROMANZO D’APPENDICE
Il romanzo d’appendice nasce ufficialmente come genere letterario in
Inghilterra e Francia negli anni ’30 del 1800, ma raggiunge il suo apice
con la pubblicazione in Francia del celebre romanzo di Eugène Sue Les
Mistères de Paris (1843-44) sul “Journal des Débats”.
Il termine “appendice” indica la pubblicazione a puntate del romanzo
su periodici e quotidiani, in questo modo questo genere, che in
Francia nasce con l’appellativo di “feuilleton”, sfrutta la diffusione e le
qualità della stampa ed è accessibile a tutta la popolazione; il romanzo
d'appendice diviene così uno dei più importanti veicoli di diffusione
della letteratura.
Anche alcuni dei maggiori capolavori dell'Ottocento vengono
pubblicati a puntate sui giornali. Per questo motivo l’espressione
assumerà in seguito un’accezione più ampia e giungerà a designare il
romanzo popolare.
Nonostante sia un fenomeno prevalentemente francese, la moda del
romanzo d’appendice si diffonderà ben presto anche in Italia. Il
milanese “Corriere della sera” dominerà presto il campo con traduzioni
dal francese, pubblicate a partire dal 1876.
Ritroviamo degli antecedenti del genere nelle opere di Edmondo De
Amicis (Cuore), e in Emilio Salgari.
Il romanzo d’appendice ha il compito di suscitare piacere nel lettore,
deve invogliarlo a proseguire la lettura.
Un filone particolare sarà quello del “romanzo rosa” (si veda il
paragrafo a pag 45); questi romanzi si trasformeranno in una specie di
manuale di condotta e di sentimenti, ma saranno anche strutturati in
modo da tener sotto controllo la mente della donna, impedirle ogni
possibile creatività e conformarla ad un dato comportamento, di
educarla appunto agli ideali fascisti.
Si parla di donne perché, per lo più, questo genere sarà utilizzato da
scrittrici per un pubblico prevalentemente femminile, con trame
incentrate su storie amorose.
Più in generale possiamo dire che le strutture narrative sono ripetitive,
così come stereotipati risultano i personaggi, con psicologie
semplificate; l'obiettivo è quello di creare forte impatto emotivo.
Questa narrativa libera i bisogni repressi di un pubblico che si sta
allargando e che è formato in buona parte dalla piccola e media
borghesia urbana.
Alla produzione di consumo, d'evasione appartengono vari generi.
Grande successo avranno i racconti a sfondo esotico, o a tema erotico.
Importanti sono anche la science-fiction, il fantasy-horror e la spy
story.
Al confine tra arte pittorico-grafica e comunicazione scritta, c’è il
fumetto.
Alla produzione di consumo fa riferimento anche una serie di
produzioni che continuano a sfruttare generi individuati in epoche
precedenti, come ad esempio il romanzo storico avventuroso.
SCIENCE-FICTION
Nel periodo tra le due guerre la science-fiction subirà impulsi da due
direzioni: da una serie di scrittori sovietici nel clima del para futurismo
e da un gruppo di autori di lingua inglese.
1) In URSS si diffondono romanzi avveniristici che esaltano la scienza e
la tecnica e il loro contributo alla liberazione dell'uomo dalla schiavitù,
in una società comunista: il più famoso di essi fu Aelita (1922) di
HYPERLINK "http://win.girodivite.it/antenati/xx2sec/_tolst.htm" A.
Tolstoj. Il romanzo Noi (1924) di HYPERLINK "http://win.girodivite.it/
antenati/xx2sec/_zamjati.htm" Evgenij Zamjatin e la commedia RUR
(1920) del ceco Karel Capek trattano di utopie negative in cui la
scienza e la politica producono nuove e inaudite forme di oppressione
sociale.
2) Quest’ultimo tema si riscontra anche in Aldous Leonard Huxley
(1894,Godalming-1963,Hollywood) che, tra l’altro, esprime in una
serie di romanzi la crisi dei valori tradizionali seguita al conflitto
mondiale e, nel suo più noto romanzo Il mondo nuovo (Brave new
world, 1932), inserisce l’allarmata profezia di una società interamente
dominata dagli apparati tecnologici.
Significative anche le opere di George Orwell (1903,Motihari-
Bengala-1950,Londra) La fattoria degli animali (Animal farm, 1945),
una brillante e dolorosa satira del comunismo russo, e 1984 (1949), in
cui l’autore da’ un’immagine avveniristica, terrificante quanto
plausibile, della società mondiale.
Negli Stati Uniti la science-fiction si afferma come genere popolare
negli anni '10, con una vastissima produzione di collane editoriali e
riviste specializzate, la più importante delle quali è “Amazing stories”.
Vi si privilegiano i temi dell'avventura spaziale, del contatto con gli
alieni, della creazione di mostri e automi. Le storie di pionieri dello
spazio (le "space operas") ricalcano quelle del romanzo western o di
esplorazione. Ne scrivono E. Hamilton, M. Leinster, HYPERLINK
"http://win.girodivite.it/antenati/xx2sec/-burroug.htm" Edgar R.
Burroughs autore, oltre che del noto Tarzan delle scimmie (Tarzan of
the apes, 1914), di Sotto le lune di Marte (Under the moons of Mars),
romanzo che darà inizio alla “science-fantasy”. Dalla fine degli anni '30
l'attendibilità scientifica e la qualità dell'invenzione migliorano assieme
a quella della scrittura, grazie ad autori come J.W. Campbell,
HYPERLINK "http://win.girodivite.it/antenati/xx2sec/-heinlei.htm"
Robert Heinlein, il canadese Alfred Van Vogt, E.F. Russell.
FANTASY HORROR
HYPERLINK "http://win.girodivite.it/antenati/xx2sec/-lovecr.htm" H.P.
Lovecraft ( 1890-1937, Providence), seguace di Poe e influenzato dalla
tradizione gotica, pubblica su riviste specializzate le sue storie di orrore
e di fantascienza, raccolte in volume solo dopo la sua morte. Alcuni
titoli sono I sogni nella casa delle streghe (The dreams in the witch
house, 1932), Il richiamo di Chthulhu (The call of chthulhu, 1929).
Lovecraft verrà considerato il fondatore del genere "fantasy" (cui nel
dopoguerra darà impulso J.R.R. Tolkien).
SPY STORY
Da una costola della detective story nasce la spy story, l’unica
differenza tra i due generi è che al posto del detective c’è l'agente
segreto.
A.C. Doyle crea un punto di riferimento con L'avventura dei progetti
Bruce- Partington, dove sono già presenti in nuce gli elementi
fondamentali del genere: un segreto che riguarda le scoperte
scientifiche e militari, la guerra o destabilizzazione che si profila,
l'avversario politico come simbolo del Male.
Fino alla fine degli anni '30 domina una spy story in cui prevale
l'avventura "meravigliosa": evidente nell’ inglese J. Buchan (che tra
l'altro, nel 1915 con I trentanove gradini, fornirà un esempio
emblematico del tema fuga/inseguimento) e l'americano HYPERLINK
"http://win.girodivite.it/antenati/xx2sec/-marquan.htm" John P.
Marquand
Cocktail di violenza e avventura sono invece i romanzi di HYPERLINK
"http://win.girodivite.it/antenati/xx2sec/_cheyney.htm" Peter Cheyney
(Londra 1896-1951).
NARRATIVA PER L’INFANZIA
Tra le due guerre la produzione per l'infanzia è sostanziosa. Viene
scritta una serie di libri che si aggiungono ai 'classici' per l'infanzia
borghese.
Dalla Francia proviene il Piccolo prìncipe di Saint- Exupéry, tutt’ora
considerato un capolavoro nel suo genere.
In Italia HYPERLINK "http://win.girodivite.it/antenati/xx2sec/
_bertell.htm" importante è la produzione di Luigi Bertelli (Firenze
1858-1920). Tra le sue pubblicazioni per l'infanzia, in cui fonde
felicemente propositi didascalici e umorismo, ci sono Il giornalino di
Gian Burrasca (1912) brioso 'diario' di un ragazzo vivacissimo e un po'
ribelle, il notevole racconto Ciondolino (1895), e il libro in versi La
storia di un naso (1915). Bertelli, che usa lo pseudonimo di Vamba (il
nome del buffone dell'Ivanhoe di Scott), fonda anche un settimanale
per i piccoli destinato a divenire celebre in Italia, “Il giornalino della
domenica”. Proprio sul “Giornalino” Vamba pubblica in 55 puntate, tra
il 1907 e il 1908, Il giornalino di Gian Burrasca che poi uscirà in
volume nel 1912. Gian Burrasca non è solo uno che ne combina di
tutti i colori per semplice ribellismo, è uno che trae le conseguenze dei
discorsi degli adulti, ciò per cui gli adulti appaiono nella loro realtà
ipocrita e disonesta.
Valore più didattico hanno le biografie romanzate di HYPERLINK
" http://win.giro divite.it/antenati/xx2 sec/_ ugo lini.htm" Luigi
Ugolini(Firenze 1891-1980), scrittore del gruppo di “Nuova
Antologia”, egli dedica il suo lavoro al pubblico dei più giovani lettori, i
ragazzi, soprattutto con una serie di biografie romanzate degli "eroi"
culturali e storici italiani: da quella dedicata a Galileo Galilei a Torquato
Tasso. Le sue biografie romanzate verranno molto apprezzate per
freschezza narrativa e valore educativo.
IL FUMETTO
Il fumetto, a partire dal 1917, raggiunge la sua età adulta. Punto di
riferimento rimangono gli Stati Uniti, ma anche in Europa la
produzione non si limita alle traduzioni, ma dà vita a racconti e autori
capaci di autonoma anche se ancora timida efficacia.
Negli Stati Uniti appartengono alla nuova generazione di autori di
fumetto Pat Sullivan, ideatore nel 1917 del gatto Felix (in Italia: Mio
Mao), e HYPERLINK "http://www.girodivite.it/antenati/xx2sec/-
segar.htm" Elzie Crisler Segar, ideatore di Popeye (Braccio di ferro) nel
1929.
Il periodo dagli anni Venti all'inizio della Seconda Guerra Mondiale
rappresenta sicuramente un periodo d'oro: nel 1929 nasce il primo
fumetto di fantascienza, Buck Rogers, di Dick Calkins.
In questi anni anche il western approda al fumetto con "Young Buffalo
Bill" di Harry F.Oneil.
Nel 1928 nasce a HYPERLINK "http://www.girodivite.it/antenati/
cinema/-disney.htm" Walt Disney l'idea di un nuovo personaggio:
avrebbe dovuto chiamarsi Mortimer Mouse, si chiamerà invece Mickey
Mouse (Topolino) e diverrà il topo più famoso della storia del
Novecento. Topolino, nato per il cinema d'animazione, approda sulla
carta stampata nel 1930.
Negli anni Trenta vengono rivalutate anche le strips di azione, ne sarà
prototipo il bimbo abbandonato nella natura selvaggia e allevato dagli
animali amici: il personaggio di Tarzan, creato per la narrativa da
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia Contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università La Sapienza - Uniroma1 o del prof Scienze Storiche Prof.
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