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SECONDA PARTE
Partendo dal presupposto dell'ignoranza umana dei poteri segreti e dei principi della natura, si
ammette che non si conosce la connessione tra le qualità sensibili di un oggetto e i suoi poteri
segreti se non in base all'esperienza e alla consuetudine. C'è però un passo compiuto dalla mente nel
congiungerli che non è sorretto da alcun argomento o processo dell'intelletto.
I ragionamenti si possono suddividere in due specie: quelli dimostrativi, concernenti relazioni di
idee, e quelli morali, concernenti materie di fatto e dell'esistenza.
Il fondamento di tutte le conclusioni intorno all'esperienza è la supposizione che il futuro sarà
conforme al passato in quanto da cause simili ci si attendono effetti simili e poteri simili sono
congiunti con qualità sensibili simili.
E' dunque impossibile che argomenti ricavati dall'esperienza possano provare la somiglianza del
passato con il futuro poichè questi stessi argomenti si basano sulla supposizione di questa
somiglianza.
Sezione Quinta: SOLUZIONE SCETTICA DI QUESTI DUBBI
PRIMA PARTE
La filosofia scettica o accademica è un tipo di filosofia che sostiene il dubbio, la sospensione del
giudizio, l'eliminazione di pregiudizi, determinazioni affrettate e speculazioni che non rientrano
nella sfera della vita comune e della comune attività. Questa filosofia non si occupa delle passioni
disordinate della mente umana e non nutre alcuna propensione naturale, e questo è il motivo per cui
è spesso criticata.
Ogni persona che vive nel mondo e ha la possibilità di osservare oggetti e avvenimenti
costantemente congiunti inferisce immediatamente l'esistenza di un oggetto all'apparire di un altro.
Questa conclusione si basa sul principio della consuetudine, il principio ultimo di tutte le
conclusioni intorno a questioni di fatto o reali esistenze. Quest'operazione non deriva dall'intelletto
nè dal pensiero ma si può definire un istinto naturale proprio della natura umana.
La consuetudine è il principio che rende possibile la corrispondenza armonica prestabilita tra il
corso della natura e la successione delle idee, sebbene l'uomo ignori i poteri e le forze da cui il
corso della natura e la successione regolare degli oggetti dipendano.
SECONDA PARTE
La differenza tra l'invenzione e la credenza consiste in un sentimento che non dipende dalla volontà,
il sentimento di credenza. Esso consiste nella maniera in cui la mente concepisce e sente le idee,
distinguendo le idee del giudizio dalle invenzioni
dell'immaginazione: la credenza è il concepire l'oggetto in modo più forte e stabile. La credenza
sorge dalla congiunzione consuetudinaria dell'oggetto con qualcosa di presente alla memoria o ai
sensi secondo i tre principi di rassomiglianza, contiguità e causazione.
Sezione Sesta: DELLA PROBABILITA'
L'ignoranza umana in merito alle cause ultime degli avvenimenti hanno sull'intelletto lo stesso
influsso che ha il caso, la cui natura pone tutti gli avvenimenti particolari a cui si riferisce sullo
stesso piano. La mente però conferisce agli avvenimenti sostenuti dal maggior numero di
esperimenti e che si verificano più spetto rispetto ad altri una preferenza che produce il sentimento
di credenza che essi si possano ripetere con maggiore probabilità secondo il processo di
trasferimento dal passato al futuro.
Sezione Settima: DELL'IDEA DI CONNESSIONE NECESSARIA
PRIMA PARTE
L'ostacolo principale allo studio delle scienze morali e metafisiche è l'ambiguità dei termini e
l'oscurità delle idee. Le più oscure ed incerte sono le idee di potere, forza e connessione necessaria.
Quando vogliamo conoscere le idee complesse ricorriamo alla definizione, ovvero alla sua
scomposizione in idee semplici, le quali però se restano ancora oscure ed incerte, devono essere
definite mediante l'individuazione delle impressioni originali da cui sono copiate.
Quando gli oggetti esterni operano in cause particolari noi non possiamo conoscere il loro potere e
connessione necessaria mediante i sensi. Noi siamo consapevoli, grazie alla coscienza e
all'esperienza, di avere un potere interno in quanto riusciamo a dirigere le facoltà del corpo e della
mente attraverso la volontà. Non possiamo conoscere la natura di questo potere per tre ragioni:
- L'esistenza del principio per cui lo spirito è connesso al corpo, inconoscibile.
- L'autorità della volontà umana sul proprio corpo e sulla propria mente è circoscritta entro
determinati limiti particolari, che possono variare in momenti e situazioni diverse, e non possiamo
sapere perchè.
- La volontà non agisce direttamente sull'organo prescelto ma lo raggiunge attraverso muscoli, nervi
e spiriti animali in un procedimento che non possiamo comprendere.
Si conclude che mediante l'esperienza possiamo conoscere la frequente congiunzione degli oggetti
ma non la connessione esistente tra di essi, il loro potere e le loro cause ultime.
SECONDA PARTE
In tutti i singoli casi dell'operare dei corpi e delle menti non possiamo individuare alcuna idea o
impressione di connessione necessaria o potere, ma quando troviamo molti casi uniformi e lo stesso
oggetto è sempre seguito dallo stesso evento, attraverso un passaggio dell'immaginazione dato dalla
consuetudine, sentiamo l'esistenza della relazione di causa-effetto, sulla quale si fondano tutti i
ragionamenti concernenti materie di fatto o di esistenza.
Sezione Ottava: LIBERTA' E NECESSITA'
PRIMA PARTE
Si parte dal presupposto che nelle dispute riguardanti questioni di vita comune e di esperienza
l'unico punto di attrito consiste nell'ambiguità delle espressioni utilizzate, ovvero diverse persone
congiungono diverse idee agli stessi termini.
La nostra idea di necessità e di causazione deriva dall'uniformità riscontrata negli avvenimenti della
natura, dove la mente inferisce un oggetto all'apparire di un altro sulla base della consuetudine. Si
riconosce che la natura umana mantiene una sua uniformità nei principi e nelle operazioni, e l'utilità
della storia consiste nella scoperta di questi principi costanti ed universali.
Non si deve attribuire un contrasto degli eventi ad una contingenza della causa, bensì all'operare
segreto di cause contrarie in quanto un contrasto di effetti rivela sempre un contrasto di cause e
deriva dalla loro mutua opposizione. Si può applicare questo principio alla natura umana e si deduce
che il carattere costante dell'uomo consiste nell'irregolarità dei suoi comportamenti: nonostante
queste apparenti irregolarità quindi la natura (e non solo l'uomo) è dominata da una congiunzione
regolare ed uniforme, la quale nell'uomo si manifesta tra moventi e azioni volontarie, e nella natura
tra cause ed effetti. Questa è la dottrina della necessità, che l'uomo non può non riconoscere.
La libertà, applicata alle azioni volontarie, consiste nel potere di agire o non agire secondo la
determinazione della volontà. Essa si può opporre soltanto al concetto di costrizione e mai a quello
di necessità.
SECONDA PARTE
Le dottrine della necessità e della libertà contribuiscono al rafforzamento della morale.
La necessità consiste o nella congiunzione costante di oggetti simili o nell'inferenza dell'intelletto da
un oggetto ad un altro: essa si può applicare anche alle azioni umane in quanto si possono trarre
riguardo ad esse inferenze e queste inferenze derivano dalla consuetudine derivante dalla
conoscenza delle azioni ripetute nel tempo in circostanze simili. La dottrina della necessità sostiene
che le azioni criminali o ingiuriose sono necessariamente connesse alla persona che le compie in
quanto derivano da qualche causa nel carattere e nella disposizione della persona. Senza questa
dottrina le azioni risulterebbero sconnesse dall'uomo, il quale non potrebbe mai essere giudicato
colpevole.
Nessuna azione, se non derivante dalla libertà, può essere oggetto di approvazione o biasimo in
quanto le azioni sono, secondo la dottrina della necessità, indicazioni del carattere, delle passioni e
delle affezioni interne all'uomo. Viene criticata l'idea secondo cui le azioni vengono ricondotte alla
volizione divina poichè se così fosse Dio si renderebbe colpevole di tutto il male compiuto dagli
uomini.
Sezione Nona: DELLA RAGIONE DEGLI ANIMALI
Come l'uomo, anche gli altri animali imparano molte cose dall'esperienza e inferiscono che gli stessi
eventi derivano dalle stesse cause attraverso ciò che immediatamente colpisce i loro sensi.
Quest'inferenza non può fondarsi su processi di argomentazione o ragionamento quindi si conferma
la teoria della consuetudine e della credenza e la loro derivazione istintiva e non dipendente dalla
ragione.
Sezione Decima: DEI MIRACOLI
PRIMA PARTE
Il ragionamento più comune è quello ricavato dalla testimonianza degli uomini e la nostra sicurezza
in merito ad un determinato argomento riferitoci da testimoni o spettatori deriva dalla nostra
osservazione circa la veracità della testimonianza e dalla conformità dei fatti ai resoconti. Quantora
non sia così nei nostri giudizi si verifica un contrasto e una distinzione reciproca di due argomenti:
una situazione di dubbio e di incertezza dettata dalla non intera uniformità del resoconto alla
consuetudine dell'esperienza.
Analizzando il problema della veracità o meno dei miracoli si possono fare due considerazioni. Si
suppone che il fatto descritto sia realmente miracoloso, ovvero non conforme alle leggi di natura, e
che la testimonianza in sè sia completa. In questo caso, dal momento che le leggi di natura
forniscono una prova altrettanto completa, ci si trova davanti ad una prova contro una prova; di esse
deve prevalere la più forte seppure con una diminuzione della sua forza in proporzione alla prova
contrastante.
Non c'è testimonianza sufficiente a stabilire la veracità di un miracolo a meno che la falsità della
sua testimonianza sia ancora più miracolosa del miracolo in sè.
SECONDA PARTE
Nella storia non è mai successo che un miracolo sia stato affermato da un numero sufficiente di
uomini, e dal momento che l'uomo tende a considerare probabile ciò che è più usuale, ci si chiede
come sia possibile credere ad un miracolo. La natura umana è tendenzialmente portata alla passione
per il meraviglioso e il sorprendente in quanto suscita un'emozione gradevole.
I racconti di miracoli si trovano principalmente tra popolazioni ignoranti e barbare o in popolazioni
in cui si son