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16 PARTE IV DINAMICHE DELL’ECONOMIA CAROLINGIA

CAPITOLO I: IL DENARO E I MOVIMENTI DEI PREZZI

Storia monetaria

Nel 754-755 Pipino III, dopo la sua ascesa come re, ripristinò il peso standard del denier d’argento

portandolo da 1,1 a 1,3 g. Carlo Magno, nei primi decenni del suo regno, dal 768 al 793-794 non modificò

ma mantenne questo peso riducendo solo il numero di zecche a circa quaranta. La sola riforma monetaria

varata da Carlo Magno ebbe luogo nel 793 quando aumento il peso del diener da 1,3 1,7 g. l’introduzione

non fu accetta facilmente dal popolo perché favoriva i creditori a danno dei debitori. La spiegazione sta nelle

relazioni dell’impero carolingio in particolare nell’evoluzione del rapporto tra oro e argento nelle

esportazioni est-ovest. La riforma rientrò nel quadro di una riforma generale dei pesi e delle misure attuata

da Carlo Magno. Per la prima volta fu nello stesso tempo coniato il mezzo denier o obolo, che doveva

soddisfare il bisogno economico di una moneta di minore valore. Nel maggio del 794 il concilio di

Francoforte impose l’accettazione universale dei nuovi denarii. La contraffazione era uno dei mali da

combattere: la restrizione del diritto di conio al palazzo, dettata dal famose capitolare di Thionville dell’805,

fu ribadita a Nimega nell’808. La riconiazione fu un altro mezzo utilizzato per combattere la contraffazione.

Alla frammentazione politica dell’843 conseguirono un allentamento del controllo, una minore uniformità di

progettazione e realizzazione e una circolazione più localizzata. Si ebbe anche una caduta della lega

utilizzata per il denier che durante i primi anni di Carlo il Calvo contenne solo il 50% d’argento. La riforma

da lui introdotta nel 864, l’editto di Pitres, produsse tuttavia un significativo rafforzamento del denaro: la

coniazione uniforme di un nuovo denier contenente il 96% d’argento. Ad esso però seguì un periodo di oltre

cent’anni di svalutazione e carenza d’argento. Parecchie zecche cessarono di coniare monete per quasi un

secolo. Le invasioni danesi crearono un penuria di monete e di argento, alla quale si dovettero l’apertura di

nuove zecche di importanza locale, un circolazione più lenta e locale e un alleggerimento della lega. Fino a

quel momento l’Italia era stata lasciata fuori dal quadro perché aveva una storia monetaria notevolmente

differente, vuoi per la forte continuità con il suo passato bizantino, vuoi per il fatto che il denier franco era

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una moneta stranier imposta dall’editto di Mantova nel 781 qualche anno dopo la conquista franca dell’Italia

settentrionale. Fin allora, erano state coniate anche piccole monete di bronzo e in argento,, accanto a quelle

in oro destinate alle grandi transazioni. Il denier di Carlo Magno era molto più pesante di queste piccole

monete in argento, cosicché la sua introduzione determinò una rarefazione delle monete destinate alle piccole

transazioni. Contrariamente a quanto accadde nelle parti centrali dell’impero il denier franco in Italia

funzionò più come mezzo d’accumulo della ricchezza che come strumento di pagamento.

L’uso del denaro

In parecchi casi viene indicata una duplice possibilità di pagamento in natura o in denaro. La presenza e il

numero delle zecche sono nella maggior parte dei casi un indice del bisogno di denaro, dovuto alla sua

scarsità o a una fioritura del commercio. Di fatto la concessione di un mercato è associata all’apertura di una

zecca. La distribuzione geografica delle zecche e la loro densità segnalano le regioni economicamente più

attive dell’impero franco, come quella tra la Loira e il Reno, dove si trovavano i nove decimi delle zecche

carolingie. Est del Reno non c’erano zecche finche non ne venne creata una a Regensburg nel 817. Il

numero delle zecche dipendeva anche da implicazioni politiche. Ma nemmeno in un periodo di

centralizzazione dell’attività di coniazione , come sotto Carlo Magno e Ludovico il Pio, il re riuscì mai a

portarne il numero sotto la decina. Dopo la morte d Carlo il Calvo (877) si ebbe una moltiplicazione di

zecche concesse ai vescovi, specialmente a est del Reno, ma anche in Francia e alle abbazie.

Le opinioni degli specialisti divergono. Alcuni di essi credono che le monete circolarono prevalentemente

con il commercio. Altri che le monete circolarono poco e per il commercio ebbero un ruolo marginale. Le

monete costituirono un mezzo di valore e di accumulo di ricchezza e non ancora quel ruolo di mezzo di

scambio. La situazione poteva differire da una regione all’altra. Le aree centrali dell’impero carolingio cioè

la regione tra la Loira e il Reno, essendo anche le più densamente popolate e sviluppate dal punto di vista

dell’economia sia rurale che urbana furono allo stesso tempo anche le più attive e dinamiche dal punto di

vista monetario.

I prezzi

La libera formazione dei prezzi dipendeva essenzialmente dall’offerta e dalla domanda di beni. La maggior

parte dei prezzi a noi noti non era costituita da prezzi di mercato ma principalmente da valori in canoni e da

polittici che variavano di poco e che non ci sono di grande utilità. I liberi prezzi potevano modificarsi a

seconda delle stagioni. Anche una convenzione tra le parti poteva determinare variazioni di prezzi. I prezzi

più instabili erano quelli dei cereali, del pane e del vino perché dipendevano essenzialmente dalla bontà o

della negatività del raccolto. Di essi veniamo a sapere in occasione di due carestie regionali , quella del 792-

793 e quella del 805- 806, che indussero Carlo Magno a fissarne i prezzi massimi. Carlo magno procedette a

una riforma di pese e misure in cui furono espressi i nuovi prezzi massimi dei cereali. La fissazione dei

prezzi da parte del re fu accompagnata da altre misure quali il divieto di esportazione di viveri fuori dalla

frontiere dell’impero, il controllo della pratica della vendita in anticipo dei cereali di un raccolto futuro,

l’obbligo per le classi superiori di sostenere le loro famiglia, cioè le persone non libere o semi libere che

dipendevano da esse, prima di vendere le eccedenze dei loro manieri e la proibizione dell’usura nelle sue

diverse forme. Quest’ultimo divieto costituì un aspetto costante della politica carolingia fin dall’Admonitio

generali del 789. È il più evidente esempio dei fini sociali e morali della politica reale, connessa alla dottrina

ecclesiastica del giusto prezzo, che si sarebbe sviluppata nel corso del IX secolo. La protezione dei poveri e

la carità cristiana costituirono la giustificazione di molte iniziative e interventi reali in materia economica che

furono di rado espressione di una vera politica organica.

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CAPITOLO II: ECONOMIA E LO STATO

Gli interventi del re in materia economica furono spesso dettati da situazioni contingenti ed ebbero un

carattere occasionale. L’agricoltura fu indubbiamente il settore economico più importante quello in cui Carlo

Magno perseguì una vera politica agraria. Questa affermazione è basata sull’esistenza del Capitulare de Villis

dedicato all’amministrazione delle tenute reali. Il capitolare è preceduto da tre inventari delle tenute

ecclesiastiche e reali noti come il Brevium Exempla. La corte voleva essere informata sulle potenzialità

delle tenute ecclesiastiche e reali in fatto di produzione cerealicola, di bestiame, di fattorie contadine ,

vassalli ecc. principalmente per il rifornimento dell’esercito, ma anche per altre ragioni come una loro

assegnazione a importanti membri dell’aristocrazia, la raccolta di tributi destinati ai normanni o la divisione

politica di qualche territorio. Tali inventari devono essere distinti dai polittici che contengono essenzialmente

informazioni dettagliate sui canoni sulle consegne e sui servizi a cui le differenti categorie di abitanti delle

tenute erano obbligate. Come proprietario delle tenute reali il re poteva essere interessato a questi polittici ,

ma come capo dell’impero aveva bisogno di inventari sia per le proprie tenute personali, sia per quelle della

Chiesa e dell’aristocrazia. La funzione degli inventari e dei polittici non fu solo diversa per le prime e per le

seconde ma quelli relativi a queste ultime poterono anche non essere redatti per ordine regio. L’instaurazione

del sistema signorile a partire dal VII secolo,, fu favorita dai governanti merovingi e carolingii allo scopo di

raggiungere la più alta produzione agricola attraverso la migliore organizzazione possibile e l’applicazione di

istruzioni. Difficilmente le stesse misure assunte dal re in occasione di carestie o penurie possono essere

considerate espressione di una politica agraria. In una prima fase alcune misure prescritte dal re furono

puramente religiose . in una seconda fase della carestia la conservazione dei manieri reali, la loro capacità

produttiva e le loro scorte furono la preoccupazione principale. Non sempre l’attuazione di alcuni aspetti di

questa politica produsse i risultati sperati, lo scopo fondamentale dei differenti aspetti della politica

monetaria carolingia fu politico: un denaro solido, accettato uniformemente in tutto l’impero, era in primo

luogo una questione di prestigio. La fioritura dei mercati durante i secolo IX non fu certamente il risultato di

alcun intervento diretto del re però li legalizzò n controllò il numero e l’esistenza e allo scopo di combattere

l’evasione dalle tasse. Ire carolingii reagirono alla moltiplicazione dei tributi durante il secolo IX ordinando

che venisse fatta una distinzione tra vecchie e nuove tasse qualificando come ingiuste queste ultime nel noto

capitola di Thionville (805). Alquanto sfavorevole al commercio fu invece la loro preoccupazione per le

frontiere dell’impero. L’interesse dei re per le infrastrutture poté derivare principalmente da ragioni militari

benché ne beneficiasse anche il commercio.

CAPITOLO III: LA PROSPETTIVA A LUNGO TERMINE

Nell’Europa nord-occidentale la fine del VII secolo fu contrassegnata dalla costituzione di insediamenti non

agricoli, la cui popolazione era prevalentemente composta da artigiani, mercanti e barcaioli. Dorestad sul

Reno è l’esempi più noto. La prima metà del VIII secolo l’età di Carlo martello costituisce una fase buia

nella storia, a causa delle rivolte ed elle spedizioni militari. La si può considerare una sorta di intervallo tra

l’età merovingia e quella carolingia. Tuttavia la fase del rigoglio di Dorestad e di altre città simili fu il

periodo 775-780 al 825. Dopo il 825 iniziò un periodo travagliato politico contrassegnato anche da

operazioni militari, a partire dalla rivolta di Lotario contro Ludovico il Po nel 833 e dalle lotte tra i figli di

quest’ultimo che si conclusero con il trattato di Verdun ne

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Publisher
A.A. 2013-2014
20 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/01 Storia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher evolution87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia Medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Comba Rinaldo.