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IL DEUTSCHE WERKBUND ED IL BAUHAUS
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In Germania la rivoluzione industriale tarda ad arrivare rispetto a Francia e Inghilterra. Inizia ad attuarsi
durante l’ultimo quarto del 1800. E’ importante ricordare come data, l’unificazione tedesca del 1870; da quel
momento sotto l’attenta guida di Bismarck la Germania iniziò a crescere ed espandersi in ambito industriale.
Nel 1876 nasce a Berlino il Kunstgewerbemuseum (Museo dedicato dall’artigianato), patrocinato soprattutto
dall’imperatrice Augusta, fermamente decisa ad elevare il basso livello dell’artigianato industriale tedesco.
Nel 1896 viene mandata una “spia del gusto” in Inghilterra, Hermann Muthesius, per capire le ragioni del
successo inglese. Grazie ai suoi consigli, al suo ritorno le scuole si dotarono di efficienti laboratori e docenti
da tutta Europa. Nacque nel 1903 la Kunstegewerbeschule (scuola di Arti e mestieri) a Dusseldorf con
Peter Behrens come direttore.
Nel 1907 viene fondato il Deutsche Werkbund da Naumann, Schmidt e Muthesius, unificando sotto
un’unica scuola dodici artisti e dodici ditte artigianali, almeno all’inizio; questa fu la più importante istituzione
culturale prebellica volta a contemperare le ragioni dell’arte con quelle dell’industria. L’obiettivo dichiarato era
quello del “miglioramento qualitativo del lavoro industriale come prodotto della collaborazione di arte,
industria e artigianato da ottenersi attraverso l’istruzione, la propaganda”.
I membri erano: Behrens, Hoffmann, Fischer, Niemeyer, Olbrich, Schumacher e altri. Questi si dedicarono al
miglioramento dell’istruzione artigianale.
Nel 1914 si tenne l’esposizione del Deutsche Werkbund, che presentò al pubblico, anche per via del
declino del Jugendstil, una vasta nuova generazione di architetti tra cui Gropius e Meyer che, fino al 1910
avevano lavorato nello studio di Behrens. Allo scoppio della guerra il DWB accolse l’evento con grande
fervore, dell’idea che la Germania dovesse imporsi in ambito europeo e mondiale sia come potenza culturale
sia come potenza assoluta. Solo dopo il 1916/17 si iniziarono a interrogare sul vero significato della guerra;
Gropius sostenne che era necessario un nuovo schieramento di intellettuali, il DWB è morto e sepolto.”
Quasi contemporaneamente gli venne offerto un posto nella scuola di artigianato di Weimar da Henry Van
Elde, fondatore che per la dilagante omofobia era stato costretto ad abbandonare l’istituzione. Gropius
arriverà a Weimar nel 1919 dove assunse il ruolo di direttore; subito volle chiarire i suoi intenti di farla
diventare un centro in cui potessero collaborare il commerciante, il tecnico e l’artista. Quasi
contemporaneamente la Kunstegeweberschule di Dusseldorf chiuse, così Gropius propose di riunificare le
scuole sotto la denominazione di “Staatliches Bauhaus in Weimar”.
Il 12 aprile ufficialmente Gropius iniziò a dirigere la scuola più moderna e discussa dell’epoca. Nel manifesto
del Bauhaus diffuso in tutta Germania Gropius chiarì il suo programma: artisti e artigiani dovevano erigere
insieme la “casa del futuro”, più avanti professò che “la costruzione è lo scopo finale di tutte le arti figurative”.
Raccolse subito consensi tra gli artisti (nel dopoguerra in gran parte disoccupati); tra i tanti citiamo Theodor
Fischer (autore di “Per l’architettura tedesca”), Fritz Schumacher, Otto Bartning e Bruno Taut. In particolare
gli scritti di Taut colpirono molto Gropius, questi professava infatti la creazione delle “Case popolari” e della
stretta collaborazione di tutte le arti nella fase esecutiva: “non ci sono confini tra arti applicate”. Bartning
11
storia III
scrisse nel 1919 il “Programma per l’insegnamento per l’architettura basato sui metodi e processi
dell’artigianato”, che in tal modo diventava la base dell’istruzione.
La prima fase del Bauhaus fu a forte tinte espressioniste: Gropius chiamò a far parte del corpo docenti
personalità come Paul Klee, Johannes Itten e Wassilly Kandinsky. In particolare modo fu Itten, docente
d’arte, a influenzare maggiormente la prima fase della scuola; egli influenzò notevolmente tutta l’attività
pedagogica della scuola ed in particolare sul lavoro dei laboratori che andavano iniziando. Gli allievi
dovevano rilassarsi per poter dare al flusso delle idee “ordine e la giusta direzione”. Itten insegnava lo studio
dei contrasti, lo studio dei colori e della forma. Ad esempio le sue lezioni affermavano che il “quadrato stava
per calma”, il “cerchio stava per fluente” e così via; influenzò molto Paul Klee ed i suoi lavori e corsi. Itten
lasciò la scuola nel 1923. L’impulso più deciso alla fase impressionista venne dall’esterno, ovvero dal De Stij,
di cui Theo Van Doesburg tenne il corso. Marcel Breuer ne fu fortemente influenzato, così come Rietveld
(Sedia rosso blu). L’intento di Van Doesburg con i suoi corsi era quello di dare al Bauhaus un “principio
generale”, la cui assenza era fortemente criticata.
Una svolta in tal senso si ebbe nel 1922, quando Gropius coniò il nuovo motto “Arte e tecnica, una nuova
unità”, che andava a sostituire l’originale “Arte ed artigianato, una nuova unità”. Questo fu dovuto al
cambiare dei tempi, puntare sull’artigianato nel dopoguerra era una necessità; ma vedendo che i rapporti
con gli stessi artigiani e le fabbriche non decollavano, Gropius cambiò direzione, iniziando a pagare gli
studenti migliori del Bauhaus affinché iniziassero a produrre oggetti e materiale che avesse potuto
contribuire al sostentamento della scuola. Questo portò al cambiamento di molti corsi.
Nel 1923 su richiesta del governo, che voleva valutare il lavoro del Bauhaus fino a quel momento nell’ottica
di dare o meno ulteriori finanziamenti, si tenne l’Esposizione del Bauhaus. Il luogo dell’esposizione fu una
casa costruita in breve tempo nota come “Casa Am Horn”. L’esposizione dal punto di vista economica non
fu un gran successo, anche perché arrivò nel momento di maggior inflazione in Germania, ma a livello
pubblicistico sì. Fu l’occasione per Gropius anche per indirizzare una nuova via più moderna caratterizzata
dall’uso del nero, bianco e rosso, che divennero i colori chiave sostitutivi di quelli espressionisti.
Il Soffocamento del Bauhaus di Weimar
Le elezioni tenutesi in Thuringia nel 1924 ebbero conseguenze fatali per il Bauhaus. Il partito di conservatore
di Destra riuscì ad ottenere la chiusura della scuola, considerata un covo di comunisti e bolscevichi. Fu
condotto a morte lenta dimezzando i budget messi a disposizione, impedendogli di continuare a vivere. Fu
Gropius allora a muovere i passi per creare una s.r.l con donazioni proveniente principalmente dal sindacato
e da Sommerfeld. Con l’opposizione del partito però, fu impossibile per il Bauhaus rimanere a Weimar, fu
allora che molte città si fecero avanti per accogliere un’istituzione di tale caratatura. Venne scelta l’offerta più
valida, quella di Dessau, città in cui erano presente molte industrie (tra queste la Junkers, produttrice di
aerei) e artigiani. L’edificio del Bauhaus fu disegnato direttamente da Gropius, che diresse la nuova scuola
tra il 1925 al 1928. Dopo Gropius, divenne direttore Hannes Mayer per un anno e poi fino alla chiusura della
scuola Mies Van Der Rohe, che diede una forte direzione architettonica alla scuola, volendo formare gli
studenti come artigiani. In particolare modo volle far sì che il Bauhaus si sostenesse anche sulle proprie
produzioni dei laboratori. Con l’avvento e l’accrescimento del Nazionalsocialismo, il Bauhaus di Dessau
venne chiuso nel 1932 mentre la vecchia sede di Weimar venne occupata da architetti vicini al partito per
inculcare una nuova tecnica e stile vicina al nascente regime. Fu allora che Mies spostò la sede del Bauhaus
a Berlino, affittando una vecchia fabbrica di telefoni, garantendo l’esistenza della scuola tramite le rette degli
studenti (aumentate a dismisura) e la vendita dei brevetti. Vi furono anche qui problemi, poiché il partito
pretendeva che non vi fossero docenti ebrei, che Kandinski fosse licenziato e che il programma di studi
favorisse il partito. Viste le aspre condizioni la scuola venne chiusa ufficialmente nel 1935.
Architetture del DWB
Behrens, Fabbrica AEG (1908)
La figura di Behrens è speso associata a quella di un
architetto di transizione. Ideali di praticità, moderne e
funzionali, l’estetica è prodotta dalla funzionalità. AEG è
fabbrica di turbine, è la testimonianza di come gli edifici
industriali inizino ad acquisire grande importanza. Idea della
salubrità, grandi vetrate per far entrare luce ed aria. Si cerca
di evocare la Nietzschiana “volontà di forma”, che si
esprime sotto forma di un principio atettonico precostituito.
L’industria è vista come unico ritmo vitale della vita moderna, 12
storia III
la fabbrica di Behrens è tempio al potere industriale. Richiamo alla fattoria con la copertura a timpano. Si
affiancano angoli massicci a strutture leggere
Gropius e Meyer, Stabilimento Fagus (1911)
Adottano la sintassi della fabbrica di Behrens ma con
espressione architettonica più aperta. Gli angoli hanno
ancora funzione di concludere l’edificio ma non sono più in
mattoni come per Behrens ma in vetro. I pannelli di vetro
aggettanti rispetto al rivestimento di mattoni sembrano
sospesi. Non vi erano mai stati edifici con simili quantità di
vetrate. E’ il primo edificio della storia con i “curtain wall”,
cioè pareti interamente in vetro. Sulle testate, c'è invece
molta massa muraria, l'ingresso mantiene una certa
monumentalità ma non è simmetrico. Dopo questo progetto
Gropius entra a far parte del DWB.
Gropius, Fabbrica Modello, Esposizione del Deutsche Werkbund (1914)
Tema della trasparenza, celebri le scale angolari a chiocciola vetrate, completamente trasparenti. Forza
propositive nel delineare soluzioni che anche oggi sarebbero molto audaci. Fabbrica affermata come
elemento che può avere valori architettonici.
Architetture del Bauhaus
Casa Am Horn, 1923, Muche e Meyer
Nuovo concetto di unità abitativa, non ci sono corridoi, tutto si organizza attorno ad un unico spazio centrale;
dalla camera da letto si poteva raggiungere il bagno mentre
sala da pranzo e cucina erano collegate tra loro. La cucina
era la prima cucina moderna: tutte le superfici lisci e facili
da pulire, con elettrodomestici moderni. L&rs