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CAPITOLO QUATTORDICESIMO
Prime eliminazioni
Il capo del fascismo leggeva e faceva pubblicare libri razzisti e sul razzismo; scriveva di razzismo e in modo razzista,
ma in maniera propagandistica, legata unicamente al mondo della carta stampata. Eppure nei primi mesi del 1934
l’attività che andava dispiegando non era solo di propaganda, compì anche diversi atti concreti.
Mussolini, avendo consigliato a Hitler di manifestare il suo antiebraismo in maniera cauta, partendo dai vertici ed
eliminando i “capi” degli ebrei, stava cominciando lui stesso a fare questo. In Italia erano stati eliminati: la sua ex
collaboratrice Margherita Sargatti, Carlo Foà, amico di Margherita, nonché preside di Facoltà presso l’Università di
Milano, l’ebreo più attaccato d’Italia, Giuseppe Toeplitz. Lentamente, Mussolini aveva eliminato suoi diretti
collaboratori ebraici. Invece non vennero subito eliminati personaggi ebrei collocati negli anni precedenti in alcuni posti
di responsabilità, come il ministro delle Finanze Guido Jung, israelita, ritenuto intoccabile da Mussolini in quanto
credeva fortemente che un ebreo garantisse i rapporti migliori con il mondo della finanza. Anche alla fine del 1933
venne messa in pratica una politica di destabilizzazione nei confronti degli ebrei, ad esempio proibendo l’ingresso nelle
Università a quegli studenti ebrei che venivano a studiare in Italia. inoltre, si manifestarono i primi episodi di
antisemitismo, creati dallo stesso Mussolini.
Di contro, sono da segnalare due nomine di ebrei in cui il duce intervenne: in ottobre il sindaco di Trieste e a dicembre
il senatore Isaia Levi. Per quanto riguarda Trieste, le pressioni per non far nominare sindaco Enrico Paolo Salem furono
forti. Il prefetto Tiengo appoggiò caldamente la sua candidatura per due motivi: primo perché a Salem era stata affidato
il salvataggio di una banca che stava fallendo, la Popolare Triestina e lui aveva portato a termine il compito, secondo
perché aveva fatto una munifica elargizione di denaro al Pnf. Tiengo propose anche che gli venissero affiancati due
vicepodestà, entrambi di sicura fede fascista.
Per quanto riguarda la seconda nomina, quella a senatore dell’industriale torinese Isaia Levi, all’epoca molte furono le
voci che essa risalisse a una promessa fatta dal duce, dopo che Levi aveva salvato finanziariamente la casa editrice di
Carducci, la Zanichelli.
Di lì a pochissimo, nei primi mesi del 1934, i progetti d’eliminazioni o le eliminazioni stesse a proposito di ebrei
collocati in responsabilità o di comando iniziarono a venire programmate, assunsero sistematicità e allargarono di molto
gli obiettivi. Innanzitutto il duce e i suoi sottoposti fecero uso di alcuni censimenti di settore per determinare la religione
degli interessati. Poi si passò a ordini collettivi che puntavano non più all’eliminazione dai posti di responsabilità di
singoli ebrei, ma a colpire in blocco e solo in quanto tali gli israeliti all’interno di singole attività. Di questi
“censimenti” ne sono stati individuati quattro:
1. Il censimento religioso che riguardava tutte e nove le borse italiane: chiedeva informazioni politiche e morali,
ma insieme l’eventuale appartenenza al culto israelitico. Era piuttosto minaccioso e lasciava intravedere una
possibile identificazione tra ebrei e antifascisti.
2. Accanto alla vicenda clamorosa degli arresti degli ebrei cospiratori, vi è stata un’altra vicenda meno clamorosa
ma significativa: erano stati arrestati due figli di un ex agente di cambio ebreo e milanese, Michele Segre,
entrambi operatori. All’arresto seguì il sequestro della rivista di settore, “Borsa”, di cui entrambi erano
redattori. Ed ecco il secondo censimento: il 9 aprile il capo della polizia Bocchini, a nome dell’Ufficio stampa
del duce, inviò alle prefetture di alcuni grandi città e al questore di Roma la richiesta di conoscere gli ebrei nei
grandi giornali di quelle città. L’iniziativa partiva da un’informativa all’Ufficio stampa dove risultava che gli il
giornalismo italiano è molto dominato dagli ebrei.
3. Il 9 e il 10 aprile il capo Gabinetto del ministro dell’Interno Giuseppe Mormino diede alla Direzione Generale
dell’Amministrazione Civile dello stesso ministero un doppio ordine, che il giorno 11 venne diramato in modo
riservatissimo personale a tutti i prefetti: il primo era l’indicazione che da allora in poi si sarebbe sempre
richiesta a proposito delle future proposte di nomina di podestà o vicepodestà o di presidi e vicepresidi di
province la loro religione; il secondo, intendeva condurre alla rilevazione della religione degli attuali capi delle
amministrazioni locali. Il sottosegretario all’Interno Buffarini Guidi diramò ai prefetti questi ordini,
aggiungendo una novità: la richiesta venne estesa anche ai quadri politici di minore rilievo, inoltre aggiunse
anche la richiesta per i responsabili delle Opere Pie, gli istituti locali di assistenza e beneficienza.
4. 16 aprile 1934: l’Interno aveva ordinato di rilevare la religione di tutta la dirigenza locale, politica, economica,
assistenziale, presente e futura.
CAPITOLO QUINDICESIMO
Censimenti ed altre “eliminazioni”.
Cos’erano questi censimenti? Essi vanno considerati come le grandi modifiche istituzionali, spesso dei veri terremoti,
che in quel momento erano in corso. In tre casi su quattro le iniziative dei censimenti furono avviati in presenza o in
vista del’applicazione di alcune vaste iniziative governative o leggi quadro che avrebbero dovuto, secondo l’intenzione
del capo del fascismo, cambiare alcune strutture e la linea di trasmissione del comando del paese. Nel quarto caso, il
censimento sulla stampa, senza dubbio si trattava di un’indagine su di un settore istituzionalmente pericoloso e con
potenziali funzioni di controllo generale.
Per quanto riguarda l’iniziativa sugli agenti di cambio, essa fece seguito a una decisione del Consiglio dei ministri, che
il 3 febbraio aveva lanciato il nuovo ambizioso piano di conversione di un vecchio debito in un nuovo cosiddetto del
redimibile al 3,5%. Il censimento partì dopo che la grande operazione del redimibile era terminata e non sappiamo
perché: si può supporre che quel censimento sia nato da qualche informazione arrivata al ministero dell’Interno e
probabilmente ostile a qualche agente di cambio ebreo o agli agenti ebrei nel loro insieme. Quanto ai capi delle
amministrazioni locali, il censimento faceva seguito alla recente e importantissima legge firmata dal re appena un mese
prima, il 3 marzo 1934 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 17 marzo: era il nuovo testo unico sui comuni e le
province, che riordinava tutta la materia, compresi criteri di nomina e funzioni direttive. Fu in occasione di questa
nuova legge che presero avvio le eliminazioni dei podestà e dei capi-provincia celibi. Quanto alle cariche corporative
provinciali, il vero e proprio testo unico di legge sui Consigli provinciali dell’economia corporativa venne varato solo
con decreto del 20 settembre, dopo una lunghissima discussione che vide anche un braccio di ferro a partire da febbraio
tra il ministero dell’Interno e quello delle Corporazioni. Il contenzioso era su quale dei due ministeri dovesse dare
l’assenso definitivo sulla scelta delle persone del vertice operativo delle corporazioni provinciali. Il conflitto era passato
per il Consiglio di Stato, che a marzo aveva dato il potere tecnico di accettare il giudizio di concerto dei due ministeri.
Alla fine il dissidio fu risolto dallo stesso capo del fascismo, che approvò il parere del Consiglio di Stato, forzandolo
però, e lasciando al ministero dell’Interno anche il parere sulla nomina delle persone. Quando Buffarini Guidi avviò il
censimento religioso delle cariche corporative locali, il 16 aprile, faceva riferimento a una legge che ancora non c’era e
forzava anche lui il parere recente del Consiglio di stato.
In conseguenza di questi “censimenti” è sicuro che ci furono delle eliminazioni certe e proprio in base alla religione
israelitica. Non però per il primo censimento, quello sugli agenti di cambio, a proposito del quale non è saltato fuori
ancora nessun ordine di eliminazione: ma non si è certi che non ci sia stato o che non ci siano stati effetti. E altresì nulla
di preciso si sa sugli esiti di quello sulla stampa. Invece c’è certezza per il terzo e quarto censimento, che furono seguiti
da eliminazioni, o da eliminazioni da candidature, per la religione israelitica dei candidati. Conosciamo i dati relativi
alla scelta dei dirigenti degli enti locali, perché all’Archivio Centrale di Roma è conservata una serie archivistica
completa e ricca d’informazioni a proposito. Ad esempio, l’Interno vietò di confermare come vicepreside della
provincia di Ancona un ebreo, Giacomo Beer, stante le nuove direttive in materia. Più complessa la situazione a Ferrara,
dove il prefetto Amerigo Festa difese un uomo legato a Italo Balbo, il podestà Ravenna. Il ministero dell’Interno aveva
chiesto di sostituire Ravenna perché la cittadinanza ferrarese sarebbe stata scontenta di avere un podestà di religione
israelitica. Festa, però, non ne volle sapere e rispose che Ravenna era un uomo in cui Italo Balbo, ras di Ferrara, aveva
fiducia. Invece a Giugno, sotto pressioni dello stesso genere per altri candidati israeliti, preferì ritirare due candidature
da lui stesso proposte per posti di consultori, mentre tenne duro per un terzo candidato, sempre israelita, al consiglio
corporativo. Festa fece notare che gli israeliti erano gran parte dell’attività economica del Capoluogo e quindi una
qualche loro rappresentanza politica gli pareva necessaria.
Poi ci fu un’altra serie di obiezioni presentata dal prefetto di Varese a proposito del podestà di Olona, Giacomo Cohen.
Dopo il comunicato dei giornali sugli ebrei, Cohen aveva rassegnato le dimissioni dalla Comunità israelitica di Milano e
aveva versato il denaro che sarebbe spettato alla Comunità a istituzioni fasciste. Cohen si era dimostrato di fede fascista
e il prefetto ripropose a Roma la sua candidatura. Mussolini e i suoi organismi si trovarono di fronte a resistenze ed
atteggiamenti del genere. A metà maggio Mussolini decise di imporre una correzione di rotta. Il suo Gabinetto comandò
che si procedesse ad uno speciale esame, caso per caso. E specificò che la professione della religione ebraica non
dev’essere considerata come l’elemento che determini sempre l’incapacità a coprire cariche pubbliche. Quindi, come si
può notare dai dati statistici per gli enti locali elaborati dal ministero dell’Interno, dopo il censimento dell’aprile 1934
c’erano israeliti in posizioni di responsabilità