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Ludwig Van Beethoven

Nasce a Bonn, in Germania, nel 1770. Il padre, musicista mediocre, volle sfruttare immediatamente il talento del figlio e a soli 8 anni lo fece esibire nel suo primo concerto pubblico. La sua istruzione musicale iniziò sotto la guida del padre e fu indirizzata ad una formazione come strumentista: dal pianoforte all’organo, dal violino alla viola.

Successivamente passò a studiare composizione e pianoforte con Christian Neefe, ottimo compositore che fece conoscere ed apprezzare al giovane allievo Bach.

Attraverso l’intercessione di Neefe e di due autorevoli protettori, il governo di Bonn si convinse a finanziare un soggiorno a Vienna per il giovane Beethoven, affinché si perfezionasse. La scelta di andare a Vienna per raccogliere l’eredità di Mozart e Haydn non era affatto scontata: lo stile che noi posteri definiamo “classico” non era l’unica strada che poteva seguire.

Poteva dedicarsi alla grande Opera italiana, infatti a Vienna Beethoven studiò con Antonio Salieri, la massima autorità nel campo presente nella capitale austriaca. oppure poteva decidere di dedicarsi all’Opera francese, dominata ancora una volta da un italiano, Luigi Cherubini conosciuto e apprezzato dal giovane musicista. Ma Beethoven non fece affidato l’opera: L’unica opera fu il Fidelio, che ebbe una genesi difficoltosa e non ebbe indirette influenze sugli autori successivi. Quindi Beethoven, promettente pianista, poteva dedicarsi alla grande carriera concertistica. Fu impegnato in prima persona nell’esecuzione dei suoi primi concerti per pianoforte e orchestra, ma ben presto la sordità da cui venne colpito, a partire dal 1798, gli rese impossibile continuare ad eseguire musica in prima persona.

Il giovane compositore si diresse verso la strada che era stata intrapresa da Mozart e Haydn, lo stile classico. Dopo tutto si trattava dello stile musicale più moderno che esistesse all’epoca. Giunto a Vienna nel 1792, prese lezioni dal grande Haydn. A Vienna divenne un acclamato pianista e un compositore piuttosto noto. Il suo metodo di lavoro compositivo privilegiava la fase preparatoria, compilando veri e propri quaderni di abbozzi. Fino al 1801 aveva composto la sua Prima sinfonia in do maggiore, il balletto “Le creature di Prometeo”, le sonate per pianoforte fino all’op. 28.

Il periodo fra il 1801 e il 1802 fu il più difficile, in cui dovette arrendersi all’inevitabile: la sordità. In una lettera, mai spedita, rivelava di aver più volte pensato al suicidio, e fu trattenuto solo dal suo amore per la musica.

Nello stesso anno, il 1802, dopo aver composto la Seconda sinfonia e mentre lavorava alle Sonate per pianoforte op. 31, Beethoven dichiarò di aver imboccato una “nuova via” compositiva.

Nel 1801 il musicologo Wilhelm von Lenz aveva individuato "tre stili" nella produzione di Beethoven:

un primo periodo giovanile teso all’appropriazione dei modelli compositivi (1793-1802) delle I e II Sinfonia, sonate per piano e quartetti e concerti

un secondo periodo in cui si rivela un Beethoven pienamente maturo e con un proprio personalissimo stile (1803-1815) delle III - VIII Sinfonia, Fidelio, sonate quartetti e concerti

e infine un terzo periodo di superamento e meditazione quasi astratta (1816-1827) delle IV Sinfonia, sonate, fughe e quartetti

Secondo il musicologo Dahlhaus,

i lavori con i quali Beethoven intraprese questa "nuova via" (in particolare la Sonata op.31 n. 2 e la Terza Sinfonia Eroica) sfuggono alla griglia interpretativa della forma-sonata: anche in tali opere non v’è un proprio tema principale.

La forma non è più la presentazione di oggetti tematici definiti, ma un processo continuo essa stessa. Egli si basa sull'abbandono della forma sonata haydniana e mozartiana, accettandola pienamente come reale e concreta: ma contemporaneamente se ne serve con libertà, come un materiale da costruzione essa stessa.

Le composizioni di questo periodo sono infatti le più celebri, le musiche che il Romanticismo ci ha convinti essere quelle veramente "beethoveniane".

Eccole allora, corredate da pittoreschi titoli dagli editori: la Terza detta Eroica, la celeberrima Quinta in do-min e la Sesta in fa maggiore detta Pastorale, il Quarto e il Quinto concerto per pianoforte e orchestra detto Imperatore, l'opera Fidelio.

Tale volontà comunicativa si esplica oltre che con un ampliamento delle dimensioni generali delle singoli composizioni, anche attraverso un dualismo tematico sempre più esasperato. I due gruppi tematici, quello principale alla tonica e quello secondario alla dominante, si fanno sempre più contrastanti, situandosi su temperature emotive distanti l’uno dall’altro.

Beethoven impose deliberatamente l’immagine del musicista come "poeta dei suoni": la musica, come la poesia o la filosofia era uno svolgimento di pensieri.

Dopo le sue composizioni del Periodo Eroico, che si concentrano soprattutto negli anni 1803-1808, a partire dal 1810 appaiono musiche di riposo nei diverti ad esempio, il Quartetto op. 74, il Trio op. 97 (detto L’arciduca, perché dedicato a Rodolfo), le Sonate per pianoforte op. 78 e op. 90.

Sono composizioni caratterizzate da una più estesa cantabilità, musiche prevalentemente cameristiche e non sinfoniche.

Giungiamo infine al cosiddetto "terzo periodo" (1816-1827).

Ormai la sordità lo aveva totalmente accerchiato, diventando completa dal 1818 in poi. La sua malattia si rispecchiò nel suo atteggiamento musicale: non si interessò più di tanto a quello che proponevano i giovani romantici (come Schubert e Weber) ma proseguì nella propria ricerca personale, sempre teso al superamento di ciò che aveva già conquistato.

La forma-sonata non fu più il suo principale orizzonte di riferimento, Beethoven si volse al passato, andando a riscoprire forme più antiche quali la fuga e la variazione (studiare i loro principi per poterle gestire e mescolarle tra loro).

Non impose inflamma: rompe quelle forme creandone di nuove, individualissime, estremamente salde e razionali. Così la fuga si ibrida con la forma-sonata e questa con la variazione e il tutto può assumere un’inedita cantabilità melodica.

Una maggiore pregnanza lirica pervade tutta la sostanza sonora del "terzo stile" (appunto di antiche modalità ecclesiastiche come la Missa solemnis).

La musica sacra vede la Missa solemnis (’23)capolavoro di arte retorico-musicale. E, infine, la sua Nona e ultima Sinfonia, che vide la luce nel 1824 dopo una gestazione decennale.

Nell'ultimo movimento della Nona Sinfonia avviene qualcosa di inaspettato: violoncelli e contrabbassi, con un recitativo plasticamente "parlante" sembrano chiedere qualcosa. L’Orchestra risponde riproponendo gli incipit dei tre movimenti precedenti l’uno dopo l’altro. Ed infine finalmente, fenomeno inaudito nella musica sinfonica, entra la voce umana: l’Ode alla gioia che il baritono intona su testo di Schiller.

Solo dopo il 1825 la reputazione di Schubert avviò la sua vera ascesa.

Nel 1827 fu ammesso come socio della Gesellschaft (Società degli Amici della musica) e l'anno seguente riuscì ad organizzare un concerto interamente dedicato alla sua musica.

Nel vastissimo catalogo di Lieder schubertiani, che attingono a testi dei più grandi poeti dell'epoca, da Goethe a Schiller, si segnala il ciclo "Il viaggio d'inverno" (1827) che mette in musica poesie di Müller, inoltre ricordiamo il Quintetto in la magg. "La trota" (1819) per pianoforte, violino, viola, violoncello e contrabbasso.

Dopo le sei sinfonie giovanili composte tra il 1813 e il 1818, Schubert non era più riuscito a completare i suoi ulteriori tentativi, anche se uno di essi può essere annoverato tra i suoi massimi capolavori: la cosiddetta "Incompiuta" in si min. (1822), di cui furono scritti solo due movimenti.

La sinfonia era stata resa da Beethoven il genere musicale più "alto", più impegnativo, un vero banco di prova per dimostrarsi grande compositore. Così durò dal 1825 al 1828 il lavoro di stesura della sua ultima sinfonia, in do magg. che verrà detta "La grande", che però non fu mai eseguita vivente l'autore.

La vita di Schubert si chiuse così, a soli 31 anni, di fronte a un avvenire carico di promesse; morto Beethoven l'anno precedente, l'ambiente viennese poteva finalmente accorgersi del giovane, geniale compositore.

Egli era riuscito a coniugare l'insegnamento del Classicismo viennese con le nuove spinte del Romanticismo, tanto da essere stato definito "il classico della musica romantica".

Nelle sue composizioni il giovane musicista non rinnega il concetto fondamentale del Classicismo, ovvero il progetto di costruire grandi forme basate sull'elaborazione motivico-tematica. Le sue musiche sono intessute di affinità nascoste, di richiami tematici appena ombreggiati.

Tuttavia egli vi inserisce alcuni tratti tipici della musica romatica, che possiamo schematizzare:

  • dal punto di vista del tono generale, si avverte la tendenza verso un tono lirico-contemplativo
  • dal punto di vista dell'armonia, si è allora liberi di esplorare le modulazioni a gradi diversi dal V
  • dal punto di vista della forma, il compositore è libero di scegliere il punto di climax, collocandolo alla fine della composizione e generando una forma sbilanciata
  • dal punto di vista del ritmo, esso si fa uniforme, generando così un progressivo accumulo di tensione
  • dal punto di vista del rapporto fra le parti, vi è una netta polarizzazione tra melodia e accompagnamento
  • dal punto di vista della fraseologia, essa va facendosi soprattutto nel repertorio sinfonico sempre più regolare e simmetrica

Ecco allora le ragioni della "celestiale lunghezza" (così si espresse Schumann) della musica di Schubert: la forma si rilassa, diviene più statica, gira intorno a se stessa senza tendere con unicità di propositi verso un'unica meta.

Felix Mendelssohn

Musicista romantico ancora fortemente apparentato con la tradizione classica.

Nasce ad Amburgo nel 1809, ma trascorre quasi tutta la sua infanzia a Berlino dove ricevette l'educazione più completa ed elevata possibile.

Oltre al pianoforte e al violino studiò composizione fin dall'età di 10 anni con Zelter, la casa dei Mendelssohn era il salotto più importante di Berlino. La precocità del suo talento e le particolari circostanze in cui esso ebbe l'agio di svilupparsi, fanno apparire il musicista più anziano dei suoi coetanei. Evidente soprattutto dall'insieme di brani e dei dieci sinfonie, si cimentò con stupefacente naturalezza in tutti i generi musicali fin dall'età di 11 anni. Completa la sua formazione con motivazioni culturali.

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
23 pagine
9 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/07 Musicologia e storia della musica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ricky5 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della musica dell'Ottocento e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Cuomo Carla.