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Firenze, Volterra, Siena ed Arezzo. Nel volgere di pochi anni Carlo estese la sua autorità diretta su

molte città. Nel 1263 assunse la carica di “senatore” di Roma; tra il 1267 e il 1272 assunse la

signoria di quasi tutte le citate città toscane; tra il 1270 e il 1272 fu la volta di Ivrea, Torino, Chieri,

Alessandria, Tortona. La dominazione sui diversi territori fu tenuta insieme da una rete di alti

ufficiali e di vicari a lui fedeli. L’Angiò seppe promuovere una diffusa politica di pacificazione

garantendo la riammissione in città e il rinserimento nella vita politica degli avversari che

riconoscevano il suo dominio.

2.3.4 Firenze città di signori

In Toscana, la dominazione di Carlo d’Angiò fu decisiva nell’introdurre per la prima volta in modo

sistematico il governo signorile in città che, fino ad allora, avevano sperimentato rari episodi di

dominio personale. Firenze tra il 1267 e il 1343, per ventisei anni si diede in signoria ai sovrani

angioini. I sostenitori locali costituirono collegi politici che si proposero come interlocutori

istituzionali del vicario angioino, sostituendo le preesistenti magistrature di vertice. L’Angiò abolì gli

organismi di “popolo” premiando gli uomini d’affari che avevano finanziato le spedizioni militari

angioine. La temporanea concessione della signoria era considerata vantaggiosa in quanto consentiva

l’ingresso nella coordinazione guelfa sovraccitadina e si configurò come una risorsa per regolare i

conti all’interno dei gruppi dirigenti.

2.3.5 Il governo signorile delle città comunali

L’autorità di Carlo seppe saldarsi con il governo delle città anche sul piano della cultura politica.

Uno degli esempi più interessanti dell’incontro tra teorie e linguaggi differenti è l’opera maggiore di

Brunetto Latini, Brunetto fu notaio e cancelliere del comune di Firenze poi bandito dalla

Tresor.

parte ghibellina e tornato al seguito di Carlo d’Angiò.

Nella sua opera il signore deve avere alcune qualità:

1) Deve essere nominato dai cittadini secondo diritto e giustizia

2) Deve avere esperienza

3) Non si deve guardare al lignaggio famigliare ma alla nobiltà d’animo

4) Deve amare la giustizia

5) Deve avere buon ingegno e intelligenza per conoscere la verità delle cose

6) Deve essere forte e stabile

7) Non sia avido di denaro e di altri desideri

8) Deve essere un ottimo oratore

9) Non sia smodato nello spendere e delapidatore

10) Non sia troppo irascibile e tenga rancore

11) Deve essere ricco

12) Non deve reggere un’altra signoria

13) Abbia fede in Dio

2.3.6 Un mercante diventato signore: Alberto Scotti di Piacenza

Nella signoria di Scotti dal 1290 al 1304 fu determinante il sostegno dei mercanti e dei mestieri: esso

stesso era un popolano. Gli Scotti erano una famiglia di origine mercantile che si schierò con la parte

guelfa piacentina. Erano stati finanziatori della spedizione militare italiana e grazie all’avvento al

papato del piacentino Gregorio X giunsero ad essere tra i principali banchieri papali. La compagnia

commerciale della famiglia assicurò movimenti di capitali e di merci sulle principali piazze europee

e del Mediterraneo. Alberto Scotti nel 1290 si fece eleggere “anziano perpetuo” aprendo la strada

all’affermazione della sua signoria sulla città. Le istituzioni militari restarono attive; egli si limitò a

controllarle e indirizzarle. La sua forza i basò sulla possibilità di raccogliere intorno a sé

6

un’importante clientela. Nel 1301 si mise a capo di una lega che radunava alcuni signori e capiparte

di città lombarde che indusse a Matteo Visconti di cedere a Scotti la signoria di Milano nel 1302.

Esteso rapidamente il dominio i Bergamo e Tortona, Alberto subì il rientro armato a Milano dei

Torriani, che lo costrinsero ad abbandonare addirittura Piacenza nel 1304.

2.3.7 Parma tra comune e signoria

A Parma alla breve esperienza signorile di Giberto da Gente seguì nel 1259 una restaurazione

aristocratica afflitta da lotte di fazione fino al predominio dei guelfi nel 1266. Il “ popolo” si impose

alla guida del governo, colpendo i magnati con severe misure di esclusione nel 1273 e nel 1279. Nel

1303 Giberto da Corregio, dotato di ampi possessi e feudi nel territorio, si impose abilmente come

mediatore tra i fuoriusciti e la fazione al potere, favorendo la riammissione in città degli esiliati e

facendosi garante di un programma di pacificazione generale. Il regime di Giberto si fondò

soprattutto sui magnati di cui aveva favorito il rientro i città. A seguito di un tumulto del “popolo”

dovette abbandonare la città nel 1308 rientrandosi però l’anno dopo come podestà dei mercanti.

Dopo aver riconosciuto nel 1313 la signoria su Parma di Roberto d’Angiò, che lo nomino capitano

generale della parte guelfa in Lombardia, nel 1314 Giberto rafforzò in senso autocratico il proprio

dominio rendendo perpetuo il suo mandato. Fu nuovamente scacciato dalla città nel 1316

riaffermando un regime a comune fino a 1326.

2.4 La dinastizzazione delle signorie

Tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento si affermò la tendenza a rendere stabilmente

ereditario l’esercizio dei poteri signorili. Elementi comuni anche ad altre situazioni, il prolungamento

a vita di cariche comunali, la proclamazione negli arenghi cittadini, il conferimento dell’arbitrium

giuridico, furono tradotti in forma durevole da alcune famiglie che seppero dare vita a vere e proprie

signorie ereditarie. Nei gruppi dirigenti delle città italiane si stava ormai affermando la convinzione

della necessità di riorganizzare l’assetto istituzionale e politico intorno a strutture gerarchiche e

autoritarie che trovavano coerente espressione nei regimi signorili. In Italia ebbe vasta circolazione il

il potere poteva essere concentrato nelle mani di una sola persona, che si

De regimine principum:

distingueva dal regime tirannico da dal dispotismo se capace di perseguire il bene comune.

2.4.1 Il dominio degli Scaligeri su Verona

Tra le casate che per prime seppero dare vita a domini dinastici ci fu quello dei dalla Scala. La sua

affermazione iniziale fu sostenuta dal “popolo”. Alla morte di Ezzelino da Romano nel 1259

subentrò infatti un regime guidato dalla corporazioni di mestiere e dalla Il primo

domus mercatorum.

podestà eletto in quell’anno fu Leonardino della Scala, detto Mastino, nel 1261. L’egemonia di

Mastino si concretizzò coinvolgendo negli anni altri esponenti del suo parentado nel controllo delle

cariche più importanti della città. Quando Mastino morì assassinato nel 1277, il fratello Alberto ne

assunse l’eredità acquisendo il titolo di podestà e di rettore dei mercanti. Egli riformò gli statuti

lasciando intatte le istituzioni del comune, ma inserendo alcune norme che obbligavano le principali

magistrature a prestare giuramento al capitano e a eseguire le sue volontà. Alberto, che sarebbe stato

signore per un quarto di secolo, privilegiò i rapporti con i Bonacolsi di Mantova e con gli Estensi. Fu

Alberto ad affermare il principio ereditario, associando al governo il figlio, Bartolomeo, che gli

successe dopo la morte nel 1301. Nel giro di due generazioni la dinastia seppe consolidare la propria

signoria su Verona che durò ininterrotta fino al 1387. A differenziare il processo di affermazione

signorile dei dalla Scala rispetto a quelli tentati negli stessi anni in altre città fu proprio la capacità di

trasmettere il potere alla generazione successiva, di trasformare una signoria personale in una

signoria familiare. 7

2.4.2 La signoria dei Bonacolsi a Mantova

L’economia e la società della città erano caratterizzate da un marcato profilo agrario. Nel 1253, di

fronte alla minaccia di Ezzelino da Romano, il capitanato di popolo fu assunto da due capiparte a lui

ostili, Azzo VII d’Este e Ludovico da Sambonifacio dei conti di Verona. Dopo diversi conflitti nel

1272, da una parte di Mantova guidata da Pinamonte Bonacolsi, che raccolse gli interessi

dell’aristocrazia locale desiderosa di svincolarsi dalla presenza di un potere esterno. L’anno

successivo Pinamonte assunse la carica di capitano di popolo Tagino, suscitando però il risentimento

del più giovane Bardellone, che nel 1291 allontanò il padre e il fratello da Mantova. I Bonacolsi non

furono una famiglia capace di agire con coesione di intenti nell’azione politica. Nonostante le

divisioni tra i suoi membri, essa riuscì a controllare lo spazio politico cittadino e a indirizzare

l’operato delle istituzioni. Bardellone si fece designare capitano e signore perpetuo, e nel 1294

nominò un consiglio ristretto di anziani con funzioni consuntive. Fu scacciato dalla città dal cugino

Guido nel 1298 che ne assunse la carica.

2.4.3 L’affermazione dei Visconti a Milano

Il regime di Napoleone della Torre manifestò una crescente tendenza al dispotismo che gli alienò il

consenso del popolo anche quello delle famiglie aristocratiche che avevano collaborato con il

governo. L’aumento delle tasse colpì soprattutto il mondo artigianale e manifatturiero, al punto che il

popolo fece mancare il proprio aiuto quando le milizie dei fuoriusciti, sotto la guida dell’arcivescovo

Ottone Visconti avanzarono decisamente su Milano tra la fine del 1276 e l’inizio del 1277: i Torriani

furono facilmente sconfitti a Desio. Dopo la vittoria Ottone entrò in città riportando al potere la parte

vincente e reintegrando il patrimonio episcopale delle terre e dei castelli del contado che erano stati

occupati. La sua fu una signoria di fatto, non sancita giuridicamente, ma fondata sulla dignità della

carica episcopale e sull’autorevole capacità di coordinare a vita politica cittadina. Ottone si contornò

nelle cariche principali, podestà, capitano di popolo e console dei mercanti, di uomini di fiducia e

revisionò le leggi contro i nobili e le ripartizioni fiscali. Riaffermò il diritto esclusivo dei nobili di

fare parte del capitolo della cattedrale e favorì la costituzione di una nuova di nobili per la

societas

difesa militare della città. Nonostante ciò Ottone agì con moderazione nei confronti del “popolo”

milanese, mantenendo le istituzioni e la partecipazione agli uffici del comune. Favorì il conferimento

a suo nipote Matteo della carica a capitano di popolo e dal 1300 al figlio di Matteo Galeazzo. Matteo

a differenza delle esperienze signorili in altre città, non fondò la propria autorità solo sulla

proclamazione delle assemblee comunali, ma riuscì ad ottenere , nel1294, il titolo di

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
15 pagine
7 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/01 Storia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher evolution87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia Medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Comba Rinaldo.